martedì 23 aprile 2019

La nonviolenza spiegata a noi stessi ...

(dal testo di Andrea Cozzo “Conflittualità nonviolenta - Mimesis, Milano, 2004, €18, pagg. 69/85 - letto nell'ambito delle Cenette filosofiche, appuntamento di discussione quindicinale pensato dal filosofo in pratica prof. Augusto Cavadi)
L’espressione “soluzione nonviolenta dei conflitti”  (…) va intesa nel senso di trasformazione o trascendimento nonviolento dei conflitti (…).
Se la violenza è la brutalizzazione del conflitto, la nonviolenza è l’altro modo (quello senza brutalità) per affrontare il  conflitto. La nonviolenza, ben al contrario di come una certa vulgata la vorrebbe far apparire, è conflittualità. (…) Si può pensare la nonviolenza come una vera e propria arma, cioè come uno strumento dotato di efficacia rispetto allo scopo eticamente buono per cui è adoperato. (…)
Capitini ha scritto parole inequivocabili sul rapporto tra nonviolenza e lotta:
E’ un errore credere che la nonviolenza sia pace, ordine,lavoro e sonno tranquillo (…). 
La nonviolenza è guerra anch’essa o, per dir meglio, lotta, una lotta continua contro le situazioni circostanti, le leggi esistenti, le abitudini altrui e proprie (…)”
Dunque la nonviolenza (…) è un’azione che apre un conflitto, è più che altro una gestione dei conflitti, all’interno di vere e proprie regole di strategia, seguire le quali richiede fermezza d’animo e disciplina. (…)
La nonviolenza serve anche a far venire fuori i conflitti latenti, per poi lavorare alla loro trasformazione. Perciò la nonviolenza è un atteggiamento mentale e uno stile di vita che si addice a persone dotate di coraggio e che hanno un desiderio costruttivo. (…)
La nonviolenza è resistenza attiva che si fonda sul principio che bisogna agire sempre in maniera tale che il risultato della propria azione sia una diminuzione della violenza complessiva . (…)
Il conflitto è accettato nella sua interezza, ma in una forma tale che l’energia non è impiegata per distruggere l’avversario ma per persuaderlo, e dunque preferendo provocare una sofferenza a se stessi  piuttosto che a lui. (…)
La nonviolenza, scegliendo di soffrire piuttosto che di far soffrire, mostra di essere in fin dei conti nient’altro che amore consapevole e un grazie all’altro per la sua esistenza, al di là di ogni disaccordo e di ogni ostacolo. (…)
Gandhi dice esplicitamente che chi pratica  il satyagraha  si propone di conquistare l’avversario o cosiddetto nemico non con la violenza. Ma con la forza dell’amore, attraverso un lento processo di conversione”. (…)
In un conflitto, anche quando riteniamo di doverci opporre interamente al nostro avversario, il nostro dovere è di opporci mantenendo la relazione. (…) Quanto più forte è l’azione di opposizione, tanto più è fondamentale rafforzare la relazione personale con l’avversario, garantirgli la propria fiducia, rassicurarlo e fargli sentire che, pur dissentendo e lottando una sua azione, si nutre verso di lui una sincera solidarietà umana.

2 commenti:

  1. Interessante il fatto di considerare la non violenza come una forma di lotta resistente.

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