martedì 10 settembre 2019

Solitudine, il richiamo dell’anima

       Molto tempo fa la parola inglese alone, solo, era composta da due parole all one. Essere all one significava essere nell’unicità, essenzialmente o temporaneamente.
      E’ proprio questo il fine della solitudine. […] Solitudine non è assenza di energia o di azione … ma piuttosto un dono di provviste selvagge a noi trasmesse dall’anima.
    Nei tempi antichi, come riportano medici-guaritori, religiosi e mistici, la solitudine intenzionale era un palliativo e anche una misura preventiva. Vi si ricorreva per sanare la fatica e prevenire il logoramento. Era usata anche come oracolo, un modo per ascoltare il Sé interiore onde sollecitare consigli e guida, impossibile a udirsi nel frastuono della vita quotidiana. […]
           Se l’esercizio della solitudine intenzionale diventa regolare, favoriamo una conversazione tra noi e l’anima selvaggia, che si avvicina alla riva. Questo lo facciamo non soltanto per essere vicine alla nostra natura selvaggia, ma anche perché  […] lo scopo di questa unione è per noi di porre domande, e per l’anima di dare consigli.
          Come si fa a richiamare l’anima? Con la meditazione, o nei ritmi della corsa, del canto, della scrittura, della pittura, della composizione musicale, con visioni di grande bellezza, con la preghiera, la contemplazione, i riti e i rituali, l’immobilità, la quiete, perfino con idee e umori estatici. Sono tutte chiamate psichiche che invitano l’anima alla sua dimora.
        Consiglio di ricorrere a metodi che non richiedono supporti né posti speciali, da compiersi agevolmente in un minuto o in un giorno. Si tratta cioè di usare la mente per richiamare l’anima-Sé. Tutte abbiamo uno stato mentale familiare in cui realizzare questo genere di solitudine. Per me, la solitudine è una sorta di bosco ben ripiegato che porto con me ovunque, e srotolo attorno a me quando ne ho bisogno. Siedo ai piedi dei grandi alberi della mia infanzia. Da questo luogo privilegiato propongo i miei interrogativi, ricevo risposte …
       Poi arrotolo di nuovo il mio bosco, riducendolo alle dimensioni di un bigliettino d’amore, sino alla prossima volta.

(Clarissa Pinkola Estès: Donne che ballano coi lupi, pag. 312,313)







2 commenti:

  1. La solitudine di cui tratta l'autrice in questo passo è più una ricerca di pace interiore e voglia di stare con se stessi per pensare, riflettere, riordinare le idee, staccarsi dal frastuono del quotidiano. Poi c'è la solitudine non cercata, quella che porta a sentirsi soli, sperduti, inutili, tristi. Quella è da cacciare via, da non portare con sé è da combattere,

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  2. @Daniele: d'accordo su tutta la linea. Buona serata.

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