domenica 28 febbraio 2021

Perseverance, alla scoperta di Marte

       Palermo – Dopo un viaggio di 203 giorni, lungo circa 473 milioni di km., iniziato il 30 luglio 2020 dalla base americana di Cape Canaveral, alle 21.55 del 18 febbraio scorso il rover Perseverance è arrivato su Marte, tra l’esultanza gioiosa della comunità scientifica e degli appassionati di viaggi spaziali, che hanno seguito col fiato sospeso ‘l’ammartaggio’ del rover.  
      Persino l’Empire State Building di New York si è illuminato di rosso, colore marziano per eccellenza, per testimoniare l'attesa partecipe della ‘Grande Mela’ al buon esito della missione spaziale Mars 2020.
      Realizzato dallo Jet Propulsion Laboratory della Nasa, il rover con sei ruote è atterrato nei pressi del cratere Jezero, situato un po’a nord dell’equatore marziano. Si ipotizza che 3 o 4 miliardi di anni fa Jezero ospitasse un lago e un delta fluviale. Nei suoi pressi quindi si potrebbero trovare molecole organiche o altri potenziali indizi di vita microbica.
      Perseverance, che resterà sul pianeta rosso almeno per anno marziano (687 giorni, quasi due anni terrestri), perseguirà i seguenti obiettivi: la ricerca di tracce pregresse di forme primordiali di vita; lo studio del clima marziano; la descrizione della tipologia del suolo e l’estrazione di campioni di rocce che una prossima missione riporterà nel nostro pianeta: la preparazione di un eventuale viaggio umano su Marte, estraendo dall’anidride carbonica l’ossigeno, necessario sia per la respirazione dei futuri astronauti sia come propellente per il loro viaggio di ritorno (l'atmosfera marziana si compone al 95% di anidride carbonica, al 2,7% di azoto,  con quantità minime di argon, vapore acqueo, ossigeno e monossido di carbonio).
     Questi gli strumenti che consentiranno a Perseverance la realizzazione della sua missione: tre robot per raccogliere campioni di suolo da lasciare sul pianeta all'interno di contenitori sigillati; un radar per la scansione del sottosuolo e un sistema per la "lettura" delle rocce, in grado di evidenziare eventuali tracce lasciate da microorganismi nel passato; il drone elicottero Ingenuity, che volerà a 3, 5 metri per effettuare qualche fotografia dall’alto, grazie a un’alimentazione elettrica assicurata da un piccolo pannello fotovoltaico posto sopra le eliche (Ingenuity è un cosiddetto falso amico dell'inglese: significa ingegnosità, non ingenuità); apparecchi di precisione come una telecamera avanzata,  uno strumento di produzione di immagini che permette di analizzare la composizione chimica e studiare la mineralogia, un apparato che contiene uno spettrometro a raggi X. E ancora: Moxie, l’apparecchio che ‘estrarrà’ l’ossigeno dalla CO2; Meda, che analizzerà temperatura, velocità e direzione dei venti, pressione, umidità relativa, dimensione e forma delle polveri; Rimfax, il radar che penetrerà nel sottosuolo e fornirà immagini della struttura geologica sotterranea.  
    L’esplorazione marziana ha fatto passi da gigante dal 1965, storica data in cui la sonda Mariner 4 raggiunse per la prima volta il pianeta. Recentemente, hanno lavorato egregiamente i due rover gemelli Spirit e Opportunity, arrivati su Marte nel gennaio 2004 e attivi il primo sino a marzo 2010 e il secondo addirittura sino a giugno 2018. 
Il pianeta rosso è ora l’obiettivo di altre due missioni spaziali: quella degli Emirati Arabi Uniti, con la sonda Hope, e quella cinese, con la missione Tianwen-1: entrambe le sonde sono già entrate nell’orbita di Marte. La missione cinese si propone di portare sul pianeta una strumentazione complessa, comprensiva di orbiter, lander e rover, con un radar di profondità per mappare la crosta marziana fino a una profondità di 400 metri. 
     Infine una curiosità: perché per indicare ipotetiche creature extraterrestri utilizziamo il termine ‘marziani’ e non venusiani, gioviani, uraniani e simili? Bisogna andare a due secoli fa, e far memoria di un grande astronomo italiano, l’ingegnere Giovanni Schiaparelli che, in occasione di un evento celeste favorevole, il 5 settembre 1877 disegnò la prima mappa dettagliata di Marte la cui nomenclatura è ancora quella ufficialmente utilizzata. Nella sua mappa risultarono strutture che l’astronomo denominò ‘canali’, in quanto la superficie del pianeta presentava diverse lunghe linee alle quali egli attribuì nomi di fiumi terrestri. 
     L'errata traduzione in inglese del termine "canali" usato nei lavori di Schiaparelli - con l’utilizzo del termine “canal”, canale artificiale, anziché “channel”, canale generico - indusse il mondo scientifico a credere che su Marte vi fossero canali irrigui artificiali, mentre l’astronomo italiano aveva solo parlato di grandi solchi sulla superficie. Influenzato da quest’inesatta traduzione, alla fine del 1800 l'astronomo statunitense Percival Lowell pubblicò diversi libri su Marte, in cui ipotizzava l'esistenza pregressa di vita intelligente sul pianeta: teoria che ebbe una notevole influenza sull'opinione pubblica.
    Da allora i marziani, nati dal parto di un equivoco linguistico, abitano stabilmente non tanto su Marte ma nel nostro immaginario collettivo e, facendo capolino da fumetti, romanzi, film di successo, ci fanno compagnia. Specie quando sulla Terra ci sentiamo troppo soli…


Maria D'Asaro, 28.2.21, il Punto Quotidiano

venerdì 26 febbraio 2021

Buon non compleanno


Sorellina,

Buon noncompleanno.

Ci mancano chiacchiere

Condivisioni complicità sguardi affettuosi

Abbracci…


martedì 23 febbraio 2021

L'ambasciatore non torna più...

 
L'ambasciatore Luca Attanasio, il premio Nobel dott.Mukwege e la signora Zakia
       Da ieri nostra signora convive con un retrogusto di amara e soffusa tristezza. Sullo sfondo inopportuno di una vecchia canzonetta del trio Lescano, fa ‘figura’ la terribile notizia dell’assassinio in Congo dell’ambasciatore italiano, Luca Attanasio, 44 anni, del carabiniere che lo accompagnava, il trentenne Vittorio Iacovacci, e del loro autista, persona congolese di cui le sfugge il nome. 
      Nostra signora non riesce a scrollarsi di dosso il pensiero dello strazio dei parenti: genitori, fratelli, amici… In particolare pensa alla moglie dell’ambasciatore, la signora Zakia Seddiki e alle loro tre splendide bimbette.

Vittorio Iacovacci
       Anche Zakia era impegnata in Africa. Aveva fondato nel 2017 a Kinshasa l’Organizzazione non governativa Mama Sofia, di cui era presidente. “Sognare un mondo più bello insieme è possibile” si legge sul sito dell’Ong. 
Ecco gli obiettivi dell’organizzazione:“Le necessità di assistenza  nella Repubblica democratica del Congo sono così numerose che Mama Sofia ha deciso di operare secondo due diverse modalità. La prima è costituita da ‘Iniziative ed eventi’ ad hoc che intendono dare una risposta immediata a richieste di aiuto per situazioni di grave disagio e difficoltà. La seconda, attraverso la realizzazione di ‘Progetti’ duraturi che, ove possibile, possano auto-mantenersi nel tempo e creare reddito per chi ha più’ bisogno, soprattutto mamme e famiglie in difficoltà”. 
     La signora Seddiki, che era stata premiata con il marito lo scorso ottobre con il Premio Internazionale Nassiriya per la Pace 2020, aveva dichiarato: “Non si può essere ciechi davanti a situazioni difficili che hanno come protagonisti i bambini. È necessario agire per dare loro un futuro migliore. Cerchiamo, nel nostro piccolo, di ridisegnare il mondo”. (da qui)

E invece, un funesto 22 febbraio, spietati assassini hanno segnato un solco nero nel suo cuore…

domenica 21 febbraio 2021

A Caltabellotta l'elisir di lunga vita

Nonno Antonino Turturici con la figlia Biagia

       Palermo – A guardarlo di sera, dalla Statale 386, sembra proprio un paese da fiaba, con le sue casette illuminate disseminate qua e là alle pendici del suggestivo monte Castello, detto anche pizzo di Caltabellotta. 
   Il paesino è infatti Caltabellotta: comune nell’entroterra siciliano, sui monti Sicani a ben 949 metri d’altitudine, in provincia di Agrigento, da cui dista 63 km, e a 120 km da Palermo. 
Gli studi archeologici ne fanno risalire l’origine all’antica Inycon, intorno al 1200 a.c; con la colonizzazione greca, nel V secolo a.c, l’insediamento venne poi chiamato ‘Triokala’, per tre sue caratteristiche: la rocca inespugnabile, la fertilità delle campagne e l’abbondanza di fonti d’acqua.                Nel I secolo a.c.  Triokala divenne fortezza romana; mentre, con la venuta degli Arabi, nel IX secolo d.C., vi fu eretto il Castello delle Querce: "Qal'at Al-Ballut", da cui deriva il nome attuale. Quando nel 1090 in Sicilia giunsero i Normanni, Triokala venne conquistata da Ruggero I d’Altavilla. Poi, il 31 agosto del 1302, il paese entrò di diritto nei testi di storia medioevale, perché nella fortezza della cittadina venne firmata tra angioini e aragonesi la pace di Caltabellotta, che segnò la fine della guerra dei Vespri siciliani e il passaggio dell’isola al re Federico III d’Aragona.
      Tra la fine del 1700 e la fine del 1800, Caltabellotta viene menzionata da due illustri studiosi: Goethe - che la cita nel suo “Viaggio in Italia” - e Rudolf Steiner, filosofo e cultore di antroposofia, che avvalora in alcuni suoi scritti l’ipotesi di una concentrazione a Caltabellotta di forze luciferiche. Dato leggendario questo che sembrerebbe del tutto smentito dalla realtà attuale di Caltabellotta, dove la vita scorre tranquillamente, si mangia bene e, soprattutto, si vive assai a lungo. 
     Il 18 gennaio scorso infatti la cittadina sicula è balzata agli onori della cronaca per un significativo primato: in paese ha festeggiato il suo 109esimo compleanno il signor Antonino Turturici, l’uomo più longevo d’Italia. Anche se preceduto nel lusinghiero primato da una dozzina di donne sparse in tutta la penisola, con i suoi 109 anni, tra i maschi è lui il primo sul podio della longevità. Nonno Antonino, che in gioventù amava viaggiare - è stato in America, a Roma per il Giubileo nel 1975 e poi di nuovo nel 2000 - lo scorso anno ha superato brillantemente anche una frattura al femore. Oggi si definisce scherzosamente “un giovanotto un po' vecchio” e gode di buona salute. Vive con la figlia Biagia, il genero e due nipoti. Tra gli altri, nel giorno del suo compleanno ha ricevuto la visita del sindaco Lillo Cattano che gli ha fatto omaggio di una ceramica. A nonno Antonino l’augurio di battere il record di lunga vita che sinora detiene un altro isolano: il fu signor Antonio Todde, che viveva in Sardegna, a Tiana in provincia di Nuoro, dove è morto nel 2002 a 112 anni.
     Antonino Turturici non è il solo “giovanotto un po’ anziano” del paese: tra i circa 3.500 suoi compaesani, si contano altri quattro ultracentenari, 83 ultranovantenni e ben 387 ‘giovani vecchi’, tra gli 80 e i 90 anni. In paese, un signore settantenne ha entrambi i genitori in vita in discreta salute: la mamma 97enne e il papà 99enne.
       Qual è il segreto che fa vivere così a lungo a Caltabellotta? Contano il clima salubre, il consumo dei prodotti agricoli locali, come l’eccellente e genuino olio d’oliva. In un’intervista al TG3 regionale, il primo cittadino ha sottolineato poi che i gagliardi ultraottantenni vivono quasi tutti nelle loro case: in compagnia di figli, nuore, nipoti e pronipoti che si prendono cura di loro, magari aiutati, quando necessario, da ragazzi e ragazze che danno una mano. Sicuramente il valore aggiunto della relazione affettuosa con i propri cari è ingrediente fondamentale per una buona qualità della vita. E forse il sorriso di un nipote allunga la vita…


Maria D'Asaro, 21.2.21, il Punto Quotidiano

giovedì 18 febbraio 2021

Buon compleanno, caro Faber


 

      Oggi sarebbero state 81 le candeline da spegnere, caro Fabrizio. E invece te ne sei andato l’11 gennaio 1999, a soli 59 anni. A noi rimane il rimpianto  per un uomo e un cantautore speciale.

       E l'immensa gratitudine per la musica e la poesia altissima delle tue canzoni.












martedì 16 febbraio 2021

Esseri in cammino

Claude Monet: Passeggiata sulla scogliera (1882)
      "Soprattutto, non perdere la voglia di camminare: io, camminando ogni giorno, raggiungo uno stato di benessere e mi lascio alle spalle ogni malanno; i pensieri migliori li ho avuti mentre camminavo, e non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle con una camminata […] perciò basta continuare a camminare, e andrà tutto bene”. Così scriveva il filosofo danese Søren Kierkegaard.
   La tradizione culturale siciliana è d’accordo: “Quannu u peri camina, u cori si sciala”, che significa “Quando il piede cammina il cuore è contento, gode, è gioioso. Sicuramente un medico è in grado di fornire le motivazioni organiche di questa condizione di benessere. A noi basta la constatazione  personale di tale salutare pienezza. Allora, un paio di scarpe comode,  uno zaino leggero e … che sia il giro dell’isolato, in tempi di Covid, o il cammino di Santiago, forza, in cammino. E ali alla nostra anima.

Maria D’Asaro


domenica 14 febbraio 2021

Effetto Dunning-Kruger: non so di non sapere

     Palermo – Socrate, consapevole dell’ignoranza sostanziale degli esseri umani di fronte alle questioni cruciali dell’universo, già nel quinto secolo a.C. affermava: “So di non sapere”. Purtroppo oggi è assai diffusa l’opposta convinzione di tanti ignoranti, che a torto si ritengono sapientoni. 
     A dimostrarlo con rigorosi esperimenti, sono stati nel 1999 due psicologi americani, David Dunning e Justin Kruger. La loro ricerca, effettuata sugli studenti dei primi anni dei corsi di psicologia, alla Cornell University, consistette nel comparare  l’autovalutazione che gli studenti esprimevano sulle proprie capacità di ragionamento - logico, grammaticale e umoristico - con i dati oggettivi delle loro prestazioni. Questi i risultati dello studio: 
          il gruppo degli studenti poco competenti sopravvalutava enormemente il proprio livello di preparazione; al contrario, quello degli studenti preparati stimava abbastanza correttamente le proprie prestazioni, con tendenza piuttosto a sottovalutarle.
         Ricerche successive hanno confermato il lavoro di Dunning e Kruger: più le persone sono incompetenti e inesperte, più tendono a sovrastimare il proprio livello di abilità, non rendendosi conto della propria inadeguatezza e dei propri limiti; tendono a ignorare i propri errori e a disconoscere la maggiore preparazione e le effettive capacità degli altri. Di contro, più le persone sono esperte e competenti nel loro ambito di conoscenza, meno sono sicure del livello di conoscenza raggiunto.
E’ possibile cambiare prospettiva, superando quello che ormai viene universalmente chiamato l’effetto Dunning-Kruger?  Sì, ma solo se si progredisce nelle proprie conoscenze. Gli inesperti, per riconoscere di essere tali, devono fare un salto di qualità: riconoscere le proprie lacune, accettare le critiche costruttive, uscire dalla propria bolla di ignorante presunzione. In sintesi, sottostare alla fatica dell’apprendimento. Cosa non facile per chi si fossilizza nelle proprie limitate certezze. 
      Di contro, le persone più esperte che sottostimano il proprio sapere e le proprie competenze, devono fugare la cosiddetta sindrome dell’impostore: il timore cioè che le loro conoscenze, per quanto elevate, non siano mai sufficienti. 
      Assai particolare infine l’episodio che ispirò a David Dunning l’idea di effettuare la ricerca che porta il suo nome. Dunning lesse in un giornale la notizia che, qualche anno prima, un certo McArthur Wheeler aveva rapinato due banche, sorridendo persino alle telecamere di sorveglianza. Il rapinatore fu arrestato la sera stessa, con sua grande sorpresa. L’uomo infatti si era convinto che il suo volto fosse irriconoscibile, poiché si era spalmato nel viso succo di limone. La sua credenza era basata sull’effetto del succo di limone su un certo tipo di inchiostro, che viene reso appunto invisibile: e aveva arbitrariamente esteso al suo volto l’effetto del limone sull’inchiostro. 
       Quando Dunning lesse la storia, fu colpito dal senso di sicurezza del rapinatore, che aveva persino insinuato che le registrazioni delle videocamere fossero state manomesse. Il ricercatore ipotizzò che McArthur soffrisse di una sorta di stupidità al quadrato: fosse così poco intelligente da essere inconsapevole della sua stessa dabbenaggine. La ricerca condotta qualche anno dopo con Kruger gli diede pienamente ragione.
    Purtroppo l’effetto Dunning-Kruger è solo uno dei tanti “bias cognitivi” che interessano un po’ tutti: i ‘bias cognitivi’ sono infatti procedimenti e tendenze mentali che distorcono una corretta valutazione razionale della realtà. 
    Non resta allora che chiedere aiuto a Socrate – e a una solida formazione scientifica e culturale, sempre in progress – per evitare posizionamenti inadeguati, basati su ignoranza e pregiudizi. “So di non sapere” sia dunque il nostro faro nel processo infinito della conoscenza.

Maria D'Asaro, 14.2.21, il Punto Quotidiano

venerdì 12 febbraio 2021

Una candela nel buio

Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,

non dimenticare il cibo delle colombe.

Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,

non dimenticare coloro che chiedono la pace.

Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,

coloro che mungono le nuvole.


Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,

non dimenticare i popoli delle tende.

Mentre dormi contando i pianeti , pensa agli altri,

coloro che non trovano un posto dove dormire.

Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,

coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.

Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,

e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio.

Mahmoud Darwish (1941-2008),
poeta palestinese, considerato tra i maggiori poeti del mondo arabo.

(Con un pensiero speciale a Vittorio Arrigoni, che avrebbe compiuto 46 anni il 4 febbraio. E che purtroppo è stato ucciso a Gaza il 15 aprile 2011)

mercoledì 10 febbraio 2021

E gli alberi stanno a guardare...

     

    Poverine, le foglie del leccio, del cipresso e della sterculia si turano gli stomi; la sophora e la corisia sono contente al momento di esserne prive. Ma tronco e radici non gradiscono lo spettacolo...

     L'unico indifferente sembra il gatto. Ne ha viste tante, nelle sue sette vite...













domenica 7 febbraio 2021

La Costituzione verde: a lezione dalle Piante

    Palermo – “Credevate che le superpotenze fossero le vere padrone della Terra o pensavate di dipendere dai mercati di Stati Uniti, Cina o Unione Europea? Vi sbagliate. la Nazione delle Piante è l’unica, vera ed eterna potenza planetaria. Senza le piante, gli animali non esisterebbero; la vita stessa sul pianeta, forse, non esisterebbe e, qualora esistesse, sarebbe qualcosa di terribilmente diverso.”  
    Questo l’intrigante punto di partenza proposto da Stefano Mancuso nel testo La nazione delle piante (Laterza, Bari/Roma, 2019, € 12), nel quale l’autore, che dirige a Firenze il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale, ci offre una sorta di ‘Costituzione vegetale’, tramite cui “le piante, come genitori premurosi (…) corrono di nuovo in nostro soccorso, regalandoci delle regole da seguire come vademecum per la sopravvivenza della nostra specie”. 
       Oggi, sottolinea Mancuso, consideriamo “La Terra cosa nostra. Ne abbiamo diviso la superficie in Stati e ne abbiamo assegnato la sovranità ai diversi gruppi umani, che a loro volta l’hanno affidata a un limitatissimo numero di persone. […] Poche persone sono responsabili della sovranità dell’unico pianeta dell’universo sul quale esiste la vita”. Il primo passo da fare allora è quello di liberarci dall’antropocentrismo esasperato che rischia di farci estinguere precocemente e di compromettere la vita di milioni di altri esseri viventi. 
          Ecco allora il primo degli otto articoletti della Costituzione verde: “La Terra è la casa comune della vita. La sovranità appartiene a ogni essere vivente.” Principio però disatteso dagli esseri umani che esercitano una signoria assoluta sul pianeta. In nome di quale diritto? Tralasciando un’ipotetica investitura divina, ci sentiamo i signori sulla Terra forse perché i più numerosi? O ci sentiamo superiori perché “abbiamo dipinto la Cappella Sistina, scolpito la Venere di Milo, ideato la teoria della relatività”? Mancuso mette in discussione tali primati: il primo, perché gli oltre sette miliardi e mezzo di uomini e donne sulla Terra costituiscono comunque solo un diecimillesimo dell’intera biomassa del pianeta; il secondo perché, se nella storia della vita consideriamo migliori gli organismi capaci di sopravvivere meglio e più a lungo, scopriamo che alcune specie vegetali ci sono da due o trecento milioni di anni  e, in generale, la vita media di una specie, animale o vegetale, è pari a 5 milioni di anni, mentre noi umani fatichiamo a ipotizzare una nostra sopravvivenza che vada oltre poche migliaia di anni: “E se svanissimo domani, fra mille anni o fra centomila, in altri centomila anni cosa rimarrebbe della Cappella Sistina, della Venere di Milo … A chi importerebbe di queste meraviglie?” Se vogliamo salvaguardare l’unicità creativa e speciale dell’umanità dobbiamo “essere consapevoli del disastro che i nostri consumi stanno creando (…) ma anche arrabbiati verso un modello di sviluppo che, per premiare pochissimi, distrugge la nostra casa comune”.
Il professore Stefano Mancuso
         Ci vengono ancora in soccorso gli articoli della Costituzione vegetale, che ci schiudono orizzonti di largo respiro e prospettive nuove: “La Nazione delle Piante riconosce e garantisce i diritti inviolabili delle comunità naturali come società basate sulle relazioni basate fra gli organismi che le compongono (…); rispetta i diritti dei viventi attuali e di quelli delle prossime generazioni; la Nazione delle Piante non riconosce le gerarchie animali, fondate su centri di comando e funzioni concentrate, e favorisce democrazie vegetali diffuse e decentralizzate”. 
     Ha ancora senso dunque collocare al livello inferiore della natura le piante che, capaci di fotosintesi “unica responsabile dell’intera produzione di materia organica prodotta per via biochimica”,sono il vero motore della vita? E sono proprio le piante a suggerire organizzazioni decentrate, prive di quel centralismo gerarchico che tanti guai ha procurato alla società umana; le piante a invitarci ad abbandonare la convinzione di essere fuori dalla natura, a indurci a un ripensamento critico della nostra era, l’antropocene, caratterizzata dal predominio nefasto delle attività umane nell’ambiente terrestre. 
      Una rilettura corretta di Darwin ci libera poi dal preconcetto che, in natura, sopravvivano i più forti: ad avere la meglio sono gli individui con maggiore capacità di adattamento. Così non la competizione, ma la relazione e la cooperazione tra le specie risultano vincenti per la vita: “A qualsiasi livello sono le comunità, intese come relazioni fra i viventi, che permettono la persistenza della vita”. “E dunque la forza delle comunità ecologiche è uno dei motori della vita sulla Terra”.
        ‘La Nazione delle Piante’ è allora una sorta di ‘breviario’ verde su cui tutti dovremmo meditare. Partendo dal considerare il pianeta un organismo vivente; la cui preziosa bellezza ci è stata restituita da una foto scattata dagli astronauti dell’Apollo 8, nel 1968: “Quella foto cambiò per sempre la nostra idea della Terra, rivelandoci un pianeta di maestosa bellezza, ma anche fragile e delicato. Un pianeta verde per la vegetazione, bianco per le nuvole e blu per l’acqua. Questi tre colori che sono la firma del nostro pianeta non esisterebbero senza le piante.  Sono loro a rendere la Terra ciò che conosciamo.”
    Infine un’indicazione concreta: avere cura delle piante, piantare alberi, fermare la deforestazione, vero crimine contro l’umanità: “La regola dovrebbe essere una sola e semplice: dovunque sia possibile far vivere una pianta, deve essercene una. “Chiunque è chiamato a mobilitarsi, e se credete che stia esagerando e non vedete alcun vero motivo per alzarvi dal divano per difendere l’ambiente e le foreste, sappiate che questa è l’unica, vera, emergenza mondiale”.
      Non potremo dire di non essere stati avvertiti…

Maria D'Asaro, 7.2.21, il Punto Quotidiano

venerdì 5 febbraio 2021

Draghi: non solo Mario...


Buona fortuna e buon lavoro, per il bene del paese – ma sarà tutto da vedere... - al professor Mario Draghi. 

Tirato in ballo nel 2013, in un post. Perché? Se avete tre minuti da perdere, leggete qui.

mercoledì 3 febbraio 2021

Ciao, Marilina

699
785
993
887
649
329
499 ...
Semplici cifre?
No. Una conta dolente,
quella dei morti per Covid:
lo zio di Paolo, Stefano, don Romolo, 
anche la nostra Marilina…
La Comunità di san Saverio 
ti saluta con accorato corale cordoglio.
Ciao, Marilina.