sabato 28 agosto 2010

PARABOLE


Se cammini nel centro storico palermitano, o anche nelle sue dissestate periferie, alzando gli occhi in alto, vedi di sicuro occhieggiare, sicure e spavalde, tante antenne paraboliche di ultima generazione. Che convivono con facciate in rovina e sono spesso appese su muri sbrecciati e scrostati. Magari accanto a vecchi balconcini malconci, che ospitano qualche gracile e timida piantina. Ti chiedi come sia la vita, dietro quelle persiane sbilenche. Quali esistenze incerte si nascondano dietro le imposte socchiuse. Si insinua il timore che, per gli abitanti di quelle povere casette, la parabola, alla fine, sia solo una ferita, un rattoppo crudele. Forse un bubbone maligno. Perchè li rende spettatori di un mondo luccicante di lustrini e paillette, che può solo essere guardato e non vissuto. Perché li costringe a guardare le vite degli altri, senza vivere mai veramente la loro. Come tanti, novelli e inconsapevoli, fu Mattia Pascal del terzo millennio.
Maria D’Asaro
(pubblicato su “Centonove” il 27-08-2010)

domenica 22 agosto 2010

IO TI VEDO


Non so quale sia stata la volta peggiore. Se quando sono andata a fare l’ecografia e i medici parlavano infastiditi di turni fatti male, di chi doveva portare le cartelle al reparto, di chi doveva salire in sala operatoria: mentre io ero lì, in silenzio e in attesa, con i miei poveri seni scoperti. Oppure quando ho fatto il doppler, per quelle pulsazioni esagerate: due uomini si affaccendavano intorno a me, di nuovo sola, nuda e col cuore a mille, e parlavano di gite in barca e vacanze. Avrei dato chissà cosa per avere accanto uno straccio di compagno o di amica: qualcuno che mi riconoscesse, che mi restituisse la mia anima e la mia essenza. E poi il ricordo di mia sorella intubata, la paziente numero tre della sala di terapia intensiva. Lei, che per me continuava a essere Sally: sorellina tenera e fragile, la piccolina che aveva un vestito a pois, bianco e rosso, e un sorriso candido e buono.
Marguerite Yourcenar fa dire ad Adriano “E’ difficile rimanere imperatore in presenza di un medico; difficile anche conservare la propria essenza umana: l’occhio del medico non vede in me che un aggregato di umori, povero amalgama di linfa e di sangue”.
Forse esistiamo solo quando qualcuno ci guarda. Ecco perché dal medico è meglio andare in due: per essere accarezzati da uno sguardo. Di chi ti conosce. Di chi si prende un po’ cura di te. Di chi è capace, anche solo un poco, di amarti.

venerdì 20 agosto 2010

EPIPHYLLUM


Epiphyllum:

mi sorride,

con effetti speciali,

la tua anima allegra.

Tada!

giovedì 19 agosto 2010

Passo Rolle, Pale di san Martino: Terra Aria e 25 violoncellisti

24 luglio 2010, Passo Rolle, Pale di San Martino, Monte Castellazzo, quota 2330 m, alba limpida e fredda, Mario Brunello con altri 24 violoncellisti, 2000 spettatori, "Terra Aria" di Giovanni Sollima.
Le splendide Dolomiti.

mercoledì 18 agosto 2010

La nonviolenza and me ...


COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 327 del 18 agosto 2010
LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO MARIA D'ASARO
Paolo Arena (paoloarena@fastwebnet.it) e Marco Graziotti (graziottimarco@gmail.com) fanno parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.
Per un breve profilo di Maria D'Asaro si veda la risposta alla penultima domanda di questa intervista]

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come e' avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza? Quali personalita' della nonviolenza hanno contato di piu' per lei, e perche'?
- Maria D'Asaro: Nella primavera del 1976, al penultimo anno di liceo classico, la preside della mia scuola ha invitato un uomo con splendidi occhi chiari, altissimo, ieratico, vestito con una tunica cucita a mano, la cui figura emanava un grandissimo fascino. Quell’uomo era Lanza del Vasto, discepolo di Gandhi, che lo ribattezzo' Shantidas, Servitore di Pace. Lanza del Vasta fu il fondatore in Europa della nonviolenta Comunita' dell’Arca. Il mio innamoramento, il mio interesse profondo per la nonviolenza risale a quell’incontro fortunato: quell’incontro giovanile con un profeta nonviolento in carne e ossa e' stato determinante per la mia formazione. Ho cominciato a leggere, a riflettere, a informarmi, a pensare. Conoscevo gia' comunque la splendida figura di Martin Luther King e, da Lanza del Vasto, sono passata alla conoscenza di Gandhi.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?
- Maria D'Asaro: Intanto alcuni “classici”: Teoria e pratica della nonviolenza di Gandhi (il volume a cura di Giuliano Pontara) e Gandhi oggi di Galtung, Che cos’e' la nonviolenza di Lanza del Vasto, l’autobiografia di Nelson Mandela Lungo cammino verso la liberta', L’obbedienza non e' pi' una virtu' di don Milani, i discorsi di Martin Luther King. E gli scritti di Aldo Capitini e Danilo Dolci. Mi piacerebbe poi che fosse piu' conosciuto Franz Jaegerstaetter, magari attraverso il bel volume curato da Giampiero Girardi Scrivo con le mani legate. Tra i testi recenti ho trovato ottimo Conflittualita' nonviolenta di Andrea Cozzo.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con piu' impegno?In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un impegno nonviolento?
- Maria D'Asaro: La campagna per l’abolizione della pena di morte in tutti i paesi del mondo e la sensibilizzazione contro la guerra come strumento di soluzione delle controversie internazionali. La guerra deve divenire un tabu' per l’umanita': come lo sono l’incesto e la tratta legale degli esseri umani. E poi l’impegno per un nuovo modello di sviluppo, basato sulla decrescita.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?
- Maria D'Asaro: La comunita' italiana dell’Arca (fondata da Lanza del Vasto), il Movimento Nonviolento, il Movimento Internazionale della Riconciliazione (Mir), il Centro di ricerca per la pace, l’associazione Beati i costruttori di pace, il Centro Gandhi di Pisa, Amnesty International: queste le organizzazioni che mi vengono in mente per prime.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?
- Maria D'Asaro: Il rispetto assoluto per l’altro/l’altra. La nonviolenza e' una forma di lotta capace di mirare, metaforicamente, al cuore dell’avversario per convincerlo della bonta' del nostro punto di vista. A fondamento di questa lotta sono: la separazione tra azione che vogliamo combattere e persona che incarna l’azione oggetto della nostra lotta (da rispettare sempre), il superamento della logica secondo cui “il fine giustifica i mezzi” e la conseguente analogia tra mezzi e fini. Il mio amico Enzo Sanfilippo (che appartiene alla comunita' dell’Arca siciliana) mi ha fatto conoscere, anni fa, il termine ubuntu, un'espressione in lingua bantu che indica "benevolenza verso il prossimo". E' una regola di vita, basata sulla compassione, il rispetto dell'altro. L'ubuntu esorta a sostenersi e aiutarsi reciprocamente, a prendere coscienza non solo dei propri diritti, ma anche dei propri doveri, poiche' e' una spinta ideale verso l'umanita' intera, intesa come una comunita' interconnessa, quasi come un unico organismo. Da questa consapevolezza nasce l’importanza della lealta' e della solidarieta' tra tutti gli esseri e la necessita' di attivarsi per costruire relazioni di pace.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?
- Maria D'Asaro: In qualche modo, le lotte femministe sono state delle lotte collettive di genere, lotte essenzialmente nonviolente.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza ed ecologia?
- Maria D'Asaro: Percepisco un legame strettissimo e cogente tra nonviolenza ed ecologia. Credo che la nonviolenza sia l’indispensabile chiave di volta per la fondazione di un rinnovato umanesimo, che progetti nuovi modelli di vita e una nuova etica della cittadinanza, basata su un rapporto armonico con la natura e gli altri esseri viventi.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza, impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani?
- Maria D'Asaro: Poiche' la nonviolenza postula il rispetto assoluto per l’altro/l’altra, il legame tra essa e l’impegno antirazzista, e il riconoscimento di pari dignita' e pari diritti a tutti gli esseri umani, e' strettissimo.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotta antimafia?
- Maria D'Asaro: L’amico gia' ricordato, Enzo Sanfilippo, ha curato un volume proprio su quest’argomento: Nonviolenza e mafia. Idee ed esperienze per un superamento del sistema mafioso. Intanto, come sottolineava gia' il giudice Falcone, in Sicilia non si possono dividere con l’accetta l’area della mafia e quella dell’antimafia. Nel suo volume, Sanfilippo evidenzia giustamente come le organizzazioni mafiose conformino l’intera societa' meridionale; quindi, per combattere la mafia non e' sufficiente un approccio solo repressivo, ma trasformativo. Non e' sufficiente una cultura della legalita', occorre una cultura della responsabilita'. Qualche anno fa a Palermo e' stato organizzato un seminario di studi sull’argomento. Per la lotta antimafia e' fondamentale poi uno studio attento della cultura complessiva, anche religioso-sacrale, al cui interno prospera il fenomeno mafioso: vorrei segnalare, a tal proposito, l’ottimo testo del professor Augusto Cavadi, Il Dio dei mafiosi. Non posso infine non ricordare il profondo lavoro sul territorio siciliano che fanno quotidianamente gli studiosi Umberto Santino e Anna Puglisi, che, con i loro studi e le loro iniziative, hanno contribuito in modo determinante a focalizzare i rapporti tra lotta antimafia, ruolo delle donne, lotte contadine e strategie popolari nonviolente.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse? Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli oppressi?
- Maria D'Asaro: La nonviolenza postula l’assunto dell’unita' del genere umano e considera il conflitto una opportunita' evolutiva e nella lotta mira a colpire non il corpo ma la coscienza dell’avversario: essa e' dunque un’eccellente prospettiva per tutte le lotte di liberazione.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e pacifismo, tra nonviolenza e antimilitarismo, tra nonviolenza e disarmo?
- Maria D'Asaro: Un rapporto sicuramente profondo e dialettico: la nonviolenza, che e' rispetto assoluto per l’avversario, consapevolezza dell’intima unita' del genere umano e che postula l’armonia tra fini e mezzi, non puo' che assumere e permeare di se' le prospettive di pace e antimilitariste. Mi piace qui ricordare quella splendida persona che e' stata Alex Langer, che distingueva un pacifismo tifoso, un pacifismo dogmatico e un pacifismo concreto. La nonviolenza, contrariamente a quanti molti pensano, potrebbe offrire un contributo fattivo alla realizzazione di una prassi concreta di pace.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e diritto alla salute e all'assistenza? E quali rapporti vede tra nonviolenza e psicoterapie?
- Maria D'Asaro: La prospettiva nonviolenta vede tutti gli esseri umani portatori di uguali diritti: quindi, indipendentemente dal reddito, ogni uomo/donna dovrebbe avere il diritto alla salute e all’assistenza. La prospettiva nonviolenta e' inoltre compatibile, anzi necessaria, con tutte le forme di aiuto: psicologico, psicoterapeutico, filosofico.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e informazione?
- Maria D'Asaro: A mio avviso e' auspicabile che i giornalisti intanto sappiano che cosa e' la nonviolenza. Che ricevano, da una eventuale formazione nonviolenta, la passione per la verita' e per la complessita'. E che abbiano il coraggio di essere a servizio della verita': e quindi delle persone e dei loro veri bisogni.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione filosofica e alle religioni?
- Maria D'Asaro: La prospettiva nonviolenta interroga e arricchisce la riflessione filosofica. E, soprattutto, dovrebbe impregnare di se' la filosofia praticata, ricordando che il confronto amichevole tra le varie posizioni e' l’anima del dialogo filosofico. La nonviolenza e' poi vicinissima alla prospettiva cristiana, specie se depurata dal temporalismo; penso al Discorso della montagna e agli inviti di Cristo: a chi ti percuote porgi l’altra guancia, a chi ti chiede la tunica dai anche il mantello. Non sono un’esperta di tradizioni religiose orientali: ma mi pare che i legami tra nonviolenza e buddismo e induismo siano molto consistenti.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'educazione?
- Maria D'Asaro: La necessita' di rivedere profondamente metodi e prassi pedagogiche oggi utilizzate. Io sono un’insegnante: e' fondamentale che un docente sia formato in modo nonviolento.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'economia?
- Maria D'Asaro: Potrebbe apportare una rivoluzione a 360 gradi: nell’economia oggi l’uomo e' mezzo e non fine. Il sistema capitalistico ha stravolto il rapporto tra la sfera economica e quella etica. Abbiamo urgente bisogno di rivedere in senso nonviolento i nostri paradigmi economici.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sul diritto e le leggi?
- Maria D'Asaro: La necessita' di introdurre il concetto di disobbedienza civile. La consapevolezza che l’educazione alla legalita' possa coesistere, e in alcuni casi essere messa da parte, dall’educazione alla responsabilita' e dal primato della coscienza. Rifletto spesso sul nazismo: in fondo la barbarie della Shoah e' stata possibile perche' pochissimi si sono rifiutati di disobbedire agli ordini.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sulla scienza e la tecnologia?
- Maria D'Asaro: La necessita' che scienza e tecnologia siano sempre considerate mezzi legati al benessere dell’umanita'.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche operative della nonviolenza nella gestione e risoluzione dei conflitti quali ritiene piu' importanti, e perche'?
- Maria D'Asaro: Credo sia importante sottolineare il ruolo della disobbedienza civile.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze editoriali le sembra che piu' adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?
- Maria D'Asaro: Intanto trovo efficace il giornale telematico “La nonviolenza e' in cammino”: grazie ad esso la mia cultura nonviolenta e' cresciuta e sono stata informata di iniziative nonviolente svoltesi in tutta l’Italia. So che sono validi supporti formativi anche i "Quaderni Satyagraha" e le riviste “Mosaico di pace” ed “Azione nonviolenta”.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali esperienze in ambito scolastico ed universitario le sembra che piu' adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?
- Maria D'Asaro: So che c’e' a Pisa un corso di laurea in “Scienze per la pace”, se i tagli della Gelmini non l’hanno eliminato. Inoltre il professor Andrea Cozzo a Palermo, presso la Facolta' di Lettere e Filosofia, tiene da anni seminari e laboratori sulla gestione nonviolenta dei conflitti ed e' promotore dell'attivita' didattica e di ricerca su pace e nonviolenza nell'ateneo palermitano.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno sovente un'impressione di marginalita', ininfluenza, inadeguatezza; e' cosi'? E perche' accade? E come potrebbero migliorare la qualita', la percezione e l'efficacia della loro azione?
- Maria D'Asaro: Intanto perche', a mio avviso, la presenza di formazioni nonviolente non e' vista di buon occhio dal potere, che tende a marginalizzarle. Inoltre talvolta i nonviolenti non riescono a comunicare con le persone comuni, non riescono a far passare il messaggio che le lotte nonviolente sono essenzialmente popolari e necessarie alla comunita' umana. Il nonviolento e' visto come un marziano perche' e' scomodo, perche' e' isolato, perche', talvolta, non sa comunicare con chi nonviolento non e'.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e istituzioni: quali rapporti? E quali rapporti con le forze politiche e le organizzazioni sindacali?
- Maria D'Asaro: Il pensiero e la prassi nonviolenta dovrebbero assolutamente permeare il sindacato e le forze politiche autenticamente democratiche: non mi pare purtroppo che attualmente cio' avvenga. Bisognerebbe impegnarsi dall’interno per una trasformazione democratica e nonviolenta delle lotte sindacali e dei partiti politici.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e amicizia; nonviolenza e cura delle persone con cui si vive; nonviolenza e vita quotidiana: quali relazioni?
- Maria D'Asaro: Ho fatto esperienza di come sia essenziale e fondante impostare il modo nonviolento le proprie relazioni: la nonviolenza mi ha aiutato a essere una madre un po’ migliore. L’approccio nonviolento e' stato poi essenziale nel mio lavoro di insegnante e psicopedagogista.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e percezione dell'unita' dell'umanita': quale relazione e quali implicazioni?
- Maria D'Asaro: Ho gia' parlato prima dell’ubuntu, l’espressione bantu che significa solidarieta' verso il prossimo: la nonviolenza dovrebbe aiutarci a considerare l’umanita' come un’unica creatura, come un organismo unico e interconnesso.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e cura del territorio in cui si vive: quale relazione? Nonviolenza e rispetto per i viventi, la biosfera, la "madre terra": quali implicazioni e conseguenze?
- Maria D'Asaro: A mio avviso il legame tra nonviolenza, cura del territorio, rispetto per tutte le forme di vita (animali e vegetali) e per la nostra madre terra, e' strettissimo. Non si puo' essere nonviolenti e non essere ecologisti convinti. Mi manca tanto il compianto “profeta verde” Alex Langer: chissa' quante intuizioni felici avrebbe avuto oggi. Un’iniziativa che mi sentirei di proporre e' la giornata di riposo della terra: dovremmo, sempre piu' spesso, fermare tutte le attivita' umane commerciali e industriali per far riposare la terra. E per riprenderci il tempo della contemplazione e del ringraziamento.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e stili di vita: quale relazione? Nonviolenza e critica dell'industrialismo: quali implicazioni e conseguenze?
- Maria D'Asaro: Mi piace ancora ricordare Alex Langer: dovremmo adottare stili di vita ecologicamente orientati: utilizzare i mezzi pubblici, utilizzare meno l’aereo, consumare meno, riciclare, riutilizzare, adottare possibilmente una dieta senza (o con poca) carne... Il problema e' che siamo immersi in un sistema di pensiero e in un sistema economico-produttivo che ci dice che dobbiamo produrre sempre di piu' e consumare sempre di piu'. Il che e' assurdo, poiche' siamo abitanti di un pianeta finito. Allora lo sforzo creativo dei nonviolenti e' progettare nuovi stili di vita e un’economia leggera che coniughi soddisfacimento dei bisogni essenziali (dovremmo tornare a Epicuro: distinguere tra bisogni necessari e non necessari) e cura per la nostra madre terra. In quest’ottica, i nonviolenti dovrebbero seguire con attenzione il pensiero e la prassi della decrescita.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza, compresenza, convivenza, scelte di vita comunitarie: quali implicazioni e conseguenze?
- Maria D'Asaro: L’opzione nonviolenta ed ecologista predilige scelte di vita comunitarie. In ogni caso mette in discussione l’egocentrismo individualistico. Suggerisco in tal senso la lettura del testo di Maurizio Pallante I monasteri del III millennio, del quale cito qualche passo: “I monasteri del III millennio (...) saranno nicchie... (che permetteranno) di riscoprire l’importanza della produzione di valori d’uso, dello scambio fondato sul dono e sulla reciprocita', di un fare connotato qualitativamente e finalizzato alla contemplazione. I pochi che sceglieranno di viverci useranno il sapere per ridurre al minimo il peso della loro presenza nel mondo. La loro impronta ecologica sara' quella di chi cammina in punta di piedi, utilizzando con la massima efficienza il minimo delle risorse possibili per ricavare i suoi mezzi di sussistenza senza limitazioni e senza sprechi, senza rinunce e senza inutili orpelli, migliorando le proprie condizioni di vita senza danneggiare quelle di altri viventi”.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quale e' lo stato della nonviolenza oggi nel mondo? E in Italia? Quale le sembra che sia la percezione diffusa della nonviolenza oggi in Italia? Quali iniziative intraprendere perche' vi sia da parte dell'opinione pubblica una percezione corretta e una conoscenza adeguata della nonviolenza?
- Maria D'Asaro: All’estero ricordo la resistenza nonviolenta di Aung San Suu Kyi, in Birmania. La mia impressione, comunque, e' che la nonviolenza sia troppo ai margini, specie in Italia. Forse anche perche' non e' incarnata da persone che l’abbiano “sposata” sino in fondo. Forse abbiamo bisogno di persone di alta statura nonviolenta, come Gandhi e Marthin Luther King.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e linguaggio (ed anche: nonviolenza e semiotica): quale relazione?
- Maria D'Asaro: C’è una relazione stretta tra linguaggio, comunicazione e nonviolenza: dovremmo ripensare e purificare le nostre parole alla luce della prospettiva nonviolenta.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza, riconoscimento dell'altro, principio responsabilita', scelte di giustizia, misericordia: quali implicazioni e conseguenze?
- Maria D'Asaro: Sottolineo la centralita' delle pratiche di mediazione e di giustizia rigenerativa, sulle quali ha molto riflettuto Marinetta Cannito, esperta di Giustizia Rigenerativa di “Witness for Peace” di Washington. A questo proposito non posso non ricordare anche l'esperienza della Commissione per la Verita' e la Riconciliazione del Sud Africa post-apartheid, quando aguzzini e perseguitati si trovarono faccia a faccia: i primi a raccontare le violenze commesse, i secondi a esprimere il dolore subito. Piu' che un processo, una modalita' sacra e feconda d’incontro, che coinvolse tutti, vittime e carnefici, ma senza eliminare ruoli e responsabilita'.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e coscienza del limite: quali implicazioni e conseguenze? La nonviolenza dinanzi alla morte: quali riflessioni?
- Maria D'Asaro: Penso che la nonviolenza ci suggerisca la nostra realta' ontologica di creature finite e limitate, mettendoci al riparo da nefasti deliri d’onnipotenza. A tal proposito vorrei concludere con le parole di Edgar Morin: “Siamo perduti, ma abbiamo un tetto, una casa, una patria; il piccolo pianeta in cui la vita si e' creata il proprio giardino, in cui gli esseri umani hanno formato il loro focolare, in cui ormai l’umanita' deve riconoscere la propria casa comune (...). Dobbiamo essere fratelli, non perche' saremo salvati, ma perche' siamo perduti. Dobbiamo essere fratelli per vivere autenticamente la nostra comunita' di destino di vita e di morte terreni. Dobbiamo essere fratelli perche' siamo solidali gli uni con gli altri nell’avventura ignota”.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?
- Maria D'Asaro: Vivo a Palermo, dove svolgo la professione di insegnante e psicopedagogista in una scuola secondaria di primo grado. Mi riconosco pienamente nell'affermazione di Terenzio: Homo (donna, nel mio caso!) sum: nihil humani alienum a me puto. Mi interesso, come cittadina e come docente, di scienze umane, politica, letteratura. Amo leggere e scrivere. Collaboro con la rivista mensile "Segno" e con il settimanale regionale siciliano "Centonove". Curo un blog, che dedica una sezione alla nonviolenza: http://maridasolcare.blogspot.com/. Guardo con simpatia alla nonviolenta Comunita' dell’Arca, fondata da Lanza del Vasto. Mi impegno, nel mio ambito, perche' la prospettiva nonviolenta, ecologicamente orientata, sia orizzonte possibile per gli esseri umani.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: C'e' qualcosa che vorrebbe aggiungere?- Maria D'Asaro: Per chi ha a cuore le tematiche ecologiche e nonviolente, segnalo una mia lettera postuma ad Alexander Langer, pubblicata, oltre che dalla rivista “Segno”, anche nel sito della Fondazione Langer: http://www.alexanderlanger.org/cms/index.php?r=1&k=52&id=2215

sabato 14 agosto 2010

venerdì 13 agosto 2010

Dopo un po'...

Dopo un po' impari la sottile differenza tra tenere una mano e incatenare un'anima,
e impari che amore non significa piegarsi e compagnia non significa sicurezza,
e cominci a imparare che i baci non sono dei contratti e i regali non sono delle promesse,
e cominci ad accettare le tue sconfitte a testa alta e con gli occhi aperti, con la grazia di un adulto, non con il dolore di un bambino,
e impari a costruire tutte le tue strade sull'oggi perché il terreno del domani è troppo incerto per fare progetti.
Dopo un po' impari che perfino il sole ustiona se ne prendi troppo.
Allora pianta il tuo giardino e decora la tua anima, invece di aspettare che qualcuno ti porti fiori.
E impari che davvero puoi resistere...
Che davvero sei forte.
Che davvero hai valore.

Autore ignoto
(citato nel libro di Jack Canfield e Mark Victor Hansen: Brodo caldo per l'anima, Armenia)

giovedì 12 agosto 2010

VIAGGIO




Viaggio
nel web:
labirinto di parole,
intreccio furtivo di sguardi.
Blogger.

martedì 10 agosto 2010

Sacred spirit - Yeha Noha

Note suggestive per evocare gli indiani d'America ...

Tramp & Tom Waits / Jesus' Blood Never Failed Me Yet

Una nenia di un barbone londinese -un brano religioso ripetuto in modo circolare- con cui è stato realizzato un bellissimo brano musicale e poi uno splendido video.
Ecco la traduzione in italiano, regalatami dall'amico dalle tante consonanti (che spesso commenta affettuosamente i miei post):
"Il sangue di Gesù non mi ha tradito mai finora; io so che esistono delle
cose che egli ama così come sono"


Jacek Yerka - Dreaming Surrealism

Jacek Yerka, rispetto al più noto Vladimir Kush, è meno rassicurante e patinato. Qui la bellezza passa anche per un po' di inquietudine, c'è molto più Buzzati e Bosh; e poi, con i paesaggi di borghi impossibili, ricorda piacevolmente "Le città invisibili" di Calvino.

domenica 8 agosto 2010

AMBIENTE: SPINGENDO UNA CARROZZINA


Maria G. Di Rienzo (per contatti: mailto:sheela59@libero.it) ci ha messo a disposizione nella sua traduzione e adattamento il seguente articolo tratto da un piu' ampio servizio apparso nel sito di "Peace Women".www.peacewomen.org e' un progetto della "Women's International League for Peace and Freedom, United Nations Office"]

Durante una delle loro passeggiate giornaliere nella foresta di Khimki, nel 2007, Yevgenia Chirikova e suo marito Mikhail notarono qualcosa di insolito. Quasi tutti gli alberi erano marchiati con delle piccole “x” rosse. Dopo alcune ricerche su internet la coppia apprese che, all’insaputa della maggioranza dei residenti nelle vicinanze, la foresta era stata venduta ed una ditta di costruzioni aveva in programma l’abbattimento di larghe porzioni di foresta per far spazio ad una nuova autostrada.
Chirikova dice che aveva sempre creduto la foresta fosse terra federale, e come tale protetta dalla legge. Allora capi' che doveva agire, ed agire velocemente, se voleva salvare la foresta, che e' contigua al sobborgo urbano nel nordovest di Mosca dove lei vive con la sua famiglia. “Sapevo che non poteva essere legale”, ricorda, “La foresta e' parte della cintura verde di Mosca”. Negli ultimi tempi questa minuta trentatreenne, ex donna d’affari e madre di due figli, e' diventata il volto pubblico di un crescente movimento di base che ha come scopo la salvezza della foresta di Khimki. Il suo attivismo l’ha costretta a confrontarsi con potenti interessi commerciali e politici, le ha guadagnato ammirazione fra gli ambientalisti, e l’ha messa sotto i riflettori dei media.
L’impegno triennale di Chirikova e' arrivato ad un punto di svolta qualche settimana fa, quando assieme a dozzine di altri attivisti si e' accampata nella foresta in un tentativo da ultima barriera per preservarla dalla distruzione. Gli attivisti sono riusciti, per il momento, ad impedire ulteriori abbattimenti di alberi, ma per questo hanno pagato il prezzo dell’essere assaliti da un gruppo non identificato di uomini mascherati e di essere ripetutamente arrestati dalla polizia. L’episodio piu' recente ha visto la polizia portare via Chirikova, suo marito ed altri quattordici dimostranti dopo una protesta di massa nella foresta il 28 luglio 2010.
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Chirikova e' l’emblema di una nuova ondata di attivismo della societa' civile in Russia: persone comuni, senz’altra motivazione nelle vite quotidiane che il tirare avanti, che sempre di piu' diventano cittadini impegnati (e spesso oltraggiati). “Questi 'nuovi' russi sono persone che non si limitano a vivere in Russia, si sentono reali cittadini, non sono concentrati solo sul proprio personale benessere”, dice Olga Blatova, un’avvocata di Greenpeace che ha lavorato a stretto contatto di Yevgenia Chirikova, “In primo luogo sono persone attive, in secondo luogo sono persone che guardano alle cose criticamente”.
Chirikova ha due lauree, in finanza e ingegneria, ed ha lavorato come vicedirettrice di una compagnia finanziaria. Nel 1998, lei ed il marito decisero di scambiare la vita urbana della capitale con la relativa calma di Khimki. Chirikova, incinta della prima figlia, amava l’aria fresca e le passeggiate rilassanti nella foresta. Parte della decrescente cintura verde di Mosca, i 150 ettari della foresta di Khimki dovevano servire come protezione della fauna selvatica e come scudo contro l’inquinamento irradiato dalla capitale.
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Ma, nel 2004, il Ministro dei trasporti annuncio' il piano di costruzione di una nuova autostrada fra Mosca e San Pietroburgo, come rimedio alla congestione del traffico fra le due metropoli. Il tracciato logico, dicono gli ambientalisti, doveva seguire la linea ferroviaria che ha collegato le due citta' sin dal XX secolo. Invece, il tracciato approvato nel 2006 dal sindaco di Khimki, Viktor Shelchenko, compie un’ampia diversione attraverso la foresta per avvicinarsi all’aeroporto moscovita di Sheremetyevo.
Chirikova ride, definendo il tracciato illogico: “Come ingegnere, avendo lavorato nel campo, so che si tratta di una decisione del tutto bizzarra: nella nostra era moderna si vuol costruire un’autostrada che va serpeggiando nella foresta, con strane curve e rampe d’ingresso che non permetterebbero alle automobili di guadagnare velocita'. Percio' e' del tutto ovvio che si tratta di un passo compiuto per dare inizio allo sviluppo di proprieta' nella nostra foresta di querce”.
Nei suoi sforzi per salvare la foresta, Chirikova tento' inizialmente di indurre Greenpeace a farsi carico della causa. Ma la sezione moscovita del gruppo ambientalista le disse che a causa di mancanza d’organico poteva offrirle solo sostegno morale e consigli legali. A questo punto Chirikova decise di prendere la faccenda nelle proprie mani. Nel 2007 percorse le strade di Khimki, spingendo la carrozzina con una mano e portando un fascio di manifesti fatti in casa nell’altra. Riempi' la citta' di avvisi su cio' che stava per accadere alla foresta, dando il suo numero di telefono per chi volesse chiamarla.
I residenti di Khimki risposero in numero inaspettatamente alto. In breve, racconta Chirikova, furono abbastanza per formare un gruppo ambientalista chiamato “Ecodefense”. Il salotto di Chirikova divenne il quartier generale del gruppo. Da allora i membri hanno fatto di tutto per attrarre attenzione sulla loro campagna: hanno organizzato manifestazioni di protesta, organizzato tavole rotonde, scritto al presidente Dmitry Medvedev, e si sono appellati ai tribunali. La scorsa primavera, Ecodefense ha scritto lettere ad organizzazioni internazionali spiegando le ripercussioni sull’ambiente della costruzione dell’autostrada. Non ci e' voluto molto tempo perche' il loro sforzo desse qualche frutto: BankWatch, per esempio, ha chiesto alla Banca Europea di non investire in un progetto che: “e' dannoso sia a livello sociale che a livello ecologico”.
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Nel luglio 2010, tuttavia, la situazione e' diventata piu' urgente perche' i membri di Ecodefense hanno scoperto che il disboscamento e' gia' iniziato. Gli attivisti si sono accampati attorno agli alberi per prevenire altri tagli. Dopo circa una settimana, la polizia di Mosca ha arrestato e detenuto per breve tempo gli attivisti, dopo aver distrutto il loro campo. Da allora, la polizia piantona la foresta 24 ore al giorno. La compagnia francese “Vinci Concession”, pero', che aveva un contratto per la messa in opera dei primi 43 chilometri dell’autostrada, ha rimosso il suo equipaggiamento dalla foresta.
Mikhail Beketov, direttore del quotidiano locale “Khiminskaya Pravda”, che regolarmente scriveva articoli denunciando l’approvazione del progetto, e' stato assalito nella sua stessa casa nel 2008 ed ha sofferto di gravi danni cerebrali. Un motociclista non identificato ha cercato di investire Chirikova, che e' pero' riuscita a sfuggirgli senza subire danni. Nonostante tutto cio', Chirikova ha mantenuto il suo impegno e mostra scarsi segni di fatica o paura. “Se sono particolarmente giu' di corda rileggo Arcipelago Gulag di Solzhenitsyn. Leggo, e penso che al confronto il nostro lavoro e' facile. Questa persona era detenuta, era malata, a volte era troppo debole persino per scrivere, eppure ha prodotto un libro che ha fatto il giro del mondo. Ha trovato in se stesso la forza di farlo. Oggi noi abbiamo un sacco di opportunita' in piu' per essere attivi politicamente: abbiamo internet, i telefoni cellulari, credo che siamo fortunati”.
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Chirikova sostiene che la sua generazione, sempre piu' disillusa e frustrata, provvedera' l’impegno civile a cambiare la Russia, un’istanza alla volta. “Penso che questo tipo di attivismo crescera'. Sto osservando il processo con cui attivisti per cause diverse si alleano e si sostengono a vicenda. Ormai il cittadino comune si vergogna persino di guardare “Canale Uno” (di proprieta' dello stato) perche' e' roba da idioti, non sono notizie. E i gruppi della societa' civile crescono e si uniscono. Forse dovrei ringraziare l’insaziabile appetito dei nostri burocrati per questa crescita dell’attivismo sociale!”.
(Vorrei avere un grammo della determinazione e del coraggio di Yevgenia...
Mari)

venerdì 6 agosto 2010

FRESCHI DENTRO, BOLLENTI FUORI



Mio figlio me l’ha spiegato: i condizionatori fanno violenza al principio della termodinamica, secondo cui, se c’è differenza termica tra due corpi, il calore passa dal più caldo al più freddo, in vista del livellamento termico. I nostri condizionatori invece, con un lavoro fornito dall’energia elettrica, azionano una ventola che rende l’interno delle case più freddo, trasportando il calore all’esterno. Che è poi la nostra atmosfera. Che sino a un certo punto è stata capace di rinnovarsi, nonostante le nostre continue e forsennate immissioni di anidride carbonica. Ora, ci dicono gli esperti, è satura e stanca. E non riesce più a raffreddarsi. Allora forse dovremmo smetterla con questo sistema, stupido e dannoso, di procurarci refrigerio d’estate. E inventare sistemi più salubri: ad esempio, costruire le case in modo che respirino naturalmente, assorbendo calore d’inverno e respingendolo in estate. Perché anche la nostra atmosfera ha diritto di starsene al fresco …
Maria D’Asaro
( pubblicato su “Centonove” il 6-08-2010)

giovedì 5 agosto 2010

AMSTERDAM


Nuvole,
soffici coltri,
avvolgono con cura
il mio cuore silenzioso.
Amsterdam.

mercoledì 4 agosto 2010

Afghanistan, la guerra delle donne Fuggono per andare a scuola


(articolo di Cristiana Cella - 31 luglio 2010 . L’Unità)


Farida fa l'insegnante. Ha circa 40 anni, il viso generosamente truccato, con molta cura, un piccolo foulard sulla chioma corvina. Rimane vedova quando i talebani sono al potere. I 4 figli sono piccoli e non ha più niente, tranne il suo tesoro, un diploma. Lascia la provincia e si trasferisce a Kabul. Va dritta al ministero della Cultura e Informazione. «Sono una donna istruita. Devo mantenere i miei figli, dovete darmi un lavoro e un salario». La sua audacia è premiata, il lavoro arriva. Sarà insegnante di religione islamica nelle carceri femminili di Kabul. Per due anni. Quando perde il lavoro, insegna nelle scuole clandestine per ragazze, come le sue attuali colleghe. Le carcerate sono le sue prime allieve, dagli 11 ai 18 anni. Non le ha dimenticate. Maryam, ad esempio. Viene data in sposa a due diversi cugini dal padre e dalla madre e la questione finisce in una guerra tra famiglie. La ragazza scappa di casa e finisce in prigione. Ma la legge vuole che, in questi casi, si debba trovare un terzo marito. Il secondino è disponibile, un brav'uomo. Adesso Maryam sta bene, ha molti figli. Non tutte le storie finiscono bene. Sahar è di Herat. I genitori muoiono in un bombardamento. Va a vivere con un cugino che la violenta regolarmente. Quando rimane incinta gli chiede di sposarla e lui invece la caccia di casa. Sahar sta cucinando e lui non smette di gridare. Il coltello, grande e affilato, le trema tra le mani. Un attimo e lo pianta nella gola del cugino. Poi si traveste da uomo e raggiunge Kabul. Non sa dove andare e si costituisce ai talebani. Probabilmente è ancora in prigione. Ogni casa, in Afghanistan, può trasformarsi in prigione. La follia e l'ignoranza dei talebani non se ne sono andate. No, le donne non stanno affatto meglio. Rabia è bellissima, la sua condanna. Il padre è morto, vive con lo zio. La dà in moglie a un uomo che paga bene, per la sua bellezza. Farida le insegnava a leggere e a scrivere. Era molto brava. Dopo il matrimonio non ne sa più niente. La vede di nuovo, 15 giorni fa, quando il cadavere viene restituito alla famiglia, mutilato, offeso, torturato. Le lacrime le sciolgono il trucco sulle guance. È stato il marito a ucciderla in quel modo, ora è in prigione. Continua a dire che la ragazza si è suicidata. Gli hanno dato 15 anni. Ma la pena non è mai certa. La libertà si può comprare. È difficile sopportare il peso del dolore che le sta intorno, rimane addosso, insieme alla polvere della città. Alla sera è distrutta, a volte non ce la fa più. Ma Farida sa che ha una responsabilità verso le donne che non hanno avuto la sua fortuna: quella di nascere in una famiglia aperta che l'ha fatta studiare. Oggi lavora nella scuola di Opawc. Non insegna più nascosta nelle cantine ma i pericoli non sono finiti. Il quartiere è povero, degradato e insicuro, come la maggior parte dei quartieri di Kabul. Polvere e fango. Fantasmi di case sforacchiate dai proiettili, dove la gente abita, fogne aperte, discariche, frequentate da capre, cani, e da persone che vanno a fare "spesa" con il sacchetto di plastica. L'elettricità va e viene, l'acqua potabile è un lusso per chi può permettersi di scavare un pozzo. Per chi non può, ci sono i camion del governo con le cisterne di plastica. Si fa la fila col secchio. Acqua cattiva che fa ammalare. Si beve anche nelle scuole pubbliche. Accanto e sopra le macerie, le surreali ville di chi ha soldi, nello stile di moda: colonne dorate, specchi, bowindow, colori improbabili, terrazze, stucchi rococò. La ricostruzione. Nei quartieri migliori, le ragazze delle famiglie più aperte, a scuola ci vanno. Con la divisa nera e il velo bianco, sciamano a gruppi per le strade. Ma qui non c'è nessuna scuola e la mentalità delle famiglie è un muro compatto, studiare è una provocazione. Le attiviste di Opawc l'hanno scelto per questo. È qui che c'è più bisogno di loro. Samia dice di avere nove anni. Le scappa un sorrisetto, lo copre con il velo rosa, più grande di lei. Si vede che è più piccola ma tanto nessuno può controllare. Gli ispettori del governo hanno detto che questa scuola non si può frequentare prima dei nove anni. Ma non è certo l'età a fermarla. Il padre non vuole che frequenti, le insegnanti hanno provato a convincerlo, senza risultato. È analfabeta, sarebbe una vergogna che sua figlia fosse più istruita di lui. Così viene di nascosto, con la complicità della madre. E se il padre lo venisse a sapere? Samia alza le spalle, abbassa lo sguardo. Non ci vuole pensare. Cerca con gli occhi le compagne, molte di loro sono nella stessa situazione. Abitano lontano, vengono a piedi, nascoste dietro i veli color caramelle, le più grandi col burka. Il tragitto è un rischio, lo sanno. Vanno veloci, saltando i buchi della strada, come fanno i bambini. Potrebbero essere rapite, aggredite, vendute. I libri si nascondono. Ma nemmeno la paura è riuscita a portarsi via quella fierezza gioiosa per la conquista, un seme forte di dignità. Compare nei sorrisi, quando si insiste a guardarle negli occhi. Il cognato di Shirin è mullah nella moschea del quartiere. Tuona ogni giorno contro l'istruzione delle donne e contro quella scuola, l'unica della zona. Se le donne della famiglia studiassero sarebbe un affronto al suo onore. Così il marito ha minacciato le insegnanti. Ma Shirin viene a scuola lo stesso, ha sei figlie, tutte analfabete. Quando avrà imparato potrà insegnare anche a loro. Per fortuna il marito lavora al mercato, esce presto. Shirin infila il burka e scappa a scuola. Solo per questo lei si sente viva. «Per mio marito io e le mie figlie siamo solo dei muli. Che senso ha una vita passata così, nella paura, senza capire niente?». Weeda non deve chiedere il permesso a nessuno. Il marito è stato ucciso nella guerra civile, ha perso tutto quello che aveva. Ha tre figlie, sono tutte lì, con lei. Le mani in grembo, i veli candidi, i vestiti pastello. Ha la pensione governativa del marito, 300 afghani, 50 dollari. Vive in una cantina, senza luce né acqua. Ma si sente fortunata ad essere lì. Sta costruendo il futuro delle sue figlie. Diverso. Hanam Gul si alza, ha voglia di parlare. Una bella faccia combattiva, la voce potente, la parlantina inarrestabile. Le altre ridono, le lanciano battute, si toccano la fronte. È matta, dicono, vuole presentarsi alle elezioni. È per questo che studia. All'ufficio elettorale le hanno chiesto il diploma, lei ha mostrato il certificato di frequenza di questa scuola. Non basta, hanno detto, sei ancora analfabeta. «Proprio per questo voglio andare in Parlamento, per rappresentare tutte le donne analfabete come me!». Hanno cercato di cacciarla via, ma non è facile liberarsi di Hanam Gul. «Cosa credi? Anche i nostri parlamentari sono analfabeti, solo che si sono comprati un diploma!», ha gridato prima di andarsene, più convinta di prima. È sicura, ci riuscirà. Il banco dove siede, per lei, è già quello del Parlamento. Fa pratica.

KIOTO AL MERCATO


Quando acquisto qualcosa, rifiuto gentilmente la busta di plastica che mi viene offerta, perché uso quella che ho in borsa.
So di essere guardata come un’aliena. E invece questa volta non succede: il signore del mercatino rionale, da cui ho acquistato uno zerbino, mi sorride e commenta: “Ci vorrebbero tanti gesti così per rispettare il protocollo di Kioto …” Ho un sussulto di gioia: questo signore sa di che si è discusso in Giappone anni fa e condivide il mio piccolo gesto in difesa dell’ambiente…
Riaffiora allora il mio sogno: quello di essere tutti cittadini istruiti, informati e consapevoli, ognuno con il suo mestiere. Che bello se medici, commessi, avvocati, parrucchieri, panettieri, periti informatici, muratori, professori e salumieri si impegnassero insieme a fare qualcosa per una faccenda che li interessa tutti: guarire la nostra terra malata. Spalancando le finestre e cambiando aria per farle passare la febbre da troppa Co2.
Maria D’Asaro
( pubblicato su “Centonove” il 30-07-2010)