giovedì 3 marzo 2016

Il sogno di Ferdinando

Van Gogh: père Tanguy (1888)
Io temo tanto la parola degli uomini.
Dicono tutto sempre così chiaro:
questo si chiama cane e quello casa,
e qui è l’inizio e là è la fine.
A me piace sentire le cose cantare.
(Rainer Maria Rilke)

  Ferdinando, un paziente grave (…), mi era molto simpatico quando con voce altisonante cominciava a delirare raccontando della sua immensa ricchezza economica, delle sue proprietà terriere, delle sue origini nobili e gloriose, della sua servitù ... In realtà era un mendicante e viveva in un tugurio costituito da un’unica stanza contenente letto, cucina e vaso, ed una confusione indescrivibile di roba vecchia e sporca. (…) 
 Da come si presentava fisicamente (sporco, maleodorante, barba e capelli trascurati, occhi strabici, senza denti davanti, grasso e mal vestito) e per i suoi modi relazionali bruschi, invasivi e minacciosi, provocava intorno a sé senso di ripugnanza e paura, con l’effetto di allontanare le persone (…).   Come terapeuta, inizialmente percepii anch’io una reazione di rifiuto, ma quando cominciò a delirare rimasi affascinata, lo ascoltavo veramente interessata e allora decisi che piuttosto che farlo aderire al principio di realtà (era troppo dolorosa la sua realtà) avrei lavorato su questa percezione che nella relazione terapeutica emergeva. Così verbalizzai l’effetto positivo ed affascinante che aveva su di me quando raccontava quelle storie, lodando la sua voce forte e sicura ed il suo porsi distinto e gentile (a differenza del tono di voce aggressivo e offensivo di quando per strada chiedeva l’elemosina). Gli chiesi di poter registrare la seduta terapeutica per fargli riascoltare la sua voce, ed egli entusiasta accettò.
Venne puntuale all’appuntamento (evento rilevante per lui che veniva solo se accompagnato dalle forze dell’ordine). Registrai per circa 15 minuti il suo delirio che poi riascoltammo insieme. Egli nell’ascoltarsi si compiaceva di se stesso, io invece notai che non mi suscitava lo stesso effetto percettivo: mancava l’aspetto visivo. Quando verbalizzai questo, Ferdinando mi chiese: “Dottoressa, sono bello?”. Lo guardai bene, non avrei mai mentito, e sinceramente risposi: “Quando racconta queste storie il suo viso si illumina e sembra più bello, è come se si calasse nell’immagine che offre di nobile ben vestito e curato nell’igiene”. Il giorno in cui accettò di farsi la doccia nei locali del dipartimento di salute mentale, più per una cortesia a me che per sue esigenze, dato che a casa sua aveva un bagno “grande come una piscina”, ho visto che nascondeva una lacrima. E’ vero, rifiutava la farmacoterapia perché lui ‘non era malato, e quando si riusciva a convincerlo (…) questi farmaci sembravano non sortire alcun effetto (resistenza). Ma perché doveva rinunciare al delirio? Per lui era un sintomo funzionale di vita! Sostenendo il suo delirio, considerandolo il suo adattamento creativo alla realtà, è stato possibile ottenere un cambiamento relazionale e un contatto più funzionale con gli altri. (…)         

Dal testo Devo sapere subito se sono vivo di Salonia, Conte, Argentino (Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2013,€ 16,00).Il brano riportato è tratto dal capitolo: La dimensione relazionale della psicofarmacologia: dalla compliance al transfering gestaltico, a cura di  Paola Argentino, pagg.247,248  

4 commenti:

  1. Mia cara, prima d tutto scusami ma ho dovuto condividere il video stupendo senza il tuo permesso mi perdonerai vero?
    E poi sai quanta verità nel racconto postato. Spesso ci si sente stretti, imprigionati nella realtà che ci circonda e come bambini bisognosi d favole, ne raccontiamo un'altra parallela che ci faccia almeno accettare più piacevolmente l'aridità in cui viviamo.
    Un bacio soave amica cara

    RispondiElimina
  2. Che bello questo approccio, in cui non si cerca di forzare una persona nei confini di una presunta "normalità", ma si cerca il più possibile di adattare il suo mondo interiore a quello esterno.

    RispondiElimina
  3. Nessuna medicina sarà mai altrettanto efficace quanto l'empatia: dovremmo assicurarci di averne sempre le tasche piene, farne uso generoso, ma anche predisporci ad accoglierla, quando siamo noi ad averne bisogno. Se questo post non vale l'intero blog poco ci manca, per come l'hai sensibilmente composto. Un abbraccio, buona domenica.

    RispondiElimina
  4. Ti consiglio di vedere il film "Marguerite". Il naturale completamento di questo bellissimo post....

    RispondiElimina