lunedì 13 giugno 2011

Il comizio

Nel piccolissimo paese di Maruzza, non si respiravano atmosfere particolari.
E neppure nella sua famiglia. Natale, Pasqua e tutte le feste comandate si trascorrevano nel paese vicino, nella grande casa del nonno, con il clan dei parenti di mamma.
L’aria un po’ stagnante di casa si animava solo se succedeva qualcosa di grosso.


Come quando, una sera di marzo, papà ebbe l’incidente con la seicento.
Quella volta niente era al suo posto: era quasi notte, ma sembrava mezzogiorno perché a casa c’erano tutte le luci accese. Papà, adagiato nel mio letto, si lamentava con cadenza regolare. Lui, che faceva sempre coraggio. Faceva freddo, ma tutte le porte erano spalancate.
Nessuno badava alla piccolina, nessuno la
 rassicurava: lei si aggirava silenziosa e impaurita, con la sensazione che un’invisibile coltre di gelo stesse penetrando dappertutto… Forse è da allora che non riesca a scaldarsi mai abbastanza…

Ma ogni tanto un evento particolare spezzava allegramente il grigio tran tran quotidiano: quando a casa si teneva il comizio.
Perché erano almeno due i motivi strategici che facevano dell'abitazione di Maruzza il luogo ideale per un comizio: il fatto che offrisse i suoi balconi a una delle pochissime piazzette del paese e l’inossidabile appartenenza di papà alla Democrazia Cristiana, culminata, per qualche tempo, nella carica di sindaco del paese.
Allora, la casa si trasformava.
Un sacco di gente si aggirava, indaffaratissima: in molti salivano e scendevano continuamente per le scale e chiacchieravano animatamente, qualcuno metteva la bandiera al balcone del primo piano, altri distribuivano volantini e pasticcini.
Quella sera - i comizi si tenevano sempre di sera – non c’era l’obbligo di andare a letto dopo Carosello e si mangiava distrattamente in orari improbabili. Papà non le dava le polpettine e non recitava con lei le preghiere. A Maruzza la cosa non dispiaceva: era assai contenta per l’atmosfera sregolata ed elettrizzante che si respirava.
A un certo punto arrivava l’onorevole.
Il brusio si affievoliva un poco e l’onorevole veniva subito circondato da un gruppetto di persone disponibili e ossequiose: “Si accomodi, prego...” “Un po’ di caffè?” “Un dolcetto?”
Poi l’onorevole si sedeva e metteva sul tavolo di vetrolite nera del soggiorno tanti piccoli fogli, vergati con grafia minuta e quasi illeggibile. Li scorreva rapidamente, apportando qua e là un’integrazione o un rapido taglio.
Nessuno badava a Maruzza, che si faceva ancora più piccina, quasi invisibile per paura che la mandassero a nanna e si perdesse lo spettacolo.
Si era ormai al punto più importante ed emozionante: il comizio stava iniziando e Maruzza era convinta in cuor suo che da quel discorso dipendessero le sorti del mio paese e forse dell’intera nazione.
A piazza san Michele, intanto, si era radunata una piccola folla.
L’onorevole stava per affacciarsi al balcone.
Che delusione, quando lo vide prendere in mano i preziosi foglietti, dar loro un’ultima occhiata, e mormorare, con aria distratta: “Qualcosa bisogna pur dirla, stasera…”

2 commenti:

  1. Una pagina di storia e di costume.Anch'io ho visto da ragazzo i comizi elettorali,che allora erano segiuti dalla gente.
    Poi non ci andava più nessuno,e li hanno pressochè aboliti.

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  2. Buona la prima, Maruzza. Anzi, ottima, direi. Un granello di storia rivissuto assieme a te, grazie allo stile brillante, colorato, trasparente e unico proprio come una biglia. Questa nuova sezione non poteva essere inaugurata meglio di così... complimenti!

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