martedì 16 settembre 2025

Che si fa, caro Biagio?

Pinturicchio: Annunciazione, Cappella Baglioni, Spello
       Nostra signora bazzica giornalmente nei pressi della stazione centrale ferroviaria e lo scorge quasi sempre: dorme sull’asfalto, in via Tommaso Fazello, a ridosso del terminal degli autobus. Indossa una maglietta, dei pantaloncini sudici e assai logori, calzini scuri, più buchi che tessuto. Accanto ha un paio di sandali e, a volte, un pacchetto di quelle che noi palermitani chiamiamo ‘brioscine’. Magari anche un barattolo di Nutella. Ha lunghi capelli biondi, belle ciglia, un naso fine, lineamenti da angelo di un quadro del Pinturicchio o di Filippino Lippi.
       Quando gli passa accanto, a nostra signora fa male il cuore. Quel ragazzo, tra i 25 e i 30 anni, potrebbe essere suo figlio.  Se fosse ancora vivo Biagio Conte forse sarebbe diverso: forse le persone senza fissa dimora non dormirebbero per strada, sopra degli scalini, nell’anfratto di un marciapiede. Biagio magari l’avrebbe già portato alla Missione Speranza e Carità. Biagio, che facciamo?

Maria D'Asaro




domenica 14 settembre 2025

Simenon e il fascino discreto del suo commissario Maigret

      Palermo – La sottoscritta ha quasi sempre per le mani un saggio o comunque un testo ‘impegnato’. Ma in estate ha un po’ trascurato questo tipo di lettura e ha ceduto a una sorta di ‘droga’ letteraria: infatti da un paio di mesi ha ripreso a leggere compulsivamente i romanzi di George Simenon. Confessa di aver divorato a luglio e agosto almeno una decina di gialli del prolifico autore di origine belga. E non riesce ancora a smettere…
      Nella postfazione di Maigret e il signor Charles, scriveva parecchi decenni fa un ispirato Alberto Savinio (fratello di Giorgio de Chirico): “Mancava finora alla Francia un romanzo poliziesco nazionale. Questa lacuna è stata felicemente colmata da Georges Simenon. Questi non somiglia all’autore solito di romanzi polizieschi. Il suo stile non è quello asmatico, stenografico e deplorevolmente asintattico che distingue questa forma di narrazione. Redattore di romanzi mensili e popolari, Georges Simenon, sotto sotto, è un Dostoevskij minore”.
E ancora: “Come la luna che si rinnova di mese in mese, George Simenon pubblica un nuovo romanzo ogni trenta giorni. E non si creda che siano libercoli scribacchiati alla svelta. No: sono trecento pagine tirate a pulimento, trame intricatissime e risolte con maestria, figure e caratteri disegnati con evidenza e precisione, documentazione impeccabile di città e paesi, e, di tanto in tanto, un tono, un accento che denotano lo scrittore di razza”.
Ecco, la scrivente non avrebbe saputo esprimere meglio quanto ha scritto molto tempo fa  Savinio, pittore, compositore musicale e scrittore. 
      Simenon, ne Il porto delle nebbie, con la sua narrazione semplice e potente, ci catapulta ad esempio nella cittadina francese di Ouistreham, porto della Normandia, dove “l’atmosfera non si può definire sinistra, è un’altra cosa, una vaga inquietudine, un’angoscia, un’oppressione, la sensazione di un mondo sconosciuto al quale si è estranei…”.  Quell’atmosfera cupa e nebbiosa ci cattura e ci tiene col fiato sospeso sino all’ultimo rigo, presi come siamo dall’intricata vicenda del capitano Joris.
     Come ci coinvolge la vicenda complicata de Il corpo senza testa, dove Maigret, verso una certa signora Calas, prova uno strano sentimento: (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 14 settembre 2025, il Punto Quotidiano

sabato 13 settembre 2025

13 settembre...

Joaquìn Sorolla: Passeggiata in riva al mare



Certo,

si vive

anche da soli.

Un poco peggio però…

Sorellina.                                         











mercoledì 10 settembre 2025

Isole da a-mare: Favignana (con la Flotilla nel cuore...)

        Ma come ti 'spercia' di pubblicare le foto di Favignana? – esclamerebbe qualche mia conterranea che, in questo momento, fa in città il presidio di solidarietà per la Global Sumud Flotilla, dalle 19 alle 20, in via Ruggero Settimo… E continuerà a farlo sino a lunedì 15 settembre.
      E avrebbe pure ragione.
Ma la scrivente è così scoraggiata che ha bisogno di un po’ di azzurro per respirare. Perché in questo mondo disumano si sente davvero male… E si aggrappa al ricordo del mare e alla bellezza della natura.









Qui Levanzo, Marettimo e un articolo sulle Egadi.

lunedì 8 settembre 2025

Indicibile...




Solo
la luna
e le stelle
contemplano il nostro dolore…
Indicibile.                                             

domenica 7 settembre 2025

Le parole di padre David Maria Turoldo contro la guerra

    Propongo oggi l'articolo della collega Francesca Sammarco:

RIETI – “Ama,/saluta la gente,/dona, perdona,/ama ancora e saluta/(nessuno saluta nel condominio, ma neppure per via)./Dai la mano, /aiuta, comprendi, /dimentica/e ricorda solo il bene./E del bene degli altri/godi e fai godere./Godi del nulla che hai,/del poco che basta/giorno dopo giorno:/e pure quel poco/ – se necessario -/dividi./E vai, /leggero dietro il vento e il sole/e canta./Vai di paese in paese/e saluta, /saluta tutti:/il nero, l’olivastro e perfino il bianco./Canta il sogno del mondo:/che tutti i paesi si contendano d’averti generato”. Queste parole semplici, che sanno di umanità, sono di Padre David Maria Turoldo (1916-1992). E’ stato teologo, filosofo, poeta, spirito irrequieto e innovatore, faceva parte della Chiesa “ribelle” del Novecento, quella scomoda, insieme a don Lorenzo Milani e Giorgio La Pira, l’Abate Giovanni Franzoni, don Andrea Gallo.
    Molte sue omelie domenicali pronunciate a Sant’Egidio tra il 1989 e il 1990, registrate dall’amico Salvatore della Monica, sono raccolte nel libro “Il fuoco di Elia Profeta” (Piemme 1993). Scritti e saggi “O sensi miei” poesie dal 1948 al 1988 (Rizzoli 1990), “Canti ultimi” (Garzanti 1991), “Anche Dio è infelice, neanche Dio può stare solo” (Piemme 1991). Anticipatore del Concilio, partecipò alla Resistenza nel gruppo de “L’uomo”, fu predicatore nel Duomo di Milano, sempre schierato dalla parte dei più deboli. “Gli ultimi” fu anche il titolo di un film di cui curò la regia, collaborò con giornali, riviste e televisione. Fu amico delle migliori menti libere del secolo scorso, da Alda Merini a Pier Paolo Pasolini, da padre Ernesto Balducci a Carlo Maria Martini.
      Uomo di fede e di poesia, parlava a tutti, credenti e non. Nel 1991 lanciò l’appello ai giovani “Senza conversione non c’è pace”, in piena guerra del Golfo, quando il 2 agosto 1990 il presidente iracheno Saddam Hussein invase il Kuwait. Contro l’Iraq si formò una coalizione di 35 Stati sotto l’egida dell’Onu, guidata dagli Stati Uniti. 
      In questa cornice storica va letto il discorso sulla pace rivolto ai giovani, che fece a Pordenone nel gennaio 1991: "Giovani, non percorrete le strade che abbiamo percorso noi. Io non faccio che vergognarmi di essere stato in guerra, anche se ho combattuto solo nella Resistenza, cioè per l’umano contro il disumano. Ma ha ragione il Papa: con la guerra tutto è perduto, con la pace tutto si acquista! Fare la guerra è come suicidarsi. Giovani, pregate per la pace; ma ricordate che pregare vuol dire sempre prendere coscienza; perché se tutta la preghiera non si trasforma in vita, se la lex orandi non diventa la lex vivendi, noi stiamo prendendo in giro Dio e noi stessi”.
       E ancora: “Magari cominciasse con voi giovani questa nuova cultura della pace, come fosse una nuova aurora. Perché oggi la terra è una cosa sola, una nave sulla quale siamo tutti imbarcati e non possiamo permetterci che affondi, perché non ci sarà più un’altra arca di Noè a salvarci. Il mondo è uno, la terra è una; e tutti insieme ci salveremo o tutti insieme ci perderemo. Deve scomparire il concetto di nemico perché una civiltà fondata sul concetto di nemico non è una civiltà, ma una barbarie. La civiltà è solo quella della pace. Il discorso della pace è il più difficile di tutti, perché rivoluzionario non è il discorso sulla guerra… Finora abbiamo sempre fatto la guerra e non abbiamo mai fatto la pace. E quella che noi chiamiamo pace, non è che una tregua tra una guerra e l’altra; fino al punto che la guerra in realtà è la politica che cambia metodo. E invece la guerra è la sconfitta e la fine della politica. Per costruire la pace bisogna cambiare cultura: (da qui)

Francesca Sammarco, 7.9.25, il Punto Quotidiano

giovedì 4 settembre 2025

Perchè votiamo certe persone? Un'analisi di Michele Serra

A Palermo oggi solidarietà a Gaza e alla Global Sumud  Flottilla
           “Voi vorreste essere amici di un maschio anziano molto ricco che vi dice: Mettetevi tutti in fila per baciarmi il culo? Oppure vi dice: Il modo migliore per prendersi una donna è metterle una mano tra le gambe? E questa battuta fa ridere di meno, già… 
       E vorreste essere amici di una signora che ha sparato al suo cane perché non era abbastanza bravo nella caccia, e poi si è fatto un selfie davanti a una grande gabbia piena di uomini seminudi, stipati come immondizia da smaltire, e dice con un sorriso di trionfo: Questa è la fine che fanno i nostri nemici?
No, sono sicuro che non vorreste essere amici di persone così.
     Qualunque siano le vostre idee politiche – sinistra, destra, non pervenute… - sono sicuro che gli arroganti e i violenti sono le persone che, nella vita quotidiana, preferite non frequentare.
Perfino negli ambienti della malavita, perfino nelle carceri, valgono delle regole non scritte, antiche come le società umane, che concedono onere ai giusti e disonore agli ingiusti.
     C’è un solo ambito nella società nel quale, da qualche anno, questa regola sembra non contare più niente, e i bulli vengono onorati e applauditi: quest’ambito è la politica.
E la grande domanda alla quale siamo chiamati a rispondere è diventata questa: ma perché così tanta gente vota per i mascalzoni? 
Perché così tanta gente manda nei palazzi di governo così tanta gente che non inviterebbe a casa propria? E li vota e li manda al governo per le stesse ragioni per cui non li invita a casa propria: cioè perché sono dei prepotenti.
    Una teoria abbastanza diffusa dice che ognuno ha i governanti che si merita: la gente vota per i prevaricatori perché vorrebbe prevaricare, vota per i razzisti perché è razzista, vota per gli odiatori perché odia.
Questa è stata più o meno la mia tesi sino a poco tempo fa… Ma negli ultimamente mi è venuto qualche dubbio, perché molti governanti mi sembrano talmente ignobili, talmente inverosimili che temo siano peggiori di chi li elegge: quella che spara al suo cane... Quello che urla ‘baciatemi il culo’… quello che urla con la motosega in mano… non sono uguali a chi li vota, sono il lato peggiore di chi li vota.
     Ognuno di noi, con poche eccezioni, ha in corpo la violenza e la sopraffazione e ha in corpo la gentilezza e la socialità. Il bene e il male non sono fuori di noi: il bene e il male siamo noi.
La vera domanda da farsi, allora, è un’altra: perché solo la prepotenza riesce a dare a sè stessa una forma politica? Perché la prepotenza riesce a organizzarsi e a vincere e perché la gentilezza rimane muta e annichilita? 
    E’ possibile che il pensiero, la riflessione, il rispetto per gli altri, la cultura, il senso dell’uguaglianza, il sentimento della giustizia… non siano più valori spendibili in politica? Nella vita quotidiana sì e in politica no? 
Chi troverà una risposta a questa domanda, salverà il mondo. 
    In attesa di quel momento, l’unico consiglio che mi sento di dare a noi stessi è che la parte gentile non deve spaventarsi. Non deve avere paura della parte bulla. Perché la parte bulla, molto spesso, è più stupida e impotente di quello che fa finta di essere. Non deve atterrirci. Soprattutto, non deve zittirci. Per esempio, a Trump bisogna rispondere, con un sorriso gentile: guardi, il culo se lo baci da solo, che noi abbiamo cose più importanti da fare. E soprattutto, molto più piacevoli. 
E un istante dopo farla, una cosa più piacevole, e possibilmente farla in tanti." 

Michele Serra, intervento a Che tempo che fa, aprile 2025
(grazie di cuore ad Augusto che ha postato il video nella sua bacheca FB)