domenica 16 febbraio 2014

Una storia d'amore, di fede e di coraggio

Ci sono libri di “nicchia”, cari a una ristretta cerchia di lettori, di cui non si venderanno migliaia di copie. Una storia d’amore, di fede e di coraggio: Franziska e Franz Jägerstätter di fronte al nazismo, a cura di Giampiero Girardi e Lucia Togni (Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, € 22,50) è uno di questi: non diventerà un best-seller, ma è comunque un libro necessario, folgorante e prezioso. Un grazie innanzitutto all’editore trapanese che ha permesso la pubblicazione del volume, impreziosito da belle foto. Che ci restituiscono i volti dei due protagonisti, Franziska Schwaninger e Franz Jägerstätter, la coppia di contadini austriaci che si sposano nel 1936 e, cosa inusuale per l’epoca, decidono di rinunziare alla rituale festa di nozze con amici e parenti per fare un viaggio a Roma. Ma non è la storia del loro viaggio di nozze, quella narrata dal libro: il testo ci propone lo scambio epistolare tra Franz e Franziska, in occasione prima del servizio militare di Franz (lettere dall’8 giugno 1940 all’8 aprile 1941) e poi della successiva carcerazione e condanna a morte dovute al suo rifiuto di giurare fedeltà e combattere per l’esercito di Hitler (lettere dall’1 marzo 1943 al 9 agosto 1943). 139 lettere che ci fanno partecipi di una storia davvero speciale.
Una storia d’amore: Franz e Franziska si amano profondamente, di un amore tenero e delicato insieme: “Non avrei mai immaginato che essere sposati potesse essere così bello”, diceva Franz a sua moglie. E lei, che dopo l’esecuzione di Franz scriveva “Il nostro matrimonio era uno dei più felici della nostra parrocchia e molti ci invidiavano”, durante l’addestramento gli invia le strofe di una canzoncina allora in voga “da tempo il tuo cuore è mio. E penso sempre piena di desiderio che la nostra felicità potrebbe essere anche più grande”. Franziska poi, oltre a tenerlo aggiornato sulla crescita delle tre bimbette e sulla situazione della fattoria che con fatica reggeva quasi da sola, gli dedica spesso espressioni affettuose, piuttosto audaci per la mentalità del tempo. 
Una storia di fede: i due sposi credono fermamente che l’esistenza vada vissuta alla luce del Vangelo e a Dio si affidano con incrollabile fiducia. Il 6 dicembre 1940 Franz scrive alla moglie: “Mettiamo serenamente tutti i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni nelle mani di Dio. Egli guiderà il nostro destino nel modo  migliore. Ne sono certo: il futuro non mi fa paura.” E il 20 febbraio 1941 Franziska  gli fa eco: “Mi dispiace davvero che tu non sia qui con noi, ma bisogna sempre mettersi nelle mani di Dio, in ogni momento della vita. Mi consola molto sapere che tu preghi volentieri e così forse sopporti tutto con pazienza in questi tempi difficili.” 
Una storia di coraggio: nel 1943 Franz viene chiamato alle armi. Dopo avere a lungo meditato, sebbene sconsigliato anche dal suo parroco, l’umile contadino sente, nel silenzio della coscienza illuminata dalla fede cristiana, che l’adesione all’esercito hitleriano renderebbe un cattivo servizio al suo credo: si rifiuta quindi di combattere, dichiarandosi comunque disponibile a prestare opera di servizio in infermeria. Dopo un processo per diserzione, verrà giustiziato il 9 agosto 1943. Come si evince chiaramente dalle lettere tra gli sposi nel periodo della carcerazione che precede l’esecuzione capitale, i due si sostengono con grande forza d’animo. In particolare, come sottolineato dai curatori del volume nel capitolo introduttivo, Franziska “mai cede alla tentazione di un ricatto emotivo, mai mette il suo amore in opposizione alla scelta del marito. Solo si preoccupa che lui sia sereno, sia forte, gli invia parole di consolazione e di condivisione che le saranno costate non poca fatica”. E Franz, in epistole davvero toccanti, le scrive: “Sarebbe davvero una gioia poter trascorrere i pochi giorni di vita nell’abbraccio di una famiglia felice. Ma se il buon Dio ha deciso diversamente per noi, allora va bene cosi”. Ancora: “Carissima moglie, finchè io non sono infelice, tu non devi avere il cuore colmo di tristezza”. E da Berlino, ormai dal carcere giudiziario della Wehrmacht, l’8 maggio 1943: “Se avessi solo potuto immaginare che me ne sarei andato da Linz senza processo, ti avrei invitata per una breve visita (…) Se questo è il volere di Dio ci sarà l’occasione di rivedersi in questa terra, e se così non fosse confidiamo nell’altro mondo, dove i periodi di visita saranno un po’ maggiori di un quarto d’ora o di mezz’ora”.
Il paradosso è che, a guerra finita, a Franziska non venne riconosciuto lo status di vedova di guerra, mentre la Chiesa cattolica riconobbe il martirio del marito solo nel 2007. Come ci ricorda il sociologo Bauman, l’oggi è caratterizzato dalla “liquidità” dei legami individuali e delle fedi collettive: l’epistolario tra Franz e Franziska ci testimonia allora la forza dell’amore tenace, unica dimensione capace di dare senso alla vita e vincere anche la paura della morte.               Maria D’Asaro    (“Centonove” n.6 del 14.2.2014)              

3 commenti:

  1. La storia di due anime pure che sono riuscite a non farsi carico di quella surreale violenza e cattiveria che avrebbe presto inquinato tutta l'europa...e ci sono riuscite con una semplicita' disarmante e cosi pacifica che risuona in realta' come una lezione di enorme portata per tutti noi, in ogni altra circostanza della vita anche quando si deve semplicemente decidere di prendere le distanze da una piu' mediocre situazione che non combattere in guerra. Una bella storia che conferma quanto sia piu' facile valorizzare le cose e le persone con il senno di poi!

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  2. è difficile comprendere quanto la fede può aiutare circostanze così crudeli.
    Non credo che possa esistere un periodo più orrendo in cui vivere, nonostante la crudeltà della guerra questa coppia ha avuto la forza di avere figli.
    Un'Amore così grande che accetta persino il martirio dell'altro coniuge è infinitamente da ricordare a noi lettori!
    Brava Mari!!!

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  3. Come sempre grazie per queste tue preziose segnalazioni!

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