"(…) Forse i governi non sono mai né belli né dolci. Qualcuno è comunque sopraffatto. Il governo che io chiederei per la mia persona, sarebbe un governo del tutto incolore, inconsistente, invisibile, un governo così aereo e invisibile che potessimo non pensarci mai e non accorgerci nemmeno che esiste. In un simile governo, tutti starebbero bene, ci sarebbe un giusto spazio e una giusta dimora e una giusta misura di beni e di libertà per ognuno.
È però vero che un governo di questa sorta non esiste in natura, non se ne vedono segni né parvenze in nessun luogo. In ogni governo che vediamo intorno a noi c’è rumore, sopraffazioni, giornali con titoli esuberanti e bugiardi, menzogne di ogni specie nella vita pubblica. (…)
La verità è che quello a cui penso, un governo aereo, leggero, inconsistente e invisibile, sarebbe forse un governo debole, e sembra che in politica la debolezza non abbia nessuna possibilità di sopravvivenza. Sarebbe un governo debole, perché in politica la forza è rumorosa, invadente, enorme e sanguinaria.
Sarebbe un governo senza denaro né armi, fondato unicamente su alcuni beni che sono cari allo spirito, come la giustizia, la verità e la libertà.
Ma in politica, la parola ‘verità’ raramente viene usata, e a giustificazione di non poterla usare vengono evocati quei congegni così delicati, fragili e sensibili, che stanno nel cuore della vita politica e che esigono speciali cautele e sottilissime precauzioni. Quanto alla verità e alla giustizia, ti dicono che è necessario difenderle per un poco di tempo con le armi, con le autorità di polizia e con le carceri, ti dicono che è indispensabile difenderle con la forza e noi abbiamo invece un insopprimibile desiderio di debolezza.
Ti dicono che in un futuro lontano, dopo aver usato armi e carceri magari per secoli, finalmente poi si potrà star bene, ci sarà spazio e libertà per ognuno e si potrà pensare non più alle nazioni, alle masse e ai governi, ma unicamente alla condizione individuale e solitaria dell’uomo.
Però nessuno riesce più a credere nel futuro. Anni fa, ancora ci si riusciva, la musica del domani suonava alle nostre orecchie inebriante e vera.
Ma ad un tratto i secoli futuri ci sono crollati davanti ai piedi. Desiderando noi un mondo migliore, non riusciamo più a contemplarlo proiettato nei secoli. Davanti a noi non ci sono più i secoli, e se anche ci fossero, non abbiamo più né voglia né fantasia di sapere come si configurano.
Oggi noi amiamo tutti tenacemente il presente, e ci rendiamo conto di essere strettamente legati con l’amore a un tempo che non dà nessun segno di volerci amare”.
Natalia Ginzburg Vita immaginaria (a cura di Domenico Scarpa) Einaudi, Torino, 2021, p.125,126