martedì 9 aprile 2019

La misericordia salverà il mondo

Tiziano: Cristo e l'adultera (1512/15) - Vienna
              Una volta ho dovuto spiegare a un bambino che la lapidazione non è quando tolgono i peli, il bambino aveva capito un’altra cosa … 
        Era una cosa terribile far morire le persone sotto i colpi di pietra. Questo brano ha avuto difficoltà a essere inserito nel Vangelo perché era tale la resistenza a una concezione della donna diversa dall’essere solo peccatrice e provocatrice di peccato, tanto che la stessa comunità cristiana ebbe difficoltà a riconoscere questa pagina come parola di Dio. 
          E così poi fu inserita nel Vangelo di Giovanni. Ma menomale che è stata inserita questa splendida pagina che è una liberazione da mille cose. Intanto è quasi una cosa comica che portano a Gesù una donna adultera come se l’adulterio l’avesse fatto da sola. E magari l’adultero era tra quelli che stavano scagliando la pietra perché, chissà, era colpa della donna se aveva peccato, perché sono le donne che fanno peccare gli uomini, secondo una certa idea. (...)
         E quindi Gesù invita subito tutti i presenti a chiedersi: “C’è qualcuno senza peccato?” . Si sarà rivolto all’adultero, in primo luogo. Questo il Vangelo non lo dice, però mi piace pensarlo. Tra quelli che avevano la pietra in mano, probabilmente c’era anche lui. Che si sentiva autorizzato a giustificare quella che potremmo definire una forma arcaica di femminicidio – che ne dite? -  La colpa dell’adulterio era della donna. E quindi si assembra questa frotta di persone dalle idee chiarissime nel condannarla.
         L’atteggiamento di Gesù qual è? E’ di un altro mondo, cioè del mondo di Dio. Gesù si mette a terra, quasi ai piedi della donna (…). Non in piedi, ad additarla dall’alto della propria prosopopea, della propria santità … No. Si mette ai suoi piedi. E poi come la chiama? Donna, come ha chiamato la Madonna. Donna, non c’è niente che possa toglierti la dignità divina che hai, quant’anche avessi sbagliato. Gesù infrange ogni regola di legge e di buona creanza.
        Qui comincia il Vangelo. Da qui in poi comincia la bella notizia di Gesù. Non che ci voglia che è indifferente anche una vita disordinata, no, questo no, non vuole dire questo. 
Ma ci mette in crisi su ogni presunzione nostra di puntare il dito, di condannare, di volere ripristinare pene di morte – è stata  ripristinata purtroppo l’altro ieri, non so in quale stato, non ricordo, dove hanno ripristinato la pena di morte contro gli omosessuali, gli adulteri … andiamo sempre indietro – dobbiamo vigilare sempre, stiamo facendo passi indietro, dobbiamo vigilare per non essere risucchiati continuamente verso il passato.
          “Faccio nuove tutte le cose”, proclamava la prima lettura. Ma vogliamo avere il coraggio di guardare avanti? E di contemplare solo il Signore in croce che dà la vita per noi? Che muore per salvare tutti, soprattutto gli uomini presunti giusti, che sono, che siamo i più insidiosi, perché nel nome delle leggi, della buona condotta siamo pronti a far morire gli altri. Abbiamo sempre delle buone ragioni per permettere che gli altri muoiano, diciamo che non spetta a noi non trattare male gli altri, diciamo che non possiamo farci niente se gli altri muoiono.
        Tutto questo è antievangelico. Dobbiamo scandalizzarci ogni volta davanti a questo Vangelo. Ripristinare positivamente lo scandalo della novità di Gesù. Troppo presto lo abbiamo assuefatto alle nostre abitudini, mentre il Vangelo è la novità di Dio che non finiamo mai di riscoprire.
E così la scena si chiude probabilmente con un abbraccio di Gesù verso questa donna: “Neanche io ti condanno” – le ha detto mentre le si sarà avvicinato – Non lo fare più.”
           Ma non perché sarebbe in pericolo di morte, ma perché è bene che ognuno trovi la sua strada con la persona giusta della propria vita. Che è quello che desidera il Signore per tutti. Pronti a darci una mano d’aiuto in caso di difficoltà, in caso di smarrimento. Ma non a voltare le spalle come se la cosa non ci interessasse.

(il testo, pronunciato come omelia il 7.4.19 nella chiesa di san Francesco Saverio a Palermo da don Cosimo Scordato, non è stato rivisto dall’autore: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)





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