mercoledì 31 luglio 2013

I gatti e il Paradiso


    
    Palermo, traversa di via Oreto: davanti a mezza dozzina di gatti, un’anziana signora estrae da un sacchetto carne tritata e pezzetti di pollo, di cui i felini si cibano avidamente. Mi fermo a guardare. Così la signora mi snocciola in due parole tutta la sua vita: morti i suoi cari, vive sola in una grande casa. Senza gli amati gatti persiani, scomparsi un anno fa, a suo dire per l’incuria di un veterinario. Così adesso nutre i mici del quartiere. “Poverino, uno è cieco ... vieni, vieni qui a mangiare… “Armi di gatti ‘un vannu in Paradisu”: le anime dei gatti non entrano in Paradiso. Così diceva mia madre, figlia di una società contadina, tesa a garantire l’allora non facile sopravvivenza agli umani. La teologia di oggi è più possibilista. E, comunque, l’anima della signora che si prende cura dei gatti, in Paradiso ci andrà sicuramente. Anzi, lo abita già.
                                                                   Maria D’Asaro (“Centonove”, n.29 del 26.07.2013)

lunedì 29 luglio 2013

38 Luglio

Scusate, sono gli scherzi dell'afa.
Ecco il video di una canzoncina demenziale degli Squallor: un tormentone estivo di quand'ero ragazzina.


domenica 28 luglio 2013

Alla riscoperta di una (sana) affettività sessuale perduta ...

Condivido dal blog dell'amico Augusto Cavadi:
Il prof. Augusto Cavadi
  
Il caso don Nuvola e l'ipocrisia cattolica eretta a sistema         (Repubblica – Palermo, 25.7.2013)

"L’arresto per sfruttamento della prostituzione minorile (maschile) di don Aldo Nuvola, uno dei preti più noti a Palermo, non può non suscitare una vasta gamma di sentimenti e di considerazioni. Innanzitutto s’impone un sentimento di profonda pietà: per il prete recidivo (già condannato per reati simili) e per il mondo variegato di ragazzini a perdere che ogni giorno, nell’indifferenza di noi cittadini ‘perbene’, si vendono per poche decine di euro. E’ chiaro infatti che adulti e minorenni sono all’interno di un giro così vizioso che né il comune senso del pudore né il timore stesso della probabile sanzione penale riescono a dissuaderli dal perseverare.   
    Quando l’infelice protagonista è un prete cattolico scattano considerazioni specifiche che non sempre sono adeguatamente fondate. Mi riferisco ad esempio al collegamento fra obbligo del celibato e casi di pedofilia. Come ho notato in un libro-inchiesta non certo benevolo verso questa orrenda problematica (Non lasciate che i bambini vadano a loro Falzea, 2010), si tratta di un collegamento gratuito: le percentuali di preti cattolici pedofili non sono più alte rispetto a categorie analoghe (pastori protestanti sposati, rabbini ebrei, allenatori di squadre di calcio giovanili, insegnanti di scuole medie e così via).
     Ciò che, invece, indigna con più ragione è la contraddizione fra il messaggio ufficiale della Chiesa cattolica in fatto di sessualità (in generale) e di omosessualità (in particolare) e la prassi ampiamente diffusa, da secoli, nel suo interno. Solo poche sere fa, a Roma, un mio giovane amico prete veneto mi confidava a cena di essere contento di aver concluso i suoi studi teologici nella capitale per vari motivi, tra i quali la prospettiva di lasciare un ambiente clericale (non solo di monsignori, si badi bene, ma anche di professionisti cattolici sposati e con figli) dove, con le modalità più viscide fatte anche di promesse di rapida carriera gerarchica, era oggetto di insistenti avances sessuali. 
    Perché il messaggio ufficiale si fa sempre più insistente in direzione sessuofobica e omofobica (almeno con i due pontificati Wojtyla e Ratzinger, Bergoglio sembra invertire la rotta anche su questo terreno), mentre si tollera sul piano effettivo ogni genere di abuso? Ciò che offende la coscienza (laica o credente che sia) è questa sorta di ipocrisia eretta a sistema: che è l’esatto contrario non solo dell’etica laica ma anche dello spirito evangelico. La trasparenza esigerebbe, al contrario, un consapevole ribaltamento dell’impostazione ‘pastorale’ (che, in termini non teologici, equivale alla politica culturale della Chiesa cattolica). Non, ovviamente, in nome di un superficiale adeguamento all’andazzo dei tempi (come si evince da alcune intercettazioni ambientali in cui don Nuvola fa riferimento allo stile di Berlusconi e alle sue risorse finanziarie), bensì in nome di una più attenta fedeltà all’insegnamento di Cristo e alla tradizione dei primi secoli di storia cristiana. 
    In quale passo evangelico, infatti, si condanna la dimensione sessuale dell’uomo? Dei dodici apostoli, di uno solo si dice che non era sposato: e quasi certamente perché troppo giovane. Nei primi secoli per diventare presbitero (prete) ed episcopo (vescovo) era non solo lecito, ma obbligatorio, aver dato prova di saper reggere una propria famiglia con moglie e figli. 
    Delle centinaia di chiese cristiane oggi sparse sulla faccia della terra (cattolica, valdese, ortodossa, anglicana, luerana, calvinista, battista…) solo una impone ai suoi ministri l’obbligatorietà del celibato e, per giunta, l’astensione da qualsiasi gratificazione affettivo-sessuale (norma valida - ormai solo sui catechismi - per qualsiasi fedele che non sia ancora, o non sia più, coniugato sacramentalmente). In una rilettura ermeneuticamente più corretta del messaggio sessuale biblico anche l’omoaffettività risulta radicalmente rivalutata.      
    La saggezza dei grandi fondatori di scuole filosofiche o di movimenti religiosi si è dimostrata, lungo i secoli, anche in questo: parlare poco di ciò che avviene nel segreto delle camere da letto e molto di ciò che avviene alla luce del sole. Là dove pochi sfruttano il sudore di molti; gli arruffoni e i menzogneri si arrampicano sulle scale del potere per dominare gli onesti e i modesti; i carnefici si addormentano nelle loro case e le vittime non hanno giustizia neppure da morti. Solo una umanità meno violenta e più fraterna, riconciliata con gli altri animali e con il cosmo naturale, potrà riscoprire la sessualità come linguaggio di comunicazione e di interscambio, non come oggetto di compravendita del tutto prosciugato da ogni traccia di amore autentico."



venerdì 26 luglio 2013

Morire


Morire
sarà dolce,
se avrò potuto
con tenerezza lungamente abbracciarti,
vivendo.

giovedì 25 luglio 2013

Penso, dunque soffro


“Non mi interessa un posto all’Inferno o in Paradiso. Nell’aldilà esigo delle spiegazioni. Mi spettano di diritto: Che ci stiamo a fare, perché succedono cose assurde, che senso ha il tutto … “
Questo ruminava tra sé e lei, una persona speciale.
Anche Nostra Signora era persa, quando andava in vacanza. Allora i suoi pensieri, costretti al silenzio quando c’era da stirare/cucinare/studiare, alzavano la voce come ragazzini impertinenti che vogliono dire la loro a tutti i costi. E le trame ingarbugliate delle sue congetture non si componevano in ordinati gomitoli. 
Intanto doveva continuare a sorridere ai cuccioli adulti. Che aveva tratto fuori dal Nulla e gettato nel Caos, senza richiesta. Spesso si sentiva in colpa per questo. Perchè le mancava un supplemento di senso da fornire a se stessa e ai loro occhi. Si imponeva di fingere, al loro cospetto, uno sguardo sereno e sicuro.
Solo una cosa poteva lenire il tarlo dei suoi pensieri. Una mano da stringere. 

lunedì 22 luglio 2013

Le parole oggi non bastano

Non chiedermi parole oggi non bastano.
Stanno nei dizionari: sia pure imprevedibili
nei loro incastri, sono consunte voci.
È sempre un prevedibile dejà vu.
Vorrei parlare con te - è lo stesso con Dio -
tramite segni umbratili di nervi,
elettrici messaggi che la psiche
trae dal cuore dell'universo.
Un fremere d'antenne, un disegno di danza,
un infinitesimo battere di ciglia,
la musica-ultrasuono che nemmeno
immaginava Bach.
                            
Maria Luisa Spaziani




sabato 20 luglio 2013

Il giardino? E’ cosa nostra …

Il verde ben curato davanti alla Palazzina cinese - Pa
    
 I palermitani meno giovani ricordano senz’altro Letizia Battaglia: alla fine degli anni ’80, assessore di una delle prime giunte della “primavera” guidate dall’attuale sindaco di Palermo. Letizia Battaglia era impegnata per una città più verde e vivibile: piantava alberi e palizzate di legno nei vari quartieri. Sono passati 30 anni: adesso c’è lo splendido parco del Foro italico, ma a Palermo gli spazi verdi rimangono ancora  pochi e poco curati. Ad esempio, chi passa per corso Tukory, a due passi da porta Sant’Agata, vede un giardinetto con palme in buona salute e splendide jacarande, ma deturpato dai rifiuti e con i pochi sedili ridotti a brandelli. Allora chiediamo ai nostri amministratori un impegno: mantenere in buone condizioni i pochi spazi verdi che abbiamo. Magari educando e coinvolgendo gli abitanti in quest’opera. Perché avremo a cuore la pulizia dei nostri giardini solo quando li sentiremo davvero un bene comune: “cosa nostra”.   
                                                                          Maria D’Asaro (“Centonove”, n.28 del 19.07.2013)

giovedì 18 luglio 2013

3 buoni motivi e 1 ottimo video.

Tre buoni motivi per alzarsi la mattina: questo l’ennesimo slogan di qualche americano psico-tutto sulla cresta dell’onda. Nostra Signora trovava ben più di 3 ragioni per alzarsi la mattina e stare contenta.
In ordine sparso:

1. Stava bene e tutti i suoi cari stavano bene.
2. Non c’era stato il terremoto, la notte prima.
3. La temperatura della cucina non superava i 29 gradi.
4. Aveva un po’ di ciccia, ma non tanta da non indossare la 42/44.
5. Una persona speciale l’amava e le sussurrava che era brava, bella e buona.
6. Non la licenziavano. Anzi le davano un sacco di lavoro, non pagato.
7. Per strada gli alunni la salutavano: “Ciao, professorè”
8. Suo figlio Riccardo le faceva buona compagnia.
9. Tutto sommato, rispetto alla regina d’Inghilterra, era piuttosto giovane.
10. Aveva disattivato la sveglia, perché era in vacanza.

Infine un ottimo motivo per non essere razzisti: il video dell’intervista a Giulia Kyenge, che vale più di tanti discorsi e di reazioni indignate alle "beceritudini" del Calderoli di turno.
Ringrazio il blog di Slec per averlo segnalato.



mercoledì 17 luglio 2013

Chiesa e mafia, 50 anni dopo Ciaculli

 Il 19 luglio prossimo ricorreranno 21 anni dalla strage di via D'Amelio, dove furono trucidati il giudice Paolo Borsellino e 5 persone della scorta. 
Sul rapporto tra Chiese e mafia, ecco l'interessante articolo dell'amico Augusto Cavadi:
Il pastore Pietro Valdo Panascia
"La lupara ad personam non è mai stata l’unica tecnica adottata dalla mafia per imporre il suo violento dominio territoriale. Già il 26 dicembre del 1920  quattro persone incappucciate, rimaste sconosciute, lanciarono una bomba all'interno della sezione socialista di Casteltermini, nell’agrigentino, provocando, oltre a numerosi feriti, la morte del segretario locale e di quattro contadini iscritti al partito. Altri attentati dinamitardi di matrice mafiosa (la strage di Partinico con due vittime e la strage di Canicattì con 4 morti e circa 20 feriti) furono consumati nei mesi successivi alla strage di Portella della Ginestra del 1 maggio 1947 (in cui si contarono, come è noto, 11 morti e 56 feriti ). Probabilmente però la strage di Ciaculli, quartiere periferico di Palermo,  del 30 giugno 1963 ebbe una caratteristica sinistramente originale: l’Alfa Romeo  Giulietta imbottita di tritolo fu la prima strage ‘interna’  a Cosa nostra. Preparata da mafiosi con l’intento, fallito, di far fuori altri mafiosi.
      Forse per questa caratteristica di faida tra criminali, l’opinione pubblica non sembrò sconvolta dalla notizia. Ancora una volta prevalse fra la gente il ritornello, illusoriamente consolatorio, del “tanto s’ammazzano fra loro”.  Eppure si trattava, oggettivamente, di un evento sconvolgente che anticipava la successiva strategia stragista degli anni Novanta ...

Per continuare a leggere, ecco il blog di Augusto:

lunedì 15 luglio 2013

Perle di Sicilia

Un omaggio a due siciliani: il catanese Franco Battiato, che non ha bisogno di presentazioni, e il ragusano Giovanni Salonia, illustre esponente della psicologia della Gestalt.

Del prof Salonia è il brano che segue, tratto dal blog:  http://gestaltgtk.blogspot.it/

    "Ogni corpo appare segnato e collocato, oltre che dalla differenza di genere (maschio o femmina), anche dalla temporalità: piccolo, grande, anziano. Dentro queste due coordinate – l’identità di genere e il tempo – si gioca l’avventura dell’esistenza.
    In altre parole, ogni essere umano è intimamente chiamato a confrontarsi con queste due insopprimibili diversità: il tempo e l’altro. L’irriducibile novità dell’altro – il suo volto, direbbe Lévinas – è scritta nella realtà corporea ed invoca e provoca un continuo esodo dal conosciuto e dal familiare verso sentieri ignoti ma, proprio per questo, fecondi. La paura e il coraggio che sono richiesti per andare oltre, lungo i sentieri dell’alterità, sono fattori indispensabili di ogni maturazione umana in quanto dischiudono potenzialità nascoste del nostro mondo interiore. La chiamata dell’altro si colloca però nella dimensione temporale: ogni relazione umana è costretta a continue modificazioni. Si può parlare di un ciclo vitale delle relazioni umane. 
L’uomo, in realtà, cresce nella misura in cui risponde ai cambiamenti che il rapporto con l’altro richiede, incamminandosi per sentieri sempre nuovi, mai scontati, incessantemente aperti a nuove provocazioni."
                                                                                                                   Giovanni Salonia

Di Battiato propongo Di passaggio, tratto dall’album: L’imboscata.





venerdì 12 luglio 2013

Il segreto di Salvo

A Palermo, nella scuola dove lavoro, un alunno su quattro ha un qualche disagio. Tra questi c’è Salvo, bocciato due volte. Quest’anno è arrivato in prima anche suo fratello. La loro mamma ha chiesto dei libri in prestito perché il marito è disoccupato e uno dei quattro figli ha un handicap fisico. La signora, nonostante questi gravi problemi, sorride sempre. Anche negli occhi dei suoi figli c’è sempre una luce speciale. Vicino la scuola, in un assolato pomeriggio di giugno, da un’utilitaria guidata da un signore - il nonno dei due ragazzi con accanto l’anziana moglie - dal sedile posteriore si sporge la madre di Salvo, che condivide l’auto con quattro bambini: mi dice raggiante che i figli sono stati promossi. Tutti gli occupanti della sgangherata vettura hanno un sorriso luminoso e sereno. Ecco il segreto di Salvo: una famiglia allargata unita e felice. Merce rara davvero, in questi tempi di crisi.
                                                        Maria D’Asaro (“Centonove”, n.27 del 12.07.2013)

martedì 9 luglio 2013

Politica a 5 Stelle


   Chi mi legge sa che raramente nel blog scrivo di politica. E non perché non la ami. Al contrario. A mio avviso infatti, se intesa come l’arte di mettere insieme interessi e bisogni della comunità umana, la politica  rappresenta la più alta forma di servizio verso il prossimo. Sono convinta però che la buona politica si costruisca nel pre-politico: allora faccio diversamente politica occupandomi nel blog del sociale, di letteratura, di musica, di scuola. 
    Ma oggi contravvengo al mio stile e sputo il rospo. Sono dispiaciuta per la pesante contrapposizione tra Movimento 5 stelle e partiti di sinistra o, meglio, di centro/sinistra. Senza entrare nel merito della questione, commentata da opinionisti autorevoli, credo che questa frattura non faccia bene all’Italia. Agli italiani in crisi, impoveriti e confusi, ma ancora onesti e fiduciosi in una rinascita, la separazione tra 5 Stelle e pidiessini, ecologisti e compagnia bella, arreca una ferita ulteriore: il paese rischia la deriva democratica e si favorisce la destra peggiore. Tra l’altro, sono convinta che le persone che hanno votato Movimento 5 Stelle non sono molto diverse da quelle che hanno votato Sinistra/ Ecologia/ Libertà o PD: condividono nel complesso stessi valori, stessi ideali, stesse speranze. Differiscono, forse, per tattica e strategia.
    Allora, un invito a tutti quelli che hanno davvero a cuore il bene comune: cittadini onesti e pensanti di tutta la penisola (isole comprese) unitevi! O, almeno, parlatevi e cercate di capirvi e collaborare. Altrimenti, ancora una volta, qualcuno vi farà la festa.



lunedì 8 luglio 2013

Cuore






Cuore,
non temere
i tuoi battiti.
Se non pulsi, svanisci.
Respira.              

venerdì 5 luglio 2013

Andamento lento

Alex Langer

Come ci ricorda nel “Gattopardo” il principe di Salina, noi siciliani guardiamo con scetticismo alle idee di cambiamento. Si adattano bene al nostro sentire le parole di quella canzone di De Andrè che diceva: “moriamo per delle idee, ma di morte lenta”: senza farci coinvolgere troppo, riservandoci il tempo di un ripensamento. Che bello invece se proprio da qualche geniale pensatore siciliano venisse elaborata una teoria, un’idea nuova che ipotizzi un modello di sviluppo economico meno rapace di risorse, più rispettoso dei ritmi delle persone e della natura. Un’idea per cui non morire, ma per cui vivere con saggia lentezza, in modo più pacato e più dolce, come teorizzava il compianto Alex Langer, già vent’anni fa. Un’economia più sana, non fondata sul folle aumento del PIL, ma dentro cui poter convivere tutti con dignità, è infatti il miglior dono che potremmo fare alla società, oltre che alla memoria di Alex.
     Maria D’Asaro  (“Centonove”, n.26 del 5.07.2013)

mercoledì 3 luglio 2013

Sogno di una notte di inizio estate


Dormire otto ore.
Imparare a fare la crema di caffè.
Non andare più a scuola. Almeno ad agosto
Stirare con calma una maglietta.
Diventare giornalista pubblicista.
Non stendere il bucato alle 23,25, ma in pieno giorno, godendo il tepore del sole sulla pelle.
Fare un po’ di ginnastica senza essere interrotta.
Mangiare con calma senza parlare al telefono conqualcunochehaurgentebisognodidirtiunacosa o friggerelemelanzaneperstaseracosìsonopronte o cercarequellacosadicuituofigliohasubitobisogno.
Stringere la mano a  una persona speciale.
Godere il fresco di una sera d’estate nel balcone fiorito.

lunedì 1 luglio 2013

Saluti e baci


Per i palermitani che passano in via Crispi, di fronte al carcere dell’Ucciardone, la scena è piuttosto consueta: un grappolo di donne, attorniato da due o tre bambini, cerca di comunicare con un detenuto con ampi gesti e con frasi urlate perché il congiunto possa udire qualcosa. Mentre i piccolini, tenuti in braccio perché possano essere intravisti un po’ meglio, lanciano baci con le manine. Il tutto tra lo sguardo indifferente delle guardie che sorvegliano i cortili esterni della prigione. Certo, l’uomo che i parenti salutano è in carcere per un qualche reato: magari spaccio di droga, rapina a mano armata o affiliazione a Cosa nostra. Però, per quel quadretto di donne, l’uomo è solo un marito, un fratello, un figlio, un papà segregato. Allora si prova una pena infinita per queste creature tanto disperse. Vorresti che il bimbo piccino, quel suo papà dietro le sbarre, possa presto abbracciarlo davvero.    
                                                                Maria D’Asaro (“Centonove”, n.25 del 28.06.2013)