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domenica 14 settembre 2025

Simenon e il fascino discreto del suo commissario Maigret

      Palermo – La sottoscritta ha quasi sempre per le mani un saggio o comunque un testo ‘impegnato’. Ma in estate ha un po’ trascurato questo tipo di lettura e ha ceduto a una sorta di ‘droga’ letteraria: infatti da un paio di mesi ha ripreso a leggere compulsivamente i romanzi di George Simenon. Confessa di aver divorato a luglio e agosto almeno una decina di gialli del prolifico autore di origine belga. E non riesce ancora a smettere…
      Nella postfazione di Maigret e il signor Charles, scriveva parecchi decenni fa un ispirato Alberto Savinio (fratello di Giorgio de Chirico): “Mancava finora alla Francia un romanzo poliziesco nazionale. Questa lacuna è stata felicemente colmata da Georges Simenon. Questi non somiglia all’autore solito di romanzi polizieschi. Il suo stile non è quello asmatico, stenografico e deplorevolmente asintattico che distingue questa forma di narrazione. Redattore di romanzi mensili e popolari, Georges Simenon, sotto sotto, è un Dostoevskij minore”.
E ancora: “Come la luna che si rinnova di mese in mese, George Simenon pubblica un nuovo romanzo ogni trenta giorni. E non si creda che siano libercoli scribacchiati alla svelta. No: sono trecento pagine tirate a pulimento, trame intricatissime e risolte con maestria, figure e caratteri disegnati con evidenza e precisione, documentazione impeccabile di città e paesi, e, di tanto in tanto, un tono, un accento che denotano lo scrittore di razza”.
Ecco, la scrivente non avrebbe saputo esprimere meglio quanto ha scritto molto tempo fa  Savinio, pittore, compositore musicale e scrittore. 
      Simenon, ne Il porto delle nebbie, con la sua narrazione semplice e potente, ci catapulta ad esempio nella cittadina francese di Ouistreham, porto della Normandia, dove “l’atmosfera non si può definire sinistra, è un’altra cosa, una vaga inquietudine, un’angoscia, un’oppressione, la sensazione di un mondo sconosciuto al quale si è estranei…”.  Quell’atmosfera cupa e nebbiosa ci cattura e ci tiene col fiato sospeso sino all’ultimo rigo, presi come siamo dall’intricata vicenda del capitano Joris.
     Come ci coinvolge la vicenda complicata de Il corpo senza testa, dove Maigret, verso una certa signora Calas, prova uno strano sentimento: (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 14 settembre 2025, il Punto Quotidiano

domenica 31 agosto 2025

Ad Agnone vacanze filosofiche tra bellezza e pensieri...

      Agnone (Isernia) – Agnone, comune dell’Alto Molise in provincia di Isernia, con i suoi 800 metri di altitudine e un clima frizzante anche d’estate, è meta assai gradevole per una vacanza agostana. Celebre per la sua antica tradizione nella produzione delle campane (qui un articolo), la cittadina molisana, silenziosa e accogliente, oltre alle bellezze artistiche come il centro storico medievale costellato da tante chiese, offre una buona cucina, caratterizzata soprattutto dall’ottima produzione casearia (appena in periferia, è possibile visitare con degustazione in diretta una delle aziende produttrici di formaggi).
    Dal 19 al 25 agosto Agnone ha ospitato la XXVIII edizione delle Vacanze filosofiche 2025 (qui per conoscerne genesi e una precedente edizione) che ha avuto per tema il rapporto tra Umorismo e Filosofia. Le due relazioni giornaliere, una mattutina e l’altra nel tardo pomeriggio, introdotte da vari relatrici e relatori, sono sempre state seguite da un confronto vivace, partecipato e plurale; il resto della giornata è stato utilizzato per passeggiate e visite culturali. 
    Tra i luoghi visitati in paese, si ricordano il museo storico del rame, il quartiere veneziano e il suggestivo belvedere da cui si gode la vista di un pezzo di Molise; tappa importante a una trentina di chilometri di distanza è stata l’area archeologica di Pietrabbondante, che conserva i resti di un teatro sannitico, una delle vestigia meglio conservatesi dell’antico popolo italico.
      Ad Agnone, non è mancata infine la visita alle Biblioteche Riunite Comunale e B. Labanca, dotate complessivamente di oltre 60.000 titoli e di un corpus di volumi antichi, circa 1400, stampati fra il 1512 ed il 1830. Tra i libri più importanti, un’edizione del 1567 dell’Opera Omnia di Platone tradotta da Marsilio Ficino. All’interno del Museo Civico è esposto anche un calco della Tavola Osca, nota anche come Tabula Agnonensis o Tavola degli Dei, appartenente al popolo italico dei Sanniti. L’originale si conserva al British Museum di Londra.
Tale prezioso patrimonio librario si trova al primo piano di Palazzo san Francesco, ex convento francescano la cui parte più antica risale al 1343, ora sede del Consiglio comunale e della prestigiosa biblioteca. Proprio a Palazzo san Francesco, per gentile concessione del Comune, hanno avuto luogo alcune sessioni delle vacanze filosofiche. 

    Che sono iniziate col tratteggiare quanto acquisito dalle neuroscienze e dagli studi di psicoanalisi e psicologia sui meccanismi dell’umorismo e della risata, evidenziando i percorsi neuronali e le tendenze ‘profonde’ alla base della nostra specie, ribattezzata scherzosamente Homo ridens… 

     É stata quindi dedicata una sessione a Socrate, (continua su il Punto Quotidiano)











domenica 24 agosto 2025

Isole Egadi: uno scrigno di natura e bellezza

        Palermo – A differenza delle isole Eolie non sono riconosciute dall’Unesco patrimonio dell’umanità, ma anche le Egadi posseggono un fascino speciale e tante bellezze naturali. 
     L’arcipelago, formato da Favignana, Marettimo, Levanzo e sei isolotti minori (alcuni poco più che scogli), si trova a circa 7 km dalla costa occidentale siciliana, di fronte alla città di Trapani, a metà tra basso Tirreno e canale di Sicilia.
     Il nome latino Aegates, con cui le isole erano note nell’antichità, proviene dal greco Aigatai che significa ‘isole delle capre’. 
     Dal 1991 l’arcipelago è un’area marina protetta: con i suoi 53.992 ettari marini, è la seconda per estensione delle zone marine europee salvaguardate. La zona tutelata è suddivisa in quattro zone, dalla A, di riserva integrale, alla D, di sola protezione. Le isole di Favignana, Levanzo e Marettimo, considerate sito di interesse comunitario, sono poi tutelate dalla Regione Siciliana.
    La flora delle isole è caratterizzata da macchia mediterranea assai variegata, con più di 400 specie diverse; la fauna presenta una grande varietà di volatili sia stanziali che migratori, come l'uccello delle tempeste, la berta minore, la berta maggiore, la monachella nera e l'aquila del Bonelli. Dal 2013, nel mare vicino a Marettimo, è possibile trovare anche la foca monaca.
   Marettimo, frazione di Favignana, è la più occidentale e incontaminata delle Egadi; i suoi fondali, sia sabbiosi che rocciosi, custodiscono un prezioso tesoro di biodiversità, infatti le acque vicine a quest’isola sono quelle con il grado maggiore di protezione: vi si trovano cernie, corvine, ricciole, tartarughe caretta caretta, aquile di mare e alcuni esemplari di foca monaca. L’acqua è limpida grazie alle correnti dell’Atlantico. A cinquanta metri di profondità, è stata riscontrata la presenza del raro corallo nero. Suggestive poi le sue diverse grotte marine: la grotta del Cammello, la grotta del Tuono, la grotta della Pipa, la grotta Perciata, la grotta della Ficaredda, la grotta del Presepe, quella della Bombarda e i Ruttiddi, che portano alla grotta degli Innamorati. 
   L’isola, il cui punto più alto è monte Falcone (a 686 metri), è percorsa da vari sentieri, vicino ai quali occhieggiano le piante endemiche come il cavolo delle Egadi e la finocchiella di Boccone.
Più vicina alla costa e a Favignana, di cui è anch’essa frazione, c’è Levanzo,  (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 24 agosto 2025, il Punto Quotidiano

domenica 17 agosto 2025

La prof Ornella Giambalvo e il pozzo a Usolanga (Tanzania)

        Palermo – La professoressa Ornella Giambalvo, docente ordinario di Statistica sociale all’Università di Palermo, una delle circa 3.600 donne (quasi il 19% del totale) che ricoprono quest’importante ruolo nelle università italiane, l’ho già intervistata nell’aprile 2014 (qui il link).
      Mi avevano allora colpita e commossa il suo impegno concreto nel volontariato a Palermo, l’amicizia speciale con Lucio Dalla e il racconto di un viaggio in Tunisia nel 1998, con il ‘miracolo’ di una luna immensa che illuminava sette persone ‘perse’ nel deserto del Sahara, senza tablet e telefonini, in compagnia solo di un ragazzino del luogo e quattro dromedari.
      Ornella è una viaggiatrice instancabile e appassionata: a casa sua c’è un pannello/planisfero con tante bandierine, una per ogni luogo del pianeta che ha visitato. Ma, a marzo scorso, andare in Tanzania, a Usolanga (circa 70 km da Iringa, città del centro-sud del Paese), uno dei ventidue villaggi appartenenti alla missione cattolica di Ismani, è stato un viaggio speciale… E non certo perché, oltre all’aereo per Addis Abeba e poi per Dar es Salaam, ci sono volute quindici ore di macchina in strade sterrate per arrivarci…

Professoressa Giambalvo,  racconti da cosa è nato questo viaggio?

A questa domanda potrei rispondere almeno in 10 modi. Mi limito a 3: dal mio desiderio di conoscenza; dalla mia voglia di “costruire” il bene comune; da don Saverio Catanzaro. Sintetizzando queste tre risposte posso dirti che della missione di Ismani sento parlare da quando sono nata. Don Saverio Catanzaro, prete della diocesi di Agrigento e fondatore della missione, è amico della mia famiglia dal 1962, da prima della mia nascita. Don Saverio, oggi novantenne ma ancora tenace e dinamico, con l’energia di un giovanotto, è partito in missione a Ismani nel novembre del 1972. E quando tornava per un periodo limitato dalla ‘sua missione’, ci raccontava quello che stava facendo (costruiva scuole, chiese, pozzi, casette, strade...), del servizio e della disponibilità offerta alle persone povere. Io lo ascoltavo sempre in religioso silenzio e immaginavo… i miei coetanei di Ismani, la scuola di Ismani… la vita, là. 
Avevo forse dieci anni quando, a un tizio che lo aveva apostrofato così: “Don Saverio, come si sta laggiù con gli zulù?!”  lo sentii rispondere con una battuta secca e definitiva: “Mi sa che i veri zulù siete voi…” che dà l’idea del suo spirito battagliero.
A gennaio, alla sua ennesima proposta ad accompagnarlo in Tanzania, ho detto sì. 
Un sì convintissimo, tanto da lasciare stupito anche lui.

Qual è stata la situazione più difficile da affrontare?

In generale, lasciare i bambini per strada che ci facevano festa, vedere malati in paziente e fiduciosa attesa di cure, incrociare occhi desiderosi di attenzione e pieni di povertà. Fra tutte, la delusione dei bimbi quando andavamo via, era dura da digerire.
E poi mi ha colpito vedere un bambino arrivato con una maglietta bucata, tutta toppe, che non andava bene neppure come strofinaccio, indossare con occhi luccicanti la maglietta azzurra che gli era stata donata. Per riprendere poi da terra la sua vecchia maglietta lercia e strappata… Che gli rividi addosso qualche giorno dopo. Evidentemente la maglietta azzurra era un dono troppo prezioso, da custodire bene, centellinandone l’utilizzo.

E il momento più bello?   (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 17 agosto 2025

domenica 10 agosto 2025

Selinunte, parco archeologico super

     Palermo – Con sessantuno siti, l’Italia detiene il primato mondiale di luoghi riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità e precede la Cina e Germania che ne contano rispettivamente sessanta e cinquantacinque. 
    La Sicilia, insieme alla Campania, con sette siti Unesco è la quarta regione italiana, dopo la Lombardia che ne ha dieci, il Veneto nove e la Toscana otto. Questi i siti Unesco siciliani: Valle dei Templi di Agrigento; Siracusa e la Necropoli rupestre di Pantalica; Villa Romana del Casale, di Piazza Armerina; Isole Eolie; Etna; Città tardo barocche della Val di Noto; Arte araba-normanna di Palermo e cattedrali di Cefalù e Monreale.
      Non è (ancora) bene patrimonio dell’umanità, ma Selinunte, sulla costa sud-occidentale della Sicilia, in provincia di Trapani, con il suo parco archeologico di circa 270 ettari (che diventano 377 con i siti dipendenti di Cave di Cusa e Pantelleria) è meta turistica suggestiva, di grande interesse storico e paesaggistico-naturalistico. Istituito dalla Regione Siciliana nel 2013, il parco archeologico di Selinunte è il più esteso di tutta l’Europa ed è uno dei maggiori dell’area mediterranea.
      Il nome greco Selinùs deriva da (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 10 agosto 2025, il Punto Quotidiano

mercoledì 6 agosto 2025

Gertrude Anscombe, niente laurea a Truman

  
     Palermo – Le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki furono rase al suolo da due bombe atomiche lanciate dagli Stati Uniti d’America il 6 e il 9 agosto 1945. I morti furono 140.000 a Hiroshima e 70.000 a Nagasaki, se si contano sia le vittime immediate che quelle decedute nel corso del 1945 per le radiazioni e le ferite riportate. 
     Ad autorizzare le atomiche fu l’allora presidente degli USA Harry Truman.
    Il 20 giugno del 1956 l’Università di Oxford, nel Regno Unito, conferì una laurea ad honorem all’ex Presidente degli Stati Uniti, in riconoscimento del suo servizio agli USA. 

    Tale decisione suscitò proteste da parte di alcuni studiosi: l’opposizione più eclatante fu quella della professoressa Gertrude Elizabeth Margaret Anscombe, docente di filosofia.
     Gertrude Anscombe (nata nel 1919 a Limerick, in Irlanda, morta a Cambridge nel 2001) fu allieva ed amica di Ludwig Wittgenstein, di cui aveva studiato, tradotto e pubblicato gran parte delle opere, in particolare le Ricerche filosofiche. È stata poi una studiosa di filosofia della mente, filosofia dell'azione, logica filosofica, filosofia del linguaggio ed etica. Il suo testo principale è Intenzione, e si occupa dei concetti di intenzione, azione e ragionamento pratico.
  Dal testo di Rosella Prezzo Guerre che ho solo visto (Moretti&Vitali, Bergamo, 2025) ecco uno stralcio del discorso pronunciato dalla studiosa per motivare il suo dissenso al conferimento dell’onorificenza a Truman: 
“Nel 1939, allo scoppio della guerra, il Presidente degli Stati Uniti chiese garanzie alle nazioni belligeranti che non sarebbero state prese di mira le popolazioni civili. Nel 1945, quando sapeva che il nemico giapponese aveva fatto due tentativi per ottenere una pace negoziata, il Presidente degli Stati Uniti diede l’ordine di sganciare una bomba atomica su una città giapponese. Tre giorni dopo, una seconda bomba fu sganciata su un’altra città. Prima della seconda bomba, non ci fu alcun ultimatum. Considerati insieme, questi due eventi contrastano a tal punto da richiedere un esame accurato.”
   La filosofa analizza quindi il concetto della cosiddetta “responsabilità collettiva” nel corso di una guerra: “Per un certo periodo, prima della guerra, e con più intensità dopo, nel nostro paese ci fu una propaganda sul tema della ‘indivisibilità’ della guerra moderna. La popolazione civile, ci veniva detto, è in realtà belligerante quanto le forze armate. La forza militare di una nazione comprende la sua intera forza economica e sociale.”  
   Per molti, scrive ancora la Anscombe, infatti: “La distinzione tra le persone impegnate direttamente nella conduzione della guerra e la popolazione in generale non è realistica”. “La conclusione era che non era possibile tracciare una linea di demarcazione tra obiettivi di attacco legittimi e illegittimi.”
   Ma, obietta a questo punto la studiosa: “Non so bene come entrassero in questa storia i bambini e gli anziani: probabilmente applaudivano i soldati e i lavoratori delle fabbriche di munizioni...”
Poi argomenta così: “Ora chi sono gli ‘innocenti’ in una guerra? Sono tutti coloro che non combattono e che non sono impegnati a fornire mezzi a coloro che combattono. Un contadino che coltiva il grano che le truppe mangeranno non sta ‘fornendo loro i mezzi per combattere’. Certo, anche in questo caso, può essere difficile tracciare un confine preciso. Ciò non significa, però, che non se ne debba tracciare uno o che, pur avendo dei dubbi su dove tracciarlo precisamente, non sia chiaro che una determinata cosa vada ben al di là della linea di confine”.
Il presidente Truman
   La filosofa mette poi sul piatto della discussione gli argomenti utilizzati per giustificare l’uso dell’atomica: “Se quelle bombe non fossero state sganciate, gli Alleati avrebbero dovuto invadere il Giappone per raggiungere il loro scopo, e lo avrebbero fatto. Moltissimi soldati da entrambe le parti sarebbero stati uccisi; si è detto – e potrebbe essere vero – che i giapponesi avrebbero trucidato i prigionieri di guerra; e un gran numero di civili sarebbe morto sotto ‘normali’ bombardamenti”.
   Ma, sottolinea la Anscombe, ci sono però da considerare anche altri dati: alla conferenza di Postdam, nel luglio 1945, Stalin informò i componenti del governo americano e britannico di aver ricevuto due richieste dai giapponesi perché facesse da mediatore per porre fine alla guerra. Inoltre, nella formula della Dichiarazione di Potsdam era stata chiesta la resa incondizionata del Giappone, che i giapponesi, sebbene disperati, rifiutarono solo per la fedeltà al loro Imperatore. D’altra parte - aggiunge ancora la studiosa - pare che gli americani “non vedessero l’ora di usare le nuove armi di cui erano in possesso”.
   Allora, continua la docente: “Io ho deciso di oppormi alla proposta di conferire al sig. Truman una laurea ad honorem, qui, ad Oxford”. Perché: “Per gli uomini scegliere di uccidere un innocente come mezzo per raggiungere i propri fini è sempre omicidio e l’omicidio è una delle peggiori azioni umane… Quando dico che scegliere di uccidere un innocente come mezzo per aggiungere i proprio fini è omicidio, sto dicendo una cosa generalmente riconosciuta come giusta… Con Hiroshima e Nagasaki non ci troviamo di fronte a un caso limite. Nel bombardare queste città si è infatti deciso di uccidere degli innocenti come mezzo per i propri fini. Moltissimi innocenti e tutti in una volta, senza vie di fuga o possibilità di rifugi”.
   Quando la docente informò il Procuratore Senior dell’Università della sua intenzione di opporsi all’onorificenza a Truman, le fu chiesto se avesse fondato un partito. “Certo che no…” rispose. 
   E concluse così il suo intervento: “Le proteste di persone che non hanno potere sono una perdita di tempo. Non ho cercato quindi di cogliere l’occasione per fare ‘un’azione di protesta’ contro le bombe atomiche; io mi oppongo con forza alla nostra azione di conferire un’onorificenza al Sig. Truman, perché si può condividere la colpa di una cattiva azione sia con lodi e adulazioni sia difendendola”.
   E la professoressa Anscombe, sebbene unica voce all’interno del Senato accademico di Oxford, dalla cattiva azione di sganciare l’atomica su degli innocenti ha voluto per sempre prendere la giusta distanza.

 Maria D'Asaro, 3 agosto 2025, il Punto Quotidiano





domenica 27 luglio 2025

Palermo, a Palazzo Reale le foto iconiche di Elliott Erwitt

         Palermo – Dal 29 maggio, le sale duca di Montalto del Palazzo Reale di Palermo ospitano una mostra di scatti di Elliott Erwitt, uno dei maggiori fotografi del nostro tempo. Si tratta di una rassegna assai significativa, una selezione inedita delle foto più iconiche e significative dell’artista, con le serie ICONS, Kolor, Family, Self-Portrait. La mostra è imponente anche sotto il profilo quantitativo, con 190 opere visibili: 110 foto in bianco e nero o a colori, di cui 40 di grandi dimensioni tutte con passe-partout e cornici museali, e oltre 80 in video proiezione in HD. 
      C’è anche California Kiss, fotografia che sembra costruita ma che non lo è: come ha raccontato lo stesso Erwitt in una biografia, il caso ha avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione dei suoi scatti più famosi. Ci sono poi foto più intime e private, come quella della sua primogenita appena nata, osservata sul letto dalla mamma, una collezione di autoritratti dove Erwitt sembra prendersi gioco anche di sé stesso e uno spazio dedicato a omaggi all'universo femminile. 
    Presenti poi le foto di personaggi famosi, entrate nella storia delle immagini del XX secolo: Marilyn Monroe, John F. Kennedy nello studio ovale e Jacqueline affranta al suo funerale, Che Guevara, Muhammad Ali sul ring contro Frazier, gli sguardi tesi tra Nixon e Kruscev… ritratti che svelano gli aspetti interiori più profondi dei personaggi fotografati. C’è la celebre foto di Marilyn Monroe con il vestito che si solleva, immagine che è diventata parte dell’iconografia del XX secolo. 
Tra i suoi soggetti ci sono spesso cani, magari in atteggiamenti e modi antropomorfi.  Gli scatti ‘canini’ sono stati raccolti in quattro libri, ormai un riferimento per gli amanti della fotografia e degli animali.
      Come sottolineato nel pannello di presentazione della mostra “La fotografia di Elliott Erwitt è insieme documento storico, espressione artistica e riflessione sulla natura umana. Erwitt intreccia emozioni e intelligenza, ci fa ridere e ci commuove, immortala l’assurdo, il divertente, il surreale”.
    Nato a Parigi nel 1928 da genitori ebrei di origine russa, Erwitt visse in Italia sino al 1938, quando la sua famiglia fu costretta a emigrare negli Stati Uniti d’America a causa delle leggi razziali fasciste. Dopo gli studi di fotografia al Los Angeles City College (1942-44) e di cinema alla New School for Social Research (1948-50), il suo talento fu presto apprezzato: Robert Capa lo invitò a unirsi alla Magnum Photo. 
Ebbe così inizio la sua carriera, con reportage e progetti fotografici in tutto il mondo. Emulo dello stile di Henri Cartier-Bresson, Erwitt è stato osservatore profondo dell’umanità e ha saputo cogliere con scatti magistrali la magia dell’attimo fuggente. Dal 1970 si è dedicato anche a lungometraggi, documentari, film, spot televisivi e pubblicità. L’artista è morto a New York nel 2023. 
      Sino alla fine, ha guardato il mondo con occhi curiosi e ironici ed è riuscito a cogliere sfumature di significato e di bellezza in immagini e situazioni apparentemente semplici e ordinarie. Ha immortalato con tocco ironico e leggero vari aspetti dell’umanità e ha creato foto che fanno sorridere e riflettere allo stesso tempo. Il suo lavoro è una testimonianza della potenza della fotografia come strumento di comunicazione, capace di superare barriere linguistiche e culturali e parlare direttamente al cuore delle persone.
        "Elliott Erwitt - ha detto in un’intervista Biba Giacchetti, una delle massime conoscitrici di Erwitt a livello internazionale e co-curatrice della mostra - non è stato solo un fotografo, ma un narratore visivo senza eguali, capace di trasformare l'istante in storia, il quotidiano in arte, l'ironia in poesia. Le sue immagini evocano in chi le osserva emozioni che si muovono su registri diversi, dalla commozione al sorriso, fino al divertimento più spontaneo. Scomparso nel novembre del 2023 all'età di 95 anni, ci ha lasciato un’eredità immensa: un archivio di fotografie che attraversano epoche, culture e sentimenti con un linguaggio universale, invitandoci a guardare il mondo con più indulgenza e meraviglia, mettendosi sempre al nostro fianco in quella leggerezza profonda che lui stesso definiva The art of observation".
    "Elliott Erwitt - ha poi commentato Gabriele Accornero, secondo curatore della mostra - è, come le sue fotografie: ironico, enigmatico, sfuggente, aereo. Dietro a tutto questo si percepiscono una grande personalità e un’acuta intelligenza, quasi spiazzanti. Il valore artistico dell’opera di Erwitt pare raggiungersi quasi incidentalmente, non è mai perseguito e forse per questo è così spesso centrato. Non si addicono a Erwitt sterili schemi di lettura mutuati dalla storia dell’arte, lui si preoccupa solo di fare buone fotografie; le fotografie di Erwitt sono generalmente leggere, spensierate, luminose. Ma ciò non toglie che alcune immagini assurgano a manifesti".
    Le musiche del concerto in Central Park di New York dei mitici Simon & Garfunkel aggiungono un ulteriore tocco di magia alla mostra che sarà aperta fino al 30 novembre prossimo, con i seguenti orari: dal lunedì al sabato, dalle 8.30 alle 16.30 (ultimo ingresso); domenica e festivi dalle ore 8.30 alle ore 12.30 (ultimo ingresso). Davvero un peccato la chiusura pomeridiana della mostra le domeniche e i giorni festivi e, nei giorni feriali, l’orario dell’ultimo ingresso alle ore 16.30 del pomeriggio: limitazioni orarie che, a parere di chi scrive, rischiano di precludere a molti turisti la fruizione di questa eccellenza artistica.


Maria D'Asaro, 27.7.25, il Punto Quotidiano







domenica 20 luglio 2025

Il tarlo del non finito: ecco l’effetto Zeigárnik

       Palermo – Anche se all’Università abbiamo collezionato vari trenta, l’esame che ricordiamo di più è quello che abbiamo dato due volte. Ci tornano poi alla mente con maggiore insistenza il rebus che non siamo riusciti a risolvere, le note della canzone non identificata e le parole che non siamo riusciti a dire a una persona cara…
    Il meccanismo della nostra mente che tende a ricordare con più facilità i compiti interrotti e ciò che lasciamo a metà è noto in psicologia come effetto Zeigárnik.
      Si deve infatti a Bluma Zeigárnik, psicologa e psichiatra russo-lituana (nata a Prienai, in Lituania, nel 1900, morta a Mosca nel 1988) l’intuizione di questo particolare modo di ‘procedere’ della nostra mente e la sua sistematizzazione teorica.
    La studiosa, all’inizio degli anni ’20, in un ristorante affollato osservò che un cameriere ricordava tutte le ordinazioni eseguite solo in parte, mentre dimenticava subito le ordinazioni già portate a termine.  Decise allora di realizzare uno studio sperimentale affidando a diversi soggetti una serie di 18-22 esercizi da completare (enigmi, giochi, problemi aritmetici) e chiedendo poi quali esercizi ricordassero meglio. L'esperimento  confermò che i volontari ricordavano due volte di più gli esercizi non conclusi rispetto a quelli risolti.
   Nel 1927, avvalendosi anche delle osservazioni di Kurt Lewin, psicologo della Gestalt e professore all’Università di Berlino dove la studiosa completò la sua formazione, Bluma Zeigárnik pubblicò lo studio su tale ‘costante’ della mente, da allora conosciuta appunto come effetto Zeigárnik. La ricercatrice fu poi cofondatrice del dipartimento di Psicologia dell'università di Mosca e, dopo il 1945, nell'Unione Sovietica, anche grazie ai suoi studi, la psicopatologia sperimentale divenne disciplina autonoma.
    Oggi l'effetto Zeigárnik viene molto sfruttato nella narrativa e, soprattutto, nel cinema: in particolare, nelle serie televisive spesso gli episodi si interrompono utilizzando l’espediente noto come cliffhanger (letteralmente: chi rimane sospeso a un precipizio) o finale sospeso, che consiste nel mostrare una scena che crea molta tensione e curiosità e lasciarla irrisolta: così lo spettatore sarà indotto a seguire gli episodi successivi. 
   L'effetto Zeigárnik attesta quindi come la mente umana abbia più facilità a ricordare e proseguire un'azione già cominciata, anziché una da iniziare. Infatti, quando si incomincia qualcosa, si attiva una motivazione per ultimarla e tale spinta rimane insoddisfatta se l'attività viene interrotta. 
Sotto l'effetto di questa ‘molla motivazionale’, un compito incompiuto rimane nella memoria di più e più profondamente di un'attività completata, come se nella nostra mente si creasse uno stato mentale di tensione, una sorta di meccanismo ansiogeno che impedisce, tra l’altro, di concentrarsi su altri compiti o processi.
    Quali le conseguenze per il comportamento e per il nostro equilibrio psichico? 
Innanzitutto che per archiviare davvero un’attività, è indispensabile “concluderla”: la chiusura è essenziale per la nostra salute mentale. Lasciare qualcosa in sospeso non è solo un problema pratico, ma rischia di diventare un peso emotivo significativo. 
Fritz Perls
    Chi ha teorizzato il malessere emotivo delle ‘parentesi lasciate aperte’, le cosiddette Gestalten incompiute, è stato Fritz Perls, uno dei padri della psicoterapia della Gestalt. La psicologia della Gestalt ci aveva già segnalato che il nostro sistema percettivo e la nostra mente tendono a preferire le configurazioni e le situazioni compiute, complete. 
    Se nella nostra vita le situazioni di incompiutezza e sospensione sono numerose e significative, allora il nostro organismo, corpo e mente, può essere sopraffatto da un senso di malessere che può esprimersi attraverso ansia, tensione fisica, stanchezza, umore depresso o irritabile, mancanza di concentrazione. 
     Fondamentale allora valutare quante gestalt incompiute, sia pratiche che emozionali – situazioni irrisolte, progetti non realizzati, cose non dette, conflitti non chiariti – ci siano nella nostra esistenza e cercare di chiuderle: gli addii a metà, le decisioni mai prese e le parole non dette possono trasformarsi in un peso che impedisce di scrivere pagine nuove nella nostra vita.
     Tutti gli psicoterapeuti ci sollecitano alle ‘chiusure’. E ci suggeriscono alcune modalità per liberarci dall’incompiuto: creare dei rituali di chiusura, come scrivere una lettera o una mail (anche senza inviarla) per chiarire o chiudere una relazione; praticare il perdono (verso gli altri e anche verso sé stessi) per lasciare andare il passato; per le faccende più pratiche, concludere gradualmente e affrontare un passo alla volta le situazioni e gli impegni che vanno risolti e conclusi.
    Infatti, solo se ci liberiamo il più possibile delle gestalt aperte, riusciremo a dare alla nostra vita la direzione desiderata. Ed essere noi stessi, qui e ora, con integrità e pienezza.

Maria D'Asaro, 20 luglio 2025, il Punto Quotidiano




domenica 13 luglio 2025

Taormina, Cardiochirurgia pediatrica a rischio chiusura

        Palermo – Cinquemila piccoli pazienti assistiti ogni anno, tra neonati, bambini e adolescenti; ventisei interventi chirurgici su bambini camerunensi affetti da cardiopatie congenite nell’ultima recente missione di Medicina umanitaria a Yaoundè, in Camerun: il reparto di Cardiochirurgia pediatrica dell’Ospedale "San Vincenzo" di Taormina, in provincia di Messina, collegato al Centro Cardiologico Pediatrico del Mediterraneo (CCPM), è senz’altro un presidio di eccellenza della Sanità italiana, oltre che un pezzo importante dei presidi ospedalieri di prossimità, perché  consente alle famiglie siciliane con bambini cardiopatici la possibilità  di cura non lontano da casa.
      Eppure il futuro di questo centro ospedaliero, che dal 2010 opera anche in collaborazione con l’ospedale romano “Bambin Gesù”, è a rischio: scadrà infatti il 31 luglio prossimo l’ultima proroga ministeriale indicata come non rinnovabile.
     Per chiedere alle Istituzioni preposte che la Cardiochirurgia pediatrica non venga smantellata, si è costituito da tempo un presidio permanente da parte delle famiglie dei tanti piccoli pazienti cardiopatici assistiti. “Basta passerelle… basta giocare con la vita dei nostri figli...” “È in gioco la nostra vita: no alla mattanza politica”: queste le scritte in alcuni cartelli allestiti dal presidio. 
     Il primo luglio scorso, al microfono del giornalista Duilio Calarco, del TG regionale siciliano,  il papà di un bambino ammalato ha dichiarato: “Questo è un porto sicuro per i nostri figli… Che i politici non lo abbiano capito è veramente scoraggiante per tutti noi, per tutti i cittadini, non soltanto per me che sono il genitore di un bambino cardiopatico... È veramente una cosa assurda…”
     Assieme alle famiglie che lottano per mantenere in vita la struttura, qualche settimana fa, a Taormina, lungo corso Umberto, c’è stato anche un partecipato corteo di solidarietà dei cittadini: “
   Il professore Sasha Agati, primario del Centro Cardiologico Pediatrico del Mediterraneo, ha confermato che purtroppo non c’è ancora nessuna notizia ufficiale sulla decisione finale in merito alle attività del reparto; il professore Paolo Guccione, primario della Cardiologia pediatrica dell’Ospedale San Vincenzo, in occasione dell’ultima missione in Camerun, ha poi sottolineato la proficua attività dell’equipe chirurgica anche in quel contesto: “È stata un’esperienza toccante… abbiamo avuto la soddisfazione di cambiare la qualità dell’esistenza e il futuro a un gruppo di bambini… E ne abbiamo ricevuto in cambio la loro gratitudine, che fornisce energia al nostro spenderci per realizzare quest’obiettivo…”
    In un paese dove si è deciso di portare al 5% del PIL la spesa per gli armamenti, si troveranno pochi spiccioli - pochi in confronto all’enormità dell’esborso per le armi - per mantenere aperto un presidio ospedaliero che dà speranza di futuro ai piccoli pazienti cardiopatici?
     Ad agosto l’ardua sentenza…

Maria D'Asaro, 13 luglio 2025, il Punto Quotidiano

domenica 6 luglio 2025

A Menfi sventola la bandiera blu

     Palermo – È blu, e non bianca come quella celeberrima cantata da Franco Battiato, la bandiera che sventola sul litorale di Menfi, comune siciliano lungo la costa sud-occidentale della Sicilia, a circa 100 km da Agrigento e 125 da Palermo.
         Le spiagge del suo litorale hanno ottenuto infatti per il ventinovesimo anno consecutivo la Bandiera Blu, il prestigioso riconoscimento assegnato dalla Foundation for Environmental Education (FEE), che premia le spiagge che si distinguono per l'elevata qualità delle acque e per i servizi offerti ai visitatori.
     Con il suo mare cristallino, i fondali bassi adatti a tutti, le spiagge assai pulite e un modello virtuoso di accoglienza e gestione del territorio, Menfi si conferma una meta d’eccellenza del turismo balneare siciliano e italiano.
     Sono trentadue i parametri con cui ogni anno la Fondazione valuta le località costiere da premiare: tra essi innanzitutto la pulizia delle acque, la gestione delle acque reflue e dei rifiuti, l’accessibilità delle spiagge e la loro sicurezza, la valorizzazione del patrimonio naturale, l’inclusività e l’educazione ambientale. 
    Il ventisette giugno scorso, dopo aver issato la bandiera blu 2025 e aver dato il via alla stagione balneare, il sindaco di Menfi, Vito Clemente, ai microfoni della giornalista Agnese Licata del TG regionale della Sicilia, ha sottolineato l’importanza del depuratore funzionante che garantisce la qualità dell’acqua, costantemente monitorata: “Ma certo sono stati considerati in positivo anche la possibilità di accesso in spiaggia, con servizi adeguati anche alle persone disabili e la vigilanza delle spiagge”.
     La fascia costiera del comune di Menfi, che si affaccia sul Canale di Sicilia di fronte alle coste della Tunisia e comprende le spiagge di Lido Fiori, Bertolino, il borgo marinaro Porto Palo e Cipollazzo, si estende per circa 10 km ed è caratterizzata da una spiaggia sabbiosa e finissima con la presenza del fenomeno naturale delle dune. Le dune infatti si estendono nell'entroterra per parecchie centinaia di metri ed hanno caratteristiche di mobilità ed inconsistenza dovuta alle poche piogge, al caldo africano, ed all'intensità dei venti. 
   Riveste particolare interesse naturalistico il serrone Cipollazzo, un'area collinare di circa 60 metri ricoperta da un fitto canneto, a ridosso della spiaggia tra le frazioni di Porto Palo e Lido Fiori, la cui caratteristica è quella di assomigliare ad una gigantesca duna, per via della sabbia che la ricopre.
    Suggestiva anche la collinetta nota come Capparrina di Mare, ricoperta da una rigogliosa vegetazione di palme nane (Chamaerops humilis), con una spiaggia solitaria e silenziosa  sede di specie faunistiche quali la tartaruga marina e i gabbiani reali.
    Nel 2025 sono stati 246 i comuni marittimi italiani premiati con la bandiera blu. Ma in Sicilia quest’anno se la sono guadagnata solo 14 comuni: Messina, Alì Terme, Nizza di Sicilia, Roccalumera, Furci Siculo, Santa Teresa di Riva, Tusa, Letojanni, Taormina, Menfi, Modica, Pozzallo, Scicli, Ragusa, località che si trovano tutte nella parte orientale dell’isola, nel messinese e nel ragusano.
    Menfi è l'unico comune della Sicilia occidentale ad aver ottenuto tale riconoscimento, che premia il costante lavoro svolto nel territorio per la tutela ambientale e la sua valorizzazione.
La domanda d'obbligo a questo punto è cosa manca a tante bellissime spiagge siciliane per ottenere l’agognata bandiera blu… Come ha sottolineato la giornalista Agnese Licata, un dato negativo comune è la mancata depurazione delle acque reflue.
    Peccato che ancora il governo regionale e le amministrazioni locali non abbiano capito che istallare e rendere funzionanti i depuratori è una priorità di salute ambientale, oltre che un investimento con ottime ricadute per il turismo.

Maria D'Asaro, 7.7.25, il Punto Quotidiano







martedì 1 luglio 2025

Docufilm di Julien Elie sul paesaggio di Boca Chica

      Palermo – “Un vecchio e un bambino si preser per mano/e andarono insieme incontro alla sera/la polvere rossa si alzava lontano/e il sole brillava di luce non vera. /L'immensa pianura sembrava arrivare/in dove l'occhio di un uomo poteva guardare/e tutto d'intorno non c'era nessuno:/solo il tetro contorno di torri di fumo/I due camminavano, il giorno cadeva/ il vecchio parlava e piano piangeva:/con l' anima assente, con gli occhi bagnati,/seguiva il ricordo di miti passati…/” 
Questo l’incipit de Il vecchio e il bambino, una delle canzoni più struggenti e poetiche di Francesco Guccini, dove si immagina un vecchio raccontare a un bambino, che purtroppo non le ha mai conosciute, la bellezza e i colori della terra.
Il regista canadese Julien Elie con il suo docufilm Shifting baselines (che letteralmente significa ‘spostamento dello standard’), presentato il 9 giugno a Torino a conclusione della rassegna CinemAmbiente, racconta la storia di Boca Chica, un villaggio all’estremità meridionale del Texas, ai confini col Messico, scelto da Elon Musk nel 2018 come quartier generale di SpaceX e per il lancio dei satelliti Starlink.
 “C'è un sacco di terra, senza nessuno intorno, così anche se qualcosa esplode, va tutto bene". Questa la dichiarazione rilasciata allora dal miliardario americano, riportata dalla giornalista Alessia Mari nel TG scientifico Leonardo del 10 giugno scorso. Allora gli abitanti di Boca Chica furono costretti a vendere, e il litorale, habitat naturale di pesci e uccelli selvatici, fu requisito.
    Ad Alessia Mari, che lo ha intervistato a Torino, Julien Elie ha detto di aver avuto l’idea del film una notte, mentre guardava il cielo stellato: “Era particolarmente buio, cosa rara in Canada dove l’inquinamento luminoso è uno dei peggiori al mondo. Riuscivo a vedere la Via Lattea, ma anche dozzine di satelliti. Il giorno dopo sul web ho letto di SpaceX e del progetto di creare un network di centinaia di migliaia di satelliti con scopi commerciali. Ho trovato una foto di Boca Chica dove si vedevano dei bungalow e, sullo sfondo, i razzi pronti al decollo. Pareva un’immagine da un film di fantascienza. Ho preso un aereo e sono andato a vedere. Poi ho cominciato le riprese”.
     “Abbiamo perso anche il cielo come lo abbiamo conosciuto finora. Tra poco vedremo tanti satelliti quante stelle. Sarà un cielo completamente nuovo. Ma è questo quello che vogliamo? Solo per andare più veloci su internet? I bambini non vedranno mai più il cielo come lo conoscevamo noi – ha continuato il regista – Ma parlo anche della completa distruzione di quei paesaggi che un tempo erano un rifugio unico per animali, pesci, uccelli, e ora sono finiti nelle mani di una compagnia privata". 
      Shifting baselines (parola coniata in biologia negli anni ‘90 per descrivere l'abitudine a considerare normale l'impoverimento degli ecosistemi che abbiamo provocato nei decenni, una sorta di amnesia collettiva generazionale) è un docufilm girato in bianco e nero, per rendere il senso di straniamento provato visitando quei luoghi distopici, comunque affollati di turisti e curiosi, come fosse un nuovo luna park. Si tratta di un docufilm surreale che mostra distese di sabbia, paludi prosciugate e razzi argentati alti cinquanta piani, pronti per lanci interstellari.
Julien Elie
      Julien Elie parla con le comunità di pescatori rimasti senza lavoro. E con astronomi e scienziati, a cui, soprattutto in questi tempi di fake news, ci dice, è importante dare voce.  
“Tutti possono fare tutto, non c'è regolamentazione, se vuoi lanciare dei satelliti nessuno te lo impedisce, è una pazza corsa allo spazio – ha proseguito Julien Elie nell’intervista ad Alessia Mari - Abbiamo messo la vita umana nelle mani di queste persone. Non voglio dare importanza a Musk, non lo menziono nel film, perché non conta l'individuo. Se anche lui domani se ne andasse, qualcun altro prenderà il suo posto. 
    Space X è solo una parte del problema. Ci sono compagnie in Canada, Russia, Cina che lanciano satelliti, viviamo in un nuovo far west, e Boca Chica è solo l'inizio. Ma c'è una speranza che voglio trasmettere col mio film: cioè quanto ci sia ancora di bello su questo pianeta. Comprese le persone che resistono, e combattono”.

Maria D'Asaro, 29.6.25, il Punto Quotidiano


mercoledì 18 giugno 2025

Rosella Prezzo: le guerre viste (solo) in TV

 Più che mai attuale lo studio condotto da Rosella Prezzo. Ecco l'annunciata recensione del suo libro:

Cantieri culturali della Zisa, 8.6.25: Rosella Prezzo, II da sinistra
           Palermo – “Le guerre non si dichiarano più e si eternizzano, così come non si sa più quale e dove sia quello che un tempo si chiamava ‘campo di battaglia’… nel mio caso le guerre le ho proprio soltanto viste, nella velocità istantanea dell’ubiquità mediatica”. Prende spunto proprio da “questa comune esperienza da spettatrice attraverso gli schermi” Guerre che ho (solo) visto (Moretti & Vitali Bergamo 2025), saggio di Rosella Prezzo, filosofa, saggista e traduttrice: centocinquanta pagine preziose e assai dense che analizzano acutamente la guerra di ieri, ma soprattutto quella di oggi. E invitano a ‘pensare l’impensato della pace’ alla luce, ad esempio, del pensiero di Simone Weil, Virginia Woolf e Maria Zambrano.
       Emblematici i titoli di due dei capitoli che compongono la prima parte del libro: Dal corpo eroico al corpo osceno del guerriero e alla guerra postumana e Reduci, sopravvissuti/e, profughe/i.
L’autrice sottolinea infatti che, nel passato “Il corpo del guerriero è stato a lungo al centro di una vasta strategia narrativa e simbolica… Attraverso la figura del guerriero, insieme alla retorica del discorso sui caduti in battaglia, si è espressa per secoli l’esemplare virtù civica e politica”. E poi “La rivoluzione francese è il momento in cui il soldato e il cittadino si fondono: il cittadino è tale perché imbraccia le armi per difendere le proprie conquiste rivoluzionarie”. Anche oggi purtroppo: “L’implicito nesso tra attestazione di piena cittadinanza e prova fornita in guerra rimane sottotraccia nel discorso politico pubblico”.
Rosella Prezzo
     Ma, negli ultimi decenni “Si è introdotto un nuovo orizzonte di senso insieme a un nuovo racconto, dove il fronte è diventato globale (privo di spazio e tempo definiti) e soprattutto asimmetrico e iper-tecnologizzato. Alla base sta quello che i teorici del Pentagono hanno battezzato come Information Warfare (IW) o Revolution in Military Affairs (RMA), animata da un vero e proprio millenarismo tecnologico e dalla filosofia della guerra a ‘zero morti’ (ovviamente nelle proprie file).” “Il conflitto armato ad alta tecnologia - annota ancora la studiosa – implica controllo e gestione a distanza del teatro bellico con il minor impegno possibile della variabile umana ma con un’aumentata potenza distruttiva”.
     Siamo nel pieno della ‘guerra post-umana, fatta con i droni e l’Intelligenza artificiale, guerra che aumenta a dismisura il fossato tra sé stessi e le vittime, rendendo sempre più aleatoria la responsabilità individuale.
     Di contro, con una progressione costante e numeri impressionanti, le vittime delle guerre sono sempre di più i civili (si pensi al massacro odierno di civili palestinesi) e, con loro, le crescenti ondate di profughi: così, evidenzia l’autrice “tornano inevitabilmente a mostrarsi i corpi: corpi non combattenti, sfiniti, violati, intrappolati, annichiliti, soprattutto di donne, insieme a bambini e a vecchi. (…) Corpi in fuga, senza luogo, spostati, braccati: ‘comparse’, ammutolite dalla paura e dal dolore, che vengono a occupare l’intera scena della tragedia bellica…
      Da dove ripartire per ripensare e progettare la pace? 
Pensare e dire la pace significa anzitutto pensare l’impensato della pace… “Ci troviamo di fronte a un vuoto teorico e di visione. Basti pensare che non è mai stata sfiorata nemmeno l’idea di un Ministero della pace, come se fosse un ideale non politico”. 
Simone Weil
      Rosella Prezzo ripropone il pensiero di alcune donne del Novecento, che hanno avanzato un’idea diversa di Europa e della convivenza umana. A partire da Simone Weil, che ha sottolineato, tra l’altro, la necessità di una nuova etica verso i bisogni dell’anima: perché, ammoniva Weil, la lotta contro Hitler o il cattivo di turno non mette automaticamente dalla parte dei giusti, ma occorre uno sforzo collettivo «per ricominciare a pensare il destino del mondo», rifiutando «una concezione insufficiente della democrazia», «il male periodico della guerra totale», «la manipolazione più brutale della materia umana».
    Nel 1940, in un rifugio antiaereo, mentre gli aerei tedeschi gettavano bombe su Londra, Virginia Woolf scriveva Pensieri di pace durante un’incursione aerea, chiedendosi cosa potessero fare le donne in guerra e contro la guerra: Fight with the mind, combattere con la mente…Le donne non devono smettere di pensare e lottare attraverso la mente, fabbricando idee nuove.
Virginia Woolf
    Luminose poi le pagine della filosofa spagnola Maria Zambrano: “La pace, dice in sintesi la pensatrice «è un modo di vivere, di abitare il pianeta, di essere umani». «un’intima rivoluzione» che non mira ad occupare il potere per sé stessi, ma muove ciascuno/a a superare una soglia, quella che separa la «storia sacrificale», fatta di idoli e di vittime, per entrare in un processo di umanizzazione della storia. Un processo che non ha bisogno di armi, di parole d’ordine o «ornate di maiuscole» (per usare un’espressione di Simone Weil), ma di parole che fanno riflettere e insegnano a pensare, parole terrestri e alate” sottolinea Rosella Prezzo.  
     Il testo, presentato l’otto giugno a Palermo alla rassegna Una marina di libri, propone anche una ricca antologia di scritti riguardanti la guerra e la pace: pagine che spaziano da Tolstoj a Svetlana Aleksiević, da Bertrand Russell e Albert Einstein alle poetesse Ingeborg Bachmann e Wislawa Szymborska, da Cesare Pavese a Maria Zambrano. 
     Allora, ci esorta infine l’autrice: “Quando vaghiamo come persi in un labirinto di specchi, privi di orizzonte, in un mondo in cui gli eventi sembrano caderci addosso ineluttabili, il pensiero deve servire da guida’ affinché in quel labirinto e in quel buio non ci smarriamo, aprendoci un varco lì dove non sembra esserci alcun passaggio, alcuna via d’uscita. Proprio allora, come ci invita a fare Maria Zambrano, «occorre cambiare atteggiamento: invece di essere divorati in un processo metafisico di distruzione, levarsi a pensare. Non subire la metafisica, ma farla».

Maria D'Asaro, 15 giugno 2025, il Punto Quotidiano




martedì 10 giugno 2025

Etna Comics, Topolino omaggia Franco Battiato

       Palermo – Topolino, storica rivista dei fumetti della Disney, ha reso omaggio a Franco Battiato, morto il 21 maggio 2021, dedicandogli il numero 3627 del settimanale, con una copertina speciale.
      La variant cover, in bianco e nero, mostra Pippo in primo piano, occhiali da sole inforcati per avere più carisma e sintomatico mistero, con le palme e un vulcano fumante come sfondo, in un’immagine che ricorda i luoghi in cui viveva il cantautore catanese, in particolare la sua Milo, in mezzo al parco dell’Etna. Senza snaturarne la grafica originale, la copertina richiama nettamente quella de ‘La Voce del Padrone’, il celeberrimo album del 1981 del cantautore siciliano.
    L’edizione celebrativa è stata disponibile in anteprima assoluta, in tiratura limitata, per il pubblico presente allo stand Panini Comics Italia, alla tredicesima edizione di Etna Comics 2025, che si è tenuta a Catania dal 30 maggio al 2 giugno. Dal 5 giugno, la rivista si può invece acquistare nei negozi specializzati e sul sito www.panini.it.
     Autore della copertina è il fumettista triestino Alessandro Pastrovicchio che, intervistato il 20 maggio dalla giornalista Letizia Vella al TG della Regione siciliana, ha espresso intanto il suo amore assoluto per Battiato: “Io Battiato lo adoro da una vita… Durante la realizzazione della copertina ascoltavo ripetutamente ‘La Voce del Padrone’… Pippo ha la testa sulle nuvole, è talmente strano e talmente onirico che doveva assolutamente reinterpretare il maestro Franco Battiato, innanzitutto, secondo me,  per una somiglianza proprio fisica, intanto l’altezza di Pippo e quella di Battiato… Nel disegnare la copertina ho giocato con le orecchie di Pippo, per formare il codino tipico di Battiato nella famosa foto dell’album.”
  Alessandro Pastrovicchio ha esordito come disegnatore alla Disney Italia nel 1998. Per Edizioni Piemme, nel 2007 ha curato la parte grafica di un libro di Geronimo Stilton; nel 2008 ha iniziato la collaborazione con la Star Comics; dal 2011 ha disegnato anche per Sergio Bonelli Editore. Nel 2023, in occasione dell'undicesima edizione di Etna Comics, è già stato autore della copertina variant  n.3523 di  Topolino. 
Il fumettista è stato presente il 30 maggio nello stand di Etna Comics per il firma copie e con una sua storia inedita. Ha poi dichiarato di essere pronto a far tornare la Sicilia nei suoi disegni: “Spero tanto di sì, perché amo il vostro territorio, sono innamorato della Sicilia, di Catania e ho un amore incondizionato verso Battiato.”
     Etna Comics, Festival internazionale del Fumetto, del Gioco e della Cultura Pop, è un festival internazionale dedicato al fumetto, al cinema d'animazione, ai giochi da tavolo e ai videogiochi. Inaugurato nel settembre 2011, si tiene annualmente a Catania, adesso a fine maggio, presso il centro fieristico le Ciminiere. Anche quest’anno ha avuto un enorme successo: secondo gli organizzatori si sono raggiunti circa 100.000 visitatori. La fiera è una delle più importanti rassegne del fumetto in Italia: con il  festival partenopeo Napoli Comicon è la principale manifestazione di tale settore nel Meridione. 


Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 8.6.25