domenica 28 febbraio 2010

INVICTUS


Se dovessimo riesumare i giudizi sintetici coniati, nella seconda metà del secolo scorso, dal Centro Cattolico Cinematografico diremmo che Invictus è, sicuramente, un film per tutti. E lo è nell’accezione più ampia e positiva del termine: per l’immediata riconoscibilità della storia, per la scorrevole fruibilità del linguaggio cinematografico utilizzato, per la notevole valenza etica della vicenda. Che è nota: nel 1995 Mandela, da appena un anno presidente di un Sudafrica ancora incredulo di averlo come guida del paese, utilizza con grande intelligenza i mondiali di rubgy per assestare una mossa vincente al difficile processo di riappacificazione in corso nel paese. Riappacificazione che, Mandela lo sa, deve essere avviata “dal basso”: così include nell’ufficio di presidenza gli impiegati che lavoravano per il precedente presidente, costringe a collaborare gomito a gomito nella sua scorta gli amici di sempre e gli ex aguzzini bianchi delle squadre speciali, favorisce la “simpatia” tra la tifoseria dei bianchi, tutta per il rugby, e quella dei neri, che invece, in nome della contrapposizione razziale, preferivano il calcio. Detta così sembra banale: ma la maestria di Eastwood ci tiene incollati per più di due ore allo schermo e ci rende tutti tifosi degli Sprinbox, perché, con Mandiba-Mandela, abbiamo capito che tifare per loro è tifare per una società di eguali, tollerante e “arcobaleno”. Una società capace di perdono, di riconciliazione sociale, di un nuovo sogno collettivo. Film anche troppo buonista, si potrebbe obiettare. Buonista si, ma non troppo: nell’Italietta di oggi - incattivita e frammentata, attraversata da rigurgiti razzisti e con un presidente che lancia proclami di odio - del bel film di Eastwood abbiamo proprio bisogno…

venerdì 26 febbraio 2010

DIGIUNO


La fonte è autorevole: il Tg scientifico “Leonardo”, in onda su Raitre dalle 14,50 alle 15,00. Un recente esperimento avrebbe dimostrato che digiunare allunga notevolmente la vita dei lombrichi. Gli scienziati addetti ai lavori sostengono che, considerate le sostanziali affinità del metabolismo cellulare, il digiuno avrebbe la stessa salutare conseguenza anche per uomini e donne. Purtroppo la notizia scientifica è un po’ dura da digerire per noi palermitani. Da sempre avvezzi a concederci pause babà, cornetto e caffè a tutte le ore, stigghiola e pani ca’ meusa agli angoli delle strade. E poi con cassatine e cannoli festeggiamo qualsiasi cosa… Con grave disappunto di fegato e pancreas, che, pare, siano tra i più ammalati d’Italia. Chissà se, pur senza l’osservanza confessionale della Quaresima, non sia il caso di fare un po’ di digiuno: magari si allunga veramente la vita del corpo. E forse, se esiste, migliora anche la salute dell’anima…
Maria D’Asaro

(pubblicato su“Centonove” il 26-02-2010)

domenica 21 febbraio 2010

RICREAZIONE INFINITA



In un’intervista televisiva, ricordando la madre Bice, il compianto Enzo Biagi ne lodò pubblicamente la fermezza educativa: non gli era permesso andare a giocare per strada se prima non aveva fatto tutti i compiti. Quasi tutti i miei alunni di scuola media hanno in camera la TV satellitare e la playstation di ultima generazione, oltre che una bici, e talvolta anche un motorino, con cui scorrazzare per strada. E i compiti? Spesso ne svolgono solo qualcuno o non li fanno affatto.
So bene che Enzo Biagi e i miei alunni sono figli di generazioni molto diverse. Ogni uomo, afferma il poeta Gibran, è figlio più del suo tempo che della sua famiglia. E, comunque, ritengo che gli alunni ripetenti o “dispersi” sarebbero molti di meno se, come la mamma di Biagi, ogni giorno le loro madri li ammonissero con fermezza: “Prima si fanno i compiti e poi si fa ricreazione”.
Maria D’Asaro
(pubblicato su“Centonove” il 19-02-2010)

giovedì 18 febbraio 2010

SEGNI DI VITA


Non so a voi. Ma a me, ogni opera creativa, che sia film, quadro o scultura, o le pagine di un libro, regala una sensazione particolare, un sapore. Il retrogusto che mi ha lasciato Segni di vita di Daniela Thomas (La Zisa, Palermo, 2009) è stato assai gradevole. Tanto da indurmi a riassaggiarlo, a rimasticare con piacere le ventisette storie di cui il libro si compone. Buon segno. Anzi segno di vita, segnale chiaro, a mio avviso, della vitalità del libro.
Libro che ha la capacità e la grazia di riuscire a parlare a tutti e a tutte. A piccoli e grandi. Infatti le storie che lo compongono, anche grazie alla loro magica atmosfera senza tempo e senza storia, consentono vari piani di lettura: le si può leggere e ascoltare con occhi e orecchie da bambini, come storie favolose e incantate. Le si può leggere da adulti, consapevoli del potenziale di libertà, di creatività, di onestà che c’è in ognuno di noi. Da adulti che non dimenticano di essere, in fondo, dei bambini cresciuti. Che continuano ad abitare il paese della scoperta, della meraviglia, dello stupore. Scritto da una donna, le storie accolgono e nutrono in modo speciale la parte femminile di ognuno di noi. Perché, come ci ricorda lo psicoterapeuta Franco La Rosa nella preziosa prefazione, sono racconti che curano. Accurate e delicate storie di cura, che sollecitano la nostra mente ad accogliere altri punti di vista, a partorire pensieri nuovi e creativi. Storie che accarezzano e cullano anima e corpo, spandendo un laico tributo alla vita. Libro un po’ disincarnato e new-age, potrebbe storcere il naso qualche amico impegnato… Non è vero: anche i racconti della Thomas ci aiutano, dal profondo, a edificare la polis: “perché solo se sei una formica con le antenne molto lunghe, cosi lunghe da toccare il cielo (pag.67), solo se riempi il formicaio dei sogni che ti animano" (pag.70), puoi governare il formicaio e diventare regina.

Maria D’Asaro

domenica 14 febbraio 2010

ASSOLO


Non so se Palermo, tra le ultime città italiane per qualità della vita, sia anche tra le meno silenziose. Certo, clacson e ronzio di sottofondo la rendono rumorosa come tutte le città del Sud. Tra i pochi vantaggi della periferia, c’è quello di essere al riparo dai decibel in eccesso. Tanto da percepire il suono delle campane e, in primavera, il cinguettio degli uccelli. Le campane, seppure non rintocchino a lutto o suonino a festa come nei piccoli centri, annunciano l’angelus e le messe domenicali, evocando, per i credenti, un ristoro per l’anima. Gli uccelli allietano il risveglio nelle mattinate di primavera.
Ma anche in questa stagione invernale, la mattina sento il solitario canto di un uccellino. Chissà perché canta e per chi … Mi piace pensare che il suo tenace cinguettio voglia ricordarci, come le anatre in volo di gucciniana memoria, che, a volte, “bisogna cantare”: anche da soli.
Maria D’Asaro

(pubblicato su“Centonove”: 12-02-2010)

sabato 13 febbraio 2010

L´ora della religione emotiva fatta per cercare se stessi



Che connotati assume nel nostro mondo occidentale di antica matrice cristiana il "ritorno" della spiritualità, che da più parti si intravede? E cosa può significare questo in una società per altro verso sempre più secolarizzata, in cui sembra prevalere l´affermazione di appartenenza esteriore a una determinata tradizione religiosa - in particolare quella cristiana - svincolata dall´intima adesione a quella credenza e dalla coerenza dei comportamenti? "Fedeli" sempre più infedeli.Alcuni filoni mi paiono emergere quali catalizzatori del riemergere della spiritualità. Innanzitutto il diffondersi di religiosità a struttura psicologica materna, fusionale, emozionale in cui la soggettività dell´individuo assurge a finalità: si ha allora un Dio depersonalizzato che finisce per dilatarsi e diluirsi in un oceano di emotività che tutto comprende, un sincretismo che minimizza o annulla le differenze creando una sorta di "vulgata" religiosa buona per tutti. Questo fenomeno, sovente definito "religions à la carte", è ormai da tutti riconosciuto.Ma assistiamo anche, specularmente, alla deriva settaria che, attraverso un forte coinvolgimento personale, un´intensità emotiva e una rigida chiusura intra-comunitaria, fornisce identità certa ai disorientati da questo indifferentismo religioso: è una deriva che conosce non solo la tipica dimensione della cerchia dei "puri e duri", spesso tradizionalisti in cerca di un tesoro perduto, ma anche quella, più attraente e rassicurante, di comunità a dimensione internazionale in cui si privilegiano temi e comportamenti religiosi emotivi che evadono dalla storia ma assecondano l´attuale individualismo e la dimensione terapeutica della persona: è la via della "spiritualità debole", alimentata da tematiche come la cura di sé e della propria armonia interiore, la ricerca di sicurezza e gioia, il rappacificante abbandonarsi ai sentieri dell´emozione. È tornata la religione – potremmo sintetizzare – il senso del sacro, ma Dio no! Né tanto meno la fede cristiana vissuta nell´appartenenza a una chiesa che ne contiene e garantisce memoria e continuità.Più raffinato e destinato a pochi è il percorso di chi ripropone una mistica di alta qualità, che si ricollega a un filone della spiritualità occidentale medievale, costellato di rare ma autorevoli figure. Il fascino di questo cammino però sbiadisce quando abbandona l´humus biblico che lo ha generato e imbocca una strada più filosofica e ideologica che spirituale, a volte addirittura gnostica, platonizzante nel disprezzo e nella rimozione della "carne" a vantaggio dello spirito. Sì, siamo lontani da una spiritualità fedele al vangelo che chiede con urgenza di vivere la dimensione comunitaria e di trovare convergenze con gli uomini nell´edificazione della polis, che è attenta agli ultimi sempre presenti nella storia, che tiene desta la riserva escatologica dalla quale nasce la speranza che, a sua volta, o è condivisa o non è.Credo che, in questa stagione più che mai, la spiritualità cristiana avrebbe invece molto da guadagnare da una riscoperta del valore delle realtà terrene "penultime" – come le definiva Bonhoeffer – da una rinnovata centralità della Parola di Dio che ha voluto farsi "carne", cioè concretezza e fragilità umana: una simile fedeltà alla terra diviene allora attesa, garanzia e pegno di cieli e terra nuovi, annuncio credibile di una fede che, sorreggendosi sull´amore, va oltre la morte e la vince. Forse quanto emerge dalla diffusa "sete di spiritualità" dei nostri giorni è una richiesta di contemplazione autenticamente cristiana, un desiderio di conoscere e incontrare uomini e donne abitati dallo Spirito, capaci di guardare il mondo con gli occhi di Dio, di contemplare la realtà non per come virtualmente appare, ma per come si presenta nella sua luce più autentica, quella che si sprigiona nel rapporto con l´Altro. Emerge anche un invito accorato a riscoprire la dimensione della sapientia, del "gusto" della presenza di Dio raccontato nella vita umana di Gesù di Nazareth: la spiritualità allora sarà chiamata a declinarsi quotidianamente nella storia per ridarle senso, a incarnarsi in "luoghi" precisi in cui possa avvenire la trasmissione di un patrimonio universale, a narrare l´agire di Dio attraverso semplici vite segnate dal rapporto personale con lui e con la sua parola. La spiritualità cristiana si libererà così dalla fuga nell´utopia, nel "non luogo" di estasi paradisiache, e darà prova di credibilità ed efficacia non nell´occupazione di spazi sociali e politici, ma nell´assunzione responsabile della costruzione della polis, attraverso storie personali di santità e luoghi comunitari di libertà. Infatti, l´autentica ricerca di Dio – che nel cristianesimo non è mai disgiunta dalla ricerca dell´uomo – non può prescindere dall´ascolto di ciò che arde nel cuore dell´altro, dei suoi dubbi e delle sue lacerazioni: spiritualità autentica sarà allora capacità di discernere e prendersi cura di ogni essere umano che porta in sé, magari assopita o contraddetta ma sempre presente, l´immagine di Dio.
La Repubblica: 13.2.2010

domenica 7 febbraio 2010

BRANCACCIO S’ILLUMINERA’ DI MENO?


Da qualche anno, la trasmissione radiofonica Caterpillar promuove una campagna di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità e della razionalizzazione energetica, con lo slogan suggestivo “M’illumino di meno”. Quest’anno la giornata del risparmio energetico sarà venerdi 12 febbraio: Caterpillar propone a tutti di spegnere le luci non indispensabili dalle 17,00 alle 19.30 e di sperimentare praticamente le energie rinnovabili: ad esempio un minieolico che alimenti una lampada a risparmio energetico, un pannellino solare collegato a una batteria per accendere un led. Perché, se il primo passo per ridurre il proprio impatto ambientale è imparare a risparmiare, il secondo è quello d'imparare a produrre energia in modo pulito. Che faremo a Brancaccio e allo Zen? Riusciremo a diffondere il verbo dell’efficienza energetica nelle nostre scuole, nei luoghi di lavoro, nelle nostre case? Non c’è da essere ottimisti visto che, sino a qualche settimana fa, non avevamo neppure spento le luci natalizie …
Maria D’Asaro

(pubblicato su“Centonove”: 05-02-2010)