Palermo – “Sicilia bedda mia, Sicilia bedda…”, cantava Franco Battiato nella canzone Veni l’autunnu, esprimendosi in dialetto siciliano. Invece, in questo inizio di autunno, la Sicilia non ha donato grazia e bellezza, ma è stata alla ribalta nei media nazionali per vari episodi di cronaca, tutti negativi.
Intanto ha fatto notizia il rapimento-lampo di un diciassettenne, portato via con la forza mentre era in strada, sotto gli occhi attoniti dei suoi amici. Il fattaccio è avvenuto la sera del 25 settembre a Vittoria, grosso centro del ragusano. Il ragazzo, figlio di un commerciante di prodotti ortofrutticoli, è stato poi ‘liberato’ meno di 24 ore dopo, senza una richiesta di riscatto. La famiglia e tutta la comunità isolana hanno tirato un respiro di sollievo; ma un rapimento è una ferita, il sintomo della ripresa di una prassi criminale, un grave segnale d’allarme che non può essere sottovalutato.
Il 10 ottobre scorso a Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, è morta a 56 anni la professoressa Maria Cristina Gallo. La sua morte ha fatto molto rumore perché la donna, che lascia due figli e il marito, è morta di malasanità.
Ecco la sua storia: Maria Cristina era stata sottoposta a un intervento chirurgico per un fibroma uterino a dicembre del 2023, nel reparto di ginecologia dell’ospedale di Mazara del Vallo. Le era quindi stato prelevato un campione di tessuto per effettuare una biopsia. Sebbene il referto fosse arrivato in laboratorio il 15 dicembre del 2023, la donna non aveva saputo nulla dell’esito fino al 10 agosto del 2024, quando aveva scoperto di avere ormai un tumore al quarto stadio, con varie metastasi.
Da dicembre ad agosto, la professoressa Gallo aveva ripetutamente chiamato l’ospedale per avere notizie del risultato dell’esame istologico, indispensabile per iniziare, se necessario, terapie idonee, ma non aveva avuto risposta.
Aveva quindi sporto denuncia verso l’ospedale Così la procura di Trapani apriva un’indagine, dalla quale si scopriva che il ritardo con cui le era stato comunicato l’esito della biopsia non era un’eccezione: i referti mai consegnati sarebbero stati 3.313… A maggio scorso lo scandalo è esploso: c’è stata la dimissione di Ferdinando Croce, direttore dell’ASP trapanese, e l’inizio di un procedimento giudiziario verso alcuni medici e paramedici.
L’indagine della Procura di Trapani ovviamente continua per verificare il nesso di causalità tra il ritardo nella consegna del referto e le conseguenze delle mancate cure sulla salute dei singoli pazienti. “La sua lotta si è fatta battaglia civile, una lotta per un sistema sanitario che non sempre è in grado di rispondere alle vere necessità delle persone. Maria Cristina non si è mai limitata a soffrire in silenzio, ma ha alzato la voce, cercando giustizia per tutti quelli che soffrono”, ha sottolineato don Giacinto Leone, nell’ omelia durante i funerali della professoressa mazarese.
La docente, assai amata dagli alunni nell’Istituto superiore dove insegnava, era anche volontaria dell’Unitalsi. Giovanna Maria Ciolino, presidente della sottosezione mazarese dell’associazione, la ricorda così: “Era una volontaria instancabile. Non ha mai fatto mancare il suo sostegno ai nostri ragazzi e ai volontari. Sempre presente, sempre disponibile, con una parola buona o un gesto concreto. La sua dedizione era un esempio per tutti noi”.
L’ultimo tragico episodio è successo a Palermo, nella notte tra sabato e domenica 12 ottobre, quando in una via del centro, a due passi dal teatro Massimo, un ragazzo ventunenne, Paolo Taormina, è stato ucciso con un colpo di pistola a distanza ravvicinata: sembra che stesse cercando di sedare una rissa appena fuori dal locale di proprietà di suo padre. L’assassino, che prima di essere arrestato pare abbia addirittura postato un video su TikTok, è un ventottenne palermitano, Gaetano Maranzano, abitante allo Zen (acronimo di Zona Espansione Nord), uno dei quartieri periferici del capoluogo noto per la mancanza di servizi e di lavoro.
Questa morte richiama quella dei tre ragazzi uccisi anch’essi a colpi di pistola nella notte tra il 26 e il 27 aprile scorso a Monreale, cittadina confinante con Palermo, nota per il suo splendido duomo patrimonio dell’umanità. A essere ammazzati per futilissimi motivi sono stati allora Salvatore Turdo di 23 anni, Andrea Miceli e Massimo Pirozzo, entrambi 26enni: i responsabili e i fiancheggiatori del triplice omicidio sono stati consegnati alla Giustizia, ma tre famiglie e un’intera città sono rimaste in lutto.
Ci si chiede sgomenti quale miscela esplosiva di disvalori abbia causato il corto circuito e tale inaudita violenza negli assassini. Qualcuno ha sottolineato che a Palermo e in Sicilia tornano a circolare troppe armi: e le armi purtroppo servono sempre ad uccidere...
In questi giorni a Palermo si sono svolte fiaccolate silenziose per chiedere che il controllo del territorio sia prerogativa delle Forze dell’Ordine e non di balordi armati: da tempo, soprattutto i commercianti del centro storico, denunciano disordini, intimidazioni e un clima di prepotenza e di minacce. Palermo e la Sicilia dicono basta alla violenza e alla mancanza di rispetto per la vita.
“Come farò a vivere?” ha gridato tra le lacrime la madre di Paolo Taormina.
Quante volte un uomo dovrà litigar/sapendo che è inutile odiar?/E poi quante persone dovranno morir/perché siano in troppi a morir?/ cantava Bob Dylan, tradotto così dal nostro Mogol.
Risposta non c'è, o forse chi lo sa…caduta nel vento sarà.
Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 19 ottobre 2025

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