martedì 26 giugno 2012

Connessi per sempre


- Condisci la pasta con i pomodori secchi: butta gli spaghetti quando l’acqua bolle. - Sto in corridoio,  nel vagone c’è caldo. - Avete mangiato? Sono le 14,30. - Il mio non è mal di testa: è emicrania. - Queste le frasi pronunciate al telefonino dai passeggeri di un treno. Non sono la solita passatista che sostiene che le invenzioni siano un regresso. Mi piace vivere nel mio tempo: anzi, vorrei vivere nel futuro. Penso però che, prima dell’avvento dei telefonini, avevamo istanti preziosi, di riflessione e silenzio. I cellulari non hanno migliorato granché la natura delle comunicazioni tra gli esseri umani. Forse non è stato un così grande affare istallare migliaia di ripetitori per essere sempre connessi. Forse, più che inseguire l’offerta più conveniente di un dato gestore di telefonia mobile, dovremmo preoccuparci di innalzare la qualità dei rapporti interpersonali, e non solo di emettere suoni vacui a palate.
Maria D’Asaro  (“Centonove”: 22 giugno 2012)

domenica 24 giugno 2012

Libri segnati a matita e ... col mouse



Da vetero romantica tradizionalista, sono fedele all’uomo che amo. Con delle eccezioni, però. Mi innamoro facilmente, specie dei trapassati. Ad esempio, ho avuto una cotta per tale Alex Langer fondatore dei verdi italiani,  morto suicida il 3 luglio 1995 a soli 49 anni. Ho anche amato follemente quell’uomo stupendo che fu Primo Levi, che mi ha preso per mano dolcemente, nei lager. La mia fondamentale tolleranza per la diversità ha fatto sì che mi sia innamorata persino di Marguerite Yourcenar e del suo capolavoro Le memorie di Adriano.
Talvolta, m’innamoro anche dei vivi. Specie se scrittori: confesso di avere un debole per Erri De Luca, di cui ho apprezzato l’ultimo: Anche i pesci chiudono gli occhi  (dopo aver amato Alzaia, Montedidio, Il giorno prima della felicità)
La scrittura di Erri De Luca è il bagnasciuga che ti accarezza, in un tiepido pomeriggio di primavera. E’ una sonata jazz, su un tema accennato. Un ordito lieve di frasi su trame sottili, immuni dal peso ingombrante dei cattivi pensieri. I protagonisti dei suoi romanzi sono spesso adolescenti, grumo inquieto di carne che cresce, pervaso da una sensualità gentile che si fa relazione primigenia e pudica.
Oggi so che quell’amore pulcino conteneva tutti gli addii seguenti. (…) L’amore sarebbe stato una fermata breve tra gli isolamenti. Oggi penso a un tempo finale in comune con una donna, con la quale coincidere come fanno le rime, in fine di parola”
“Restammo seduti di fianco, le ginocchia tirate su. I baci (…)sono il più alto traguardo raggiunto dai corpi”.

Mi propongo di leggere, tra saggi e romanzi, almeno un libro al mese (per evitare che la media nazionale vada sottozero). Ecco gli ultimi sei libri segnati a matita:

Erri De Luca Anche i pesci chiudono gli occhi  (Feltrinelli, Milano, € 12)
Augusto Cavadi  Il Dio dei leghisti (Edizioni San Paolo, Milano, 2012, € 14)
Massimo Gramellini Fai bei sogni  (Longanesi, Milano, 2012, € 14,90)
Amelia Crisantino:Breve storia della Sicilia (Di Girolamo, Trapani 2012, € 12.90)
Augusto Cavadi  Presidi da bocciare? (Di Girolamo, Trapani 2012, € 12.50)
Fëdor Dostoevskij Memorie dal sottosuolo (Edizioni per il Club del Libro, Novara, 1967)

Tra le mie recenti letture, anche un gradevolissimo e-book:
Niamh delle fate, una musa preraffaellita.
Scaricabile gratuitamente a quest'indirizzo: Niamh delle fate

Un racconto a quattro polpastrelli, ideato e scritto da Vele Ivy, mitica autrice del blog:
Colorare la vita e dalla sua carissima amica Silvia.

Se sei appassionato/a di ottocento inglese, epoca vittoriana, pittura preraffaellita e racconti di fate, questo ebook fa per te! Ma anche per chi, semplicemente, ama le grandi storie d’amore. Niamh delle fate parla infatti della passione tra un pittore preraffaellita e la sua musa irlandese; è una storia racchiusa in un dipinto e portata alla luce da una giovane studentessa italiana, che indaga tra quadri, schizzi preparatori e antichi manoscritti.

lunedì 18 giugno 2012

Gatti e nonviolenza




Ho accennato ai gattini randagi nutriti da mani invisibili, vicino casa mia. Talvolta, per non disturbare i gattini che mangiano, cambio addirittura marciapiede. Anche merito delle riflessioni di Andrea Cozzo, che ritroviamo nel suo ottimo libro: “Conflittualità nonviolenta”. Dove l’autore sottolinea che “l’abitudine a considerare le persone e i viventi come cose può essere combattuta da un esercizio (…) che ci abitui a considerare le cose (e gli animali, aggiungo) come persone.” Poiché: “Violenza è un concetto relativo all’oggetto sul quale si esercita una certa azione: quanto meno io considero quell’oggetto in ciò che esso è per se stesso, tanto più mi avvio alla violenza contro di esso. La nonviolenza è una presa di contatto col mondo circostante nella sua varietà di cose, di esseri subumani, e di esseri umani”. C’è un filo forte e invisibile che lega tutte le forme di vita. Ringrazio Andrea che ce lo fa ritrovare.
Maria D'Asaro   ("Centonove": 15 giugno 2012)

domenica 17 giugno 2012

Nostra Signora di Nessun Luogo



Nostra Signora non era in cielo, neppure in terra o in altro luogo: non c’era, nella casetta del paesino piccino picciò; non c’era, nelle stanze degli uffici importanti; era smarrita, nella bella casa con i quadri di Klimt. Non era a scuola, tra le ciance bonarie delle colleghe; non abitava la sua città, bella e sguaiata; era sparita, dagli album sbiaditi della sua famiglia.
Alla fine, doveva accettarlo. Il suo destino era la dissolvenza: essere oltre, non esserci ancora, non esserci mai. Essere solo una parentesi sghemba, tra espressioni di vita a somma zero.

Nostra Signora e le sue Onde

Un vecchio Battiato che si adatta ai miei mari.



venerdì 15 giugno 2012

Se bocciamo i presidi, chi promuoviamo?!


Si può ragionare su un ruolo così delicato e nevralgico come quello del Dirigente scolastico senza scadere nelle generalizzazioni e nella faziosità? Non è cosa facile. Tant’è che, quando Augusto Cavadi mi mise al corrente della sua idea di mettere nero su bianco  alcune riflessioni sui presidi, gli consigliai di lasciar perdere. Nella scuola italiana già in alto mare per i pesanti tagli materiali e di risorse umane, per le confuse prospettive pedagogiche di lungo periodo, per l’incerta transizione didattica tra la lavagna di ardesia e quella interattiva, a mio avviso, l’ultima cosa di cui c’è bisogno è una sterile guerra di posizione “intra moenia”, all’interno della scuola stessa, tra dirigenti e docenti.
La lettura di Presidi da bocciare? (Di Girolamo, Trapani 2012, € 12.50), in parte, mi ha fatto recedere dal pregiudizio che “questo libro non s’avesse da fare”. Si tratta infatti di un testo polifonico, che si sforza di mediare tesi e antitesi, ragioni dell’accusa e della difesa, esposte queste ultime dalla viva voce di due dirigenti scolastici, Giorgio Cavadi e Domenico Di Fatta, cui segue il contributo opposto di due docenti: Alberto Biuso e Dario Generali.
La voce narrante di Augusto Cavadi occupa solo un terzo del libro: in questa prima sezione,  l’autore ci offre pagine dai toni brillanti, che raccontano con spirito caustico una ricca e colorita aneddotica che comprende presidi don abbondio e presidi don rodrigo, dirigenti georgici e don Giovanni, presidi protettrici e indaffarate e persino presidi velisti e anti-facebook.
Alla sua voce, segue quella del preside Giorgio Cavadi che punta a farci riflettere sulla debolezza intrinseca della “figura di un dirigente scolastico all’interno di un sistema imperniato su di un plebeismo pseudo-democratico, che tendenzialmente rifiuta una qualunque gerarchia anche solamente di tipo organizzativo”, “figura debole schiacciata fra il martello del ginepraio (…) di norme e codicilli e l’incudine di una pletora di ‘utenti’ di cui difficilmente da fuori si ha consapevolezza”. Più avanti, lo stesso preside  sgombra il campo dall’equivoco di una managerialità onnicomprensiva che una certa tendenza di costume avrebbe voluto imporre anche nella scuola: “Quello che il preside fa è (…) cercare di dare un senso a una comunità particolare: una comunità di apprendimento, nella quale i legami si stabiliscono su finalità e valori piuttosto che sul perseguimento di indici di produzione e di profitto. E qui la bravura del dirigente scolastico sta nello spingere le persone a lavorare sulla scia di un impegno condiviso, piuttosto che di un contratto (…) nel sostenere una comunità morale, piuttosto che essere un mero esecutore di norme”.
Le pagine di Giorgio Cavadi riescono a divertirci col racconto tragicomico della giornata-tipo di un dirigente scolastico, che comprende anche incontri con installatori di macchinette per bibite, caffè e merendine, con titolari delle agenzie di viaggio e con genitori che minacciano di chiamare i carabinieri a ogni piè sospinto. Carabinieri e fil di ferro nella serratura del catenaccio del cancello della scuola sono poi il pane quotidiano del preside Domenico Di Fatta, che ci accompagna lungo il sentiero impervio della responsabilità di dirigere allo Zen un Istituto comprensivo che si sforza di essere presidio formativo e di legalità in uno dei quartieri più degradati di Palermo.
Di ben altro tenore gli interventi dei professori Alberto Biuso e Dario Generali, che, a mio sommesso avviso, hanno il torto di essere troppo lunghi e di peccare di una certa autoreferenzialità. Spezzano inoltre il tono da “allegretto con brio” , che aveva gradevolmente impregnato di sé le altre pagine del libro e lasciano al lettore un retrogusto di delusa amarezza. Tanto da far dire alla dottoressa Maria Luisa Altomonte, Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia, che titoli più adeguati per il saggio sarebbero potuto essere: “I dolori dei giovani teachers” o addirittura “Dr. Jekyll e Mr.Hyde”, con allusione alle trasformazioni quasi demoniache a cui andrebbero incontro i futuri presidi.  In effetti, prima di darlo alle stampe, i vari autori avrebbero dovuto - per continuare a citare le metafore manzoniane così sapientemente usate nel testo - sciacquare gli articoli in un comune Arno espressivo, magari provvisto di acqua nonviolenta
Alla fine, comunque, il libro un grosso merito ce l’ha: quello di essere animato da una passione autentica per la scuola. E di accendere i riflettori su un’istituzione la cui salute complessiva dovrebbe stare a cuore a tutti coloro, addetti ai lavori o no, che vogliono continuare a costruire il futuro del nostro paese.

                                      Maria D’Asaro      (“Centonove”: 15 giugno 2012)

giovedì 14 giugno 2012

Nostra Signora e la candeggina



Va bene che uno era di esami, l’altro, a mare, si era scottato e la terza era un tornado, a dispetto del nome. Ma Nostra Signora se lo chiedeva. Dove aveva sbagliato. Forse pronunciava troppi: “per favore”, “un pochino”, “se non ti dispiace”. E così, loro erano più caustici della candeggina. Che, a confronto, era davvero gentile. Doveva frequentarla di più. E stare un po’ meno con i tre figli …

martedì 12 giugno 2012

Qui comando io




Mezzogiorno di sabato. Siamo a Palermo, in via Oreto nuova. C’è un bel sole di primavera. Chiacchiero al mio cellulare. Mi siedo  sul gradino del marciapiede, per riposarmi un istante e godere del tepore della stagione. Si ferma una macchina. Al volante c’è un uomo: lo sguardo dice più sotto i trenta che no. Mi fissa con insistenza: la macchina quasi si ferma. Di solito, non mi faccio intimidire con facilità. Ma quello che ho addosso è uno sguardo maschile pesante, che dice in silenzio: non devi sederti per strada, guarda che sono un uomo, guarda che questo è il mio territorio. Forse non avrei dovuto: mi sono alzata e sono andata a sedermi poco più avanti. Purtroppo, a volte, lo dimentico: che sono una donna, che vivo a Palermo. Dove, talvolta, bisogna chinare lo sguardo. Perché il rispetto e l’uguaglianza reale sono ancora una bella chimera, in questa città.     Maria D’Asaro     (“Centonove”: 8 giugno 2012)
P.s. La foto inserita non ha nulla a che fare con l'episodio narrato. Anzi. Si riferisce a un momento di luminosa solarità su scalini extra-siculi assolutamente "free".

domenica 10 giugno 2012

Riti di primavera




A Palermo, come in tutta l’Italia, le domeniche di maggio e giugno sono quelle in cui, per consolidata tradizione, si amministra il sacramento della Prima Comunione, uno dei sette previsti dalla Chiesa cattolica. In queste domeniche, vicino alle chiese, ci sono sciami di persone che sfoggiano costosi abiti da cerimonia e acconciature perfette, in attesa di “transitare” dalla parrocchia al ristorante dove, con amici e parenti, l’evento sarà festeggiato. Mi chiedo cosa rimanga, nell’anima e nella prassi di bambini e parenti, del sacramento celebrato: temo davvero poco di spirituale, fagocitato da pranzo, lustrini e regali. E mi domando ancora cosa aspetti la Chiesa cattolica per recidere l’abbraccio perverso tra celebrazione del sacramento e festa mondana. Utile sicuramente a far girare l’economia, offrendo occasioni di lavoro a parrucchieri, ristoratori e centri commerciali. Sicuramente inefficace, anzi senz’altro inutile e dannoso, per dare ali alla vita spirituale dei ragazzini e delle loro famiglie.                                               
 Maria D’Asaro (“Centonove”: 1 giugno 2012)

venerdì 8 giugno 2012

Dardi







Dardi
Di coscienza
Bucano senza sosta
La tua corazza fragile.

Arrenditi.

mercoledì 6 giugno 2012

La Sicilia in miniatura



Per il saggio di Amelia Crisantino: Breve storia della Sicilia (Di Girolamo, Trapani 2012, € 12.90), si potrebbe utilizzare il noto detto “Il vino buono sta nelle botti piccole”. Si tratta infatti di un libro/pocket, che racchiude contenuti densi e di grande sostanza, ugualmente fruibili sia dallo studente di scuola superiore che dal lettore medio desideroso di approfondire in modo serio ed  efficace le linee portanti degli avvenimenti storici siciliani, “tentando – come ci promette l’autrice – di ritrovare qualcuno dei fili smarriti e ingarbugliati che tessono i nostri giorni”.
Dalla fondazione della Palermo fenicia all’avvento di Arabi e Normanni, Aragonesi e Spagnoli, di Austriaci e Borboni, fino all’annessione al regno d’Italia e agli sbarchi a Lampedusa,  le riflessioni della Crisantino sono un mix convincente che comprende una salda ossatura di matrice braudeliana, accurati ritratti a tutto tondo e preziose notazioni antropologiche, unite a note di colore che mantengono sveglia e interessata l’attenzione dei lettori.
Tra i fattori di lungo periodo, l’autrice afferma che nell’antichità “I chicchi formano il filo conduttore della storia isolana” e che “assieme al grano, le strade sono fra quegli elementi di lunga durata preziosi per comprendere la storia della Sicilia”. Mentre, dopo il 1400: “La Sicilia è una frontiera disarmata come può esserlo un’isola senza flotta, dove il commercio è controllato da forestieri che hanno tutto l’interesse a mantenerla in un ruolo coloniale (…) E il decadimento dell’area mediterranea a favore di quella atlantica esclude poi la Sicilia dalle grandi correnti dei traffici internazionali”. E sottolinea ancora che: “Nella società meridionale, solo i nobili possiedono la terra e i contadini diventano protagonisti di un lungo processo di impoverimento che nei secoli impronterà di sé tutta la società ostacolando ogni crescita (…): infatti nelle compagne non ci sono poderi e contadini ma latifondi, braccianti poverissimi e gabelloti, i grandi affittuari a cui in seguito sarebbe stato molto spesso associato l’aggettivo mafioso”.
La studiosa usa toni netti per smascherare la mistificazione dell’autonomismo isolano, mero “velo ideologico di una lotta per il potere, condotta da un baronato che esige obbedienza dai ceti inferiori ma ha una vocazione anarchica nei confronti dello Stato”: equivoco storico che, dai tempi dei Normanni allo statuto autonomista approvato con regio decreto il 15 maggio 1946, subordina lo sviluppo civile e sociale della Sicilia alla sua pretesa di autonomia politica da un potere centrale.  Domenico Caracciolo, già alla fine del 1700, aveva invece individuato nelle riforme capaci di far crescere il ceto medio e nel rispetto delle regole le soluzioni più adeguate per un autentico progresso della società siciliana. Di Caracciolo, viceré illuminista a Palermo dal 1781 al 1786,  viene ricordato il tentativo di istituire un catasto isolano, indispensabile premessa a ogni giustizia fiscale, la liquidazione formale del Tribunale dell’Inquisizione,  l’istituzione di cattedre di astronomia, fisica sperimentale, matematica e dell’orto botanico. Al ritratto del viceré, l’autrice affianca  quello del canonico Gian Agostino De Cosmi, che non fu solo insigne pedagogista, ma anche strenuo sostenitore del riformismo del Caracciolo: una sorta di cattolico di sinistra “ante litteram”, in quanto affermava che la povertà “è un ostacolo insormontabile alla formazione della mente e dei sentimenti” e pertanto la politica che coltiva la povertà e l’ignoranza è malvagia e disumana.
La narrazione degli avvenimenti è impreziosita da particolari che ne arricchiscono la portata storica: sappiamo, ad esempio che Gerone II, tiranno di Siracusa, era anche uomo d’affari che commissionò un enorme vascello che aveva a bordo una palestra, una biblioteca, giardini pensili e 20 stalle per cavalli; sappiamo che, non fossero venuti gli arabi a battezzarli così, non chiameremmo babbaluci le piccole lumache, giuggiulena il sesamo e cassata la cassata; che, nel 1231, Federico II emanava leggi che tutelavano le donne, al punto che uno stupratore era soggetto alla pena capitale, ed era vietato il matrimonio riparatore, bollato come “antiqua consuetudine”, ben prima che, nel 1965, lo rifiutasse Franca Viola, che volle scegliere lei chi sposare.
Da segnalare infine le riflessioni sui movimenti contadini, protagonisti prima dei Fasci Siciliani di fine ‘800 e delle lotte per la riforma agraria nel dopoguerra; quelle sull’Autonomia regionale “edificata sotto il segno del privilegio che corrompe le coscienze” e la trattazione approfondita  dei rapporti tra mafia e politica: pagine queste che confermano il valore del libro, tra le cui righe leggiamo, oltre che la profonda competenza storica dell’autrice, la sua autentica passione civile.                                                                                                                                    Maria D’Asaro ("Centonove": 1 giugno 2012) 

martedì 5 giugno 2012

Tien an men – Tienanmente


In fondo, era solo il 1989, il 5 giugno: gli studenti cinesi, a Pechino, piazza Tien an men, chiedevano libertà, diritti civili, partecipazione.
Furono zittiti, torturati, uccisi. Annientati.
Ora la Cina si avvia a divenire la prima potenza industriale del mondo. Niente male per una nazione ex sedicente comunista. Che di rosso ha ormai solo il sangue dei suoi martiri per la libertà.
Forse è per questo che avverto un retrogusto di amaro, quando compro qualcosa dai cinesi.




lunedì 4 giugno 2012

Nostra Signora delle Ovvietà

Nostra Signora imparava ogni giorno qualcosa. Magari dai suoi sismi interiori e da quelli degli altri, virtuali o brutalmente reali.
Imparava che un tetto ben saldo sulla sua testa non era scontato. Che non era da tutti avere un lavoro e sentire un caldo “ti amo”. Che era una grazia potersi lavare ogni giorno, mangiare linguine e bere persino un caffè.
Che, alla fine, l’Universo era immenso. Che lei, in salute e col cuore pulsante, era davvero un frammento assai fortunato, in quest’infinito.