mercoledì 20 dicembre 2017

La signora dello zoo di Varsavia

          Non si può negare che sia un film buonista, con alcune scene “eccessive” quando la regista, Niki Caro, sembra spingere sull’acceleratore del sentimento facile e della suspense per ingraziarsi gli spettatori. Non a caso, su La Stampa  Alessandra Levantesi Kezich scrive che il film non è esente da manierismo. Ma La signora dello zoo di Varsavia (titolo originario The Zookeeper’s Wife) è un film da vedere perché appassiona, è realistico (tratto da una storia vera, raccolta da Diane Ackerman), è ben recitato, ha un incalzante ritmo narrativo e, soprattutto, comunica cose belle: anche nella realtà più disperata, se riesci a distinguere il bene dal male, se hai un buon alleato, se sei creativo e capace di lottare, puoi fare qualcosa di buono e di importante.
La storia narrata è quella di una signora, Antonina Zabinski, col marito Jan proprietaria dello zoo di Varsavia. Siamo nel 1939 e la città passa dalla tranquillità della vita quotidiana alla barbarie dell’occupazione nazista. A farne le spese sono i più deboli: gli animali, che vengono uccisi, e gli ebrei, deportati nel ghetto, prima di essere condotti alla soluzione finale dei campi di concentramento. Antonina  e il marito sono capaci di “guardare” la sofferenza di animali e umani, e se ne prendono cura, riuscendo a salvare circa trecento ebrei, ospitati di nascosto nelle gabbie sotterranee dello zoo.
Lo spettatore esce dalla sala cinematografica con la consapevolezza triste dell’assurdità della guerra e della violenza, ma rinfrancato dal fatto che, se in alcune persone rimangono vive compassione ed empatia, forse per la specie umana, spesso così stupida e brutale, c’è ancora qualche speranza di salvezza.


2 commenti:

  1. Non conosco il film e non avevo ancora visto il trailer. La tua recensione è convincente, penso che se riuscirò proverò ad andare a vederlo.

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    1. @Daniele: a mio avviso, potrebbe piacerti. Buon Natale e Buon 2018!

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