domenica 28 febbraio 2021

Perseverance, alla scoperta di Marte

       Palermo – Dopo un viaggio di 203 giorni, lungo circa 473 milioni di km., iniziato il 30 luglio 2020 dalla base americana di Cape Canaveral, alle 21.55 del 18 febbraio scorso il rover Perseverance è arrivato su Marte, tra l’esultanza gioiosa della comunità scientifica e degli appassionati di viaggi spaziali, che hanno seguito col fiato sospeso ‘l’ammartaggio’ del rover.  
      Persino l’Empire State Building di New York si è illuminato di rosso, colore marziano per eccellenza, per testimoniare l'attesa partecipe della ‘Grande Mela’ al buon esito della missione spaziale Mars 2020.
      Realizzato dallo Jet Propulsion Laboratory della Nasa, il rover con sei ruote è atterrato nei pressi del cratere Jezero, situato un po’a nord dell’equatore marziano. Si ipotizza che 3 o 4 miliardi di anni fa Jezero ospitasse un lago e un delta fluviale. Nei suoi pressi quindi si potrebbero trovare molecole organiche o altri potenziali indizi di vita microbica.
      Perseverance, che resterà sul pianeta rosso almeno per anno marziano (687 giorni, quasi due anni terrestri), perseguirà i seguenti obiettivi: la ricerca di tracce pregresse di forme primordiali di vita; lo studio del clima marziano; la descrizione della tipologia del suolo e l’estrazione di campioni di rocce che una prossima missione riporterà nel nostro pianeta: la preparazione di un eventuale viaggio umano su Marte, estraendo dall’anidride carbonica l’ossigeno, necessario sia per la respirazione dei futuri astronauti sia come propellente per il loro viaggio di ritorno (l'atmosfera marziana si compone al 95% di anidride carbonica, al 2,7% di azoto,  con quantità minime di argon, vapore acqueo, ossigeno e monossido di carbonio).
     Questi gli strumenti che consentiranno a Perseverance la realizzazione della sua missione: tre robot per raccogliere campioni di suolo da lasciare sul pianeta all'interno di contenitori sigillati; un radar per la scansione del sottosuolo e un sistema per la "lettura" delle rocce, in grado di evidenziare eventuali tracce lasciate da microorganismi nel passato; il drone elicottero Ingenuity, che volerà a 3, 5 metri per effettuare qualche fotografia dall’alto, grazie a un’alimentazione elettrica assicurata da un piccolo pannello fotovoltaico posto sopra le eliche (Ingenuity è un cosiddetto falso amico dell'inglese: significa ingegnosità, non ingenuità); apparecchi di precisione come una telecamera avanzata,  uno strumento di produzione di immagini che permette di analizzare la composizione chimica e studiare la mineralogia, un apparato che contiene uno spettrometro a raggi X. E ancora: Moxie, l’apparecchio che ‘estrarrà’ l’ossigeno dalla CO2; Meda, che analizzerà temperatura, velocità e direzione dei venti, pressione, umidità relativa, dimensione e forma delle polveri; Rimfax, il radar che penetrerà nel sottosuolo e fornirà immagini della struttura geologica sotterranea.  
    L’esplorazione marziana ha fatto passi da gigante dal 1965, storica data in cui la sonda Mariner 4 raggiunse per la prima volta il pianeta. Recentemente, hanno lavorato egregiamente i due rover gemelli Spirit e Opportunity, arrivati su Marte nel gennaio 2004 e attivi il primo sino a marzo 2010 e il secondo addirittura sino a giugno 2018. 
Il pianeta rosso è ora l’obiettivo di altre due missioni spaziali: quella degli Emirati Arabi Uniti, con la sonda Hope, e quella cinese, con la missione Tianwen-1: entrambe le sonde sono già entrate nell’orbita di Marte. La missione cinese si propone di portare sul pianeta una strumentazione complessa, comprensiva di orbiter, lander e rover, con un radar di profondità per mappare la crosta marziana fino a una profondità di 400 metri. 
     Infine una curiosità: perché per indicare ipotetiche creature extraterrestri utilizziamo il termine ‘marziani’ e non venusiani, gioviani, uraniani e simili? Bisogna andare a due secoli fa, e far memoria di un grande astronomo italiano, l’ingegnere Giovanni Schiaparelli che, in occasione di un evento celeste favorevole, il 5 settembre 1877 disegnò la prima mappa dettagliata di Marte la cui nomenclatura è ancora quella ufficialmente utilizzata. Nella sua mappa risultarono strutture che l’astronomo denominò ‘canali’, in quanto la superficie del pianeta presentava diverse lunghe linee alle quali egli attribuì nomi di fiumi terrestri. 
     L'errata traduzione in inglese del termine "canali" usato nei lavori di Schiaparelli - con l’utilizzo del termine “canal”, canale artificiale, anziché “channel”, canale generico - indusse il mondo scientifico a credere che su Marte vi fossero canali irrigui artificiali, mentre l’astronomo italiano aveva solo parlato di grandi solchi sulla superficie. Influenzato da quest’inesatta traduzione, alla fine del 1800 l'astronomo statunitense Percival Lowell pubblicò diversi libri su Marte, in cui ipotizzava l'esistenza pregressa di vita intelligente sul pianeta: teoria che ebbe una notevole influenza sull'opinione pubblica.
    Da allora i marziani, nati dal parto di un equivoco linguistico, abitano stabilmente non tanto su Marte ma nel nostro immaginario collettivo e, facendo capolino da fumetti, romanzi, film di successo, ci fanno compagnia. Specie quando sulla Terra ci sentiamo troppo soli…


Maria D'Asaro, 28.2.21, il Punto Quotidiano

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