mercoledì 1 dicembre 2010

101 Storie: Non ho paura di niente...

    Che fosse tosto, l’avevamo capito già in prima media. Che fosse sveglio e intelligente, lo aveva capito la sua docente di matematica e scienze, che non gli ha  mai negato la sufficienza.
   Ma questo non è bastato a evitargli la bocciatura in seconda. Ripete l’anno. A febbraio, si profila un altro insuccesso. Lo inserisco, come ultima spiaggia, in un laboratorio di riciclaggio creativo: si distingue per scioltezza espressiva, strafottenza intermittente, vena creativa. Costruisce un robottino speciale: ancora vivo e pulsante, nel mio studiolo di scuola. Nel video, allora allestito, si presenta dicendo che viene a scuola per non dare altri dispiaceri a sua madre. E che la sua paura più grande è quella di non sapere di che cosa avere paura…
Contribuisce a tenere alto il livello del laboratorio. E il livello di tensione a scuola. A giugno, docenti divisi: io, la prof. di Matematica e la magnifica prof. di Tecnologia, lo vogliamo in terza. Gli altri professori, che ne saggiano aspetti arroganti e sgradevoli, vorrebbero lasciarlo in seconda. Alla fine, forse per un miracolo alchemico, in terza ci va.
Il sette agosto una telefonata da scuola: sai, V. è in ospedale. Incidente serissimo, mentre volteggiava spavaldo e senza casco, in motore: una gamba rotta malamente in più punti, costole fratturate, trauma cranico. Chiamo la madre: - Professoressa, mio figlio voleva salutarla… Per fortuna ora è fuori pericolo. E’ sceso persino suo padre. –
Perché, a un certo punto, il padre era andato al Nord. Perché non c’è lavoro – aveva detto pubblicamente la madre. – Perché aveva problemi – aveva sussurrato piano V. in un colloquio. Poi sua madre era stata più esplicita: - Aveva firmato assegni che non doveva firmare. E ora aveva processi pendenti. – Meglio cambiare aria – aveva confidato, triste, ma non rassegnata.
Da quando non c’era suo padre, V. era sempre più tosto e ribelle. Anche a casa, diceva la madre: senza orari e senza regole. In compagnia di ragazzi più grandi. E forse più tosti di lui.

Però aveva due punti di forza: una famiglia unita alle spalle: il padre, affettuosissimo e attento, pur se lontano, due sorelle, una delle quali disabile grave, un paio di nonni tuttofare, tenaci e presenti. E aveva, soprattutto, una beautiful mind.
Sulla sua beautiful mind, appunto, scommettevamo, quando V. rientrò a scuola, in terza, a inizio novembre: alto, smagrito, col gesso alla gamba, una sedia ortopedica e due stampelle. E gli occhi verdi sempre più belli e sfrontati. Ma, sebbene ammaccato e dolente, V. non studiava, collezionava note nel registro, roteava la stampella per aria rischiando di far male ai compagni. E poi si assentava: per visite mediche, perché gli seccava, perché stava male la sorellina.
A marzo, pagella impossibile. Solo due sei: in matematica e scienze. Un giorno la madre ci avverte che prima di Pasqua andranno a…: operazione complessa per la piccolina – V. lo porto con me. Non posso lasciarlo qui solo. -

Summit in presidenza: la Preside, io, la madre, la coordinatrice. Ormai, tra insufficienze ed assenze, l’ammissione agli esami è impossibile. Proponiamo alla madre il ritiro, entro il 15 marzo. Così V. ha un’altra chance: presentarsi agli esami, da esterno. La signora è d’accordo. – Però a casa V. deve studiare – la esorto. Almeno qualcosa. Preparo i programmi delle varie materie. Gli presto i libri mancanti.
A fine aprile ritornano. La sorellina adesso è fuori pericolo. V. è fuori, e basta…
Io e la collega di matematica c’incontriamo, per strada: siamo ormai a inizio maggio: - V. non ha aperto un libro…. Ho deciso di parlare alla madre. Me lo manda a casa: a italiano, storia, geografia, arte, tecnica, musica e inglese ci penso io…. – le dico, certa che mi avrebbe appoggiata. La collega mi guarda: - Mari, non preoccuparti: quattro cose di matematica e scienze gliele imposto io…u carusu è sveglio… se viene tre o quattro volte ce la facciamo…- Imponiamo alla famiglia di V. e a noi stesse un riserbo assoluto
: l’aiuto privato, seppure assolutamente gratuito, non è affatto previsto dall’Istituzione…
V. viene a casa, spesso di sera: prima guerra mondiale, l’arte futurista. E poi l’ermetismo e Ungaretti. La musica romantica. Il blues. Una presentazione in inglese. Chiedo aiuto alla collega di spagnolo, che non mi nega consigli e argomenti. Un giorno va a fare algebra dalla collega: la collega ha capogiri mostruosi, ma stringe i denti e lo fa studiare lo stesso.
V. si presenta agli esami. Lo ascolta un Consiglio di classe che non è il suo. Alla fine vorrebbero promuoverlo persino con sette. – Maria – mi dice una collega che lo ha esaminato – sai quel ragazzo presentatosi da esterno…. È stato più bravo di molti miei alunni….-
Io e la collega siamo felici. Nessuno, proprio nessuno sa che lo avevamo adottato.

Due anni fa, V. è venuto a scuola un istante. Così, a dare un saluto. Ormai sono tutti al Nord, con il padre. Finalmente vicini. Mi dice che è volontario alla protezione civile. – Senza la terza media, non mi avrebbero preso. – I suoi occhi verdi hanno il bagliore di sempre, ma sembrano un po’ più sereni.
Lo dico ad A., l’impareggiabile prof. di matematica: - Sai, è venuto V.: sta bene, mi sembra ben avviato. Glielo ripeto: - Senza di te, V. non ce l’avrebbe mai fatta.

Ogni tanto, ogni spesso, V. mi torna alla mente. Allora, gli mando mentalmente un saluto. E una benedizione. Come una madre ormai vecchia e lontana, alle cui mani rugose rimane solo la recita di un antico rosario.

10 commenti:

  1. Oggi più che mai ti guardo con ammirazione. Continuo a ripetermi mentalmente che una professione del genere non sarei mai stato abbastanza coraggioso da intraprenderla, con le pesanti responsabilità che richiede. E chi riesce anche a trarne la soddisfazione di un successo, come nel caso che hai descritto, risulta doppiamente meritevole. La consapevolezza di aver contribuito positivamente a migliorare questo mondo, penso che sia la migliore medaglia che si possa desiderare, e con lodevole "forza", anche ottenere. Congratulazioni.

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  3. Ciao Peter: non credere, anch'io sono spesso insicura, Teno di girare a vuoto, a scuola.
    Mi dà forza il fatto che guardo i ragazzi con tenerezza. A volte penso che tutti potrebbero essere miei figli. Forse sono persino più brava con gli alunni che con i miei figli perchè ... mi saturano di meno e con loro sono meno emotivamente coinvolta...

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  4. Mi hai fatto piangere. Certe storie così dense mi strizzano il cuore.
    Caro V., un pensiero per te anche da qui.

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  5. Ecco, questa, per esempio, non è una flebo come altre. E' un delizioso lecca-lecca, gustato e assaporato con piacere.
    Ugualmente commosso, ma di quella commozione dolce, che fa tirar su col naso, ma con soddisfazione.
    Credo siano questi, mi pare rari, successi che ti carburano e ti consentono di andare avanti.
    Spero ce ne siano altri, di episodi con finale positivo...

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  6. ...Caspita
    ...Ha 'preso' anche me, questa storia ora conosciuta con così tanti particolari.

    Sai che penso? Ognuno di noi ha bisogno di "storie" per creare isole di vera comunicazione con il mondo. Solo così anche la nostra vita acquista consistenza, senso e valore

    Ottimo post

    JAN

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  7. @Calzino: grazie, carissima. Sono certa che anche V. sia contento di essere pluri-pensato.
    @caro gattonero: ho in cantiere tante altre storie. Ci credi che se ho dato precedenza a questa a lieto fine l'ho fatto per dare una pausa alle flebo di tristezza? Un abbraccio.
    @Jan: grazie dell'apprezzamento. Mi fa piacere che la storia di V, ti abbia "preso".

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  8. Incredibile! Sai che all'inizio pensavo fosse un racconto e non una storia vera? E' veramente confortante pensare che possiamo fare bene a qualcuno se ci diamo da fare e ci mettiamo un po' di coraggio. Sei stata forte.

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  9. Amo il tuo modo di scrivere e narrare le storie... il bello del tuo blog sai qual'è? che i tuoi racconti sembrano delle fiabe ...ma in realtà nonc 'è nulla di inventato è tutta realtà.
    Ogni qual volta che entro in questo blog mi sento anch'io un pò bimbo sperduto! Grazie per i tuoi racconti. Un abbraccio

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  10. Caro Charmless, ti ringrazio per il tuo affettuoso apprezzamento. In effetti, è proprio così: scrivo di fatti reali, vissuti sempre in prima persona. Tento però di raccontarli in modo lieve e leggero, come se fossero delle storie lontane. Un abbraccio anche a te.

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