sabato 28 giugno 2025

Disperse un giorno... e poi madri per sempre

P.Picasso. Madre con bambino (1921)
     Ora che essere prof. è un ricordo lontano, la consapevolezza è ancora più chiara: alunne/i in dispersione scolastica rischiano molto più degli altri un fallimento esistenziale. 
     Ma due ex alunne disperse pareva si fossero in qualche modo salvate: N., che aveva abbandonato per aiutare la madre incinta con minacce d’aborto, era madre di due bambini, dopo aver preso la licenza media a diciott’anni.  
      Giorni fa, la vecchia prof aveva poi visto sotto casa A., alunna dispersa con tanti chili, ora ancora più obesa ma con gli occhi brillanti di mammina felice: teneva per mano un bambinetto contento. C’era un uomo con lei, dallo sguardo semplice e buono.
     Disperse un giorno, “ma poi madri per sempre nella stagione che stagioni non sente”.

mercoledì 25 giugno 2025

Gent.ma Presidente del Consiglio: il vecchio che avanza...

 
Ho sentito la sua dichiarazione, espressa mi pare in Parlamento: “La penso come i Romani: si vis pacem, para bellum”. Sono rimasta basita: non credevo che Lei potesse manifestare con chiarezza un pensiero - a mio avviso - così  logoro, violento, radicalmente inefficace, espressione di una vecchia  visione del mondo bellicista e sterilmente militarista.
     La invito a pensare invece a un possibile, radicale cambio di paradigma, storico e antropologico insieme. Oggi più bisogna ripartire dal pensare e progettare la Pace. Ci troviamo di fronte a un vuoto teorico e di visione, come se la Pace fosse un ideale non politico …      
   Sa che martedì 24 giugno scorso c’è stata proprio a Roma,  presso l’Auditorium Bachelet della Domus Maria, la presentazione ufficiale della proposta per l’istituzione di un Ministero della Pace? L’evento, organizzato da Fondazione Fratelli Tutti, Azione Cattolica Italiana, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e ACLI-Associazioni Cristiane lavoratori Italiani e da una rete ampia di associazioni della società civile, promosso dalla Campagna “Ministero della Pace”, è nato dalla volontà di dare un assetto istituzionale e stabile alle politiche di pace, di giustizia e di disarmo nel nostro Paese, perché la pace possa divenire architettura politica e istituzionale, e non solo ideale etico.
    Il Ministero della Pace sancirebbe un cambio radicale di paradigma, un segno tangibile dell’abbandono della logica mortifera e nefasta del principio si vis pacem, para bellum, per abbracciare invece la nuova logica ‘se vuoi la pace, progetta la pace’.
      Perché la pace va pensata e resa possibile, nella consapevolezza che l’oscenità della guerra, anche se spesso ritenuta inevitabile, è in realtà una costruzione umana, frutto del primato della violenza. Ho scoperto che si deve a don Oreste Benzi, il prete romagnolo fondatore della Comunità ‘Papa Giovanni XXII’, la richiesta di istituire un Ministero della Pace, formulata una prima volta nel 1994, durante il terribile conflitto nell’ex Jugoslavia, e poi formalizzata nel 2001 con una lettera all’allora Presidente del Consiglio: «Da quando l’uomo esiste ha sempre organizzato la guerra, è arrivata l’ora di organizzare la pace. Un ministero trasversale per organizzare la pace». 
     Cara Presidente Giorgia Meloni, abbiamo bisogno di nuove architetture del pensiero per pensare e organizzare la pace. Abbiamo bisogno di interconnettere la sfera culturale, quella etica, quella giuridica e quella istituzionale. Abbiamo bisogno di ripartire dalla nonviolenza come mezzo di risoluzione dei conflitti. Ma chi sa parlare e agire con nonviolenza oggi? 
    La nonviolenza è una weltanschauung, uno stile di vita, una visione del mondo sistemica, olistica, che accetta la conflittualità dei rapporti umani senza considerare ineluttabile che il conflitto sfoci nella lite, nella violenza, nella guerra. 
Cara Presidente, è ormai necessario scardinare l’idea radicata che la virtù civica e politica si esprima attraverso il dare la vita in guerra: necessario scardinare il nesso tra guerra e cittadinanza. La patria non si difende con le armi: Lei saprà bene da anni giace in Parlamento la proposta di legge per l’istituzione di una Difesa civile popolare e nonviolenta.
Crediamo fermamente che il dovere di difesa della patria, ribadito dall’art.52 della Costituzione, possa essere agito anche senza le armi, anche senza uccidere.
Lei potrebbe ribattere:  lei è un’utopista senza speranza… Ma sono le idee nuove che cambiano la Storia. Se tante donne non avessero lottato per la loro dignità, idea nuova rispetto al Diritto romano, oggi Lei non presiederebbe il Governo italiano.
     Riporto infine parte del  toccante intervento del compianto dottore Gino Strada a Stoccolma, dove, nel dicembre del 2015, il Parlamento svedese gli ha tributato il Premio Nobel alternativo Right Livelihood  "per la sua grande umanità e la sua capacità di offrire assistenza medica e chirurgica di eccellenza alle vittime della guerra e dell'ingiustizia, continuando a denunciare senza paura le cause della guerra". 
      Ecco le sue parole:  «La maggiore sfida dei prossimi decenni consisterà nell'immaginare, progettare e attuare le condizioni che permettano di ridurre il ricorso alla forza e alla violenza di massa fino al completo abbandono di questi metodi. La guerra, come le malattie mortali, deve essere prevenuta e curata. La violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente. L'abolizione della guerra è il primo e indispensabile passo in questa direzione. Possiamo chiamarla "utopia", visto che non è mai accaduto prima. Tuttavia, il termine utopia non indica qualcosa di assurdo, ma piuttosto una possibilità non ancora esplorata e portata a compimento. 
Come le malattie, anche la guerra deve essere considerata un problema da risolvere e non un destino da abbracciare o apprezzare, dobbiamo convincere milioni di persone del fatto che abolire la guerra è una necessità urgente e un obiettivo realizzabile. Questo concetto deve penetrare in profondità nelle nostre coscienze, fino a che l'idea della guerra divenga un tabù e sia eliminata dalla storia dell'umanità. (…)  Ancora oggi ci troviamo ancora davanti al dilemma posto nel 1955 dai più importanti scienziati del mondo nel cosiddetto Manifesto di Russel-Einstein: 'Metteremo fine al genere umano o l'umanità saprà rinunciare alla guerra?'. Ѐ possibile un mondo senza guerra per garantire un futuro al genere umano? Molti potrebbero eccepire che le guerre sono sempre esistite. Ѐ vero, ma ciò non dimostra che il ricorso alla guerra sia inevitabile, né possiamo presumere che un mondo senza guerra sia un traguardo impossibile da raggiungere. Il fatto che la guerra abbia segnato il nostro passato non significa che debba essere parte anche del nostro futuro».

Spero che, prima o poi, potremo confrontarci serenamente su questi temi cruciali. Un saluto cordiale.



domenica 22 giugno 2025

Forse...

Forse
I generali non riconoscono
La fragranza tenue dei ligustri
L'odore delicato del gelsomino
La dolcezza fragile di una pomelia


Forse
Gli manca il profumo dei fiori
Per riconnettere frammenti di anima
Per ridiventare umani
Per rifiutare il fetore della guerra

venerdì 20 giugno 2025

Dichiaro...











Dichiaro che non c’è altro Essere umano
All’infuori di Colui il cui cuore trema di amore
Per tutti i suoi fratelli in umanità
Colui che desidera ardentemente
Più per loro che per se stesso
Libertà, pace, dignità
Colui che considera la Vita
Più sacra ancora delle sue credenze e divinità
Dichiaro che non esiste altro Essere umano
all’infuori di Colui che combatte senza tregua l’Odio
In lui e intorno a lui
Colui che fin dal momento in cui apre gli occhi al mattino
Si pone la domanda:
cosa farò oggi per non perdere
la mia qualità e la mia fierezza
di essere uomo?

Abdellatif Laâbi

Vedi qui e qui 


mercoledì 18 giugno 2025

Rosella Prezzo: le guerre viste (solo) in TV

 Più che mai attuale lo studio condotto da Rosella Prezzo. Ecco l'annunciata recensione del suo libro:

Cantieri culturali della Zisa, 8.6.25: Rosella Prezzo, II da sinistra
           Palermo – “Le guerre non si dichiarano più e si eternizzano, così come non si sa più quale e dove sia quello che un tempo si chiamava ‘campo di battaglia’… nel mio caso le guerre le ho proprio soltanto viste, nella velocità istantanea dell’ubiquità mediatica”. Prende spunto proprio da “questa comune esperienza da spettatrice attraverso gli schermi” Guerre che ho (solo) visto (Moretti & Vitali Bergamo 2025), saggio di Rosella Prezzo, filosofa, saggista e traduttrice: centocinquanta pagine preziose e assai dense che analizzano acutamente la guerra di ieri, ma soprattutto quella di oggi. E invitano a ‘pensare l’impensato della pace’ alla luce, ad esempio, del pensiero di Simone Weil, Virginia Woolf e Maria Zambrano.
       Emblematici i titoli di due dei capitoli che compongono la prima parte del libro: Dal corpo eroico al corpo osceno del guerriero e alla guerra postumana e Reduci, sopravvissuti/e, profughe/i.
L’autrice sottolinea infatti che, nel passato “Il corpo del guerriero è stato a lungo al centro di una vasta strategia narrativa e simbolica… Attraverso la figura del guerriero, insieme alla retorica del discorso sui caduti in battaglia, si è espressa per secoli l’esemplare virtù civica e politica”. E poi “La rivoluzione francese è il momento in cui il soldato e il cittadino si fondono: il cittadino è tale perché imbraccia le armi per difendere le proprie conquiste rivoluzionarie”. Anche oggi purtroppo: “L’implicito nesso tra attestazione di piena cittadinanza e prova fornita in guerra rimane sottotraccia nel discorso politico pubblico”.
     Ma, negli ultimi decenni “Si è introdotto un nuovo orizzonte di senso insieme a un nuovo racconto, dove il fronte è diventato globale (privo di spazio e tempo definiti) e soprattutto asimmetrico e iper-tecnologizzato. Alla base sta quello che i teorici del Pentagono hanno battezzato come Information Warfare (IW) o Revolution in Military Affairs (RMA), animata da un vero e proprio millenarismo tecnologico e dalla filosofia della guerra a ‘zero morti’ (ovviamente nelle proprie file).” “Il conflitto armato ad alta tecnologia - annota ancora la studiosa – implica controllo e gestione a distanza del teatro bellico con il minor impegno possibile della variabile umana ma con un’aumentata potenza distruttiva”.
     Siamo nel pieno della ‘guerra post-umana, fatta con i droni e l’Intelligenza artificiale, guerra che aumenta a dismisura il fossato tra sé stessi e le vittime, rendendo sempre più aleatoria la responsabilità individuale.
     Di contro, con una progressione costante e numeri impressionanti, le vittime delle guerre sono sempre di più i civili (si pensi al massacro odierno di civili palestinesi) e, con loro, le crescenti ondate di profughi: così, evidenzia l’autrice “tornano inevitabilmente a mostrarsi i corpi: corpi non combattenti, sfiniti, violati, intrappolati, annichiliti, soprattutto di donne, insieme a bambini e a vecchi. (…) Corpi in fuga, senza luogo, spostati, braccati: ‘comparse’, ammutolite dalla paura e dal dolore, che vengono a occupare l’intera scena della tragedia bellica…
      Da dove ripartire per ripensare e progettare la pace? (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 15 giugno 2025, il Punto Quotidiano

lunedì 16 giugno 2025

E se il rifiuto della guerra fosse il cambiamento di paradigma oggi necessario?

         Oggi alle 17 – si c’è caldo è vero … - al No Mafia Memorial in via Vittorio Emanuele 353, si parlerà di obiezione di coscienza a tutti gli eserciti, a partire dal testo La coscienza dice NO alla guerra, curato da Enzo Sanfilippo e Annibale Raineri.

(Questo l'inizio del mio intervento: 

1. Ci serve la radicalità di un nuovo pensiero, ci serve una prassi culturale e politica diversa: è necessario rifondare un nuovo umanesimo: nuovo umanesimo considerato oggi u-topico e radicale, ma non per questo velleitario e irrazionale. Se c’è qualcosa di profondamente irrazionale e inumano è proprio la guerra. Dopo che per secoli ha partecipato alle guerre e benedetto le armi, anche grazie alle sollecitazioni di Lanza del Vasto e della moglie Chanterelle, persino la Chiesa cattolica con Giovanni XXIII, nella Pacem in Terris, ha affermato finalmente: Bellum alienum a ratione

2. Ma qui vogliamo dichiararlo laicamente e il testo curato da Annibale e da Enzo ha proprio questo scopo: la guerra è una istituzione storica assurda, inumana, violenta, inutile, dannosa, stupida, incompatibile con l’etica e con l‘ecosistema ambientale’. È il momento di fare l’obiezione alla guerra, partendo dalla coscienza e mutando paradigma antropologico-culturale.  Chi ha masticato un po’ di filosofia della scienza, ricorda l’introduzione dell'idea di paradigma scientifico, avanzata da Thomas Kuhn nel 1962: nel sapere scientifico possono esserci paradigmi conoscitivi, fondamenti che si tengono in piedi per secoli, ma che poi, se modificati, permettono di intravedere un'impostazione dei problemi differente e una loro differente soluzione. Perché non dovrebbe essere così anche nell’orizzonte culturale/antropologico/istituzionale? Sappiamo bene ormai che la nostra società è basata su un ordine simbolico/culturale (anche se a volte implicito): la violenza della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti va disvelato come paradigma vecchio e modificabile … 

(continua alle 17 al No Mafia...)

Se volete venire preparati/e: 















martedì 10 giugno 2025

Etna Comics, Topolino omaggia Franco Battiato

       Palermo – Topolino, storica rivista dei fumetti della Disney, ha reso omaggio a Franco Battiato, morto il 21 maggio 2021, dedicandogli il numero 3627 del settimanale, con una copertina speciale.
      La variant cover, in bianco e nero, mostra Pippo in primo piano, occhiali da sole inforcati per avere più carisma e sintomatico mistero, con le palme e un vulcano fumante come sfondo, in un’immagine che ricorda i luoghi in cui viveva il cantautore catanese, in particolare la sua Milo, in mezzo al parco dell’Etna. Senza snaturarne la grafica originale, la copertina richiama nettamente quella de ‘La Voce del Padrone’, il celeberrimo album del 1981 del cantautore siciliano.
    L’edizione celebrativa è stata disponibile in anteprima assoluta, in tiratura limitata, per il pubblico presente allo stand Panini Comics Italia, alla tredicesima edizione di Etna Comics 2025, che si è tenuta a Catania dal 30 maggio al 2 giugno. Dal 5 giugno, la rivista si può invece acquistare nei negozi specializzati e sul sito www.panini.it.
     Autore della copertina è il fumettista triestino Alessandro Pastrovicchio che, (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 8.6.25





domenica 8 giugno 2025

Pensare l'impensato della pace... ore 19, Cantieri Culturali

       "Vedo molti affannarsi a giustificare in vario modo la guerra (…) pochi a cercare di fermarla o evitarla.
Anche perché non si ha il coraggio né l’onestà di dire che siamo in una situazione di guerra non dichiarata, ma che opera comunque con i suoi effetti nefasti nelle nostre vite. (…) Di contro non si troverà nessuno che, in linea di principio, non si dichiari a ‘favore della pace’.
      Ma allora dovremmo forse domandarci: di cosa parliamo quando parliamo di pace? Il fatto è che se, da sempre, della guerra abbiamo racconti, discorsi e retoriche, descrizioni infernali ed azioni eroiche, immagini e fantasmi, e soprattutto strategie, a cominciare da quell’arte della guerra, a cui essa è stata nobilmente associata, niente di tutto ciò è accaduto per la pace.
       Come se qui ci trovassimo di fronte a un vuoto teorico e di visione. Basti pensare che non è mai stata sfiorata nemmeno l’idea di un Ministero della Pace, come se la Pace fosse un ideale non politico. (…) La Storia ha visto sempre solo Ministeri della Difesa che si tramutano prontamente, all’occasione, in Ministeri della Guerra. Forse, un tale Ministero della pace rientrerebbe in quelle istituzioni da inventare (perché sconosciute) che Simone Weil auspicava, al di là di quelle a tutela del diritto e delle libertà democratiche. Altre istituzioni, destinate, cioè, come affermava Simone Weil «a discernere e abolire tutto ciò che nella vita contemporanea schiaccia le anime sotto l’ingiustizia, la menzogna e la bruttezza». 
Per questo, pensare e dire la pace significa, anzitutto, pensare l’impensato della pace."

Rosella Prezzo Guerre che ho (solo) visto Moretti&Vitali Bergamo 2025, pp.75,76











giovedì 5 giugno 2025

La pace inquieta di Maria Zambrano: non subire la metafisica, ma farla...


        "Il pensiero della pace è ciò che congiunge i due estremi della vita di Maria Zambrano. (…) In una società dall’ordine musicale come lei la intende, dove la democrazia non può esaurirsi certo in una stanca liturgia elettorale ma riguarda la quotidianità in cui ciascuno/a contribuisce attivamente alla sua realizzazione, la pace non può essere pensata come semplice equivalenza dello stato di non-guerra. Perché ciò equivale a un equilibrio precario, fragile, basato principalmente sulla paura. 
     E una pace del genere, priva cioè di una propria ‘sostanza morale’, può rappresentare solo una tregua. Una pace che aspiri a essere duratura non può neanche tendere alla fine di ogni lotta o al quieto vivere.
      La pace, al contrario, è ‘inquieta’, non ammette l’immobilità, ma deve ridefinirsi di fronte a ogni nuova situazione e circostanza. Non può avere un’unica strategia che non guarda in faccia nessuno, ma ha bisogni di accordi continui, e di un coraggio ben più saldo di quello esaltato e furioso con cui ci si getta in guerra.
     Pace non significa società pacificata, come in quell’immagine della pace eterna promessa alla fine della vita. La pace sta dalla parte della vivacità. Dell’agonismo e del gioco, dell’inquietudine che impedisce il conformismo o ancor peggio la complicità verso un ordine dato solo nella misura in cui ci si adatta alla propria convenienza. La pace non è la fine di tutti i nostri affanni, ma è la vita di un incessante interrogare che ci spinge oltre, in cerca di relazioni rette dalla libertà e dalla giustizia e non dalla paura e dal dominio. La pace, dice in sintesi Maria Zambrano «è un modo di vivere, di abitare il pianeta, di essere umani».
     Per questo è «un’intima rivoluzione» che non mira ad occupare il potere per sé stessi, ma muove ciascuno/a a superare una soglia, quella che separa la «storia sacrificale», fatta di idoli e di vittime, per entrare in un processo di umanizzazione della storia. Un processo che non ha bisogno di armi, di parole d’ordine o «ornate di maiuscole» (per usare un’espressione di Simone Weil), ma di parole che fanno riflettere e insegnano a pensare, parole terrestri e alate.
     Similmente per Hannah Arendt la guerra si produce nell’impotenza della politica, che è per lei il luogo dell’agire politico dove l’atto e la parola non si separano. Sul mito del progresso tecnologico, sempre più invasivo, e del suo rapporto con la violenza, dovrebbero poi far riflettere le sue analisi Sulla violenza, scritto del 1968, dove ragiona su quella che definisce «l’impotenza della potenza». Il riferimento è all’America che, nella sua potenza tecnologica e militare sempre più dispiegata (…), nasconde un’impotenza pericolosa di un fare politico in cui non ha più dimora il pensiero tra l’impeto e l’atto, e che nega per ciò stesso la sfera pubblica in cui si incontrano e si confrontano l’azione e la parola.
       Per questo, a maggior ragione, quando vaghiamo come persi in un labirinto di specchi, privi di orizzonte, in un mondo in cui gli eventi sembrano caderci addosso ineluttabili, il pensiero deve servire da guida’ affinchè in quel labirinto e in quel buio non ci smarriamo, aprendoci un varco lì dove non sembra esserci alcun passaggio, alcuna via d’uscita.
    Proprio allora, come ci invita a fare Maria Zambrano, «occorre cambiare atteggiamento: invece di essere divorati in un processo metafisico di distruzione, levarsi a pensare. Non subire la metafisica, ma farla»."

Rosella Prezzo,  Guerre che ho (solo) visto Moretti &Vitali, Bergamo 2025, pagg. 91,92

Ne discuteremo con l'autrice domenica prossima, a Una marina di libri



lunedì 2 giugno 2025

"Una marina di libri" ai Cantieri culturali della Zisa

      Palermo – Saranno quest’anno i Cantieri Culturali alla Zisa, in via Paolo Gili, a ospitare “Una marina di libri”, il festival dell’Editoria indipendente in programma a Palermo da giovedì 5 a domenica 8 giugno. La manifestazione, arrivata alla sua sedicesima edizione, è denominata quest’anno Il giro di boa.
    Per il quinto anno consecutivo, direttore della rassegna sarà il giornalista e scrittore Gaetano Savatteri che ha spiegato così titolo e tema: “Il giro di boa perché si cambia mare, tornando alla tradizione itinerante e vagabonda di “Una marina di libri” che, in passato, è stata in alcune piazze del centro storico, poi all’Orto Botanico, quindi a Villa Filippina. Ora si compie il giro di boa ai Cantieri Culturali della Zisa. Ma il titolo di questa edizione è anche un omaggio ad Andrea Camilleri, per il centenario della sua nascita, ricordando che Camilleri è stato uno degli autori che, alla GAM (Galleria d’Arte Moderna), ha tenuto a battesimo le primissime edizioni della manifestazione di Palermo. Quindi un giro di boa per nuovi mari e una nuova marina di libri”.
      In una recente intervista a Savatteri, Simona Licandro, giornalista del TG regionale siciliano, ha sottolineato che alla (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 1.6.25







venerdì 30 maggio 2025

Guerre che ho (solo) visto

 
     "Le guerre non si dichiarano più e si eternizzano, così come non si sa più quale e dove sia quello che un tempo si chiamava ‘ campo di battaglia’  … guerre solo viste, nella velocità istantanea dell’ubiquità mediatica
      Si passa il tempo più a cercare di giustificare la guerra (le guerre) che a pensare e immaginare la pace.
È questa comune esperienza da spettatrice attraverso gli schermi che allora vorrei mettere a fuoco. 
      Incollata allo schermo, ho assistito all’inizio dello scatenarsi notturno della prima guerra del Golfo (gennaio 1991) che è stata anche la prima guerra in diretta globale. (…)
    Subito dopo, aveva infatti inizio lo spettacolo dei fuochi su Baghdad, un misto tra una riedizione tecnologica e disneyana delle Mille e una notte e un nuovo capitolo di Star wars. (…) Con la seconda guerra del Golfo, dopo la strage dell’11 settembre e il devastante crollo delle Torri gemelle causato dall’attentato terroristico suicida, eccomi di fronte alla ‘guerra pulita’ (ripulita dai corpi che sanguinano e muoiono) (…)
    Nel periodo intermedio, ho assistito anche alla guerra, o meglio alla serie di guerre (civili ed etno-nazionalistiche) della ex Juogoslavia con il nuovo diretto coinvolgimento degli Stati europei, seppur celato dall’equivoca formula di ‘operazione umanitaria’.
    Sempre con gli occhi fissi allo schermo (…) ho seguito nel cosiddetto ‘tempo reale’ le notizie che provenivano non dal fronte, perché ormai le guerre sembravano non avere più un fronte, piuttosto da un non-luogo: lo spazio aereo notturno e indefinito solcato da lampi, il correre zizzagando dei civili nel tentativo di evitare i proiettili dei cecchini, ma soprattutto le zone di nessuno dei campi profughi ammassati in una grande discarica umana a cielo aperto. (…)
    Protagoniste assolute le telecamere… lungo il confine tra Albania e Kossovo, a Kukes, pronte ad ‘accogliere’ le ondate successive di profughi. E con loro tornavano inevitabilmente a mostrarsi i corpi: corpi non combattenti, sfiniti, violati, intrappolati, annichiliti, soprattutto di donne, insieme a bambini e a vecchi. (…)
    Ed ecco, oggi li rivedo, sono gli stessi anche se parlano un’altra lingua. Corpi in fuga, senza luogo, spostati, braccati: ‘comparse’, ammutolite dalla paura e dal dolore, che vengono a occupare l’intera scena della tragedia bellica, ma destinate a passare in clandestinità, come vite spettrali, sul fondo e sui retroscena della ‘pace’ futura. (…)
    Ciò che torna a riaffacciarsi è il silenzio della lingua. Che cos’è infatti quello che stiamo vedendo? Come chiamarlo?  Perché non sembra bastare più la parola ‘guerra’ (per lo più non dichiarata e che assume le forme di un annichilimento totale o quelle ibride del killeraggio o dello stragismo bellico, di controffensiva seguita da un’altra ancora più letale, dove la guerra diventa fine a se stessa) cui contrapporre semplicemente la parola ‘pace’ innalzata come una lacerata bandiera bianca. (…)
      Nell’assistere a tutto ciò, come per il Lord Chandos di Hofmannsthal «Le parole astratte mi si sfacevano nella bocca come funghi ammuffiti».
Allora, forse, quello che non si può dire bisogna scriverlo. Così, tra la catastrofe e la speranza bisogna anche attraversare la crisi della parola."

Rosella Prezzo Guerre che ho (solo)  visto Moretti&Vitali, Bergamo 2025
dalla Premessa, pagg. 13-18

Alla presenza dell’autrice, Guerre che ho (solo) visto verrà presentato ai Cantieri culturali della Zisa, domenica 8 giugno prossimo, alle ore 19, in occasione della rassegna Una marina di libri

martedì 27 maggio 2025

Macerie


Wherever

Solo macerie

Schegge di pianto

Segnali di vita cercasi...

Disperatamente





domenica 25 maggio 2025

Addio a Pepe Mujica, la politica che serve...

        Palermo – Il 13 maggio a 89 anni è morto a Montevideo José Alberto Mujica Cordano, conosciuto come Pepe Mujica, presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015, uomo simbolo di una politica di servizio, prossima ai bisogni delle persone. Aveva detto tempo fa: "Ho dato un senso alla mia vita, morirò felice".
       Il suo impegno politico iniziò negli anni ’60 con l’adesione al movimento dei Tupamaros, organizzazione di ispirazione marxista-leninista, a difesa dei diritti dei lavoratori e vicina agli ideali della rivoluzione cubana.
      Dopo il colpo di stato del 1973, opera del dittatore Juan María Bordaberry, venne imprigionato in un carcere militare, dove rimase per circa 12 anni, quasi sempre in completo isolamento. Venne liberato solo nel 1985, quando tornò la democrazia. (continua ne il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 25.5.25, il Punto Quotidiano

giovedì 22 maggio 2025

La relazione è la cura...

       “Secondo il modello gestaltico, l’intervento di sostegno e cura del counsellor o del terapeuta è sempre sulla modalità di relazione. Il contenuto di cui il cliente o il paziente parla è essenzialmente un contenuto di relazione: più del ‘cosa’ viene detto, è importante ‘a chi’ viene detto e ‘come’. Il vero contenuto diventa la relazione. 
       È precipuamente su essa che si acquisiscono informazioni su chi ci è di fronte ed è ad essa che è teso l’intervento curativo. Intervento che sarà, a sua volta, una relazione: il modo in cui chi si prende cura interagisce modifica in qualche modo la capacità di contatto di chi sta chiedendo aiuto, diventando dunque la via.
Seguendo la linea tracciata dal ciclo di contatto, il sostegno – come vedremo – acquisirà modulazioni diversificate a seconda del momento in cui il processo di contatto si trova.
      Nel caso di incontri di gruppo, strumento di cura è anche la relazione che si instaura fra i membri, tuttavia il riferimento principe e diretto di ogni episodio di contatto ha sempre come referente il trainer. Questi deve avere delle competenze professionali o essere stato formato al compito: il suo ruolo non è paragonabile ad un direttore d’orchestra o ad un regista, ma – direi – ad un servitore di tavola, che sta accanto ai commensali un passo indietro e vigila attentamente provvedendo affinché abbiano  tutto ciò che gli serve. (…)
       Fondamentale è l’approccio fenomenologico: osservare l’altro, ascoltarlo non solo nelle sue parole ma nelle inflessioni della voce, nel ritmo, nelle vibrazioni che ogni muscolo esprime è quel ‘qui e ora’ che permette a chi si prende cura di non aggiungere niente di suo (né pregiudizi, né risonanze personali, né interpretazioni) ma di essere lì presente solo per l’altro. «Il fallimento o il successo di un’intenzionalità di contatto sono ‘visibili’ nel corpo o, meglio, nel corpo in relazione».
    Considerare la coerenza fra ciò che si dice e come lo si dice (fra comunicazione verbale o non verbale) fornisce inoltre dati significativi per ogni intervento di sostegno o cura.”

Agata Pisana La giusta distanza dalle stelle
L’elaborazione del lutto genitoriale secondo la Gestalt Therapy pp.38,39,42


Il saggio della professoressa Pisana è prezioso perché, oltre a raccontare un processo significativo di elaborazione del lutto di genitori che hanno perso un figlio, presenta in modo assai chiaro i fondamenti della Gestalt Therapy.

martedì 20 maggio 2025

Il sapere che stiamo perdendo: non si legge più...

       "Qualcuno ogni tanto dovrà pur dire ciò che, per quanto sia imbarazzante, è evidente. Ci sarà un limite alle “cose opportune”, alle pietose bugie, alle flaubertiane idee correnti, alle ipocrisie, ai moniti solenni, alle retoriche parole che possono essere dette e che una società può reggere. Un limite di non-parresia oltre il quale si soccombe, un limite di dissimulazione, onesta o disonesta che sia, oltre il quale la realtà non la becchi proprio più.
        È un limite questo che non riguarda solo le grandi questioni: la geopolitica, l’economia, la virologia, la guerra e la pace ma anche quelle apparentemente meno grandiose. In teoria la verità la dovrebbero inseguire quei pochissimi filosofi che sono disposti a pagarne il prezzo ma a volte, forse più spesso, scappa dalla penna degli scrittori veri (per non citare sempre Pasolini si pensi a Bianciardi, ad esempio). 
      Ne è scappata una piuttosto importante a un ottimo scrittore e saggista, Giuseppe Montesano sul non sempre interessante Robinson, inserto letterario di la Repubblica. Montesano afferma, nel numero del 2 febbraio 2025, con dolore, con imbarazzo, con perplessità, una cosa che ci dobbiamo decidere a dire: non si legge più, e se si legge si legge poco, male, con sofferenza e senso di colpa. Intorno a noi la gente (quella che leggeva e amava i libri) non legge più. 
    Vorrebbe, forse ne ha nostalgia, si ripropone di farlo, magari compra anche dei libri, ma non legge più, non ci riesce. Poi Montesano, da parresiasta, affonda di più il coltello: anche lui legge sempre meno. Scrive: “Anch’io sempre più spesso prendo un libro in mano solo se credo di non avere niente di più eccitante da fare, e mi preparo, lo apro, comincio e ecco (…) mi sembra di perdere tempo, allora mi alzo e bevo, mi chiedo se non devo fare qualcosa che ho dimenticato di fare, penso che non sto producendo niente, penso che dovrei lavorare, comincio a sentire una specie di ansia”. 
      Montesano, credo che l’informazione non sia superflua, è autore anche di un monumento alla lettura come modo di vivere di circa duemila pagine: Lettori selvaggi. Il pezzo prosegue poi svelando il nome dell’assassino. Montesano ci racconta che, per un attimo, solo per un attimo, guarda le news sullo smartphone e … “vado con i pollici, clic clac clic clac e mi incanto, e sì, sono di nuovo con tutti, di nuovo come tutti, leggero, libero. Che orrore! (…) io non voglio essere il servo sciocco che produce like! (…) eppure la fabbrica dei like ci adesca”.    (continua qui

Davide Miccione

Del prof. Miccione ho recensito alcuni testi e riportato suoi scritti. 
Qui (ma non solo):


domenica 18 maggio 2025

“Zagara di Primavera”, uno scrigno di bellezze

       Palermo – Da venerdì 16 a domenica 18 maggio l’Orto Botanico di Palermo ospita la 28° edizione della “Zagara di Primavera”, mostra-mercato di giardinaggio e floro-vivaismo. 
      All’Orto Botanico sono presenti oltre sessanta espositori provenienti da tutta l’Italia, ognuno con il suo prezioso ‘carico’ verde: dalle piante grasse o succulente, alle orchidee, agli alberi di agrumi a quelli esotici, alle umili piante aromatiche, come menta e basilico. C’è anche la partecipazione del coltivatore thailandese Mr. Santiporn Sangchai (Lek) che, dal vivaio Little One Plant Nursery, ha portato a Palermo le sue rare piante succulente.
   La mostra attrae ogni anno un gran numero di visitatori. “Zagara di Primavera è un momento di scambio, cura e consapevolezza – ha sottolineato il professore Rosario Schicchi, dal 2017 direttore dell'Orto Botanico – infatti i vivaisti non si limitano a vendere, ma trasmettono storie e consigli, affidando le loro piante a chi saprà amarle.”
Quest’anno, in occasione del 230° anniversario dalla nascita del nuovo Orto Botanico, alla “Zagara di Primavera” sono state affiancate (continua ne il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 18 maggio 2025, il Punto Quotidiano