martedì 18 febbraio 2020

'A buttana di Sciacca

                 Si era al tempo che il mio paese non si chiamava ancora Porto Empedocle, ma Molo di Girgenti. In una gelida giornata di febbraio, pervenne una comunicazione al comando delle guardie locali secondo la quale alle ore venti, col postale proveniente da Sciacca, sarebbe arrivata una prostituta munita di foglio di via per il suo paese d’origine, all’interno della Sicilia.
Si trattava dunque di prelevare la donna al momento dello sbarco, trattenerla in camera di sicurezza e il giorno dopo metterla su di un treno. Della faccenda venne incaricato Agatino, guardia scelta.
Il postale, per il cattivo tempo, arrivò verso la mezzanotte.
Siccome non era stata fornita nessuna descrizione della prostituta, Agatino pensò bene di accostarsi ad ogni donna che sbarcava, sollevare la lanterna all’altezza del suo viso e domandare candidamente:
«Siete voi la buttana di Sciacca?».
E venne duramente malmenato da mariti, padri, fratelli, cugini o semplici conoscenti delle donne così interpellate. Gli andò anche bene, perché dato il ritardo e il freddo nessuno si accanì a pestarlo. 
Intontito e sanguinante, si avvicinò all’ultima donna che stava sbarcando e le rivolse, con un filo di voce, la domanda.
«Sì» rispose la puttana.
Grato, mancò poco che Agatino le buttasse le braccia al collo. Poi la portò in camera di sicurezza, ma provò pena per quell’essere intirizzito: per non metterla accanto agli altri passeggeri e per non creare tentazioni fra gli uomini dell’equipaggio, il comandante l’aveva fatta viaggiare sul ponte, allo scoperto.
Accese un braciere, ma non bastava.
Non ebbe cuore di lasciarla sola e se la portò a casa, tanto non aveva nessuno cui rendere conto.
Parlarono tutta la notte.
La donna non partì il giorno dopo col treno, come avrebbe dovuto, rimase invece a casa di Agatino.
Tre mesi dopo si sposarono, la guardia si dimise e principiò a fare il muratore.
Ebbero figli chiari, che crebbero puliti di cuore e di mente, da fare invidia alle migliori famiglie “civili”.
Ed è per questo che il cognome di Agatino non l’ho voluto scrivere.

Andrea Camilleri Il gioco della mosca, Sellerio Editore, Palermo, 1999 (pagg.14,15,16)

2 commenti:

  1. Bell'estratto, in parte mi ha richiamato alla mente Bocca di rosa di De Andrè

    RispondiElimina
  2. @Daniele: è vero, la vicenda ricorda "Bocca di rosa", anche se il finale è diverso, forse anche più tenero e dolce ...

    RispondiElimina