martedì 8 aprile 2025

Mimma, buona come il pane...

      Siamo proprio fatti male, noi umani. 
    Spesso ci rendiamo conto troppo tardi di cosa sia veramente importante. Ad esempio, capiamo troppo tardi che, ancora più dell’ottima ciabattina acquistata, ci nutrivano il sorriso e il gesto di quelle mani gentili e operose, al panificio sotto casa. 
      Le mani di Mimma, la signora premurosa ed efficiente che, insieme al pane, dispensava sfogline e pesava lo sfincione squisito, da ieri non si muovono più. 
     Qualche anno fa, verso le 16, talvolta la incrociavo per strada: lei stava per riprendere il tuo turno di lavoro, io mi avviavo a scuola per una lunga tornata di Consigli di classe o per un impegnativo Collegio. Ero contenta di incontrarla perché ci scambiavamo un sorriso vero, espressione di una calda corrente d’affetto che scorreva tra le nostre vite complicate: segno di una stima affettuosa, di una cordialità autentica e profonda.
     Se non mi vedeva entrare per qualche giorno a comprare pane o biscotti, poi mi chiedeva, senza nessuna invadenza, con attenzione delicata e sincera: - Come sta? Tutto bene? É stata fuori per caso dai suoi figli? – Partecipe della mia gioia quando li sapeva a Palermo, quando li coccolavamo insieme la mattina con le iris alla ricotta e le ciambelline zuccherate.
      Oltre al dolore per la perdita di una relazione umana comunque significativa e nutriente, c’è il sottile rimorso per non averle espresso forse abbastanza la gratitudine riconoscente per il suo perenne sorriso, la sua cura, la sua professionalità impeccabile: nonostante i 36 gradi d’estate, nonostante pensieri e grattacapi, nonostante il lavoro senza sosta per la vigilia di Natale e per santo Stefano.
     E quanto fosse silenziosamente speciale Mimma lo ha mostrato sino a ieri: al recente rinnovo del documento d’identità, aveva dato il consenso alla donazione degli organi.  
      Anche così Mimma continuerà a vivere in mezzo a noi. 

domenica 6 aprile 2025

"Tra le righe": viaggio nel complesso mondo delle traduzioni

       Palermo – “Questo libro nasce dal mio desiderio di condividere la mia passione e di raccontare la mia esperienza… Con quasi novanta traduzioni al mio attivo, neppure una scintilla di quella passione iniziale si è spenta”: Silvia Pareschi presenta così il suo libro Fra le righe. Il piacere di tradurre (Laterza, Bari-Roma, 2024), viaggio intrigante nell’universo multiforme e complesso delle traduzioni letterarie.  
     Scopriamo innanzitutto che l’autrice, dopo una laurea in russo (convinta, ai tempi della perestrojka, che “il russo fosse la lingua del futuro”) intraprende il mestiere di traduttrice quasi per caso, dopo l’incontro felice con Anna Nadotti che, in un master di scrittura creativa, teneva un seminario dal titolo «Il traduttore come giardiniere tenace». Sarebbe seguito poi l’incontro altrettanto fortunato con Marisa Caramella, traduttrice ed editor Einaudi, che le affida la traduzione di un capolavoro: The Corrections di Jonathan Franzen.
Così Silvia, che aveva imparato l’inglese quasi senza rendersene conto “grazie ad alcuni viaggi giovanili molto scapestrati e a tante letture disordinate ma appassionate”, oltre a tradurre tutte le opere di Jonathan Franzen, negli ultimi venticinque anni è diventata la ‘voce’ italiana di buona parte della letteratura angloamericana contemporanea: Don DeLillo, Junot Diaz, Sylvia Plath, Cormac McCarthy, Colson Whitehead, per citare solo alcuni degli scrittori tradotti. 
      Per il suo lavoro, l’autrice ha fatto tesoro delle raccomandazioni di Italo Calvino, in particolare della terza delle sue Lezioni americane, dove l’Esattezza viene definita come «un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione»; infatti “Una descrizione narrativa, prima di poter essere tradotta da una lingua a un’altra, deve essere convertita in immagini nella mente della traduttrice”. (A proposito dell’utilizzo di ‘traduttrice’ anziché ‘traduttore’, poiché in Italia l’85% di chi fa traduzioni è donna, l’autrice si permette “una piccola erosione all’uso prescritto della lingua” e usa nel suo libro il femminile sovra-esteso).
     Silvia Pareschi evidenzia poi che “la traduzione non è una scienza esatta: non esiste un’unica traduzione ‘giusta’ di un testo, ma tante traduzioni-interpretazioni quanti sono i traduttori che su quel testo si sono cimentati”.  Inoltre “una dote fondamentale di chi traduce è l’umiltà (…) perché traducendo bisogna essere capaci di accantonare il proprio ego e mettere la propria voce al servizio di quella dell’autore del testo”.
Quali sono dunque i segreti di una buona traduzione? (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 6.4.25

sabato 5 aprile 2025

Domeniche di spiritualità laica


"Care amiche, cari amici,

         come sapete,  da anni sono interessato a un modo ‘pratico’ di esercitare la filosofia, anche come servizio ai non-filosofi.  In quest’ottica, vorrei invitare chi di voi non l’ha ancora sperimentate ad una delle nostre “domeniche di chi non ha chiesa” (solitamente la prima domenica di ogni mese).
     Sono state pensate come spazio 'laico' di ricerca e di sperimentazione di un’inedita 'spiritualità': un terreno comune in cui credenti, atei, agnostici provino  - in totale autonomia, con pari diritti e pari responsabilità - a sondare se, al di là dei fenomeni empirici, non sia fruibile una dimensione ulteriore, o più profonda,  della realtà.
    E' la "spiritualità non intesa in senso strettamente religioso" che Enzo Bianchi ha delineato "come vita interiore profonda, come fedeltà-impegno nelle vicende umane, come ricerca di un vero servizio agli altri, attenta alla dimensione estetica e alla creazione di bellezza nei rapporti umani". Una spiritualità  che "si nutre dell'esperienza dell'interiorità, della ricerca del senso e del senso dei sensi, del confronto con la realtà della morte come parola originaria e con l'esperienza del limite; una spiritualità che conosce l'importanza anche della solitudine, del silenzio, del pensare, del meditare. E' una spiritualità che si alimenta dell'alterità: va incontro agli altri, all'altro e resta aperto all'Altro se mai si rivelasse".
      I laboratori della spiritualità sono stati tradizionalmente appannaggio dei mistici. Oggi, per varie ragioni, i luoghi delle pratiche confessionali - quasi sempre rigidamente circoscritti da recinti istituzionali - sono in crisi. Tale crisi rende ancora più urgente la creazione di altri laboratori dove uomini e donne - inseriti nella vita sociale, economica e politica -  possano incontrarsi con pensatori, artisti, poeti, scrittori, musicisti, psicologi, cultori delle pratiche meditative. E possano incontrarsi per così dire disarmati: senza altro intento che di contagiarsi la stessa nostalgia di silenzio, di contemplazione e di conciliazione col resto dell'universo.
    Come ha scritto Rahn Lav, "spiritualità più profonda e saggezza" sono state in tutte le epoche "patrimonio di pochi". Tuttavia, mentre in altre fasi della storia è  "sempre esistita una dimensione di spiritualità e di saggezza, almeno come una possibilità, anche se in maggioranza le persone ne facevano scarso uso" - "c'è  sempre stato uno spazio, nelle mappe concettuali esistenti, per l'edificazione e la ricchezza spirituale" - oggi, invece, "le dimensioni della saggezza, della profondità, della spiritualità sono state largamente dimenticate dalla maggior parte della civiltà occidentale, anche dai settori intellettuali della società, e in questo senso stanno evaporando dall'esistenza".
       Se le cose stanno così,  tra i compiti della "filosofia-in-pratica" rientra il "prendere parte all'impresa di rispondere a questa situazione" creando delle occasioni periodiche in cui sperimentare, contemporaneamente, libertà di parola ma anche rispetto delle identità altrui, nella sincera solidarietà fra ricercatori accomunati da una convinzione di base: se "in un individuo ci sono problemi che devono essere risolti a livello psicologico e che possono richiedere, in certi casi, l'intervento del medico, non bisogna mai dimenticare che ce ne sono, invece, che nessuna terapia può risolvere, perché riguardano il senso della vita e l'atteggiamento intimo della persona nei confronti di quest' ultima".
          Aggiungo a questi brevi cenni che coltivare la dimensione spirituale dell'esperienza antropologica non significa ripiegarsi sul proprio ombelico, ma creare la precondizione ineludibile di un assetto planetario, politico ed economico, meno ingiusto. Chi entra in contatto autentico con la propria interiorità avverte l’esigenza di trasformare il proprio rapporto  con la storia, la propria prassi. Insomma, una spiritualità laica – come la intendiamo presso la “Casa dell’equità e della bellezza” - prova ad intrecciare meraviglia di fronte al mondo, ricerca del significato degli eventi, apprezzamento del silenzio, capacità di ascolto, gusto della contemplazione del bello, apertura agli strati della realtà non immediatamente percepibili, sincera partecipazione alle sofferenze di tutti i senzienti, impegno costante per una società meno iniqua, delicatezza nelle relazioni con gli altri viventi...E un po' di umorismo, di attitudine  a non prendere troppo sul serio né i propri limiti né, tanto meno, gli altrui."

               Se questo percorso ti dovesse interessare, contattaci pure all’indirizzo     a.cavadi@libero.it

                                  Augusto Cavadi,co-direttore con Adriana Saieva, Casa dell’equità e della bellezza
                                  Via N. Garzilli 43/a, 90141 Palermo

giovedì 3 aprile 2025

Capanne...

       "È difficile accettare che tutte le nostre verità, anche le più care e indiscutibili, siano soltanto costruzioni umane, capanne edificate per fronteggiare l’infinità complessità del mondo. La maggior parte degli uomini preferisce vivere tutta la vita dentro queste capanne e non ama uscire allo scoperto, in quella terra di nessuno dove si mostra con chiarezza che l’infinità complessità del mondo non è mai riducibile a uno schema concettuale, proprio come non è mai possibile rinchiudere l’infinità delle stelle nello schema semplice delle costellazioni.
        Chi vive tutta la vita nella stessa capanna ha da sempre sostituito a quell’infinita complessità il proprio schema, quello della propria tribù o ideologia, e da sempre sa cosa è scritto nelle stelle, pur senza avere mai alzato il capo neppure una volta per guardarle. Questo tipo d’uomo è convinto che la propria capanna sia collocata al centro dell’universo, sotto l’occhio vigile di Dio, in una posizione privilegiata rispetto a tutte le capanne del mondo. Qui tutti, proprio come in un quiz truccato, conoscono le risposte ancor prima delle domande. 
     Lasciare la capanna è difficile perché significa abbandonare legami, affetti, calore, il seno materno dell’identità, ma poche esperienze sono più intense di questa partenza e delle ore in cui ci si trova da soli, di notte, sotto il cielo, senza riuscire a riconoscere più, nel disordine immenso, il disegno di una costellazione. Se però si resiste e si continua a guardare, dopo un poco si scopre che il numero infinito delle stelle non ci schiaccia ma aiuta invece a capire che il cielo non è prigioniero di nessuna costellazione, perché è così grande da poterle contenere tutte, sia le nostre stelle che quelle degli altri popoli. 
       Chi possiede un briciolo di fantasia potrebbe addirittura giocare a inventarne di nuove, a scrivere storie non ancora raccontate, a disegnare nuove avventure e inventare nuovi protagonisti. La complessità del mondo è il fondo immenso su cui noi continuamente ritagliamo le nostre costruzioni contro il disordine e la paura, le nostre verità piene di buchi.
     Spesso questo sentimento della propria fragilità e contingenza fa paura, spinge l’uomo a fare un passo indietro, a rinchiudersi nella capanna ritornando ai vecchi pregiudizi. Del resto coloro che si sono spinti più lontano hanno spesso usato il loro coraggio solo come uno strumento di potere sui più deboli (…). Chi si spinge veramente all’aperto dovrebbe tenersi lontano da questa economia della paura, e aver pazienza, prendere per mano i più timorosi, aiutarli a scoprire la bellezza del mistero che sta a fondo della complessità del mondo.
      Dove le nostre verità diventano fragili e mostrano le rughe, si apre lo spazio in cui coloro che provengono da case, religioni e culture diverse possono incontrarsi. In questa terra di nessuno, dove le stelle sono più delle costellazioni e le domande più delle risposte, invece di combattersi e inseguirsi nel buio si potrebbe accendere un fuoco. Dopo essersi seduti in cerchio attorno a esso, tutti potrebbero a turno raccontare le proprie storie, ascoltare quelle degli altri e scoprire una possibile fraternità nella comune lotta contro la paura.
      All’alba ognuno potrebbe tornare alla sua capanna, ma senza aver più bisogno di chiudersi il mondo alle spalle e con il desiderio di tornare all’aperto, a incontrare gli altri nella notte, nella terra di nessuno. 

Franco Cassano Modernizzare stanca. Perdere tempo, guadagnare tempo. Il Mulino, BO, 2001

(Letto per la prima volta il 2 agosto 2002 a Castronovo di Sicilia, a un incontro con il gruppo Famiglia di famiglie in cammino. Riapprezzato oggi.)

Qui notizie sul sociologo Franco Cassano, morto nel 2021

mercoledì 2 aprile 2025

Inquinamento, fattore di rischio per l’autismo

       Palermo – Il 2 aprile si celebra la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo. Tale giornata è stata istituita nel dicembre del 2007 con risoluzione 62/139 dall'Assemblea Generale dell'ONU, con lo scopo di incoraggiare gli Stati membri delle Nazioni Unite ad una maggiore sensibilizzazione rispetto all'autismo.
      Se il primo studio fatto in Inghilterra negli anni ’60 registrava la presenza di un bambino autistico ogni 2.500, oggi a livello mondiale la percentuale di persone con disturbi legati all’autismo si aggira intorno all’1%, con differenze sensibili nelle varie nazioni: in Italia, ad esempio, nella fascia 7-9 anni c’è un bambino con autismo ogni 77 circa, con una prevalenza netta tra i maschietti (secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, su 5 bambini autistici 4,4 sono maschi). 
      Nel resto dell’Europa, la diffusione dell’autismo varia dallo 0,63% in Danimarca e Svezia, all’1,16% nel Regno Unito. Negli Stati Uniti la diffusione di tale disturbo è cresciuta significativamente negli ultimi 20 anni, passando da 0,67% nel 2000 (1 bambino su 150), a 2,3% nel 2018 (1 su 44) a 2,8% (1 su 36) nel 2020.
      Il sensibile incremento dei disturbi dello spettro autistico a livello mondiale è così marcato da aver fatto ipotizzare una sorta di “epidemia di autismo”, anche se le ragioni di un aumento così netto possono essere varie, compresa una maggiore sensibilità al problema e il cambiamento dei criteri diagnostici. 
     Quali le cause dell’autismo? (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 30.3.25, il Punto Quotidiano