domenica 29 dicembre 2019

Ecco Taormina, perla della Sicilia

               Palermo – Ci sono tanti buoni motivi per cui Taormina, a metà strada tra Catania e Messina, viene appellata “perla della Sicilia”. Innanzitutto, per la sua posizione: la cittadina, che sorge a 200 metri dal livello del mare sull’altura di monte Tauro (da cui deriva appunto il nome greco “Tauromenion”), guarda a nord la costa ionica fino a Messina, a sud quella che va verso Catania e contempla la vista maestosa dell’Etna, e il fascino potente e misterioso delle sue nuvolette di fumo. La “perla della Sicilia” si caratterizza poi per la luce - sempre nuova, sempre speciale - del suo mare e del suo cielo, luminosità che si apprezza e si gode appieno sia d’estate che d’inverno. Per non parlare delle spiagge: la spiaggia di Mazzarò, con i suoi ciottoli, i suoi scogli neri e l’acqua cristallina, e la baia suggestiva dell’isola Bella, formata da rocce nere e con una ricca vegetazione, baia raggiungibile da Taormina anche a piedi da un buon camminatore, attraverso una lunga scalinata; l’isola, nei periodi di bassa marea, è unita alla costa da una sottile lingua di terra, mentre con l’alta marea è visitabile in barca, unitamente alla splendida grotta Azzurra, una delle grotte marine di capo sant’Andrea.
         Taormina ha poi uno dei teatri antichi più suggestivi e meglio conservati dell’isola: il suo teatro greco infatti, che sfrutta il declivio naturale del territorio, ospita ogni anno importanti eventi teatrali e musicali, che incontrano il favore di un vasto pubblico, attratto anche dal panorama mozzafiato che si può ammirare dalle sue scalinate. La cittadina – con le attività legate a Taormina Arte, nata nel 1983 -  offre infatti un ricco ventaglio di manifestazioni culturali: l’evento più eclatante è il Taormina Film Festival, rassegna internazionale del cinema che si svolge in estate; mentre dal 2005, a inizio del mese di Ottobre, ha luogo tra il teatro greco e palazzo Corvaja  una rassegna di musica classica intitolata al compositore e direttore d’orchestra Giuseppe Sinopoli, per un decennio apprezzato direttore artistico della sezione musica di Taormina Arte.
Taormina è assai godibile in ogni stagione, il turista infatti può sempre ammirare il centro storico cittadino lungo corso Umberto I, la via centrale ricca di negozi, da porta Messina - vicino la quale può ammirare la secentesca chiesa di san Pancrazio, eretta sui resti di un tempio ellenistico, e palazzo Corvaja, sintesi di architettura araba, normanna e rinascimentale - a porta Catania, nei cui pressi si può visitare il Palazzo dei Duchi di santo Stefano, pregevole edificio di epoca normanna.
   
           A piazza IX Aprile, a metà di corso Umberto, c’è un ottimo punto panoramico, vicino ai giardini della Villa Comunale, un tempo parco di lady Florence Trevelyan, dama inglese appassionata di botanica e ornitologia, che arrivò a Taormina nel 1884 e poi vi rimase per sempre dopo aver sposato l’allora sindaco della città, Salvatore Cacciola.
       
            Dalla fine del 1700 infatti, Taormina divenne una sorta di meta elettiva della mondanità internazionale: nei suoi magnifici Grand Hotel misero piede stelle del cinema come Liz Taylor, Richard Burton, Gregory Peck, Cary Grant, Greta Garbo e Marlene Dietrich, scrittori come Maupassant, Oscar Wilde, Gide, D’Annunzio, musicisti come Brahms e Wagner, pittori come Klimt e Salvatore Dalì. A fine maggio 2017, la cittadina ha avuto persino l’onore di ospitare il 43° vertice del G7, con la partecipazione dei primi ministri di Italia, USA, Regno Unito, Canada, Giappone, Francia, Germania.

            Ma Taormina oggi è visitabile anche dal turista medio, che trova buone condizioni di accoglienza anche a prezzi accessibili. E che, a piedi o con i mezzi pubblici, può programmare un’escursione a Castel Mola (529 metri di altitudine, a otto chilometri da Taormina), dove si pensa ci fosse l’acropoli di Tauromenion e che conserva oggi i resti del suo Castello medioevale, i suoi vicoli e le sue piazzette assai suggestive, oltre che un panorama davvero unico.
             La cura per la pulizia, la gentilezza verso i visitatori, l’ottima offerta gastronomica, l’attenzione verso l’ecologia e le scelte ecosostenibili completano il quadro di un luogo da visitare assolutamente almeno una volta nella vita.

Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 29.12.2019

mercoledì 25 dicembre 2019

Luci di Natale

Gerrit van Honthorst, detto Gherardo delle Notti: Adorazione del Bambino

Palermo – La sua inquietudine iniziava a fine ottobre, quando in città apparivano anzitempo le luminarie natalizie: le prime quest’anno – un enorme e pacchiano Babbo Natale con annessa stella cometa – erano state avvistate nel suo quartiere già il 25 ottobre, mentre qualcuno prendeva ancora il sole in spiaggia, nella vicina Mondello … Questa sorta di clima natalizio anticipato era per Maruzza ... (continua su il Punto Quotidiano)


Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 22.12.2019

sabato 21 dicembre 2019

Solstizio d'inverno

      Anche se fuori soffiava forte il vento, la gioia era un aereo atterrato, nonostante tutto; erano i piatti da lavare maggiori di uno; era la lavatrice che cantava a pieno carico per le camicie da rinfrescare; era essere chiamata fatina per un rammendo riuscito e un bottone attaccato o fiore all’occhiello perché aveva subito trovato le carte da poker, 104 più i jolly ... 
       Era la quieta dolcezza di abbracci veri, da tempo sognati; erano le note di un pianoforte che riprendeva a suonare; era il calore di uno strano focolare - un po’ irreale, un po’ vero – comunque acceso.

mercoledì 18 dicembre 2019

Amore e misericordia, vie di salvezza

Leonardo da Vinci: Cartone di Burlington House, 1501 
           Care sorelle e fratelli, è emozionante quest’incontro tra Gesù e Giovanni Battista, anche se è riferito perché Giovanni è in carcere. Ed è emozionante perché si incontrano due impostazioni di vita degne di grande rispetto. 
          Da un lato, Giovanni Battista, uno che ha fatto scelte radicali: la privazione, il deserto, l’alzare la voce, la critica verso il potere, la denunzia, il coraggio, sino al martirio. Dall’altro lato - che non è un lato opposto, ma diverso - Gesù che non vuole spegnere il lucignolo fumigante, che si muove risanando le persone, offrendo a tutti la possibilità di un futuro diverso dal loro passato o da presunte condanne (di Dio, della società, del tempio), offrendo il volto della misericordia, del perdono, della prossimità, della vicinanza.
          E Gesù non vuole fare concorrenza a Giovanni: lo apprezza tantissimo e, in fondo, nel mondo ci vogliono tutti e due, Giovanni Battista e Gesù. Ma l’affermazione conclusiva di Giovanni Battista è che il Regno di Dio ha un’altra misura, ha un altro passo, rispetto a quello frontale, di battaglia, di voce alzata, di martirio dello stesso Giovanni. 
           Gesù ci dice che la misericordia è più grande di tutto questo. La denuncia, la lotta sono necessarie, ci scappelliamo quando ci sono, con ammirazione, con rispetto. La misericordia è la rivelazione più piena della vicinanza di Dio all’uomo: il volto di Gesù cerca di incarnare tutto questo: le sue parole, i suoi gesti, il suo desiderio di far tornare il sorriso nelle persone, di risollevarle dalle loro angosce, dalle loro miserie, dai loro errori … perché nessuno si senta sconfitto o perduto.
E bisogna tenere lontano ogni atteggiamento di giudizio, di sovrapposizione verso gli altri. 
            Una certa religiosità, una certa idea di purezza, di una sorta di legalità rituale non bastano: c’è dell’altro ancora, di più importante, di più bello: “Ditelo a Giovanni, portategli belle notizie a Giovanni … quel cieco ci vede, quello zoppo cammina, quel sordo sente … “ E’ contento di sentire … pensavano di non farcela, di essere risucchiati in una condizione irrimediabile, insanabile.
          E invece non è più così: un amore di Dio più grande delle nostre miserie, delle nostre difficoltà, che Giovanni sa cogliere e sulle quali punta il dito. Ma questo non è l’atto ultimo. Questo è il penultimo. L’atto ultimo è quello che sa includere anche le miserie più terribili e più devastanti per offrire la possibilità di superarle. E affermare che l’amore e la misericordia possano sopportare, supportare e superare anche le situazioni più disperate.
           Ma noi non ci riusciamo, lo sappiamo. Ne prendiamo atto. Ma questo è quello che vogliamo credere come donato da Dio, come orizzonte nel quale tutto può essere compreso, nonostante tutto. E Dio è incommensurabile. La misura dell’amore di Dio è amarci senza misura, in nessuna proporzione con quello che noi facciamo, ma sproporzionatamente rispetto a quello che siamo e a quello che facciamo.
              Ma è bello pensare che Dio sia allora la sorpresa su di noi, la diversità rispetto ai nostri perimetri entro cui spesso rischiamo di chiudere le nostre storie personali e quelle degli altri e dell’umanità. Dio è l’altro ancora, è l’oltre ancora le nostre miserie … Il suo sguardo, il suo sorriso ci viene incontro attraverso Gesù Cristo. Che è l’alterità, la differenza di Dio che sa includere tutte le nostre situazioni. La differenza che sa farsi in tutto simile a noi, ma la sua differenza non è lontana da noi stessi, ma ci aiuta ad accorciare la distanza tra le nostre pochezze e l’immensità del suo amore e della sua misericordia.

(omelia di don Cosimo Scordato, chiesa san Francesco Saverio, Palermo, domenica 15.12.19, III Avvento: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)

domenica 15 dicembre 2019

“Cuoche combattenti” contro la violenza

             Palermo – Metti insieme un gruppo di donne con un vissuto familiare difficile, segnato da violenze fisiche o psicologiche, falle reagire con un accogliente centro anti-violenza, che esalta il loro ‘sapore’ combattivo, aggiungi un tocco di sapiente lavoro di rete, una spruzzata di micro-credito e condisci il tutto con abbondanti manciate di creatività e resilienza.
           A Palermo le “Cuoche combattenti” sono nate pressappoco così: l’idea si deve a ... (continua su il Punto Quotidiano)



Maria D'Asaro, 15.12.2019, il Punto Quotidiano

venerdì 13 dicembre 2019

A Palermo santa Lucia offre arancine e cuccia

              Palermo  – Se siete un turista di passaggio a Palermo il tredici dicembre, giorno della festa di santa Lucia, ed entrate in un panificio chiedendo uno sfilatino di pane, potreste rischiare di essere guardato come un alieno. Perché? Perché a Palermo – come anche in altre zone della Sicilia, soprattutto Siracusa e dintorni – il tredici dicembre la tradizione impone di non consumare cibi a base di farina, ma arancine di riso (declinate al femminile, diversamente che a Catania!) di riso preparate in mille modi (al ragù, al pistacchio, al burro, con spinaci, con melanzane, ma anche con cioccolato …), panelle, cioè gustose frittelle a base di farina di ceci, e infine un dolce davvero prelibato, la cuccia.
        La tradizione di astenersi da pane e pasta nel giorno dedicato a santa Lucia risale addirittura al lontano 1646, quando nel porto di Palermo approdò una nave carica di grano, che permise ai palermitani di sfamarsi dopo una lunga carestia. A causa della fame prolungata, il grano non venne macinato, ma solo bollito e quindi mangiato. Per ricordare l’arrivo del bastimento, per il quale i cittadini di Palermo resero grazie a santa Lucia, si diffuse l’usanza di mangiare cibi privi di farina, quali riso, patate, farina di ceci oppure grano bollito. 
         Proprio il grano bollito è l’ingrediente di base della cuccìa, mescolata poi a ricotta di pecora o crema di latte bianca o al cioccolato. L’ottimo dolce viene infine guarnito con zuccata, cannella, pezzetti di cioccolato e scorza di arancia grattugiata. Nel nisseno e nel trapanese la cuccia viene preparata in modo diverso: a Trapani al grano bollito si aggiungono fave e ceci, cucinati nel mosto cotto ad oltre 100 gradi, quando il mosto si riduce di volume ed assume una consistenza di caramello. A Caltanissetta invece la cuccía viene consumata come pietanza salata, preparata come minestra di grano cotto con ceci lessati e condita con sale, pepe e olio extravergine d'oliva. A differenza della cuccìa dolce, viene servita calda.
          Secondo alcuni studiosi, la tradizione di preparare dolci di grano cotto arricchiti con vari ingredienti è probabilmente un residuo dell’antica tradizione cristiana di rito greco di commemorare le festività maggiori con una pietanza bene augurale che rappresenta l'abbondanza. Ancora oggi troviamo usanze gastronomiche simili in Paesi ortodossi come la Romania (in cui il dolce viene servito per onorare i defunti e il santo patrono) e in Russia, che ha nella Kut'ja uno dei dolci tipici del Natale ortodosso.

Maria D’Asaro. 8.12.2019, il Punto Quotidiano

martedì 10 dicembre 2019

Resta viva ... testa alta, cuore in mano

"Resta viva.
Non accontentarti.
Porta i tuoi occhi a fare una passeggiata, appena puoi.
Non rinunciare ai tramonti, alla speranza.
Accetta la sofferenza. Accetta la felicità. Accetta la forza che a volte ti pervade.
Non lasciarti schiacciare da quello che è stato, da quello che non hai. Non farti portar via la gentilezza, la curiosità, la fantasia.
Continua a saltare nelle pozzanghere, se ti va.
Cambia pettinatura, cambia pelle. Cambia modo di vestirti e di truccarti, cambia abitudini, amicizie, luoghi e sogni.
Cambia spesso, ma lotta fino alla fine per non perderti.
Abbi cura di te,soprattutto quando tornerai ad amare. Abbi cura del modo in cui guardi gli altri.
Abbi cura del tuo amore, soprattutto adesso. Soprattutto quando non saprai a chi donarlo. Non gettarlo. Non sprecarlo. Tienilo da parte, ti servirà.
Piangi pure; piangi quando vuoi. Ricordati di farlo ogni tanto.
Ricorda che la cura, se davvero ne esiste una, sono le persone.
Non dimenticarti di loro. Delle loro mani. Dei loro guai. Delle loro storie piccole ma grandiose.
Non precluderti niente solo perché potrebbe distruggerti.

Non sparire.
Resta, goditi lo spettacolo.
Resta coraggiosa.
Resta dolce. 
Testa alta,
cuore in mano."
                                               
                                           Susanna Casciani - Meglio soffrire che mettere in un ripostiglio il cuore.