martedì 10 luglio 2018

Il tocco che salva

Marc Chagall: Dance
            Il numero 12 che ritorna (la bambina di 12 anni e la donna malata da 12 anni) in qualche modo simboleggia le 12 tribù di Israele. Gesù vuole liberare da quello che imprigiona l’ispirazione di Dio nella legge (…). Le mestruazioni erano considerate impurità. La donna nella circostanza non poteva avvicinarsi a nessuno, perché era impura e rendeva impuri gli altri che si avvicinavano a lei. Terribile. Si sentiva condannata da Dio. C'era un’ignoranza abissale, anche del significato della ricchezza delle mestruazioni. (…) 
         Poi c’è una ragazza che muore all’inizio del passaggio dall’età infantile al matrimonio. (…) La novità del comandamento di Dio, che interpreta e supera la legge, la libera dalla morte. Da quella parte di legge ebraica concepita come un pacchetto di osservanze: fai così e sarai salvo. No. Tutto questo porta alla morte. 
         Si rischia di vivere anche molti anni senza aver vissuto. La vita non è salvata dalla vita. Si può essere vivi e morti dentro. Il nuovo comandamento di Gesù salva la vita. È l’amore. Non c’è niente che possa salvare la vita più dell’amore, che fa spingere l’emorroissa a toccare Gesù e sentire sprigionare un’energia nuova che le dà vita e gioia di tornare a sorridere. 
          Gesù prende per mano la bambina e il verbo usato è quello della resurrezione. Gesù ha fatto il miracolo a questa donna? Probabilmente sì. Ma il vero miracolo è che Gesù ci dice che ciò che ci può liberare dalla morte è l’amore che può farci sperimentare, in noi stessi, la vita infinita di Dio.  Per cui la morte è un addormentarsi. La morte, per noi cristiani, è un addormentarci nel Signore per essere svegliati da lui.
          Quello che il Vangelo ci annuncia è proprio la novità dell’amore di Dio che si vuole fare strada oltre le leggi umane, incluse quelle bibliche. Capaci di farci vivere, di farci diventare creativi e non morire a 12 anni senza avere sperimentato la femminilità, la condizione materna, senza fruttificare. 
         Qui si ricapitola il Vangelo di Gesù; in questa pagina semplice ed immediata. Cosa fa superare la stanchezze e lo smarrimento? L’amore coniugale, l’amore verso i figli, l’amore che ci rende creativi, capaci di iniziativa, capaci di uguaglianza come ci ricordava San Paolo, spiazzandoci tutti. Se tu stai un po’ meglio di un altro, metti a disposizione dell’altro; fate scambio di dono; tu darai quello che hai, lui quello che è. A livello personale, a livello familiare, a livello nazionale, a livello internazionale.
        L’egoismo può avere forme ristrette, accorciate, ma può avere forme nazionali ed internazionali di popoli. Chi ha di più vuole trattenere e non vuole dividere niente. Si dà spazio alla paura e si diventa irrazionali per non capire più niente. Ma paura di chi? Di gente disperata che cerca una mano d’aiuto? So che tutto va organizzato, che non si può improvvisare. Ma San Paolo ci ha dato questo principio che nasce prima della rivoluzione francese: una fraternità filiale che viene da Dio: “la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza”. 
       C’è gente che possiede 150 miliardi di dollari! Cose assurde, rese possibili dal disordine mondiale, follia pura … San Paolo scrive: “Non si tratta di mettere in ristrettezza voi per sollevare gli altri, ma di fare uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza …”. Quanti giovani vorrebbero venire qui a lavorare, a portare freschezza, voglia di andare avanti, gioventù in una società invecchiata che vuole assicurare la vita fino a 100 anni. Mentre permettiamo che muoiano bambini o ragazzi di 30 anni. Hanno una ricchezza che vogliono condividere con noi.
      Care sorelle e cari fratelli, senza scadere nella retorica, stiamo facendo echeggiare il Vangelo del Signore per comprenderlo per davvero, anche se è impegnativo. 
      Lasciamo che la parola di Dio ci possa trasformare. E non è così remota questa possibilità. Il vero miracolo è quello che si tenta di sperimentare, anche in piccolo, nella vita quotidiana.

(sintesi dell’omelia pronunciata da don Cosimo Scordato a Palermo, nella chiesa di san Francesco Saverio, l’1.7. 18)

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