mercoledì 5 febbraio 2020

Non uno di meno

Picasso: Madre e figlio (Parigi, 1907)
        In classe, non riusciva a stare fermo e a imparare. Il perché lo si è capito molti anni dopo, quando suo padre è venuto a scuola, con un’altra famiglia. Bocciato in prima media, V. fu promosso a stento l’anno dopo e poi di nuovo bocciato in seconda.
           Al suo quarto anno di scuola media, fu inserito in un progetto di recupero ideato da colleghe valorose di Italiano, Inglese, Tecnologia e dalla psicopedagogista, progetto che si proponeva, per un paio di ore, due volte a settimana, di facilitare l’apprendimento di V. -  e di una dozzina di alunni come lui  a rischio di dispersione scolastica - con lavori di gruppo e metodologie didattiche quali cooperative learning, learning by doing, project work, peer to peer ... 
        Una delle attività preferite dagli alunni era la costruzione di robottini con materiale di riciclo: i ragazzi lavoravano e spiegavano, anche in inglese, quello che stavano costruendo. E poi c’era l’approfondimento dei temi ambientali: si leggeva il protocollo di Kyoto, si incrementavano buone pratiche eco-sostenibili, dopo aver testato con un questionario i comportamenti ambientali di alcune classi.
          Correva l’anno scolastico 2005/06 e, sebbene non ci fosse ancora Greta a suonare il campanello d’allarme per l’ambiente e malgrado non esistesse ancora l’animatore digitale a magnificare il potere salvifico della flipped classroom, nella scuola di V. l’educazione ambientale e l’innovazione didattica erano già al primo posto dell’agenda formativa. 
       La costruzione dei robot appassionò i ragazzi ‘sperduti’, che allestirono robot magnifici e spiegarono, in italiano e in inglese, cosa fosse e perché non bisognasse disattendere il protocollo di Kyoto, illustrando le best practices effettuate. Fu così che i ragazzi furono premiati nell’ambito di un’importante manifestazione cittadina. E furono quasi tutti promossi.
          Tranne V. , che riuscì a inanellare tante insufficienze, assenze e note disciplinari da essere di nuovo bocciato, innescando infiniti sensi di colpa nella psicopedagogista ... che si chiese per tanto tempo cosa si sarebbe potuto fare di più e di meglio per lui. L’anno dopo, V. lasciò a metà l’anno per iscriversi, ormai sedicenne, in una scuola vicina, a un corso di istruzione per adulti.
                Adesso quando l’ex psicopedagogista passa in macchina lungo un crocevia trafficato di periferia, ogni tanto lo vede: un uomo ormai adulto, con lo sguardo deciso, triste e spavaldo insieme, i lineamenti appena induriti. Vende pesce per strada. Attraverso il finestrino, lo sguardo della prof. e quello di V. si incrociano spesso.
                          E V. le regala sempre un luminoso, straordinario sorriso.

1 commento:

  1. Storia commovente ed al contempo triste. Chissà magari con un po' più di fortuna e di tempo quel ragazzo lo si poteva aiutare di più o forse no, però quell'incrociarsi di sguardi è sicuramente un aiuto costante per V. nella sua vita.

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