venerdì 30 dicembre 2022

Il ballo

Finché non si sa ancora nulla di certo,
non essendo arrivati segnali,

finché la Terra continua a essere diversa
dai pianeti più vicini e più lontani,

finché non c’è neanche l’ombra
di altre erbe onorate dal vento,
di altri alberi incoronati,
di altri animali dimostrati come i nostri,

finché non c’è eco, tranne quella del posto,
capace di parlare con le sillabe,

finché non si hanno nuove
di mozart migliori o peggiori,
di edison o platoni in qualche luogo,

finché i nostri crimini
possono rivaleggiare soltanto fra loro,

finché la nostra bontà
per adesso non è ancora simile a nessuna,
ed è eccezionale perfino nell’imperfezione,

finché le nostre teste piene di illusioni
passano per le uniche teste piene di illusioni,

finché solo dalle nostre volte palatine
si levano grida agli alti cieli –

sentiamoci ospiti speciali e distinti
nella balera del posto,
balliamo al ritmo dell’orchestrina locale
e ci sembri pure
che sia il ballo dei balli.

Non so agli altri –
per essere felice e infelice
a me basta e avanza questo:

una dimessa provincia
dove anche le stelle sonnecchiano
e ammiccano nella sua direzione
non significativamente.

Wislawa Szymborska: La gioia di scrivere, tutte le poesie (1945 – 2009), p.613
trad. di Pietro Marchesani - Adelphi Editore

Non ho trovato di meglio che il toccante minimalismo di Wislawa per onorare l'anno trascorso e augurare un futuro degno dell'umano da dirozzare in ciascuno/a di noi e nella società intera.

domenica 25 dicembre 2022

Joyeux Noël: Natale e guerra incompatibili…

        Palermo - Joyeux Noël, che significa Buon Natale o, meglio, Felice, Gioioso Natale, film del 2005 del regista francese Christian Carion, è una pellicola natalizia molto particolare.
      Infatti, come esplicita il sottotitolo, seppur in modo romanzatoracconta Una verità dimenticata dalla storia, un episodio  realmente accaduto nel dicembre 1914 durante la I guerra mondiale, lungo le trincee del fronte franco-tedesco.
      La vicenda cinematografica ha come protagonisti principali gli scozzesi Gordon e il reverendo Palmer (il primo tenente nell’esercito, il secondo prima parroco in Scozia, poi cappellano militare e barelliere sul fronte); il tenente francese Audebert, figlio di un generale; l’ufficiale tedesco ebreo Horstmayer, il tenore tedesco Nikolaus Sprink e la sua compagna danese, il soprano Anna Sørensen, due famosi cantanti dell’Opera lirica. 
    Visto che si tratta di un vecchio film, chi scrive racconta a grandi linee tutta la vicenda: dopo che la cantante Anna si è esibita per il principe ereditario Guglielmo di Prussia, Sprink, amareggiato per il tenore di vita lussuoso dei generali, decide di tornare al fronte a cantare per le truppe, accompagnato da Anna.
     Pochi giorni prima di Natale, le truppe scozzesi e francesi conducono un assalto alle trincee tedesche in Francia. L'attacco provoca pesanti perdite da entrambe le parti, ma nulla cambia nella logorante guerra di trincea. 
Si arriva intanto alla Vigilia di Natale: gli scozzesi, con le loro cornamuse, iniziano a suonare i canti tradizionali natalizi. Intanto i due cantanti sono arrivati nelle trincee tedesche e Sprink canta per i suoi compagni: quanto intona Stille Nacht, viene accompagnato da un suonatore di cornamusa scozzese; Sprink risponde al suonatore ed esce dalla trincea con un piccolo albero di Natale cantando Adeste fideles.
Seguendo l'esempio di Sprink, gli ufficiali francesi, tedeschi e scozzesi si incontrano nella ‘terra di nessuno’ e si accordano per una notte di tregua. I soldati dei fronti opposti si salutano e si augurano l'un l'altro Buon Natale: "Joyeux Noël", "Frohe Weihnachten", "Merry Christmas". Si scambiano, inoltre, cioccolato, champagne e le fotografie dei propri cari. 
     Il giorno di Natale gli ufficiali prendono un caffè insieme e decidono di "seppellire i loro morti il giorno in cui Cristo è nato". Il giorno seguente giocano una partita di calcio gli uni contro gli altri.
Poi i comandanti decidono che bisogna riprendere a combattere.
     Ma il cuore di tutti è stato toccato dalla tregua: non appena i tedeschi tornano alle loro trincee, Sprink e Anna rimangono con i francesi e chiedono ad Audebert di essere fatti prigionieri, in modo da restare insieme. Padre Palmer riceve l'ordine di ritornare nella sua parrocchia, in Scozia: lì il parroco viene rimproverato dal vescovo, che predica l’odio contro i tedeschi e ordina alle reclute di ucciderli senza pietà. Padre Palmer ascolta la predica, poi si toglie la croce cristiana e se ne va. 
     Intanto gli ufficiali francesi, scozzesi, tedeschi devono affrontare le conseguenze della tolleranza verso la tregua e i gesti di fraternità compiuti dai soldati.
Come punizione Audebert viene inviato a Verdun, dove viene redarguito dal generale suo padre. Il tenente lo rimprovera a suo volta, dicendogli di non provare alcun rimorso per la fraternizzazione al fronte ed esprimendo anche il disgusto per i superiori che parlano di sacrificio, ma non sanno nulla della lotta in trincea. Il tedesco Horstmayer e i suoi soldati, confinati in un treno, vengono informati dal principe ereditario che saranno inviati al fronte orientale, senza il permesso di vedere le loro famiglie. 
     Il film, presentato fuori concorso a Cannes nel 2005 e candidato al premio Oscar e al Golden Globe nel 2006 come miglior film straniero, riprende l’episodio reale accaduto nel dicembre 1914, quando Guglielmo di Prussia mandò il primo cantante dell'Opera di Berlino in visita al fronte. Quando il tenore, Walter Kirchhoff, cantò per il 120º e il 124º reggimento Württemberg, i soldati francesi salirono sulle proprie trincee e applaudirono, interrompendo i combattimenti.
Il regista Christian Carion
      C’è poco da aggiungere su questa verità dimenticata dalla Storia che il regista Christian Carion ha avuto il merito di ricordare: quando chi combatte ha la possibilità di fraternizzare col nemico, non riesce più ad uccidere l’avversario. Ogni guerra, infatti, viene decisa da pochi potenti che pretendono dai combattenti obbedienza perché il popolo avversario diventi il nemico da uccidere.
Il ricorso a droni, bombe intelligenti e armi micidiali, che non consentono di percepire l’umanità del nemico, così simile alla propria, non facilità la messa in discussione della guerra, mezzo arcaico, inefficace e assassino di risoluzione dei conflitti.
      L’augurio, allora - come ricorda Joyeux Noël - è che tutti comprendano che i conflitti armati sono incompatibili non solo con la celebrazione del Natale e con ogni autentico credo religioso, ma con l’essenza stessa dell’umanità. 
       Buon Natale e un augurio di Pace a tutti.
Maria D'Asaro, 25.12.22, il Punto Quotidiano

venerdì 23 dicembre 2022

Fuori la guerra dalla Storia...

       “Fuori la guerra dalla Storia”: da aprile scorso, con quest’esortazione stampata su uno striscione, un gruppo di donne appartenenti all’UDI-Palermo, alla CGIL, all’ANPI, al CIF, a Le Rose Bianche e ad altre associazioni manifestano ogni settimana per esprimere il no alla guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti; chiedono il cessate il fuoco e una soluzione negoziata tra Ucraina e Russia, perché si fermi la guerra devastante che si protrae ormai da febbraio.
      Palermo dovrebbe essere grata a queste donne: raggio di luce nel buio del silenzio e dell’indifferenza cittadina per la guerra che ferisce l’Ucraina e rischia di trascinare anche l’Europa nella tragedia bellica. Grazie allora a Daniela Dioguardi e alle tenaci partecipanti all’iniziativa:  donne lungimiranti e resilienti che da nove mesi, con qualche bella presenza maschile, ripetono che la guerra è frutto della società patriarcale, maschilista, militarista e violenta. E, per il bene dell’Umanità, va bandita dalla Storia.

Maria D'Asaro







mercoledì 21 dicembre 2022

Alexander, il volto della Russia che rifiuta la guerra

Alexander Belik con Riccardo Iacona, a "Presa diretta"
     "L’altra Russia che si rifiuta di imbracciare le armi c’è. Ed ha il volto del 25enne Alexander Belik, coordinatore del Movimento degli obiettori di coscienza russi, che lo scorso 28 marzo è fuggito in Estonia per via della sua opposizione politica e antimilitarista al regime di Putin, ma il governo locale a cui ha chiesto protezione continua a ritardare il suo riconoscimento come rifugiato politico. Belik è intervenuto a Roma durante una conferenza stampa promossa dal Movimento nonviolento e dall’associazione Un ponte per.
«Prima della guerra in Ucraina, lavoravamo soprattutto con i giovani chiamati alla leva obbligatoria, con attività di consultazione legale e supporto psicologico prevalentemente online. Dopo il 24 febbraio la propaganda del conflitto è aumentata, ma anche le richieste al Movimento pure da persone oltre i 65 anni, perché vengono richiamate anche le riserve. 
    Se prima della guerra avevamo mille sottoscrittori al nostro canale Telegram, ora siamo arrivati a 50 mila. Purtroppo sappiamo che alcuni obiettori sono detenuti nei campi di concentramento e torturati», ha denunciato Belik, raccontando la sua esperienza in sostegno dei tanti giovani russi che si oppongono all’invasione dell’Ucraina: «Dall’inizio di questa invasione totale circa 20.000 persone sono state detenute per proteste contro la guerra e 4 mila processi sono stati aperti contro persone che stavano dicendo qualcosa contro questa guerra. Alcune finiscono in campi costrittivi per obiettori, in condizioni disumane».
   E ha aggiunto: «Ovviamente la popolazione è preoccupata, vedendo tutti questi processi e imprigionamenti. Tuttavia stanno continuando a cercare di protestare. Stiamo aspettando il giorno in cui le persone che supportano Putin in questa invasione diminuiscano: già sono passate dal 70 al 50%, attendiamo che la percentuale diventi ancora più bassa. All’inizio della guerra le persone palesemente contrarie al conflitto erano il 25%, ora sono il 38% secondo i sondaggi. A gennaio ci aspettiamo una seconda ondata di mobilitazione degli obiettori e la burocrazia sta cercando di correre ai ripari ma con un sistema completamente analogico, non digitale, degli archivi».
     In Russia adesso, ha precisato l’attivista, «le persone non capiscono che è una guerra imperialistica: ciò che credono è che la guerra è entrata nelle loro case. Da quando hanno cominciato a capire che possono essere chiamate al fronte, l’appoggio è cominciato a diminuire». Negli ultimi mesi le persone raggiunte dal suo Movimento sono moltissime, circa 15 mila, «un risultato straordinario, e chissà quante persone restano in silenzio, nascoste, per paura di essere perseguitate», ha commentato Belik. «Quello che può fare la società civile europea è sostenere gli attivisti contro la guerra attraverso la petizione “Object War” per riconoscere il diritto all’obiezione di coscienza in Russia, Ucraina e Bielorussia, garantendo asilo a chi fugge dalla leva», ha concluso l’attivista russo. Finora, nell’ambito dell’Unione europea, «solo Germania, se sei obiettore di coscienza, puoi chiedere asilo politico. Ma gli altri Paesi europei non vedono l’obiezione di coscienza come una ragione valida per chiedere l’asilo. Siamo grati al Movimento non violento per aver rivolto questa richiesta al Parlamento italiano, attraverso la raccolta di firma».
con Mao Valpiana, presidente del Mov. nonviolento
     Oggi «è molto difficile contare quanti oggi siano gli obiettori in Russia: circa 50 mila persone sostengono la campagna di sensibilizzazione per appoggiare il diritto di obiezione di coscienza in Russia. Alcune non rispondono alla chiamata alle armi e non possono essere contate. Altre vanno al distretto militare e firmano una serie di documenti, mentre ci sono quelli che sono obiettori di coscienza e rischiano di finire in campo di concentramento. Ci sono anche quelli che sul fronte cercano di scappare prima possibile: una legge in Russia prevede che occorra presentarsi al distretto militare entro due giorni e dichiarare motivi di salute, altrimenti si diventa disertori e si incorre in un processo». Per gli attivisti dei diritti umani in Russia «la propaganda di guerra sta cercando di unire le popolazioni autoctone delle Repubbliche ex sovietiche contro le persone Lgbt. Quindi abbiamo iniziato a costruire una piattaforma in loro difesa».

(dal settimanale Famiglia Cristiana, qui)

domenica 18 dicembre 2022

Leonardo, l'unico Tg della Scienza, compie 30 anni

      Palermo – Il Telegiornale scientifico Leonardo, prodotto dalla testata giornalistica regionale della Rai e curato dalla redazione territoriale del TGR Piemonte, festeggia trent’anni proprio in questi giorni, essendo andato in onda per la prima volta lunedì 21 dicembre 1992.
      “Non poteva che chiamarsi Leonardo il Tg scientifico che inizia oggi: Leonardo, infatti, è la figura che più di ogni altro simboleggia lo spirito della ricerca e rappresenta l’unità di fondo dell’umanesimo e della scienza”. Con queste parole, la giornalista Silvia Rosa-Brusin il 21 dicembre del 1992 apriva il primo Leonardo. Da allora, in trent’anni di trasmissioni quotidiane su Rai 3 dal lunedì al venerdì alle 14.50 circa, il telegiornale, che dura 15 minuti circa, ha ampliato gli orizzonti scientifici degli italiani, informando su ambiente, salute e medicina, genetica, astronomia, fisica, chimica, informatica, tecnologia ma anche statistica ed economia. 
    Leonardo, che vanta il successo di un numero significativo di utenti che lo seguono con costante interesse, ha avuto infatti il merito di avvicinare il grande pubblico alla cultura scientifica, e ha fatto da volano affinché l’informazione della Rai fosse nel complesso più ricca di servizi di carattere scientifico.
    Grazie a Leonardo, che ha saputo spiegare le notizie scientifiche con un linguaggio chiaro e preciso, conosciamo di più buchi neri, onde gravitazionali, biologia e DNA; siamo stati informati sulla clonazione della pecora Dolly, sulla crisi climatica, sull’attribuzione dei premi Nobel… Abbiamo assistito in diretta a importanti missioni spaziali: la missione russa MIR e quelle a cui ha partecipato la nostra astronauta Samantha Cristoforetti. Negli ultimi due anni, abbiamo poi potuto conoscere meglio i risvolti scientifici della pandemia portata dal Covid.
    Tra i suoi conduttori storici, ricordiamo i giornalisti Daniele Cerrato e la già citata Silvia Rosa-Brusin, alla quale si deve l’invio su Marte delle immagini digitalizzate dell’Autoritratto e del Codice sul Volo degli Uccelli di Leonardo Da Vinci, immagini inserite in un chip a bordo del Rover Curiosity, partito da Cape Canaveral per l’esplorazione di Marte il 26 novembre 2011. Qualche mese, prima, Charles Elachi - direttore del Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena – aveva accolto con entusiasmo l’idea della giornalista, proposta divenuta poi richiesta formale da parte dell’ASI, Agenzia Spaziale Italiana.
     Per la sua passione scientifica e la sua competenza giornalistica, a Silvia Rosa-Brusin è stato intitolato, da parte dell’Unione Astronomica Internazionale, l’asteroide 7396.
A inizio dicembre, l’Osservatorio TuttiMedia ha consegnato al Tg Leonardo un premio speciale per la divulgazione scientifica: “È un riconoscimento al lavoro della Redazione di Torino e a quello delle altre redazioni regionali che vi collaborano” – ha dichiarato il direttore dei TG regionali Alessandro Casarin, che ha anche menzionato Leonardo Valente, a cui si deve l’intuizione di aver lanciato Leonardo, ancora oggi l’unico TG scientifico della RAI. “Chi fa bene l’informazione scientifica, e Leonardo è un esempio in questi 30 anni – ha aggiunto Franco Siddi, Presidente di TuttiMedia – compie un servizio pubblico di grandissimo valore”.
    Di Leonardo a chi scrive piace tutto: i contenuti, il rigoroso taglio scientifico e la straordinaria chiarezza con cui sono trattati, il garbo e la competenza dei giornalisti conduttori, la sigla musicale: la suggestiva Sonata per violoncello e pianoforte in fa minore op. 26, del compositore rumeno George Enescu, nell'adattamento della The Mutato Muzika Orchestra.
      Una sola cosa le dispiace: la sospensione estiva del programma, che si interrompe a giugno e riprende a fine settembre. 
Allora, un accorato appello al direttore Casarin affinché si impegni a mandare in onda il TG anche in estate, perché non si può essere privati per un tempo così lungo dell’informazione scientifica che, al pari delle altre informazioni, è un importante diritto di tutti i cittadini.

Maria D'Asaro, 18.12.22, il Punto Quotidiano

sabato 17 dicembre 2022

Cara pomelia...


Fiorita

tenera, viva

anche in inverno.

Esempio prezioso di vita,

pomelia cara…




giovedì 15 dicembre 2022

Emanuele Villa: la forza gentile della Sicilia migliore

     Tra i tanti amici del gruppo di Famiglie in cammino, fu lui che chiamai quando morì mia sorella: ero certa di ricevere, da una voce accogliente, parole calde ed essenziali e un grande abbraccio silenzioso.
    Emanuele Villa, che è morto il 7 dicembre scorso, era davvero una persona speciale.
Del suo impegno civile e politico è stato già scritto abbastanza: sociologo, dirigente della Regione siciliana sino al 2016, si era occupato di programmazione comunitaria. Tra i fondatori di “Palermo anno uno”, il movimento di associazioni contro le mafie nato dopo le stragi del ’92. aveva poi fondato, diretto e animato il movimento Un’altra Storia, a sostegno di Rita Borsellino, ed è stato poi condirettore della Scuola di formazione politica “Alberto Tulumello”.
     Il giorno del suo funerale la chiesa di santa Lucia era gremita: c’erano i volti e le anime della Palermo pulita, intelligente e impegnata che Emanuele aveva così compiutamente rappresentato.
Il prete lo ha definito un ‘uomo rigoroso, ma non rigido; un uomo mite e gentile, ma con le idee chiare; non un buon uomo, ma un uomo buono”.
     Assai toccanti gli interventi di commiato: quello di un fratello, che ha ricordato innanzitutto i semi buoni sparsi da Emanuele nella vita familiare. Ha poi aggiunto un particolare privato illuminante: Emanuele da ragazzo, nella bella casa di Santa Flavia, dormiva in una stanza di passaggio: in particolare il fratello maggiore vi passava spesso di notte, quando rientrava molto tardi, mentre Emanuele dormiva. Emanuele non si lamentava mai per l’interruzione del sonno e per l’intrusione…
Ha poi aggiunto che “Non c‘era amarezza o dispiacere che resistesse al suo sorriso ostinato. Emanuele aveva sempre lo sguardo disteso e la schiena dritta".
Ha poi detto quello che in pochi sapevano: Emanuele stava male da tempo. Ma minimizzava: «Sto un pochino male» diceva. E quando stava peggio: «Forse sono un pochino peggiorato». Perché non voleva fare preoccupare nessuno…
      Commoventi le parole di una nipote, fiera di uno zio che era stato anche suo padrino di Cresima, parole che mi permetto - come quelle del fratello - di citare a memoria:
 “Caro zio, anche a diciott’anni non mi vergognavo di partire con te e la zia. Perché era davvero un piacere condividere l’esperienza del viaggio con i miei zii, con te in particolare. 
In te c’era una costante tensione verso l’oltre; c’era sempre una bellezza artistica per la quale valeva la pena fare ancora un po' di cammino; una vetta da raggiungere, un sentiero nuovo da esplorare….
Tu, zio, avevi la capacità rara di far sentire tutti unici e importanti. La tua voce era sempre calda e gentile. I tuoi abbracci avevano la capacità di avvolgere pienamente...
Ti piaceva assaporare e gustare il buon cibo a occhi chiusi. E poi ci contagiavi con la forza dirompente dei tuoi ideali.
     Ma tu non lasci un vuoto, caro zio… lasci tracce di vita piena. La tua voce sarà la mia direzione. E io cercherò di sorridere sempre ostinatamente come te. 
    Staremo al tuo passo, caro zio. E cercheremo di raggiungere le cime più alte e più belle.”

E l’amico fraterno di sempre, Enzo Sanfilippo, ha poi condiviso la Preghiera del fuoco, del nonviolento Lanza del Vasto, amico di Gandhi e fondatore della Comunità dell’Arca:

Siamo tutti passanti e pellegrini. 
Accendiamo dunque un fuoco all'incrocio, all'indirizzo dell'Eterno. 
Chiudiamo il cerchio e facciamo un tempio nel vento. 
Facciamo di questo luogo qualunque un tempio. 
Perché il tempo è giunto di adorare in spirito e verità, 
di rendere grazie in tutti i luoghi e in tutti i tempi. 
Mettiamo un termine al tempo, un centro alle tenebre 
esterne e rendiamoci presenti al presente. 
Questo presente che abbiamo invano inseguito nelle nostre giornate, 
perché era lontano da noi nel momento in cui era. Eccolo 
davanti ai nostri occhi e nei nostri cuori, il presente. 
Il fuoco è il presente che brucia e brilla, è il presente che prega. 
Il fuoco è il sacrificio di ciò che brucia, 
il calore di vita e la gioia degli occhi. 
E' la morte delle cose morte e il loro ritorno alla luce. 
Fuoco di gioia! Sofferenza e gioia l'una nell'altra
L'amore è la gioia nella sofferenza. 
Il fuoco è la vita e la morte l'una nell'altra, 
l'apparenza che si consuma e la sostanza che appare. 
Cantiamo gloria nella lingua del fuoco, 
evidente e chiara a tutti gli uomini. 
E voi, gente che passate sulla strada dei Quattro Venti, 
entrate nel cerchio e dateci la mano. 
Soffia su di noi, Signore, 
perché la nostra preghiera salga in fiamma, 
perché il nostro cuore di legno morto e di spine 
e la sua breve e vacillante scintilla di vita 
servano a nutrire un po' la tua gloria.

domenica 11 dicembre 2022

Pietro Pinna, il primo obiettore di coscienza

      Palermo – I cittadini italiani maschi con più di quarant’anni ricordano sicuramente la ‘cartolina precetto’, che arrivava ai maggiorenni inclusi nelle liste di leva. Appena ricevuta, bisognava presentarsi al distretto militare, sottoporsi alla visita medica e, se idonei, svolgere il servizio nell’Esercito, in Marina o nell’Aeronautica Militare. 
Sino al 1972, chi riceveva la ‘cartolina precetto’ e si rifiutava di prestare il servizio militare incorreva nel reato di renitenza alla leva: era considerato disertore, punito con la reclusione in carcere  e privato anche di alcuni diritti civili. 
     Il riconoscimento del diritto all'obiezione di coscienza al servizio militare per motivi morali, religiosi e filosofici venne introdotto in Italia dalla legge  n.772 del 15 dicembre 1972, su proposta dal senatore democristiano Giovanni Marcora. La legge 772/1972 stabilì la possibilità di svolgere in alternativa al servizio militare il ‘servizio civile’, inizialmente più lungo di quello militare, poi equiparato al periodo di leva (12 mesi). 
Pietro Pinna e Aldo Capitini
    La Corte Costituzionale, con sentenza n. 164 del 23 maggio 1985, incardinò nella giurisprudenza il diritto del cittadino a servire la patria anche espletando il servizio civile. Con la legge n.64 del 6 marzo 2001 verrà poi istituito il servizio civile nazionale.
    Ma cosa accadeva a chi obiettava al servizio militare, prima del 1972? 
Ecco la storia del primo obiettore di coscienza italiano: il ligure Pietro Pinna.
      Chiamato a svolgere il servizio di leva alla fine del 1948, Pinna, allora ventunenne e già diplomato, chiese di diventare allievo ufficiale. Come tante nel dopoguerra, la sua famiglia versava in condizioni economiche disagiate: Pietro sperava di sostenerla con la retribuzione da ufficiale. 
    Influenzato però dal pensiero del filosofo nonviolento Aldo Capitini, si rese presto conto che la cultura militare era incompatibile con le sue convinzioni. Convocato in caserma a Lecce per l’avvio del corso, decise perciò di rifiutare il servizio militare.
Ecco quanto scrisse al Comando militare: “Faccio noto a codesto comando di essere venuto nella determinazione di disertare la vita militare per ragioni di coscienza. Trascurando qui di prendere in considerazione nei dettagli le convinzioni dettatemi da ragioni di fede, storiche, sociali e altro, dico che le mie obiezioni nascono essenzialmente dall’impegno totale assunto sin dalla fanciullezza ad una apertura ideale e pratica a tutte le creature umane. Modi capitali indispensabili di essa apertura: nonviolenza e non menzogna, mai limitabili e per nessun motivo. Logica e naturale è così la mia spontanea reazione, anzi impossibilità a collaborare con l’Istituzione militare, le cui evidenti manifestazioni prime sono in antitesi con tali mie più profonde ragioni di vita. Mi dichiaro pienamente consapevole del mio atto di rottura con la legge attuale e resto in attesa d’una pronta decisione al riguardo”.
    Processato per disobbedienza, sulla base dell’art.173 del Codice militare di pace, fu condannato al carcere prima per dieci mesi, poi per altri otto. Al processo venne difeso dall'avvocato Bruno Segre, che diventerà uno dei più famosi difensori italiani nel campo dell'obiezione di coscienza. Venne infine riformato per "nevrosi cardiaca".
    Grazie alla risonanza fornita da Capitini, l’obiezione di Pietro Pinna assunse rilievi internazionali: ricevette lettere di sostegno dalla vedova del presidente degli Stati Uniti Wilson  e dalla figlia di Leone Tolstoj, Tatiana Tolstoj Suhotin; inoltre, ventitré parlamentari inglesi scrissero al Presidente del Consiglio De Gasperi per intercedere in suo favore.
    Pietro Pinna divenne poi uno dei più stretti collaboratori di Aldo Capitini, con cui nel 1961 organizzò la prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi e le tre successive. Continuò ad operare nel Movimento Nonviolento per tutta la vita, diventandone segretario nazionale dal 1968 al 1976; fu direttore della rivista Azione nonviolenta fino alla morte, il 13 aprile 2016. Nel 2008 era stato insignito del Premio Nazionale Nonviolenza, mentre nel 2012 la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Pisa gli aveva conferito la laurea ‘honoris causa’ in Scienze per la Pace.
    In varie circostanze, Pinna aveva continuato a pagare in prima persona per le sue scelte: in seguito all’affissione di uno scritto il 4 novembre, Festa delle Forze armate ("Non festa ma lutto"), il 17 gennaio 1973 venne arrestato a Perugia e condannato per vilipendio alle Forze armate; fu comunque liberato quattro settimane dopo su istanza di grazia dell'allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone. Pinna fu anche tra gli organizzatori della Marcia Catania-Comiso (24/12/1982–3/1/1983), svolta per protestare contro l'installazione della base missilistica statunitense, prima azione concreta di lotta nonviolenta contro le installazioni militari in Italia.  
    Nel nostro paese, la leva obbligatoria è stata abolita con la legge 226 del 2004; oggi forse molti giovani non sanno neppure cosa sia l’obiezione di coscienza.
La situazione è diversa dove c’è una guerra, ad esempio in Ucraina e in Russia. In questi due Stati, il diritto all’obiezione di coscienza è riconosciuto nelle carte costituzionali, ma non è stato mai pienamente applicato. 
    Il movimento degli obiettori di coscienza russi sta lottando per far firmare a quanti più giovani possibile il rifiuto della coscrizione: infatti, anche se è poco noto, molti russi non vogliono andare al fronte a combattere.
    Anche in Ucraina la situazione è assai difficile. Dal 2014, l’obiezione all’uso delle armi era riconosciuta solo per motivi religiosi; adesso, con la legge marziale, il rifiuto di combattere comporta l’accusa di tradimento della patria, o quella di essere spie russe. Molte organizzazioni nonviolente e che si battono il rispetto dei diritti umani sono impegnate per offrire agli obiettori russi e ucraini aiuti concreti per pagare le spese legali e perché in Europa e in Italia venga loro riconosciuto lo status di rifugiati. I giovani russi e ucraini che non vogliono combattere cercano di comunicare tra loro: disertori, renitenti alla leva, obiettori, in un fronte e nell’altro, sono oggi i testimoni più autentici del desiderio di  pace.
    Si spera che la loro scelta difficile, il loro lungimirante coraggio e il loro diverso amor di patria possano far iniziare negoziati per una pace giusta e duratura. E spianino la strada perché tutti i popoli rifiutino la guerra come mezzo – atroce, devastante e assassino - di risoluzione dei conflitti.

Maria D'Asaro, 11.12.22, il Punto Quotidiano

venerdì 9 dicembre 2022

Il Tempo delle due Luci

           “L’operatore Miki Stojicic mi ha spiegato una volta, che il tempo delle due luci è quando la luce artificiale inizia ad affiancarsi a quella naturale, che se ne sta andando. Non è più giorno, non è ancora notte. E mi ha detto: un cameraman, che sa il fatto suo, la tiene a lungo viva, quella luce. La rende eterna. 
        Credo che il mio libro, il primo, se prenderà vita avrà questo titolo: Il Tempo delle due Luci."
Lucia Goracci





Palermo - Foto mari@dasolcare

martedì 6 dicembre 2022

La fiera dei miracoli



(grazie ad Adriana Saieva che l'ha proposta il 4/12  alla "Casa dell'Equità e della Bellezza"
a Palermo, per l'appuntamento mensile:
 La domenica di chi non ha chiesa)





Un miracolo comune:
l’accadere di molti miracoli comuni.

Un miracolo normale:
l’abbaiare di cani invisibili
nel silenzio della notte.

Un miracolo fra tanti:
una piccola nuvola svolazzante,
e riesce a nascondere una grande, pesante luna.

Più miracoli in uno:
un lontano riflesso sull’acqua
e che sia girato da destra a sinistra,
e che cresca con la chioma in giù,
e non raggiunga affatto il fondo
benché l’acqua sia poco profonda.

Un miracolo all’ordine del giorno:
venti abbastanza deboli e moderati,
impetuosi durante le tempeste.

Un miracolo alla buona:
le mucche sono mucche.

Un altro non peggiore:
proprio questo frutteto
proprio da questo nocciolo.

Un miracolo senza frac nero e cilindro:
bianchi colombi che si levano in volo.

Un miracolo – e come chiamarlo altrimenti:
oggi il sole è sorto alle 3.14
e tramonterà alle 20.01.

Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe:
la mano ha in verità meno di sei dita,
però più di quattro.

Un miracolo, basta guardarsi intorno:
il mondo onnipresente.

Un miracolo supplementare, come ogni cosa:
l’inimmaginabile
è immaginabile.
Wislawa Szymborska, La gioia di scrivere - Tutte le poesie (1945-2009),
Adelphi Edizioni, Milano 2009, pag. 483 (trad. di Pietro Marchesani

domenica 4 dicembre 2022

Nancy e Leo: il piacere è tutto nostro…

       Palermo – Tenero, ironico, coinvolgente: eppure non era affatto scontato che la regista australiana Sophia Hyde con Il piacere è tutto mio (uscito in Italia il 10 novembre scorso) riuscisse a trattare un tema spinoso e complesso come il sesso a pagamento con leggerezza e misura.
     Il film racconta infatti di un’insegnante in pensione, Nancy Stokes, che, vedova da due anni dopo un matrimonio monotono e senza passione, decide di di concedersi una ‘botta di vita’ contattando un attraente giovanotto, Leo Grande, che offre prestazioni sessuali dietro compenso.
Sembrerebbe l’incipit di una pellicola discutibile, squallida e piuttosto banale. Invece si assiste a una commedia intrigante e delicata. I dialoghi convincenti e serrati tra la tormentata e assieme decisa ex professoressa e il bel Leo, dietro la cornice dell’esplicita ragione dell’incontro, fanno affiorare l’umanità autentica di un uomo e di una donna tanto diversi per età e percorsi di vita, ma così vicini per sensibilità e desiderio di comunicare, capaci anche di rischiare e di mettersi in gioco parlando a tutto tondo dei loro problemi esistenziali
     La vicenda si svolge quasi esclusivamente in una camera d’albergo, come un’opera teatrale, ma cattura comunque, scena dopo scena, l’attenzione partecipe degli spettatori.
Nancy mostra senza filtri la difficoltà di uscire dalla gabbia di convenzioni e moralismi che si è sapientemente costruita nel corso degli anni, seppellendo il ricordo di un desiderio adolescenziale e additando come ‘poco di buono’ le alunne che invece quel desiderio l’avevano vissuto fino in fondo. La donna non riesce neanche a vedere la bellezza del suo corpo, che sebbene maturo, può ancora dare e ricevere piacere.
Leo, invece, appare inizialmente sicuro di sé, con un fare gentile, capace di affrontare ogni imprevisto con paziente dolcezza. Ma appena la sua nuova cliente scava oltre l’immagine del “bello e possibile”, scricchiola anche la sua ‘facciata’…
    Così, quando Leo e Nancy mettono a nudo le loro anime, lo spazio per realizzare i desideri proibiti rischia di dissolversi e i due rimangono uno di fronte all’altra con le loro sofferenze. 
   Il film, comunque, non sfocia nel dramma. Ci si congeda dalla narrazione con il retrogusto gradevole di avere assistito a un gioco di seduzione e di reciproca esplorazione gioiosa e armonica, in un’atmosfera ricca di musica, di piacere e di rispetto reciproco, che incoraggia a vivere con il sorriso di prospettive nuove, indulgenti e creative…
Emma Thompson
  Un plauso, allora, sia alla già citata regista Sophia Hyde che alla sceneggiatrice Katy Brand. E complimenti per la loro recitazione superba a Emma Thompson e a Daryl McCormack, sempre convincenti, senza cadute di stile.
   Così, si esce dalla sala cinematografica con una carica di inattesa allegria: chi scrive si è ricordata di Platone che affermava che tutte le ascesi conoscitive nascono  “dall’attrazione di un corpo bello”; e poi delle illuminanti considerazioni dello psicologo e psicoterapeuta Giovanni Salonia: “La sessualità ha il compito di condurci a una soglia che deve essere varcata (…): essa è soglia e non dimora: se smarrisce la dimensione allusiva, intima e costitutiva, si ritorce in impazzimento. (…) Quando la sessualità da farmaco diventa relazione, avviene un salto qualitativo.” 
   Ecco, il salto qualitativo ne “Il piacere è tutto mio” c’è. C’è il valore terapeutico di un incontro tra due corpi che, anche se contingente e a ‘contratto’, risulta appagante perché unito a un contatto relazionale autentico.
   E, infine, alla scrivente riecheggia persino il valore salvifico di un vecchio slogan del ’68: “Fate l’amore, non fate la guerra…”

Maria D'Asaro, 4.12.22. il Punto Quotidiano

venerdì 2 dicembre 2022

Riciclo

Vincent Van Gogh: Iris
I jeans di mia figlia
I calzini di suo fratello
Le felpe dell’altro.

Le pentole di mia cognata
Gli orecchini di mia madre
I berretti della zia defunta
Le ciabatte di quella viva.

I pensieri dell’amico filosofo
Le battute dell’avvocato
Le intuizioni del Mahatma
Le copie dei quadri del pittore un po’ tocco.


La zuppa del giorno prima
Le mollette perse sul selciato
I teli da mare di mia sorella
I quaderni colorati di mio nipote.

Gli imperativi kantiani
I suggerimenti per le tisane
Le foto di una persona speciale
I vasi da fiori ancora interi.

Di mio, molto poco:
libri, peluches spelacchiati,
due tesi di laurea, stoviglie azzurre sbeccate,
un corpo e una mente - non certo di prim’ordine.


mercoledì 30 novembre 2022

30 novembre 2008/2022: sono 14...

Oggi il blog, nato il 30 novembre 2008, compie 14 anni: è quasi grande…

Grazie di cuore alle/ai gentili lettrici/lettori che lo onorano con la loro attenzione.

Dacia Maraini afferma - e sono d'accordo con lei - che “Scrivere è come correre da un innamorato…”




E continua, in Amata Scrittura:

«Scrivo per non perdere il vizio
di dire le cose.
Scrivo nel tentativo di lasciare
una traccia.
Scrivo per paura che i pensieri
mi passino di mente.
Passeggio con la penna su questo
foglio bianco e lo lordo di idee.
Ci gioco, lo uso, mi faccio sedurre,
usare, tentare.
Con la penna dico tutto, non mento,
non ho pudore.
Dove la lingua esita e si ferma,
la mano scorre fluida e leggera.
Scrivo per guardarmi dentro.
Scrivo per fermare il tempo.
Scrivo per suscitare sentimenti e per
esprimere i miei.
Scrivo per dare un senso al silenzio.
Il cielo blu
il mare blu
l'inchiostro blu.»                                                                                 
                                                                                                                
      Ma per scrivere con continuità, sottolinea saggiamente Haruki Murakami  ne Il mestiere dello scrittore, “occorre preservare la qualità stessa della vita”. Perché “l’energia fisica e quella spirituale sono le due ruote di una macchina”.
“Penso che il caos alloggi nell’animo di chiunque. Nel mio come nel vostro. Non è qualcosa che si debba mostrare concretamente volta per volta, nella vita quotidiana, in una forma visibile. (…)
Se vogliamo incontrare il caos dentro di noi, basta che (…) scendiamo in fondo alla nostra coscienza.    Perché si nasconde lì, il caos che dobbiamo valutare, quello che vale la pena affrontare. Per trasformare in parole questo caos, in maniera onesta e fedele, ciò di cui avete bisogno è una tenace capacità di concentrazione e una perseveranza incrollabile”.

    Auguro a me stessa ancora tanta concentrazione, tanta perseveranza e … tanto amore appassionato.
Per scrivere benino e… per vivere bene!

martedì 29 novembre 2022

Il reddito minimo, secondo Erich Fromm

    “Molti dei mali delle attuali società capitaliste e comuniste scompariranno con l’introduzione di un reddito minimo annuo garantito. Il nocciolo di quest’idea e che tutte le persone, che lavorino o meno, devono godere dell’incondizionato diritto a non morire di fame e ad avere un ricovero.
Non dovranno ricevere più di quanto sia indispensabile per mantenersi, ma non dovranno neppure ricevere di meno. È un diritto che risponde ad una concezione nuova oggi, benché si tratti di una antichissima norma di cui si è fatto paladino il cristianesimo, e che era messa in pratica in molte tribù ‘primitive’, quello secondo cui gli esseri umani hanno un incondizionato diritto a vivere, indipendentemente dal fatto che compiano o meno il loro ‘dovere verso la società’ … È un diritto che concediamo ai nostri animali domestici, non però ai nostri simili
Una prescrizione del genere avrà per effetto di dilatare enormemente l’ambito della libertà personale; nessuno che sia economicamente dipendente da altri (da un genitore, da un marito, da un capo) sarebbe più sottoposto al ricatto di venir lasciato morire di fame; individui dotati, che vogliono cominciare una nuova vita, potrebbero farlo a patto che siano disposti a sobbarcarsi al sacrificio di vivere, per un certo periodo, in relativa povertà. (…) 
… Il reddito annuo minimo garantito assicurerebbe reale libertà e indipendenza; per tale motivo esso è inaccettabile per ogni sistema basato sullo sfruttamento e il controllo, soprattutto per le varie forme di dittatura. (…) ”.
Erich Fromm: Avere o essere? (Mondadori, 1981, I ed. 1977 Milano, pagg.246,247)

E ancora:
“Un reddito minimo garantito, che diviene possibile nell’era dell’abbondanza economica, permetterebbe finalmente di liberare l’uomo dalla minaccia della morte per fame, rendendolo così davvero libero e indipendente dal ricatto economico.
Il reddito minimo garantito, non soltanto farebbe della libertà una realtà anziché un mero slogan, ma costituirebbe l’attuazione di un principio profondamente radicato nella tradizione religiosa e umanistica dell’Occidente, che suona: l’uomo ha comunque il diritto di vivere! Tale diritto di vivere, di disporre di cibo, ricovero, assistenza sanitaria, istruzione, eccetera, è intrinseco all’essere umano e non può venire limitato per nessun motivo, neppure la pretesa che l’uomo debba essere socialmente “utile”. La transizione da una psicologia della scarsità a quella dell’abbondanza rappresenta uno dei passi di maggior momento nello sviluppo dell’uomo. Una psicologia della scarsità produce ansia, invidia, egoismo (e lo si costata, con la massima evidenza, nelle culture agricole di ogni parte del mondo). Una psicologia dell’abbondanza produce iniziativa, fede nell’esistenza, solidarietà. Il fatto è che la maggior parte degli esseri umani sono ancora psicologicamente orientati secondo realtà economiche proprie alla scarsità, e ciò mentre il mondo industriale è sul punto di entrare nell’era dell’abbondanza economica.
Ma proprio a causa di questo “ritardo” psicologico avviene che molti non riescano neppure a capire nuove idee come quelle implicite nel concetto del reddito minimo garantito, e ciò perché le idee tradizionali sono di norma promosse da sentimenti che hanno origine in precedenti forme di esistenza sociale.
Per l’individuo avido esiste sempre scarsità, dal momento che egli non ha mai abbastanza, quali che siano i beni di cui dispone, e oltretutto è invidioso e competitivo nei confronti di chiunque altro, e pertanto è sostanzialmente isolato e spaventato. Non è in grado di godere davvero dell’arte o di altri stimoli culturali, perché permane fondamentalmente vorace, e ciò significa che coloro i quali vivessero al livello del reddito minimo garantito si sentirebbero frustrati e privi di valore, mentre coloro che guadagnassero di più resterebbero prigionieri delle circostanze perché sarebbero preda del timore di perdere la possibilità di un massimo di consumo.
 Per tali motivi, ritengo che il reddito minimo garantito che non si accompagni a un distacco dal principio del consumo massimo potrebbe costituire la risposta soltanto a certi problemi economici e sociali, senza però avere l’effetto radicale che si dovrebbe aspettarsene."

E. Fromm, Le implicazioni psicologiche del reddito minimo garantito
in La disobbedienza e altri saggi (Milano 1982)

Il secondo testo è stato preso da qui, dove si leggono anche queste considerazioni: 
"La posizione di Fromm non esclude, ma anzi implica la formazione e la riconversione dei disoccupati verso nuove professioni, per permettere loro di trovare non solo un’occupazione ma anche un lavoro migliore, sia dal punto di vista reddituale che da quello, non meno importante, di riuscire a soddisfare le capacità e le aspettative di ciascuno; superando nel contempo l’idea che la scuola debba ad un certo punto avere un termine ed introducendo al contrario una visione in cui ciascun individuo non finisca mai di studiare e di formarsi.
A distanza di parecchi anni dalla sua pubblicazione il presente saggio è decisamente attuale per la sua visione psicologica e sociale, propria di un grande umanista come Erich Fromm, soprattutto nell’idea che un forma di reddito minimo può ampliare in modo enorme la libertà dell’essere umano: l’autore si situa tra quei pensatori che sostengono quanto sia importante una libertà sostanziale, quindi non una libertà meramente formale, che si fondi sulla possibilità materiale per ognuno di costruirsi un proprio progetto di esistenza."


domenica 27 novembre 2022

Mimmo Cuticchio, puparo con laurea

     Palermo – La facoltà di Lettere dell’Università degli Studi RomaTre ha conferito il 16 novembre scorso la laurea honoris causa in “Teatro, Musica, Danza” al siciliano Mimmo Cuticchio, puparo e ‘cuntista’ (cantastorie) che, da oltre mezzo secolo, tiene vivo il teatro dell’Opera dei Pupi.
     Questa la motivazione del rettore Massimiliano Fiorucci: “Tutta la sua opera ha permesso di valorizzare la tradizione dei pupi siciliani con nuovi linguaggi calati nell’attualità. Ha traghettato nel terzo millennio la tradizione dei pupi siciliani di scuola palermitana e del ‘cunto’, innovando, sperimentando attraverso la costante ricerca di nuovi linguaggi, la contaminazione dei generi, il lavoro sul territorio e nelle periferie.”
     L’Opera dei Pupi - una particolare forma di teatro che ha per protagonisti i cosiddetti ‘pupi’, cioè delle marionette - è una delle espressioni artistiche più radicate nella memoria storica e nell’identità culturale siciliana. E’ nata all’inizio del 1800 sia a Palermo che a Catania, quando i pupari resero animati i ‘pupi’ per rappresentare a puntate le storie della letteratura epico-cavalleresca, riferite al ciclo carolingio e ai romanzi del ciclo di Artù,  rielaborati nella Storia dei Paladini di Francia di Giusto Lodico, testo che, pubblicato a partire dal 1858, ebbe il merito di riunire e rielaborare in prosa i poemi della letteratura colta, quali l'Orlando innamorato e l'Orlando Furioso.  I personaggi principali dell'Opera dei Pupi furono i paladini di Carlo Magno: il prode Orlando, Rinaldo, Ruggero, la principessa Angelica, alcuni saraceni, nemici dei paladini, e il traditore Gano. Si inseriranno poi nel repertorio tradizionale dei pupari anche narrazioni storico-romanzesche, storie di briganti, alcune opere di William Shakespeare, come Romeo e Giulietta e Macbeth, e brevi farse.
    L’Opera dei Pupi ottenne in Sicilia un successo strepitoso. Ecco cosa ha scritto a proposito lo studioso Antonio Pasqualino: «Nell’Ottocento, determina la nascita dell’Opera dei Pupi l’introduzione delle corazze metalliche che rendono splendenti e fragorosi i pupi, con una meccanica particolarmente adatta a rappresentare i combattimenti con le spade … Ciò avviene anche in conseguenza di geniali invenzioni tecniche che permettono di dare una straordinaria efficacia al combattimento, che diviene una danza esaltante, ritmata in crescendo dai colpi dello zoccolo calcato dal puparo, tale da sollecitare un’intensa partecipazione psicomotoria nel pubblico, e che rimanda alle danze armate diffuse in tutta Europa». 
Mimmo Cuticchio è figlio d’arte, e ha respirato da bambino l’atmosfera del teatrino dei Pupi. Nasce a Gela nel 1948, in provincia di Caltanissetta, in una famiglia di ‘pupari’,  era ‘puparo’ il nonno e il padre Giacomo. Mimmo, che viene alla luce nel retropalco del teatrino del padre, ne eredita mestiere, cultura e passione. 
      Poi da Gela si trasferisce a Palermo, dove nel 1973 apre il teatro dei Pupi “Santa Rosalia”; nel 1977 fonda l'associazione "Figli d'arte Cuticchio", che si prefigge di salvaguardare la tradizione dell'Opera dei Pupi, con opera di divulgazione nelle scuole, e in associazioni culturali, impedendo così che i Pupi ‘ammuffiscano’ in un museo…
Infatti, grazie alla sua passione e alla sua tenacia, la tradizione del teatro dei Pupi a Palermo e in Sicilia è rimasta viva, ritrovando persino nuova linfa e vitalità: nel 1997 Cuticchio ha fondato la prima scuola siciliana per pupari e cuntisti, formando una nuova generazione di allievi che si sono ispirati alla sua recitazione e al suo stile.
     “E’ un riconoscimento a uno straordinario percorso di lavoro popolare, che ha fatto conoscere in Italia e nel mondo questa tradizione antica innovandola continuamente. Racconta di noi, della vita e dei sentimenti, degli amori e dei tradimenti”, ha ribadito dopo la cerimonia il Rettore dell’Università di Roma, sottolineando che “le arti antiche come questa non vanno abbandonate, ma vanno rinnovate ed è questo il ruolo fondamentale di Mimmo Cuticchio. L’Università, anche attraverso queste iniziative, vuole dare visibilità ad esperienze che possono svolgere un ruolo di diffusione e conoscenza”.
    Nel 2001 l’UNESCO ha proclamato l’Opera dei Pupi siciliana patrimonio immateriale orale dell’umanità: prima opera in Italia ad ottenere questo importante riconoscimento. 
Se lo spettacolo è il momento espressivo cruciale del ‘cuntastorie’, come ha dimostrato Mimmo Cuticchio con il suo teatro, anche gli oggetti che compongono l’opera dei pupi (pupi, fondali e cartelli, etc.) costituiscono un patrimonio culturale prezioso. A Palermo magnifiche collezioni di pupi possono essere ammirate al Museo internazionale delle marionette ‘Antonio Pasqualino’, al Museo etnografico siciliano ‘Giuseppe Pitré’, mentre la collezione  del padre di Mimmo Cuticcho si trova a  Palazzo Branciforte.

Maria D'Asaro, 27.11.22, il Punto Quotidiano