venerdì 30 novembre 2018

Il favoloso mondo di Marì

H. Matisse - Museo Ermitage (San Pietroburgo)
Il blog, nato il 30 novembre 2008, compie oggi dieci anni.

Per l'autrice di Mari da solcare, il web è una sorta di volo, un inveramento e un potenziamento del suo essere-nel-mondo, una navigazione nel mare della dimensione virtuale, che si intreccia e si fonde con la vita reale e con il meraviglioso universo della scrittura.

Un grazie a chi passa da qui.
In particolare:
alle blogger “storiche” i cui blog sono ormai decennali come Mari da solcare:

http://colorarelavita.blogspot.com/ il blog di Ivana Vele Poletti:
per viaggiare con le valigie e con la fantasia … ma sempre a colori

http://sguardinotturni.blogspot.com/ il blog di Veronica Mondelli:
ricco di spunti culturali, sobrio e raffinato 

Grazie poi a blogger speciali:
https://ninehoursofseparation.blogspot.com/  il blog di Silvia Pareschi:
eccellente traduttrice tra l’Italia e san Francisco

http://lasantafuriosa.blogspot.com/ il blog di Santa Spanò: 
con i suoi post brillanti, lucidi e pensanti (forza, Santa!)

http://senzadedica.blogspot.com/ il blog di Grazia Agostini, che ci offre letture preziose sull’universo artistico

Grazie ancora a:
http://gmzavattaro.blogspot.com/  GianMaria Zavattaro, Rossana Rolando e Rosario Grillo, coautori di Persona e Comunità,  blog esemplare per qualità di spunti etici e culturali

http://zioscriba.blogspot.com/ Nicola Pezzoli, che dubita, disobbedisce, diserta e, soprattutto, scrive bene

http://stanlec.blogspot.com/ Slec/Francesco, per la sua informazione davvero alternativa, intelligente, necessaria

http://agoradelrockpoeta.blogspot.com/ Daniele Verzetti, con le sue accorate riflessioni poetiche

https://beejaydoc.blogspot.com/ il mitico DOC, che ogni tanto cambia look (buon tutto, Ricky: risorgerai, prima o poi)

Last, but not least, grazie

Ad Augusto Cavadi, https://www.augustocavadi.com/ senza il cui incoraggiamento e la cui stima affettuosa non avrei mai scritto una recensione

Alla mitica Pippi (come stai? Cosmoabbracci!)

E alle tante, bellissime persone, che mi seguono in FB.

E a ctldzffr,  che mi segue con affetto da ... casa. E a scuola mi manca tanto.

“Prendiamo in mano i nostri libri e le nostre penne. Sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo. »    Malala Yousafzai.








mercoledì 28 novembre 2018

Viscere di misericordia


Viscere
Di Misericordia
L’uno per l’altra
Sogno di creature felici …
Utopia?                                                         
 

     (…) Non dimenticare che la tua vita è la più grande impresa del mondo. Solo tu puoi impedirne il fallimento. Molti ti apprezzano, ti ammirano e ti amano. Ricorda che essere felici non è avere un cielo senza tempesta, una strada senza incidenti, un lavoro senza fatica, relazioni senza delusioni. Essere felici significa trovare la forza nel perdono, la speranza nelle battaglie, la sicurezza nella fase della paura, l'amore nella discordia. Non è solo godersi il sorriso, ma anche riflettere sulla tristezza. Non è solo celebrare i successi, ma imparare dai fallimenti. Non è solo sentirsi felici con gli applausi, ma essere felici nell'anonimato. Essere felici non è una fatalità del destino, ma un risultato per coloro che possono viaggiare dentro se stessi. Essere felici è smettere di sentirsi una vittima e diventare autore del proprio destino. È attraversare i deserti, ma essere in grado di trovare un'oasi nel profondo dell'anima. È ringraziare Dio ogni mattina per il miracolo della vita. Essere felici é non avere paura dei propri sentimenti ed essere in grado di parlare di te. Sta nel coraggio di sentire un "no" e ritrovare fiducia nei confronti delle critiche, anche quando sono ingiustificate. È baciare i tuoi figli, coccolare i tuoi genitori, vivere momenti poetici con gli amici, anche quando ci feriscono. Essere felici è lasciare vivere la creatura che vive in ognuno di noi, libera, gioiosa e semplice. È avere la maturità per poter dire: "Ho fatto degli errori". È avere il coraggio di dire "Mi dispiace". È avere la sensibilità di dire "Ho bisogno di te". È avere la capacità di dire "Ti amo". Possa la tua vita diventare un giardino di opportunità per la felicità ... che in primavera possa essere un amante della gioia ed in inverno un amante della saggezza. E quando commetti un errore, ricomincia da capo. Perché solo allora sarai innamorato della vita. Scoprirai che essere felice non è avere una vita perfetta. Ma usa le lacrime per irrigare la tolleranza. Usa le tue sconfitte per addestrare la pazienza. Usa i tuoi errori con la serenità dello scultore. Usa il dolore per intonare il piacere. Usa gli ostacoli per aprire le finestre dell'intelligenza. Non mollare mai ... Soprattutto non mollare mai le persone che ti amano. Non rinunciare mai alla felicità, perché la vita è uno spettacolo incredibile. 

(Secondo quanto scrive Anna Maria Abramonte in FB,  tratto da una recente omelia di papa Francesco)

lunedì 26 novembre 2018

I sapori e i saperi della legalità

       Lavorare in modo onesto ed economicamente produttivo è considerato oggi quasi un miraggio. A Palermo la bottega de “I sapori e i saperi della legalità” e il negozio “Equonomia” raccontano una storia diversa e offrono spunti concreti di speranza per il futuro. La bottega de “I sapori e i saperi della legalità”, nata il 12 marzo 2009 a piazza Castelnuovo, a due passi dal celebre teatro Massimo, ha occupato lo spazio di alcuni locali confiscati al costruttore Giovanni Ienna, prestanome dei fratelli Graviano, mafiosi del quartiere Brancaccio. Come recita anche il suo nome, il negozio si struttura in due spazi: uno dedicato ai “sapori” e l’altro ai “saperi” della legalità. Nell’ambito dei “sapori” rientra la vendita di  prodotti alimentari (pasta, olio, vino, legumi, miele …) provenienti da imprese che rispettano i principi dell’eco-sostenibilità  e da “Libera Terra”, sigla che riunisce cooperative sociali che gestiscono strutture produttive e terreni sottratti alle mafie in Sicilia, Puglia, Calabria. Oltre agli alimenti, nella bottega si possono acquistare libri di saggistica che riguardano il fenomeno mafioso e l’antimafia: ecco quindi  lo spazio dedicato ai “saperi”, per iniziative finalizzate a percorsi di educazione alla legalità e alla cittadinanza attiva rivolte a scolaresche, gruppi, associazioni. 
             L’altra buona notizia arriva dal negozio “Equonomia” - bottega virtuosa aperta dal 2006, diventata Cooperativa sociale nel 2014 - che privilegia frutta e verdura biologiche locali, a chilometro zero, e prodotti alimentari ed oggetti provenienti dal circuito equo e solidale. La bottega non solo è diventata nel tempo un punto di riferimento cittadino per la qualità della sua merce, ma ha inserito tra i suoi lavoratori cinque persone con disagio psichico, alcune delle quali con contratto a tempo indeterminato. “Equonomia” coniuga così la tutela dell’eco-sistema con la promozione sociale e l’inclusione: in negozio, oltre ai già citati lavoratori con disagio psichico, in stage di tirocinio operano infatti alcuni giovani provenienti dall’area penale. Un anno fa, il 10 ottobre 2017, in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, la cooperativa ha ricevuto dal Sindaco di Palermo, il meritato riconoscimento di “Tessera preziosa del Mosaico Palermo”.

Maria D'Asaro, Il Punto Quotidiano, 25.11.18

sabato 24 novembre 2018

Impegnarsi per gli altri: forza, Silvia ...

Silvia Romano
(non avrei saputo dirlo meglio di Natalia Aspesi, ieri su “La Repubblica”: ringrazio Massimo Messina per la condivisione su FB.)

        "Sono una moltitudine, non una rarità, le ragazze, i ragazzi, gli uomini e le donne che amano il mondo e vogliono salvarlo, che ritengono ovvio aiutare chi ha bisogno, di qualunque colore sia e dovunque viva, che non accettano di ignorare le guerre, la fame, i terremoti, il terrorismo, le malattie, le inondazioni, la miseria, l’abbandono, i migranti, dovunque la gente viva la tragedia quotidiana di una crudele incerta sopravvivenza, dove il futuro non esiste. 
     Ma è come se queste persone non esistessero, l’informazione spesso le scopre quando fanno cattiva notizia, come Silvia Romano, rapita in un villaggio nella pericolosa foresta keniota alle spalle di Malindi, luogo di turismo privilegiato, e non lontano dal villaggio in cui sorge il centro spaziale italiano Luigi Broglio. Ventitré anni, milanese di Lambrate, ragazza qualsiasi senza storia, che anziché sognare di esibirsi a X Factor con i capelli tinti di viola e molti anelli al naso, ha scelto un altro modo per dare senso alla sua giovinezza, appunto il volontariato, con una onlus che lavora in Africa, accettando di dare il suo contributo di entusiasmo e sostegno, a Chakama, un luogo considerato pericoloso per le incursioni di banditi e terroristi. L’avevano sconsigliata senza però fermarla: e lei ha affrontato la grande avventura, sicura del suo bisogno di essere utile, di sentirsi nel giusto, di inebriarsi di bene. Felice, ridente, come appare nelle foto circondata da bellissimi bambini, come lei felici, come lei ridenti. 
     Ma si sa oggi i “clicchisti” nel deserto inutile della valanga di post hanno un’idea tutta loro di cosa e chi devono irridere (…) i gesti e le parole che non capiscono o che gli imporrebbero una riflessione, e poi chi si sottrae al cattivo umore generale con una scelta di vita coraggiosa, e chi alla fine segretamente invidiano, sentono migliori. Non si sa cosa stia succedendo a quella che oggi è solo una vittima, doppiamente vittima in quanto donna, ma buona parte dei suoi improvvisati nemici - maschi intrappolati nelle loro infelicità, femmine avvilite dalla pochezza dei loro desideri - si augurano il peggio. (…)
     In questo senso a Silvia la giusta, la generosa, l’appassionata, ragazza inerme nella ferocia dei rapitori, non viene risparmiato il disprezzo con cui oggi si tenta nuovamente di isolare le donne, di rimetterle al loro posto. Forse lo sghignazzo verso Silvia è un ennesimo, stupido gioco, e giusto per non sentirsi, orrore, buoni la si accusa di non essersene stata quieta a casa sua, magari a vedere il Grande fratello vip, a seguire Elisa Isoardi su Instagram, o se proprio scriteriata, a occuparsi di bambini in Italia, naturalmente italiani. Di Isoardi e di altre belle signore di coscia lunga e vita turbolenta abbiamo simpatiche notizie tutti i giorni più volte al dì, ma chi sono le persone che trovano se stesse lavorando lontano per gli altri? Si sa che il governo fa di tutto per ostacolare un tipo di volontariato che agisce senza tener conto dei suoi diktat, anche usando la folla di insultanti di professione. Forse bisognerebbe avere rivalutare il buon buonismo per limitare la volgarità della cattiveria arrogante e, prima o poi, pericolosa."
Natalia Aspesi, La Repubblica, 23.11.2018

giovedì 22 novembre 2018

101 storie: chi cerca oggi i ragazzi sperduti?

       A fine riunione,  la prof. stasera,  tornando a casa, ammirava nel cielo la superba  luna piena.
Dolce e chiara è la notte e senza vento, /e  quieta sovra i tetti e in mezzo agli orti / posa la luna, e di lontan rivela/ serena ogni montagna.“ 
     Ma la prof. non riusciva a farsi contagiare dalla dolcezza della luna: qualcosa le doleva nel petto, una tristezza profonda, nera, senza nome.  O forse un nome ce l’aveva, la sua tristezza. 
       Le era tornato in mente  G.,  uno scricciolo di quasi undici, che - sono passati dieci o vent’anni?  - scappava dalla scuola perché aveva  troppa paura: il papà, disoccupato e malato, la madre, una madonnina innocente e minuta, genitori di carta che non riuscivano a contenere quel ragazzino impaurito. A volte neppure a dargli da mangiare, figurati libri e quaderni ...
       Però una collega, una prof. dallo sguardo dolce e accogliente, accettò che lo scricciolo passasse nella sua classe. Allora accadde il miracolo: G. cominciò a venire  a scuola. E vi rimase sino alla licenza media, studiando con un computerino portatile che la docente aveva riservato per lui e con i libri che gli si prestavano.
     Perché la tristezza invincibile nel cuore della vecchissima prof? Perché sa che la buona scuola di oggi non è poi tanto buona …  C’è uno zeitgeist,  uno spirito del tempo,  a cui stanno a cuore  le  statistiche, l’immagine,  il RAV . Uno zeitgeist che, in qualche caso, ha smarrito la differenza tra forma e sostanza. Se un G. qualsiasi, dal nome simile o uguale a quel ragazzetto sperduto, oggi non venisse a scuola, chi andrebbe di corsa a cercarlo per capire che cosa sta succedendo nel suo cuore di ragazzo sperduto? 

lunedì 19 novembre 2018

Nati per servire


       "Non ci spaventiamo, care sorelle e fratelli, per queste parole che ascoltiamo nelle ultime domeniche dell’anno, il tema del compimento della nostra storia. Ci viene data una notificazione: ci viene notificato che tutti i poteri della terra, (…) i poteri del mondo, quelli che occupano abitualmente le prime scene della storia, quelli di cui parliamo per capire meglio come sono andate le cose, ebbene tutti questi poteri del mondo, tutte le stelle o le star del passato o del presente, siamo creature destinate al limite della nostra scomparsa, uno dietro l’altro, uno dopo l’altro …
Ed è un inganno quello che abbiamo coltivato, di sentirci al di sopra della nostra creaturalità, di porci in cielo, come se fosse la nostra sede, da dove governare il mondo e gli altri, noi presunti immortali.  (…) Sta a noi aprirci a quest’annunzio che è demitizzante, mentre noi tendiamo sempre a mitizzare gli altri e qualche volta anche noi stessi. Siamo demitizzati da questa parola, da un lato; dall’altro lato – ed è la parte propositiva – ci si parla del Figlio dell’Uomo: siamo ricondotti alla nostra umanità, all’umanità che Gesù ha fatto sua, che ha incarnato e che ha tradotto nel servizio e nel dono di sé.
Il Figlio dell’uomo è l’ultima parola sulla nostra Storia, ed è il criterio di giudizio, se vogliamo ispirarci al Vangelo: non le potenze dall’alto, ma il servizio umile e il dono della propria vita, incarnato da Gesù addirittura nella forma più obbrobriosa che potesse accadergli.
E non si parla di trionfalismo, non può essere trionfale tutto questo, perché il crocifisso, per natura sua, è umile, nudo, modesto: il deietto … che demitizza tutto il resto e che ci vorrebbe far scoprire, ci vorrebbe contagiare che la grandezza della Storia non è nei grandi, spettacolari, superbi eventi, ma nella grandezza del servizio e dell’umile gesto di amore.
Questo è quello che ci viene annunziato da questa pagina “gioiosa” del Vangelo, (…) che vuole dare il senso della misura, demitizzare ogni mito e andare a “passo d’uomo, perché questo solo conosciamo” … 
Per noi, in Gesù la nostra umanità è interpretata in maniera divina e divinizzante per noi. E questo annuncio vogliamo annunziare. La parte iniziale è una notificazione: prima c’era quest’impero, poi quest’altro, poi quest’altro ancora … oggi ci sono altri imperi che vogliono governare il mondo, imperi politici, economici, militari, di tutto … Quando capiremo questa notificazione? E ricordarci che siamo tendenzialmente una polvere pensante … 
E quando scopriremo che l’umano, in tutta la sua densità, può diventare divino così come Gesù lo ha incarnato nella sua vita, nella sua carne, nel suo dono eterno di amore?"

(Sintesi dell'omelia pronunciata domenica 18 novembre a san Francesco Saverio, Palermo, da don Cosimo Scordato, la cui raccolta di testi "Un Dio simpatico" sarà presentata martedì 20 novembre alla libreria Feltrinelli di Palermo, via Cavour, alle ore 18)

venerdì 16 novembre 2018

Chi l'ha vista?!

Nella garbata, ironica, divertente e assai intelligente Tv delle ragazze, in onda il giovedì su RAI 3 alle 21.15, Francesca Reggiani, nelle vesti della giornalista Federica Sciarelli, ci parla di un’inquietante sparizione:  (dal minuto 2,21 in poi)


(Parliamo di una sparizione che crea ansia, angoscia in molte persone: la sparizione della sinistra … Addirittura qualcuno la dà per morta ... La Sinistra, nonna sinistra per i nipotini, è sparita dal 4 marzo scorso … La signora è stata un punto di riferimento per  tanti, ma ultimamente ha perso peso, è diventata smilza. Qualcuno dice che si stia nascondendo, altrimenti la menano … C’è un appello dei suoi familiari, che sono disposti a perdonarla, se ricompare …)

Sullo stesso problema, ecco L'Amaca di Michele Serra - "Repubblica" 15.11.2018. (Ringrazio Massimo Messina che ha postato il pezzo su FB).

"Se le primarie del Pd, come dicono, avranno luogo il 3 di marzo, sarà passato un anno esatto dalle elezioni del 2018, dunque dal più potente rivolgimento politico della storia repubblicana e dalla massima catastrofe della sinistra italiana (dopo il fascismo). 
Questo intero anno trascorso tra quella sconfitta e la scelta di un nuovo segretario è, dal punto di vista simbolico come da quello pratico, una catastrofe altrettanto grave: e per giunta interamente autoindotta, senza alibi esterni. 
Mentre tutto gridava allarme, a sinistra, e chiedeva urgenza, sollecitava un sussulto, nel Pd non è accaduto quasi niente che non riguardasse il calcolo ombelicale, l’attesa prudente. L’elettorato di riferimento (quello ancora fedele così come quello deluso) si aspettava, il giorno dopo la sconfitta - però al mattino presto, senza aspettare neanche il pomeriggio un’assemblea permanente, un congresso straordinario, una fuga in Egitto, qualunque cosa desse l’idea della portata biblica di quanto era accaduto. Il lasso di tempo inauditamente lungo trascorso tra il colpo subito e una reazione commisurata (ovvero la nomina di un segretario non pro tempore, e con pieni poteri) suona come una smentita implacabile. 
Un elettorato di otto milioni di persone non meritava questa lentezza patologica. Quando la storia passa come un Tir, è difficile che si accorga di una lumaca che passa sulle strisce. Anche qualora il camionista fosse idiota e la lumaca intelligentissima, e per giunta sulle strisce, il risultato non cambia."




Sabina Guzzanti: da non perdere ...

martedì 13 novembre 2018

Indovina chi viene a cena ...

            Da vari anni,  la sera del secondo e del quarto martedì del mese, nello studio del più simpatico degli avvocati palermitani, un gruppo di “cenacolanti” si riunisce per mangiare insieme un pezzo di pizza e “ruminare” poi un po’ di considerazioni su questioni umane, sociali e politiche sempre aperte, sulla base di un testo che si legge preventivamente a casa propria.
   Queste chiacchiere tra amici vengono appellate “cenette filosofiche”: il confronto infatti è aperto, libero da preconcetti e chiusure dogmatiche e basato soprattutto su considerazioni razionali e argomentate, anche se pregne del pathos e della storia personale di ciascuno/a.
   Nel tempo, ci si è confrontati su testi  quali “Cara Filosofia”, “Il Tao della Fisica”, “Laici e cattolici in bioetica”, “Mosaici di saggezze: filosofia come antichissima spiritualità”, ma anche su grandi testi letterari: “Le memorie di Adriano”, “Treno di notte per Lisbona”, “Memorie del sottosuolo”.
   Il libro di cui si discute adesso sembrerebbe un libriccino da niente. E invece, in circa 180 pagine densissime, racchiude gli interrogativi più grandi dell’universo: 
- La triade Dio-uomo-natura ci spiega il male nel mondo? E’ vero, come afferma san Tommaso che bonum et ens convertuntur?  Il teismo, creazionista o meno che sia,  riesce davvero a spiegare l’origine del male? Si Deus est, unde malum?
- E’ possibile che il binomio uomo-natura spieghi meglio la faccenda ?
- Ma che cosa è poi questo male “appetto alla Natura” (per citare il nostro grande Leopardi)?
- Ma in fondo è possibile che “negli eventi generati spontaneamente dai processi evolutivi della materia-energia non c’è incorporato né alcun bene creaturale, né alcun male naturale”: “non c’è alcun bene di cui madre natura possa gloriarsi, e nessun male di cui debba giustificarsi”?
- La consapevolezza dell’extramoralità della realtà fisica, può comunque stimolare ciascuno di noi e la società ad affrontare con prudenza e solidarietà le conseguenze negative che i fenomeni naturali di fatto hanno sulle nostre vite?
- E’ possibile quindi che gli esseri umani, lungi dall’essere il fine dell’universo, siano soltanto uno dei fenomeni emersi dalla sovrumana ed extramorale fucina cosmica?
 (Da qui un’antropologia dell’eco-appartenenza e superamento di ogni forma di antropocentrismo)
- E quindi …
Può bastare per averne un’idea, vero?! E  siamo arrivati a leggere solo fino a pag. 77 …

Per chi volesse approfondire e ruminare dubbi e domande il libretto è:
IN NOME DEL BENE E DEL MALE di Orlando Franceschelli, Ed. Donzelli, Roma, 2017, € 17.

(Orlando Franceschelli lo conosco di "persona personalmente": è uno che pensa con rigore, con sapienza, con umiltà e passione. E scrive in modo chiarissimo e comprensibile a tutti).


domenica 11 novembre 2018

Camilleri racconta la cecità di Tiresia ...

      “Conversazione su Tiresia” - lo spettacolo scritto e interpretato da Andrea Camilleri, andato in scena al Teatro Greco di Siracusa lo scorso 11 giugno nell’ambito delle rappresentazioni classiche promosse dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico - è diventato anche un film, proiettato il 5, 6 e 7 novembre in varie sale cinematografiche italiane.
      Al cinema “Rouge et noir” di Palermo, la pellicola ha riscosso un grande successo di pubblico, affascinato dall’intrigante monologo dello scrittore siciliano che, a giugno scorso, aveva già ricevuto una lunga standing ovation a Siracusa. Grazie al film, realizzato da Roberto Andò, il pubblico in sala ha potuto vedere e ascoltare, dalla voce inconfondibile del ‘papà’ di Montalbano, il racconto magistrale delle peripezie del tebano Tiresia, costretto a diventare donna per una ripicca degli dei, per poi tornare uomo, a prezzo però della cecità e della condanna a predire il futuro. Nella città di Tebe, fu infatti l’indovino  a dover svelare ad Edipo la terribile verità che lo inchiodava come patricida e marito inconsapevole della madre Giocasta. Camilleri, negli incalzanti 85 minuti di ininterrotto monologo, narra infatti l’intricata vicenda mitologica di Tiresia, dando voce alle parole e ai versi immortali dei grandi della letteratura: Omero, Sofocle, Seneca, Orazio; Dante, Milton; Apollinaire e Virginia Woolf; sino ai quasi contemporanei Borges, Eliot, Pound, Pavese, Pasolini, Primo Levi.
  “Da quando io non ci vedo più, vedo le cose assai più chiaramente”, afferma lo scrittore/attore, che gioca in scena con l’analogia tra la propria condizione esistenziale e quella del celebre indovino: “Chiamatemi Tiresia: sono qui di persona personalmente”, esordisce, con un accenno ironico al suo celebre commissario. E afferma, verso la fine della suggestiva narrazione: “E, dopo secoli, persona e personaggio, si sono finalmente ricongiunti.” Per concludere infine con una confessione accorata: “Ho scritto più di cento romanzi; un mio personaggio, Montalbano, percorre felicemente il mondo. Poteva bastarmi, no? No. Non mi è bastato. Perché a 90 anni, diventato cieco, mi è venuta una curiosità immane (…) di intuire cosa sia l’eternità, quell’eternità che sento così vicina a me. E allora ho pensato che venendo qui, in questo teatro, tra queste pietre veramente eterne, sarei riuscito ad averne almeno un’intuizione …
Grazie allora a Camilleri, ultranovantenne geniale, che mostra quanta grazia e quanta saggezza possano albergare in un uomo innamorato della poesia.  E che, anche ad occhi spenti, sa tenere accesa la luce della cultura e la passione per la vita.  
Maria D’Asaro, Il Punto Quotidiano, 11.11.2018



sabato 10 novembre 2018

Giuseppe Liotta, il dottore/eroe della porta accanto

 (Non avrei saputo dirlo meglio: grazie a Massimo Messina che ha condiviso su FB il pezzo di Gery Palazzotto, apparso su“Repubblica” di ieri, 9 novembre)


"Ci sono situazioni che sembrano lontanissime eppure sono vicine, vicende che possono solo essere frutto di immaginazione e invece accadono. Ci sono tragedie che sono film, tanto è drammatica la teatralità che le avvolge, e invece sono reali, investono qualcuno che conosciamo o che abbiamo appena incrociato per strada.
Giuseppe Liotta era un medico che curava i bambini e lo faceva con la passione di chi non confonde il lavoro con la routine. Infatti, sabato scorso, aveva deciso di andare in ospedale nonostante la natura gli avesse scatenato contro tutte le sue forze, quasi a voler mettere alla prova il suo eroismo. Ma Giuseppe Liotta non era un eroe. Era un medico, un medico che curava i bambini. E il suo ospedale non era a un tiro di schioppo, ma a Corleone. Così non ci ha pensato su manco mezza volta quando è salito sulla sua auto ed è partito verso ciò che per noi può essere solo frutto di immaginazione e invece accade. Hanno ritrovato il suo corpo cinque giorni dopo a dieci chilometri dalla sua auto, sepolto dal fiume di fango che lo ha strappato alla sua straordinaria ordinarietà: la famiglia, il lavoro, il senso del dovere.
C’è qualcosa di medioevale nella congerie di acqua, terra, pietra e lamiere che punisce l’incolpevole, sacrificandolo per un merito e non per una colpa. Un imperscrutabile disegno divino per chi crede in un dio, un’atroce ingiustizia per tutti gli altri.
Giuseppe Liotta se ne va nel fiore degli anni come un fiore reciso ancor prima di sbocciare. E non è retorica, ma crudo realismo. Quanti altri Giuseppe Liotta ci sono nel nostro mondo di sopravvissuti? In un’Italia che ha abolito il lavoro chi è disposto a rischiare per fare semplicemente il proprio dovere? E chi è che lo fa senza sventolare bandiere o farsi bandiera egli stesso?
Giuseppe Liotta, il dottore Giuseppe Liotta, era il simbolo migliore di una forza silenziosa che dà il meglio di sé dietro le quinte, che olia gli ingranaggi di una solidarietà perduta, che aiuta per vocazione senza ricevuta di ritorno.
Un signor nessuno che diventa ai nostri occhi un gigante quando improvvisamente non c’è più: perché eravamo distratti, perché ci occupiamo sempre delle stesse cose e delle stesse persone, spesso inutili se non perniciose, mentre trascuriamo il buono che non fa romanzo, il bello che non fa scena, l’utile che non fa audience.
Avvertire la mancanza di uno sconosciuto e soffrirne è il rimorso che ci meritiamo".

giovedì 8 novembre 2018

Un Dio simpatico e ... un prete speciale


 

       Il libro sarà presentato venerdì 9 novembre 2018 alle ore 18 a Palermo, presso la Libreria delle Paoline di via Vittorio Emanuele II  (davanti alla Cattedrale), da Fernanda Di Monte e da Augusto Cavadi e Maria D'Asaro (curatori).

Sarà presente l'autore.






(dalla quarta di copertina del libro)
Il 30 settembre 2018 don Cosimo Scordato, prete bagherese da molti anni operante a Palermo, ha compiuto 70 anni. Alcuni amici gli hanno preparato una sorpresa: invece che una laurea in Albania o un attico al Colosseo, “a sua insaputa”  gli hanno regalato questo libro che raccoglie alcune delle sue pagine più belle e più intense (molte delle quali ormai introvabili). Chi lo ha conosciuto in Italia e all’Estero potrà riconoscere il taglio, e il timbro, della sua notevole cultura teologica, filosofica, antropologica, sociologica e pedagogica. Chi non l’ha (ancora) conosciuto di persona  -  né partecipato alla celebrazione eucaristica domenicale che egli celebra nella chiesa di San Francesco Saverio (quartiere Ballarò) – potrà farsi una prima idea della sua straordinaria attitudine comunicativa.

Cosimo Scordato (Bagheria, 1948) insegna teologia sistematica presso la Facoltà teologica di Sicilia di Palermo. E’ rettore della chiesa “San Francesco Saverio”  all’Albergheria e co-fondatore, con alcuni laici,  dell’omonimo Centro sociale (aconfessionale, apartitico e autofinanziato). Tra i primissimi preti, negli anni Ottanta del secolo scorso, a impegnarsi attivamente nel movimento anti-mafia è ormai un riferimento irrinunciabile per la comunità ecclesiale e civile. Tra le sue più recenti pubblicazioni: Dalla mafia, liberaci o Signore. Quale l’impegno della Chiesa ? (Di Girolamo, Trapani 2014) e Libertà di parola (Cittadella, Assisi 2013).


domenica 4 novembre 2018

1918-2018, la Grande Guerra, 100 dopo: fu vera vittoria?


Il trailer del film "Joeyux Nȫel": ogni guerra è una sconfitta per l'umanità.

Anche Palermo ha ricordato con alcune mostre il centenario della fine della prima guerra mondiale. Dal 4 al 13 ottobre, nella chiesa di san Giacomo dei Militari, che si trova all’interno della caserma “Carlo Alberto Dalla Chiesa”, è stata esposta la mostra “La grande guerra dei Carabinieri”, curata in collaborazione con il museo storico del Comando generale dell'arma dei Carabinieri: ventidue pannelli illustrativi hanno raccontato il contributo fornito dai militari allo sforzo bellico del paese nel corso del primo conflitto mondiale.
Rimarrà in esposizione fino all’11 novembre invece la mostra promossa dal Comando Militare dell’Esercito: “La Grande Guerra attraverso gli occhi e gli scritti di siciliani“, visibile  nei locali dell’ex Centro Operativo della Regione Militare della Sicilia, all’interno della Cavallerizza del Palazzo Reale. L’esposizione – che fa parte del cartellone ufficiale di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018 - comprende lettere dei soldati dal fronte concesse dalla Società Siciliana per la Storia Patria e dal Museo del Comune di Sutera, fotografie e scritti di guerra provenienti dalla collezione Castrovinci e  pannelli illustrativi che ritraggono il ruolo della Sicilia nella Grande Guerra. “Nel novero delle iniziative promosse dalla Forza Armata per commemorare il Centenario della fine della Prima Guerra mondiale – ha dichiarato il generale di brigata Claudio Minghetti –abbiamo voluto inquadrare l’argomento con l’ottica locale, quella dei siciliani. 

La storia ci insegna che la Sicilia ha pagato un altissimo tributo di sangue, con caduti, mutilati, invalidi ed anche eroi; non solo: ha ospitato, proprio perché lontana dal fronte, migliaia di profughi delle terre irredenti e di prigionieri di guerra delle diverse nazioni che allora facevano parte dell’Impero Austro-Ungarico. Ecco perché intendiamo evidenziare l’altissima valenza della testimonianza dei siciliani e rinvigorire la memoria nei giovani siciliani di oggi.”
Ai giovani siciliani di oggi, che hanno perso magari a Caporetto o sul Piave i loro bisnonni,  bisognerebbe anche far vedere le toccanti pellicole di Olmi e di Francesco Rosi e farli riflettere sulla guerra – definita “inutile strage” dall’allora pontefice Benedetto XV - con i versi del poeta/soldato Giuseppe Ungaretti: Di che reggimento siete fratelli?/Parola tremante nella notte/Foglia appena nata/Nell’aria spasimante/ involontaria rivolta/dell’uomo presente alla sua fragilità/Fratelli.”

Maria D’Asaro, Il Punto Quotidiano,04.11.18

venerdì 2 novembre 2018

Andarsene: domande sull'aldilà ...


     Tra i tanti libretti del filosofo consulente Augusto Cavadi, non poteva mancarne uno su una questione cruciale, ineludibile per chi, come l’autore, si professa “filosofo per mestiere e per passione”: nel saggio Andarsene (ed. Diogene Multimedia, Bologna, 2016, € 5) l’autore propone infatti una significativa raccolta di punti di vista sulla morte - soglia che tutti, prima o poi, dobbiamo attraversare e che porta con sé le domande di senso più misteriose e impegnative - e ci invita a riflettere su questo fondamentale tema esistenziale, evitando sia la tentazione della presunzione dogmatica che quella dell’ignoranza e della paura.
L’autore ci ricorda innanzitutto che un pensatore del ‘900, Wittgenstein, ha teorizzato l’impossibilità razionale di dare risposte a questioni rilevanti come quella del significato della vita e della morte. E, qualche secolo prima, Blaise Pascal aveva evidenziato che “gli uomini, non avendo potuto guarire la morte (…) hanno risolto, per vivere felici, di non pensarci”, ricercando continuamente “il trambusto che ci distoglie da quel pensiero e ci distrae”. D’altra parte un filosofo del calibro di Epicuro, nella lettera a Meneceo, esortava quest’ultimo a non temere la morte perché “Quando ci siamo noi, non c’è la morte, quando c’è la morte non ci siamo più noi. La morte quindi non è nulla, per i vivi come per i morti …”. Ma un altro grande filosofo greco, Platone, affermava che “le anime dei morti non cessano di esistere e che miglior sorte spetta alle anime buone, peggiore alle non buone”.  Per coloro che si collegano alla Rivelazione cristiana, che ha come suo fondamento l’Antico e Nuovo Testamento, è nota la risposta sul senso della morte e su una possibile vita futura: “Quali che siano le immagini mitiche per rappresentare l’Aldilà, di certo c’è che Dio non abbandonerà tutti i suoi figli nella regione dell’oscurità e del non-essere, ma – come è confermato nel caso paradigmatico di Gesù il Cristo – li richiamerà alla sua vita e li accoglierà nel suo abbraccio definitivo.” Ma credere nella resurrezione dei morti è un atto di fede che riesce difficile, se non impossibile ai non credenti: Cavadi riporta le opinioni di Sartre, di Celan, una poesia di Brecht con quest’incipit: Non vi fate sedurre:/non esiste ritorno./ Il giorno sta alle porte./Già è qui vento di notte./Altro mattino non verrà./(…) e il terribile “vangelo della perdizione” del sociologo e filosofo Edgar Morin: “Tutti i viventi sono gettati nella vita senza averlo chiesto, sono promessi alla morte senza averlo desiderato. (…) Non sono soltanto gli individui a essere perduti, ma, presto o tardi, l’umanità, e poi le ultime tracce di vita, e più tardi la Terra. (…) Il nostro mondo è votato alla perdizione. Siamo perduti.”
Se non si è credenti in un Dio amorevole che ci salva dal nulla, rimane solo la disperazione? Assolutamente no. Perché in ogni caso la meditazione sul morire può aiutarci a vivere meglio, a essere più solidali con tutta l’umanità e le creature viventi, a divenire più sobri e responsabili, a gestire il tempo con maggiore “leggerezza” e letizia. La tradizione buddista, che non ipotizza affatto una Trascendenza, raccomanda di vivere praticando la giustizia, la gioia, la compassione e la misericordia. Non a caso, alla domanda di un discepolo: “Ma la vita dopo la morte c’è o no?” un saggio avrebbe risposto: “C’è la vita prima della morte? E’ questa la questione!”.
 Sbaglia allora la nostra società occidentale a rendere la morte un tabù, da nascondere e rimuovere. Se è vero, come afferma Remo Bodei in un testo citato da Cavadi – e purtroppo lo si sperimenta con la scomparsa dei propri cari –  che“Ogni volta che muore qualcuno, un intero mondo scompare e si perde per sempre” è opportuno comunque vivere “come ospiti grati che cercano di capire perché sono finiti in questo mondo e quando durerà. Vivere con un margine di incertezza non toglie responsabilità alle nostre azioni, ma lascia aperta la porta al dubbio che le cose, alla fine, possano rivelarsi diverse da come le abbiamo pensate”.
Infine, anche se non riportate da Cavadi, ecco, sull’aldilà, alcune toccanti riflessioni di Natalia Ginzburg: “Alla morte si pensa continuamente, per tutta la vita (…). A volte pensiamo che ci sarà, dopo la morte, un’altra vita. (…) Alcuni dicono che dopo morti ci si trasforma in cani o in gatti o in altri animali (…) Altre volte pensiamo che la morte darà riposo. Immaginiamo allora la morte come un piccolo paese, o come una piccola casa, o una stanza. Qui abiteremo per sempre, con tutte le persone che abbiamo amato. Delle diverse idee che abbiamo sulla morte, questa è l’idea che più di tutte ci è cara. Il vero riposo è stare sempre con le persone amate. E perché non potrebbe essere così la morte? Chi l’ha detto che non sarà così?”                                 
 Maria D’Asaro, 1.11.2018, Il Punto Quotidiano.

giovedì 1 novembre 2018

La santità salverà il mondo

      Nell’immaginario collettivo, si pensa ai santi con un’aureola in testa e una vita ascetica, lontana dai bisogni e dai desideri dell’umanità. Dovremmo cambiare radicalmente la nostra concezione e considerare santo colui o colei che, come ci esortava Kant: agisce in modo da trattare l'umanità sempre come un fine, e mai unicamente come un mezzo; chi antepone il bene comune al bene individuale; chi ha come modello le beatitudini evangeliche: beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, beati gli operatori di pace, beati i misericordiosi … I ‘santi’, vicini di casa, sono allora i giudici Falcone e Borsellino, padre Puglisi e chi combatte la violenza mafiosa; chi ha lottato e lotta contro le dittature e i razzismi, come Bonhoeffer e Martin Luther King e i tanti, come Anna Politkovkaja, che si adoperano per la giustizia. Oltre alla bellezza, sarà la santità, oggi più che mai, a salvare il mondo.
Maria D'Asaro

Anna Politkowkaia

Dietrich Bonhoeffer