martedì 13 agosto 2013

Prego: dunque amo, spero, agisco ...

don Cosimo Scordato

   Forse dobbiamo chiarire un equivoco per non imbatterci nelle consuete difficoltà che accompagnano la nostra riflessione quando ci capita di parlare della preghiera e per giunta della preghiera di domanda. Molti di voi potrebbero dire: io ho chiesto e mi è stato dato; altrettanti potrebbero dire: io ho chiesto e non mi è stato dato. Qualcuno potrebbe dire: io ho ricevuto un miracolo … e la maggior parte di voi invece: io non ho ricevuto alcun miracolo. Il che ci porrebbe in una difficoltà insormontabile a pensare tutto questo in rapporto a Dio. E allora proviamo  a tradurre un’espressione che conosciamo a memoria, dal libro della Genesi: anziché dire:  E Dio vide che era bello, buono … ma al tempo passato o al presente, cominciamo a tradurlo, cosa possibile in lingua ebraica, al futuro: E Dio vide che dovrà essere bello, dovrà essere buono. 
   E Lui è questo nostro futuro, dal quale ci invita a guardare la realtà. Una realtà nella quale ogni giorno veniamo smentiti, per tante cose che succedono agli altri, ma anche a noi, a persone a noi care … quante smentite riceviamo, rispetto ai nostri desideri, progetti, giuste aspirazioni. Ebbene, di fronte alle smentite continue che ci vengono da una realtà che proviene dal nulla – la creazione è un’opera incompiuta di Dio, e sarà compiuta solo alla fine – se noi cominciamo a pensare che Dio ci promette una realtà buona, bella, e ci chiede una mano di aiuto per fare ognuno la parte che possiamo … E qual è la parte di Dio? Quella di essere accanto a noi, di non imporre niente alla realtà, perché la creazione è anche un frutto del caos: quell’ordine che si va configurando si porta appresso tanti percorsi casuali. E dentro c’è anche la storia della libertà dell’uomo.
   E allora cosa diventa quest’annuncio del Vangelo? Cercare la volontà di Dio nella direzione giusta, per quel poco che riusciremo a realizzarla. In che modo? Attingendo alla paternità di Dio, a quest’amore che ha Lui verso di noi, a quest’accondiscendenza, a questa partecipazione totale: Dio che vive il dramma della nostra umanità insieme con noi, per davvero, sino in fondo.
E come ci aiuta a caricarcene, a portarlo, a superarlo, quando ci riusciamo? Amando, donando, perdonando, liberandoci … E qui ci incontriamo con lo stile di preghiera del Padre nostro, che non è una preghiera, è un modo di pregare. Ma poi come dovremmo pregare? Primo atteggiamento: papà, non sei la controparte, tu sei papà mio, e io sono figlio tuo. Così ci ha insegnato Gesù a pensare e a parlare e ad agire: amati dall’eternità e per sempre. Pensati con amore e per amore. Chiamati a tradurre questo nome personale di Dio nei mille gesti della vita quotidiana, ripeto, limitatamente a quello che riusciamo a fare poi nella nostra storia.
   E che cosa e in che modo possiamo tradurre questo nostro relazionarci a Lui? Col pane, col lavoro, il perdono e la libertà, la liberazione: pane, lavoro, perdono, liberazione. Darci il nostro pane significa la gioia di guadagnarci un pezzo di pane: che tutti abbiamo questa gioia, ma perché è affidata a noi. Lo chiediamo a Dio perché è una responsabilità nostra. Dio ci ha detto di trasformare la terra, ma questo è affidato alle nostre mani. Siamo noi che dobbiamo creare occasioni di lavoro: un lavoro dignitoso, creativo, partecipativo, di trasformazione del mondo: perché la creazione è incompiuta, l’uomo la deve migliorare umanizzandola col lavoro e con i frutti della terra, gioendo insieme dei frutti della terra. Il perdono è importante! Perché nessuno di noi è giusto, prima o poi sbaglieremo, o abbiamo già sbagliato! E Dio che ci dice di perdonarci tra di noi, non Lui che perdona: Dio ci ha sempre perdonati. In Gesù Cristo, Dio si è dimenticato tutto. Siamo noi che non riusciamo a dimenticare il torto che abbiamo subito - dalla vita, dagli altri - e ce lo trasciniamo appresso.
Il perdono … e poi la liberazione da tutti i mali: quello è un compito tutto nostro. Di grande responsabilità, ma bellissimo.
   Questo chiedere di imparare a liberarci, a perdonarci, a lavorare e a condividere il pane: le cose essenziali della vita, chiediamo che il Signore ci insegni a scoprire. Perché poi le facciamo noi, perché è bello che le facciamo noi, perché qui c’è l’essenza della nostra realizzazione. Come ci vorremmo realizzare, se non creativamente, attraverso il lavoro; se non misericordiosamente, mettendo in conto che, prima o poi, sbagliamo tutti, è inutile puntarci il dito, rimettiamoci insieme, risolleviamoci … E poi liberiamoci da tutto quello che ci stiamo trascinando dalla storia: condizionamenti mentali, culturali, psicologici … condizionamenti storici, politici, conflitti del passato. Impariamo a liberarci.
E quindi è la preghiera del futuro con la quale ci possiamo avvicinare a Dio stesso: meglio, Dio cerca di avvicinarci a noi, così man mano che noi sperimentiamo tutto questo. Allora capiamo che dire papà già comprende tutto, fa crollare ogni sistema, fa crollare ogni mitologia, ogni tempio. Perché il nostro rapporto col Padre è unico, insostituibile: questo non ce lo può toccare nessuno. 
E la Chiesa non è per mettersi in mezzo tra noi e il Padre. La Chiesa è lo spazio in cui la fraternità prende forma per diventare filiazione: figli nel Figlio, liberati da ogni oppressione. Quindi il rapporto col Padre è l’esperienza più bella della nostra libertà. E dono dello Spirito Santo. Che è l’unica cosa che Gesù ci garantisce: chiedete e vi sarà dato. Ma che cosa? Uno spirito nuovo dentro di noi. Lo Spirito di Dio dentro di noi: Dio stesso in noi che fa un tutt’uno con la nostra vicenda umana, e la porta insieme con noi, non sostituendosi a noi, non sostituendosi alle leggi della natura, non sostituendosi alla libertà di scelta, ma accompagnandola e ridestandola sempre, per farla diventare una scelta di amore, di dedizione, di servizio, di riconciliazione. E di ripartenza verso questa pienezza che non possediamo mai, verso la quale possiamo solo anelare, nei frammenti che riusciamo a realizzare strada facendo.
Quindi e Dio vide che sarà bello, che sarà buono. In questo sarà c’è tutto il nostro impegno di avvicinare la sua promessa attraverso le scelte della nostra libertà.

(il testo non è stato rivisto dall'autore, don Cosimo Scordato: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle imprecisioni e manchevolezze della trascrizione. Omelia pronunciata da don Cosimo il 28.07.2013, XVII T.0. – anno C. I lettura: Genesi 18, 20-21.23-32;Salmo: 137;II lettura:  Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 2,12-14;Vg:  Luca 11, 1-13)

2 commenti:

  1. Grazie Maria, splendida riflessione che spinge verso il futuro in nome dell'Amore paterno e filiale. Chissà che almeno qualche frammento... Ciao.

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  2. @bluoso: grazie per la visita e l'apprezzamento. Pubblicherò ancora le nutrienti riflessioni di don Cosimo. Ciao e buona settimana.

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