domenica 22 agosto 2010

IO TI VEDO


Non so quale sia stata la volta peggiore. Se quando sono andata a fare l’ecografia e i medici parlavano infastiditi di turni fatti male, di chi doveva portare le cartelle al reparto, di chi doveva salire in sala operatoria: mentre io ero lì, in silenzio e in attesa, con i miei poveri seni scoperti. Oppure quando ho fatto il doppler, per quelle pulsazioni esagerate: due uomini si affaccendavano intorno a me, di nuovo sola, nuda e col cuore a mille, e parlavano di gite in barca e vacanze. Avrei dato chissà cosa per avere accanto uno straccio di compagno o di amica: qualcuno che mi riconoscesse, che mi restituisse la mia anima e la mia essenza. E poi il ricordo di mia sorella intubata, la paziente numero tre della sala di terapia intensiva. Lei, che per me continuava a essere Sally: sorellina tenera e fragile, la piccolina che aveva un vestito a pois, bianco e rosso, e un sorriso candido e buono.
Marguerite Yourcenar fa dire ad Adriano “E’ difficile rimanere imperatore in presenza di un medico; difficile anche conservare la propria essenza umana: l’occhio del medico non vede in me che un aggregato di umori, povero amalgama di linfa e di sangue”.
Forse esistiamo solo quando qualcuno ci guarda. Ecco perché dal medico è meglio andare in due: per essere accarezzati da uno sguardo. Di chi ti conosce. Di chi si prende un po’ cura di te. Di chi è capace, anche solo un poco, di amarti.

2 commenti:

  1. «Quella infausta prigione che nessuno merita e che tutti chiamano ospedale». Così descrivo l'ambiente ospedaliero nel racconto "Quasi me stesso". E non solo perchè è legato a possibili problemi di salute, ma anche perchè varcare quelle porte mi ha sempre suscitato un insopportabile disagio. Ha un non so che di irreale: il personale medico (e non) ha un modo di fare spesso così distaccato da farti sentire come un'automobile dal carrozziere.
    Aspettarsi anche un solo sguardo "umano" è chiedere troppo, gli unici sguardi che si posano su di te sono quelli degli altri pazienti che hanno la tua stessa espressione grave in volto. Lo considero uno dei luoghi più tristi e squallidi della terra e della nostra esistenza, e se mi fa paura è anche grazie a coloro che contribuiscono a renderlo tale.

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  2. "il personale medico (e non) ha un modo di fare spesso così distaccato da farti sentire come un'automobile dal carrozziere": azzeccatissima l'espressione. Grazie della tua attenzione.Ciao!

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