sabato 29 settembre 2012

Precari per sempre




Non so come funziona da Napoli in su: a Palermo e a Catania,  trovi sempre un tizio che, senza licenza, vende frutta per strada.  Capita allora che, se ti mancano le patate o ti vengono offerti prezzi stracciati, magari qualcosa la compri anche tu. 
Sono le sette di sera e al fruttivendolo non pare vero di trovare un’altra cliente. Deve poi aver colto una certa aria gentile nel tuo sguardo, così:  - Signù, s’accattassi il pomodoro: una cassa, dieci euro … Prenda anche le pesche: una specialità. – Comprendi che per lui vendere il pomodoro può significare comprare il latte per l’ultimo nato. O portare la pizza ai bambini più grandi. Ma il pomodoro non puoi cucinarlo. E sei pure a piedi. 
Le pesche le compri. Sai bene però che non basterà nessun acquisto di frutta a mutare la sua condizione di vita precaria con una esistenza più sicura ed umana.
Maria D’Asaro (“Centonove” del 28.09.2012)

venerdì 28 settembre 2012

Arrampicarsi

I petit onze nascono da miei stati d’animo. 
Arrampicarsi  è stato ispirato, copiato direi, da qui: 
La stanza in fondo agli occhi  . 
Lo dedico all’amica blogger.



Arrampicarsi
col sorriso
a mani nude
su sogni di vetro:
infranti.                     

mercoledì 26 settembre 2012

16 suggerimenti per chi scrive


Ormai è ufficiale. Mi sono innamorata. Dell’ennesimo libro, ovviamente: le Lezioni semiserie di Italiano di Beppe Severgnini. Ecco i suoi suggerimenti per chi scrive.

Sedici semplici suggerimenti:

1 Aver qualcosa da dire
2 Dirlo
3 Dirlo brevemente
4 Non ridirlo (se mai, rileggerlo)
5 Scriverlo esatto
6 Scriverlo chiaro
7 Scriverlo in modo interessante
8 Scriverlo in italiano (è più trendy, baby)
9 Non calpestare i congiuntivi
10 Non gettare oggettive dal finestrino
11 Spegnere gli aggettivi, possono causare interferenze
12 Non dare da mangiare alle maiuscole
13 Slacciare le metafore di sicurezza
14 In vista della citazione, rallentare
15 Evitare i colpi di sonno verbale
16 Chiudere il periodo

Perché Scrivere ha le sue leggi della prospettiva, della luce e dell’ombra, proprio come la pittura o la musica. Se sei nato conoscendole, bene. Se no, imparale. Poi sistema le regole perché facciano al caso tuo. (Truman Capote)

martedì 25 settembre 2012

Santità a senso unico




In un giardinetto vicino casa, scopro l’ennesima statua di padre Pio. Niente da ridire sulla santità del frate cappuccino, al secolo Francesco Forgione, venerato come santo, anche per le sue virtù taumaturgiche, il 23 settembre.
Suor Dorothy Stang

 Credo però che i vertici della Chiesa cattolica dovrebbero mostrare la sempreverde validità dell’amore cristiano nella pluralità creativa delle sue manifestazioni: sento la mancanza di statue per Oscar Romero, vescovo salvadoregno ucciso nel 1980 per le sue denunce verso la brutalità della dittatura presente allora nel Salvador; e per  Dorothy Stang, missionaria cattolica statunitense uccisa in Brasile il 12 febbraio 2005. Suor Dorothy lottava in difesa dell’Amazzonia, selvaggiamente sfruttata da imprenditori senza scrupoli. Mi sembrano lacrime di coccodrillo quelle versate per la mancanza di vocazioni e per lo svuotamento delle chiese: come ci ha ricordato nella sua ultima intervista il compianto card. Martini, ciò di cui abbiamo bisogno sono modelli di vita illuminati e autentici.
Maria D’Asaro (“Centonove” del 21.09.2012)

lunedì 24 settembre 2012

Cristalli


Cristalli
di forme,
baci di luce:
scintillano al sole autunnale.
Ieri.                                                          

sabato 22 settembre 2012

Siamo noi il cambiamento possibile


Ecco gli ottimi scritti di due giornalisti che stimo. Uno è l’illuminato Michele Serra, che non ha bisogno di presentazioni. Il secondo è Francesco Palazzo, mio amico e concittadino, che collabora con il settimanale “Centonove” e con la “Repubblica” – Palermo.

 Non si cambia un paese se non cambia il suo popolo... 
 Io questo Franco Fiorito lo conosco. E lo conoscete anche voi. Lo abbiamo visto dietro il bancone di un bar. Alla guida di un autobus. Alla cassa di una pescheria. In coda all’ufficio postale. È un normotipo popolare italiano. Franco Fiorito, “er federale de Anagni”, è uno di noi.
La parola “casta” è perlomeno fuorviante. Lascia intendere che esista un ceto parassitario alieno alla brava gente che lavora, quasi una cricca di invasori. Purtroppo non è così. Tra casta e popolo c’è osmosi, e un continuo, costante passaggio di consegne. Fiorito non nasce ricco e non nasce potente. Fiorito è un prodotto della democrazia. Molti italiani che oggi sbraitano contro la casta, ove ne facessero parte, sarebbero identici a Franco Fiorito, per il semplice fatto che sono identici a Franco Fiorito anche adesso. Non si cambia un paese se non cambia il suo popolo, non migliora un paese se non migliorano le persone, la loro cultura, le loro ambizioni. Il mito della “democrazia diretta” non mi cattura perché non tiene conto di un micidiale dettaglio: se a decidere direttamente chi dovrà rappresentarli sono i Franco Fiorito, eleggeranno in eterno Franco Fiorito. 
Michele Serra, L'amaca, La Repubblica del 20/09/2012) 




Don Puglisi e l'auto bruciata

Il diciannovesimo anniversario della morte di don Puglisi si può raccontare parlando della beatificazione che sarà celebrata a Palermo il 25 maggio 2013. Oppure lo si può leggere attraverso un episodio accaduto nella notte tra il 12 e il 13 settembre. Cioè nei giorni in cui nel quartiere e in città, con diverse manifestazioni, si ricordava quanto avvenne quella sera del 15 settembre 1993. C'era (e c'è) una macchina completamente bruciata dentro un parcheggio privato. A venti metri del busto in marmo raffigurante Puglisi, posto al centro della piazza con la corona di alloro ancora fresca. A non più di quaranta metri, che sono ancora meno dei cento passi famosi, dalla chiesa di S. Gaetano. Dove don Pino visse gli ultimi suoi tre anni di sacerdozio e di vita. Il mezzo appartiene ad un giovane commerciante, un artigiano orafo, che si è esposto a viso aperto nella battaglia antiracket. Forse cortocircuito, ma che le auto brucino per questo motivo è davvero molto improbabile, forse un attentato ben camuffato. In ogni caso, visto la persona a cui è capitata la disavventura e il rione in cui avviene il fatto, un fatto inquietante.
Che richiederebbe, proprio nel quartiere che fu di Puglisi, qualche gesto deciso e concreto di solidarietà. Invece si è soltanto registrato un gelido silenzio. Si può dare una chiave di lettura, partendo da questa circostanza, su come arriva, nel luogo della sua profezia, l'eredità di Puglisi alla beatificazione? Si può provare. Anche perché l'indifferenza di oggi fa a pugni con le parole chiare e nette che don Pino pronuncio in un'omelia domenicale dell'estate del 93. Qualche mese prima che un proiettile alla testa lo fermasse per sempre schiantandolo su un marciapiede sotto casa. Rosso in viso e con le grandi orecchie infiammate dalla rabbia, dall'altare commentava molto duramente, facendo arrivare aperta solidarietà alle vittime e invitando i fedeli ad andarli a trovare, l'incendio notturno delle porte di tre componenti del Comitato Intercondominiale Hazon. Con il quale lui lavorava da tempo nel territorio per portare diritti e servizi senza chiedere una lira di finanziamenti pubblici, anzi rimettendoci di tasca sua.
Ancora non si sapeva, lo diranno i processi, i pentimenti successivi e le sentenze, ma erano stati gli scagnozzi della famiglia mafiosa locale a compiere l'operazione. Come si permettevano quegli inermi cittadini, non legati a qualche potente della politica, ed un parroco con i gomiti dei maglioni mal rattoppati, a chiedere che a Brancaccio si potesse vivere dignitosamente? Puglisi non attese gli esiti delle indagini. Da persona nata e cresciuta in quei luoghi, seppe subito in che direzione guardare e cosa dire pubblicamente per non lasciare da sole le vittime dell'attentato incendiario. Da quel grido di accusa di allora e dal silenzio odierno si sono fatti passi in avanti o indietro? Se non vogliamo vestirci dell'antimafia retorica delle ricorrenze, un abito che a molti piace indossare, bisogna ammettere che si è tornati parecchio indietro. E non soltanto per l'episodio citato.
Nel rione è tornata, più forte dei tempi di Puglisi e che lui volle combattere con tutte le sue forze sino alla fine, una cappa micidiale di indifferenza e paura. Che si mescola con i piccoli gesti della criminalità spicciola, comprese attività di abusivismo selvaggio e predatorio o spaccio di sostanze stupefacenti, che avvengono alla luce del sole, e le grandi manovre della mafia, sempre presente. Basta farsi una passeggiata nei luoghi che furono di don Pino, e prima di lui di un altro coraggioso parroco, Rosario Giuè, di cui poco si parla nelle ricostruzioni storiche, per rendersi conto della distanza che intercorre tra la beatificazione di maggio e la realtà che connota uno dei posti da cui dipende la salvezza o la dannazione di Palermo. E forse dell'intera Sicilia. 
Francesco Palazzo, Centonove del 21 9 2012 - Pag. 46

mercoledì 19 settembre 2012

Sigilli di Settembre

Come canta Guccini, Settembre è il mese del ripensamento, sugli anni e sulle età, dopo l'estate porti il dono usato della perplessità ... Ti siedi e pensi e ricominci il gioco delle tue identità:come scintille  brucian nel tuo fuoco le possibilità ...
O giorni o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia: diversa tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale ...  la mano ed i tarocchi che non sai mai giocare ...



Stempero la malinconia gucciniana con i più speranzosi sigilli d'amore di Battiato:



Su suggerimento di Vele, anche se in precedenza l'ho già postata, inserisco l'intramontabile
"Impressioni di Settembre" della PFM:



lunedì 17 settembre 2012

Consigli a chi scrive: il Decalogo da evitare



Ogni tanto la mia vita è rivoluzionata da nuovi eventi. A cui fanno seguito cambiamenti abitativi, spostamento di mobili e … ritrovamento di libri. In questa fase di trasformazione, interiore ed esteriore, ho ripescato il libro:“L’italiano, lezioni semiserie” di Beppe Severgnini, giornalista del “Corriere della Sera”.


In quarta di copertina, Severgnini afferma: “Quello che scrivete, e come lo scrivete, può cambiare la vostra vita”. Sottoscrivo l’affermazione del giornalista.
Vi propongo, il Decalogo Diabolico che ogni “scrivente”dovrebbe evitare.
I
Usate dieci parole quando tre bastano.
II
Usate parole lunghe invece di parole brevi,
sigle incomprensibili e termini specialistici.
 III
Considerate la punteggiatura una forma di acne:
se non c’è, meglio.
 IV
Fate sentire in inferiorità il lettore:
bombardatelo di citazioni.
 V
Nauseatelo con metafore stantie.
 VI
Costringetelo all’apnea: nascondete la reggente
dietro una siepe di subordinate, e cambiate il soggetto
per dispetto.
 VII
                Infilate due o più che in una frase.
                                             VIII
             Non scrivete “Il discorso era noioso, e i relatori aspettavano l’intervallo” 
ma “Lo speech era low-quality e il panel s’era messo  in hold per il coffee-break”.
                                              IX
                     Usate espressioni come in riferimento alla Sua del…,
              il latore della presente, in attesa di favorevole riscontro…
                                               X
                                     Siate noiosi.

Seguite queste regole e cadrete così in basso che, a quel punto, potete solo risalire.



sabato 15 settembre 2012

Corri, Samia, corri …



La notizia ormai è confermata: tra le tante persone, i cui sogni si sono infranti sulle onde del Mediterraneo, c’è anche lei: Samia Yusuf Omar, atleta somala che ha partecipato nel 2008 alle Olimpiadi di Pechino, gareggiando nei 200 metri.
 Samia, che aveva solo 21 anni, è morta nell’aprile scorso vicino Lampedusa, nel tentativo di raggiungere le coste italiane, su un barcone di migranti col quale era partita dalla Libia. La ragazza voleva arrivare in Europa e trovare qualcuno che l’allenasse per partecipare alle Olimpiadi di Londra, perché in Somalia correre ed allenarsi era impossibile. Chissà se, dopo aver pianto per quegli occhi neri sepolti nel nostro mare, riusciamo ad avere uno sguardo più umano per i nostri simili che giungono in cerca di un futuro migliore dal terzo e dal quarto mondo. Se la sua vicenda  riuscirà a rendere i nostri cuori più teneri, Samia non avrà corso invano.
                                                                      Maria D’Asaro (“Centonove” del 14.09.2012)

giovedì 13 settembre 2012

L'alba dentro all'imbrunire


 Nostra Signora quasi si vergognava. Perché si sentiva un’orfanella, a cinquant’anni suonati: a lei, mamma e papà, ancora mancavano. Le mancava persino quel suo fratellino paffuto, morto nascendo. E la sua sorellina speciale, che se ne era andata nell’oggi di 11 anni fa.
Così, a volte, si chiedeva chi fosse mai la Maruzza più vera: quella che abbracciava i suoi genitori; quella che cantava la ninnananna ai suoi cuccioli; quella che scriveva nel blog; quella che l’aspettava domani, con mille allegre rughine.
Comunque, se qualcuno dovesse mai chiederle quale sia il suo il tempo felice, lei risponde sempre che è ora.
A volte ci sembra di vivere un crepuscolo senza fine, una transizione verso un altrove indefinito carico di incognite (…). E’ un cammino da profughi tutto da inventare, in cui trova spazio anche la serendipità, l’attitudine a saper trovare spunti, soluzioni inedite. (…)
Si può scorgere l’alba nel crepuscolo se siamo fedeli nel buio a ciò che abbiamo visto nella luce. Se possediamo la capacità generativa e profetica di inventare, di attendere il futuro con la pazienza e la trepidazione femminile dell’attesa operosa. Che sia un figlio da tessere nel grembo o l’amato che ritorna, la donna sa concepire, aspettando, le visioni più feconde del futuro che riesce a prefigurare. Con le mani sul grembo vede già gli occhi del suo bambino … Per lei il figlio è già vivo nutrito dai suoi sogni e dal sogno che ha su di lui. 
L’attesa dell’amato è già incontro mille volte vissuto e rivissuto in un desiderio incessante che fa e disfa, godendo del fare e del disfare senza saziarsi mai.
E’ con quest’atteggiamento che il tempo cambia misura e la sospensione si fa ricca di promesse, il futuro si ricava uno spazio tra il passato e il presente”.
(grazie ad Antonella Fucecchi: rivista Cem/Mondialità/giugno/luglio 2012, pag.19)

domenica 9 settembre 2012

Il Ministero degli Affari Posteri




“A tutela delle generazioni future, istituirei il Ministero degli Affari Posteri”. Questa la proposta provocatoria dello scrittore Erri De Luca. Se consideriamo infatti l’Earth Overshoot Day, che calcola la data in cui ogni anno il fabbisogno umano supera la capacità del pianeta di rigenerare le proprie risorse e assorbire i nostri rifiuti,  dobbiamo sapere che, mentre nel 1986, tale data era il 31 dicembre, da allora è sempre arretrata, fino ad arrivare, nel 2012, al 23 agosto. 
Da allora fino alla fine dell’anno, l’umanità è in deficit ecologico poiché, avendo esaurito tutte le risorse disponibili per il 2012, ha iniziato a consumare quelle riservate agli anni successivi. E’ come se un genitore distruggesse una parte della casa in cui vivranno i figli. Purtroppo ancora non capiamo che la terra è la casa di tutti. Anche dei nostri posteri. Che hanno lo stesso nostro diritto di viverci e coglierne i frutti.
Maria D’Asaro (“Centonove” del 7.09.2012)

mercoledì 5 settembre 2012

Risuona



Risuona
il buio
delle strida arroganti
di troppe stanze vuote.
Vola ...







I'd like fly as the rainbow/woman of this song (Thank you, Luci)

lunedì 3 settembre 2012

L'abbraccio

Amo lo scrittore israeliano David Grossman. A mio avviso, prima o poi gli daranno il Nobel.
In genere, Grossman scrive libri di almeno 400 pagine. 
Due anni fa, ha invece pubblicato un libro piccolo piccolo. Che va bene per i bambini e per i bambini cresciuti. 
Ve lo propongo in versione "parlata".

P.s. Il libro mi è stato regalato a Natale da un'amica speciale, a cui va la mia gratitudine affettuosa.



sabato 1 settembre 2012

Ciao, Carlo. Grazie.


     Il cardinale Carlo Maria Martini è morto. Confesso che mi sento più sola, senza di lui: mi manca l'uomo di fede, mi manca il suo slancio ecumenico, mi manca il suo sguardo intenso, dolce e intelligente. Mi manca la sua volontà di dialogo. Mi mancano i suoi dubbi. Mi manca la sua teologia profetica. Ecco qualche passo dell'intervista rilasciata un mese fa al "Corriere della Sera".
  «La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio?». Le ultime parole rilasciate in un'intervista dal Carlo Maria Martini sono state raccolte dal Corriere della Sera, che lo ha incontrato agli inizi di agosto. «Io sono vecchio e malato e dipendo dall'aiuto degli altri - affermava Martini -. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l'amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa».  «La Chiesa è stanca - spiegava il cardinale -, nell'Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l'apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi». Tra i consigli che il cardinale lascia per vincere la «stanchezza» della Chiesa c'è quello della «conversione», partendo dal riconoscimento dei «propri errori» e da un «cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi». «Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione - ha spiegato -.
 Le domande sulla sessualità e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio». «Dobbiamo chiederci se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia sessuale». Il cardinal Martini lascia una riflessione sul matrimonio: «L'atteggiamento che teniamo verso le famiglie allargate - ha detto - determinerà l'avvicinamento alla Chiesa della generazione dei figli. Una donna è stata abbandonata dal marito - cita come esempio - e trova un nuovo compagno che si occupa di lei e dei suoi tre figli. Il secondo amore riesce. Se questa famiglia viene discriminata, viene tagliata fuori non solo la madre ma anche i suoi figli. Se i genitori si sentono esterni alla Chiesa o non ne sentono il sostegno, la Chiesa perderà la generazione futura». E ancora: «La domanda se i divorziati possano fare la Comunione dovrebbe essere capovolta - dice -. Come può la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi ha situazioni familiari complesse?».