domenica 6 ottobre 2013

Ricchi e poveri: Dio non vuole


    Come si chiama il ricco? Il Vangelo non ce lo dice, non dà un nome al ricco perché prende le distanze. Al contrario dà il nome al povero, il povero si chiama Lazzaro. E qui già ci dice da che parte dobbiamo stare. Il Vangelo sta dalla parte di Lazzaro. Il ricco non è degno di essere nominato. Qual è la scena che dobbiamo interpretare e che abbiamo frainteso non fino ad ieri ma fino a domani, perché non ci è comoda? C’è il ricco che mangia a crepapelle, con gli amici, si diverte, ha soldi da spendere, investe soldi in tutte le isole del mondo, ha tante donne, può pagare tutto e tutti.  Non state pensando a nessuno, vero? Io non sto pensando a nessuno. (...)
    A cosa serve questa pagina? In genere noi l'abbiamo interpretata pensando al futuro: alla fine ride bene chi ride ultimo e quindi ci aspettiamo che Dio alla fine faccia lo sgambetto ai ricchi i quali possono dire: in compenso abbiamo vissuto tranquillamente, e poi alla fine vedremo quello che succederà. E non sappiamo altro se non aspettarci la condanna dei ricchi e mandarli all’inferno. Alla fine dovrebbe avvenire che i poveri sono contenti di vedere soffrire i ricchi. Questo è il paradiso di cui parla il Vangelo? Non è possibile! Sarebbe una cosa stupida: Dio non può godere neppure della sofferenza o della morte dei ricchi perché sono figli suoi. E perché il povero deve aspettare la fine per poter prendersi la rivincita sul ricco? 
        La parabola si riferisce al presente di oggi e ci vuole dire che essere ricchi ed essere poveri è peccato dinnanzi a Dio. Il vero peccato non è il diavolo. Il vero diavolo è il fatto che abbiamo diviso gli uomini fra ricchi e poveri. Il ricco non si accorge neppure che esiste il povero. Diciamo in siciliano u saziu un capisci cu è digiuno. (...) 
      Il peccato è nell’essere ricchi e nel non vedere la presenza dei poveri. Il vero peccato mortale, dinnanzi al Signore, quello che più di ogni altro ci dovrebbe inquietare interiormente, è proprio il fatto che abbiamo diviso l’umanità fra gente che ha, che ha sempre di più e vuole avere sempre di più e gente che ha sempre di meno e gente che viene messa da parte. E tutto questo è peccato mortale. Tutto qua, care sorelle e cari fratelli, e ci interessa oggi cambiare la realtà. Alla fine vedremo cosa farà il Signore. I discorsi consolatori non ci servono, perché noi stiamo male oggi e dobbiamo fare in modo di stare meglio tutti, oggi, e non aspettare le vendette del Signore, non ci servono. Dio si vendica? Ma se ci invita al perdono! Ci invita semmai alla conversione. La vera conversione è quella che passa dalle tasche e dal cuore, evidentemente. 
   La parabola è tutta qua, è di una semplicità scomoda e, se volete, disarmante. Non ci invita a rinviare niente, ci invita a impegnarci nell’oggi perché cambi la realtà e quindi a non accettare questa realtà, non possiamo accettarla a nome di Dio per un motivo semplice: sia il ricco sia il povero sono figli di Dio e agli occhi di Dio, Dio non ci può trattare in modo diverso perché è Padre che ci ama tutti con lo stesso amore e non può volere che uno gozzovigli e l’altro sia nella sofferenza. (...) La parabola ci esorta al nostro impegno a non accettare, a non subire, per nessuna cosa al mondo, questa situazione. (...)
     E questa battaglia spirituale che dobbiamo fare non è fatta di armi fisiche. È fatta di onestà, in primo luogo, nostra, quella di non venderci mai a nessuno. Non perché c’è la crisi dobbiamo cominciare a vendere droga o accettare compromessi. Queste sono armi di morte. A costo di stare a digiuno, un pezzo di pane da portare a casa deve essere dignitoso, che si può baciare perché me lo sono dignitosamente guadagnato. Meglio una povertà libera anziché una ricchezza sempre sporca. Quindi da un lato dobbiamo vivere dignitosamente, al nostro posto, ma bisogna che ci armiamo di tutte le virtù: la giustizia, la pace, la forza, l’amore, la speranza, per metterci in piedi, stare dritti, prendere posizione (...) 
      Impariamo da San Michele: quello che calpesta è il cosiddetto dragone. Il dragone della nostra vita sono i soldi che distruggono le famiglie, distruggono la pace fra le nazioni, il potere politico – inteso come dominio – e il potere  economico. Il diavolo è questo, non inseguiamolo altrove, in visioni o altro. Il diavolo, contro il quale dobbiamo combattere, è esattamente il denaro che è dominio e ci vuole molta forza, coraggio, umiltà, resistenza e unione della comunità. Il nome Michele significa Chi come Dio? Nessuno è come Dio, ci vuole dire San Michele. Solo Dio è Dio. Il denaro è sporcizia del quale se lo usiamo per il bene va bene altrimenti ci dobbiamo difendere ed è lo sterco della nostra umanità ... 

(il testo non è stato rivisto dall'autore, don Cosimo Scordato: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D'Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle imprecisioni e manchevolezze della trascrizione. Omelia del 29.09.2013, XXVI dom. T.O., Vg:  Luca 16, 19-31)



3 commenti:

  1. Luminoso e trasparente come sempre, il buon Don Cosimo. Grazie per la trascrizione e l'opportuna condivisione, Maruzza. Buonanotte e buona settimana. Un abbraccio.

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  2. Bel testo, hai fatto molto bene a proporlo!

    PS: ebbene sì sono tornata, dopo un periodo di lavoro e cambiamenti ho finalmente di nuovo un po' di tempo per le mie cose!

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  3. @DOC: don Cosimo è una perla della Chiesa palermitana. Sono felice di conoscerlo, da oltre un quarto di secolo. E sono contenta che altri, come te, possano apprezzarlo tramite il web (e non solo ...). Ricambio l'abbraccio. Buon fine settimana.
    @stanza: che bello che sei tornata ... Spero che lavoro e cambiamenti siano ok!

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