sabato 30 aprile 2011

Nel museo di Reims

Nel museo di Reims di Daniele del Giudice, Einaudi, 2010, Torino


Solo 54 pagine.
 Intense. Preziose. Che narrano la storia di un incontro.
Che avviene al museo di Reims: tra Barnaba, un giovane uomo che sta perdendo la vista, e Anne, una donna di cui Barnaba riesce a malapena a intravedere gli occhi e il viso. Ma ne sente la voce, tenera e pacata, e ne avverte l’odore, profumato e sconosciuto.
Li unisce l’amore per la pittura: l’interesse speciale per il quadro La morte di Marat.
Ma li unisce anche la mancanza di qualcosa: per Barnaba la mancanza incipiente della luce, per Anne un’assenza diversa: “Un dolore così invisibile dietro le forme accese e leggere della sua voce” (p.52). Poiché Barnaba non riesce non vede che forme sfocate, Anne comincia a descrivergli i quadri del museo.
Barnaba intuisce che talvolta lei descrive qualcosa che nel quadro non c’è, qualcosa che va oltre il quadro. Perché forse, una volta, lei aveva inserito in un quadro un bambino con l’aquilone, che nel quadro forse non c’era… Ma “Gli sembrava che nel dolore di Anna, al di là delle bugie e anzi proprio per quelle ci fosse un punto di verità, ed era di quel punto di verità, adesso, che più di tutto aveva nostalgia (….) Lo incuriosiva la storia, i fili infiniti che dalla storia si dipartono lasciando immaginare il prima e il dopo, tutto quello che nel quadro non c’è” (pag.35).

E allora la lettrice è rapita dalla strana, impalpabile relazione tra un uomo e una donna, diversamente vedenti. Perché: “Ci sono persone che stanno tutte sul bordo dei loro occhi (p.23).” Perché: “Il dolore non è poi così importante, ma se non lo si trascura può aprire qualche porta (p.53)” Perché, alla fine: “La voce di Anne aveva un colore caldo e brillante, lucido di tenerezza (p.54)”.

(Last but not least: il libro mi è stato regalato per il mio compleanno dall’amico/collega dalle tante consonanti. Mi è prezioso anche per questo.)

3 commenti:

  1. Bello! Mi piacciono i libri che contengono richiami all'arte (come per es. La lunga attesa dell'angelo della Mazzucco).

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  2. Conosco un tale che ha quasi lo stesso problema di Barnaba, non così accentuato e grave, ma dice che la sua ipovisione procede... a vista d'occhio. Mi ha detto che, a differenza di Barnaba, ha da sempre preferito l'architettura alla pittura, e non è cambiato nulla. Gli piace sempre entrare da solo negli edifici, nelle chiese vuote o semivuote e vedere gli spazi resi pieni e vuoti delle colonne, delle volte,dai capitelli, delle cupole. La cosa strana è che per la prima volta questo mio amico, ma che dico amico, questo conoscente, l'ho visto con la cravatta al lavoro. Forse gli piace scegliere i colori, gli abbinamenti con il resto dell'abbigliamento. E discuterne con chi si accorge di questa improvvisa stranezza, sicuramente non duratura. Tutto questo, secondo me, non ha niente a che fare con il libro, così ben recensito. Ah, dimenticavo: dice che, se dovesse firmarsi in un social network, si firmerebbe con le sole vocali. Qualcuno, e non sa chi, gli ha rubato tutte le consonanti.
    A te un abbraccio.

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  3. @Vele: ciao! Non conosco il libro della Mazzucco. Lo compro?
    @ctldzffr: vedo che ti relazioni bene col tuo conoscente! Mi fa piacere che hai apprezzato il commento sul libro.

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