venerdì 16 dicembre 2016

Gesù, che tenerezza di Uomo ...

Ieri 15 dicembre, a Palermo, in via Garzilli 43/A, nella Casa dell’equità e la bellezza - spazio polivalente che attualmente ospita lo Studio di consulenza filosofica di Augusto Cavadi, la Scuola di Formazione etico-politica “Giovanni Falcone” e il CESMI (Centro studi medicina integrale) - è stato presentato dal teologo don Cosimo Scordato e dallo psicoterapeuta Franco La Rosa il saggio di Augusto Cavadi: Tenerezza, Hanna Wolffe e la rivoluzione (incompresa) di Gesù (Diogene Multimedia, Bologna, 2016, €5).
Cosimo Scordato, Franco La Rosa, Augusto Cavadi e Maria Ales

Ecco una sintesi della presentazione:

Augusto Cavadi: 
Hanna Wolff, che “nasce” come giurista, scopre poi due grandi passioni, la teologia e la psicologia. Le sue considerazioni teologiche sul Dio patriarca e sul Gesù storico - rivoluzionario incompreso, maschio e terapeuta esemplare - mi hanno cambiato la vita. Ho scritto questo libretto per far conoscere il suo pensiero, a mio avviso ingiustamente condannato a una "damnatio memoriae": la Wolff ha il merito di presentarci un Gesù che, andando oltre il Dio giudice, supera la logica del giudizio e ama incondizionatamente. Anche il concetto di grazia è un concetto giudiziario, presuppone una mancanza, una condanna. Se i cristiani non sono capaci di cogliere questa novità, si rischia di dare ragione a Nietzsche che affermava: “La parola “cristianesimo” è un equivoco, in fondo è esistito un solo cristiano e questi morì sulla croce”.

Cosimo Scordato:
Forse uno dei motivi della scarsa attenzione al pensiero della Wolff è la sua epistemologia complessa, il suo essere donna e studiosa di confine, che attraversa con coraggio ambiti diversi. Siamo grati alla casa editrice Queriniana di aver tradotto  i suoi 3 testi fondamentali: Gesù, la maschilità esemplare Gesù psicoterapeuta – Vino nuovo, otri vecchi – e ad Augusto che ci propone un mosaico, un’azzeccata scelta antologica dei tre volumi
Voglio presentare il pensiero di Hanna Wolff, proprio ripercorrendo i tre volumi. Nel primo, Gesù va oltre l’Antico Testamento e supera l’immagine dominante del Dio patriarca: rompe gli schemi del comune sentire vetero-testamentario, secondo cui solo il maschio ha valore di per sé, la donna è un riflesso. In Gesù è felicemente integrata l’anima maschile e quella femminile. Tra l’altro, – diversamente da Jung che, forse ignorando il metodo-storico critico ormai recepito dalla teologia, continua a parlare di Gesù come archetipo - la Wolff ci propone Gesù come persona storica, che demitizza una concezione maschile del divino, introducendo il sentire femminile nelle vicende umane e infrangendo tutte le regole maschiliste della società.
Hanna Wolff
Nel secondo saggio - Gesù psicoterapeuta – c’è una precisa esegesi analitica dell’incontro di Gesù col paralitico, incontro avvenuto a Gerusalemme, nella piscina di Betesda, a partire dalla domanda chiave di Gesù all’uomo malato: Vuoi guarire? Nel testo viene evidenziato il grande ruolo della volontà umana nel processo di guarigione terapeutica; nonostante la sua fede protestante, la Wolff ritiene che l’esasperazione del ruolo della grazia divina sia in contrasto con la volontà del Gesù storico di sollecitare l’umanità in un processo di auto-liberazione da tutte le paralisi, interiori ed esteriori. 
Nel terzo volume – Vino nuovo, otri vecchi – la Wolff si chiede: la svolta, l’alternativa dirompente di Gesù è stata compresa ed attuata dai cristiani? Hanno compreso il suo messaggio di liberazione? O, invece, hanno messo invece il vino nuovo in otri vecchi? La teologa sottolinea come un eccessivo senso di rispetto verso l’Antico Testamento ci abbia impedito di cogliere e vivere la novità assoluta della persona e del messaggio di Gesù. L’insistere poi sulla grazia divina come unica condizione di salvezza, ha svalutato il ruolo e la bontà delle azioni umane. La teologa ribadisce invece il valore dell’incontro tra umano e divino, che procedono in sinergia nel percorso di salvezza.
Allora, superando la cosiddetta "pedagogia nera", che si basa sulla violenza come metodo educativo, con Hanna Wolff ci mettiamo alla ricerca di un Dio empatico, tenero, che pone gli uomini e le donne a proprio agio, nella verità di relazioni libere e autentiche. Un Dio di tenerezza, vino nuovo che restituisce rapporti amorevoli nella società.

Franco La Rosa
Hanna Wolff ha il grande merito di interpretare in modo nuovo il concetto di cura: alla base di ogni processo di guarigione c’è l’affetto. La funzione di Cristo è la funzione/sentimento: il Cristo storico ama incondizionatamente. E noi terapeuti sappiamo che la buona disposizione del terapeuta è la condizione essenziale perché la cura funzioni. Quindi il concetto di cura è mutuato da una disponibilità a monte da parte del terapeuta che ha già “curato” se stesso, integrando le sue parti interne. Tale integrazione rende possibile l’abbraccio dell’altro: l’abbraccio è una fusione di anime, una consegna incondizionata all’altro, deposte tutte le armi interne.
La possibilità di cura, di guarigione (diversa dal processo di adattamento) si dà comunque se io, paziente, sono motivato, se desidero veramente il cambiamento. Ecco che Gesù, vero terapeuta, chiede al paralitico: Ma tu vuoi guarire? Il vero processo di cura aggiusta, integra armonicamente le nostre parti interne. Talvolta invece fatichiamo a dismettere le tante maschere che indossiamo ... siamo continuamente attraversati da una dialettica tra le nostre maschere e il nostro vero sé.
E poi – come ci insegna la mitologia – solo Eros placa Ares, il dio della guerra e dell’aggressività. Gesù guarisce, perché è capace di un processo terapeutico di grande e significativa integrazione: riesce ad integrare le parti stridenti di ognuno di noi. Gesù ha una presunzione di buona fede verso il mondo. In ciò magnificamente imitato da Francesco d’Assisi: perché il lupo non sbrana Francesco? Perché non si sente attaccato.
E’ sempre il cuore che cura: Jung e poi Hillman pongono l’accento sulla “himma”: il potere creatore del cuore, la himma che è forza vitale, anima, intenzione, pensiero, desiderio …
E, ancora, il concetto di cura implica la benevolenza del dire, l’ascolto incondizionato, la narrazione capace di sciogliere i traumi. Allora la capacità di cura sarà connotata da affettività, emozioni e offerta incondizionata, che sopporta e supporta.
Basta amare per salvare, con sante motivazioni, mente retta e cuore puro.



3 commenti:

  1. Maria cara, grazie. Non avrei saputo far di meglio.

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  2. Molto interessante, anche se sono digiuna sull'argomento. Sei sempre uno stimolo Maria...

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  3. Bellissima sintesi, Grazie a te ho (quasi) superato il rimpianto di non aver partecipato all'incontro. Ed ora mi sto gustando il libro del nostro Augusto. Finirà che vorrò attingere anche alla fonte? Ai tre testi dell'autrice? Certo le sue impostazioni teo-psicologiche (che trovo felicemente simil-junghiane ) mi intrigano.

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