giovedì 29 agosto 2019

Brema, la magia di una fiaba








        Brema è situata sulle rive del fiume  Weser a circa 60 km prima del punto in cui il fiume sfocia nel Mare del Nord. Il fiume, in corrispondenza della città, si allarga e quindi è navigabile da navi di grosse dimensioni. 




Nel 2004 il municipio storico della città e il simbolo dell'indipendenza dello stato, la statua di Rolando, entrano nella lista dei Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO.




È ambientata in questa città la storia de I musicanti di Brema, favola dei fratelli Grimm, ricordata da una statua bronzea sita in piazza del municipio.









Brema è la più antica città-stato tedesca, ricca di monumenti e musei, nonché secondo porto commerciale della Germania. (il primo è Amburgo) La varietà di merci che vi transitano è molto ampia e spazia dai prodotti alimentari alle merci di carattere industriale: a Brema si trovano infatti anche industrie automobilistiche, elettroniche, acciaierie e cantieri navali, come anche alcune industrie aerospaziali. 






martedì 20 agosto 2019

Pensami


Pensami
Nuvola vaga
Nel vasto cielo,
Ora rosa, ora viola:
Lieve ... 

lunedì 19 agosto 2019

Stretto di Messina, tutti a nuoto tra Scilla e Cariddi

        Palermo –  Si è disputata il quattro agosto scorso, con ottime condizioni meteo e qualche folata di maestrale, la 55° edizione della Traversata dello Stretto di Messina, competizione alla quale la Federazione italiana nuoto ha riconosciuto un valore storico riservato solo a dieci gare in tutto il Paese. La traversata, lunga poco più di sei chilometri, con partenza in Sicilia da Punta Faro di Capo Peloro e arrivo nel porticciolo turistico sul lungomare di Villa san Giovanni in Calabria, ha registrato la partecipazione di ben ottanta atleti dai 14 ai 65 anni, provenienti da ventidue diverse città. 
                Si è aggiudicato il primo posto nella categoria maschile, con il tempo di 56 minuti, 53 secondi e 31 centesimi, Pasquale Sanzullo, del Centro sportivo carabinieri, che ha voluto dedicare la vittoria al suo collega Mario Cerciello Rega, il carabiniere ucciso a Roma pochi giorni prima.  Sanzullo è un cognome storico nella Traversata dello Stretto: Pasquale è infatti il fratello di Mario Sanzullo, già cinque volte campione nella stessa competizione. Nella categoria femminile, il primo posto è stato di Claudia Laganà dell’Asd Pianeta Sport di Reggio Calabria, con il tempo di un’ora, tre minuti e 49 secondi. 
                 La Traversata dello Stretto è nata il 5 settembre del 1954 da un’idea del Presidente dello Sporting Club Villa, il commendatore Rosario Calì, e del prof. Mario Santoro, già presidente della FIN regionale. Sul finire degli anni ’60, il disinteresse verso il nuoto di fondo portò però al progressivo impoverimento tecnico della competizione, che indusse gli organizzatori dell’epoca, dopo l’edizione del 1973 alla quale parteciparono solo 9 atleti, ad optare per la disciplina del nuoto pinnato, allora in forte crescita. Dal 1994 l’organizzazione è stata curata dal Centro Nuoto Sub Villa; nel 2006 si è tornati al nuoto puro e la competizione ha compiuto un salto di qualità in termini organizzativi, di visibilità mediatica e per numero e doti agonistiche dei concorrenti.
                   Tra i concorrenti della recente traversata, nella categoria 'ragazze' c’era anche Simona D’Andrea, tesserata con il Gruppo Atletico Sportivo di Catanzaro, una quattordicenne affetta da diabete: «Ci tenevo tanto ad attraversare lo Stretto di Messina, volevo dare un messaggio positivo a chi ogni giorno deve combattere un po’ più degli altri», ha dichiarato la ragazza, che si è classificata  al terzo posto nella sua categoria, dimostrando che il diabete giovanile non impedisce di praticare uno sport e realizzare i propri sogni.
Maria D’Asaro, 18.08.2019, il Punto Quotidiano

venerdì 16 agosto 2019

Incontro con una blogger DOC

  Maria e Santa



Festa
Di abbracci
Tra blogger DOC
In terra di Sicilia:
Incontro.







                                            Patrizia e Santa

La blogger Doc è Santa Spanò: qui il suo magnifico blog, per chi non lo conoscesse. 
Lei e Patrizia  recentemente hanno onorato me e Palermo della loro presenza.


mercoledì 14 agosto 2019

Buon Ferragosto a ...

foto mari@dasolcare

Ai poliziotti e alle Forze dell’ordine che pattugliano città, strade e spiagge;
A chi raccoglie pomodoro, sotto il caldo cocente, per 3 euro l’ora;
A chi un lavoro non ce l’ha e, in ferie forzate, è condannato a stare a casa;
Agli ammalati e agli angeli custodi – parenti, medici e infermieri – che li assistono;
Ai parenti delle 43 vittime del crollo del ponte Morandi e ai genovesi che hanno perso la casa;
A chi impasta il pane anche oggi, mescolando farina, fatica e sudore;
Agli operatori ecologici, che puliscono le nostre Leonie sempre più sporche e piene di rifiuti;
A chi è solo davvero, senza il dono di un sorriso e di una carezza;
Ai profughi alla deriva in mare e ai loro soccorritori;
Ai politici lungimiranti ed onesti che devono prendere decisioni complesse e difficili.


Maria D'Asaro


lunedì 12 agosto 2019

Senza titolo




Musica
del quotidiano;
umile, consueta salvezza
a portata di mano.
Lavora.













Abbandona
Con coraggio
La vecchia pelle
Libera la nuova vita.
Cammina.













Dolcezza
di sguardi
Tenera intesa speciale
Sigillo impresso nel cuore
Amore

domenica 11 agosto 2019

Primo Levi, il dovere di non dimenticare


Palermo – Primo Levi, morto l’11 aprile 1987 per una fatale caduta nella tromba delle scale del suo appartamento in corso re Umberto 75 a Torino, il 31 luglio avrebbe compiuto 100 anni. Con la sua misteriosa dipartita – suicidio o tragico incidente? – l’Italia ha perso il testimone più acuto e più lucido della Shoah. Per la sua azione di partigiano, Levi fu arrestato in Val d’Aosta il 13 dicembre 1943 e, in quanto ebreo, fu poi condotto a febbraio del 1944 nel campo di concentramento di Auschwitz. Con lui furono deportati 650 ebrei italiani, tra cui vecchi, donne e bambini; Primo Levi fu uno degli unici venti sopravvissuti. 
             Come racconta lui stesso, lo salvarono la laurea in chimica, che gli permise di essere utilizzato per alcuni mesi in un laboratorio chimico, al riparo di freddo e percosse, e l’aver ricevuto qualche razione di cibo in più da un operaio italiano, Lorenzo, che lavorava da civile nel lager e mostrò sempre verso di lui una disinteressata  misericordia.
                   Primo Levi raccontò con parole magistrali, nel libro “La tregua”, l’ingresso ad Auschwitz il 27 gennaio 1945 dei soldati russi, che segnò la liberazione dei prigionieri superstiti: «Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori, lungo la strada che limitava il campo(…) A noi parevano mirabilmente corporei e reali, sospesi … sui loro enormi cavalli, fra il grigio della neve e il grigio del cielo, immobili sotto le folate di vento umido minaccioso di disgelo. Ci pareva … che il nulla pieno di morte in cui da dieci giorni ci aggiravamo come astri spenti avesse trovato un suo centro solido, un nucleo di condensazione: quattro uomini armati, ma non armati contro di noi; quattro messaggeri di pace, dai visi rozzi e puerili, sotto i pesanti caschi di pelo».
                La sua opera più celebre rimane “Se questo è un uomo”, il resoconto della sua vita nel lager di Auschwitz, scritto, come dichiarato dall’autore nell’appendice del 1976 per l’edizione scolastica, «con il linguaggio pacato e sobrio del testimone, non quello lamentevole della vittima né quello irato del vendicatore». Perché, continua Levi: «Io credo nella ragione e nella discussione come supremi strumenti di progresso, e perciò all’odio antepongo la giustizia».
          Oltre che testimone speciale dell’Olocausto, Primo Levi si rivelò anche scrittore di talento: con La tregua vinse nel 1963 il Premio Campiello; nel 1979 con il racconto La chiave a stella si aggiudicò il premio Strega. Una delle sue ultime opere, il saggio I sommersi e i salvati, ha assunto infine nel tempo un altissimo valore etico e civile perché in questo testo Levi si chiede il perché della violenza cieca del lager e fornisce risposte chiare, efficaci e storicamente fondate.
            Illuminante, in particolare, è la sua analisi alla "zona grigia", rappresentata da tutti coloro che a vario titolo e con varie mansioni avevano partecipato al progetto concentrazionario nazista: «Ci viene chiesto dai giovani (…) chi erano, di che stoffa erano fatti, i nostri «aguzzini». Il termine allude ai nostri ex custodi, alle SS, e a mio parere è improprio: fa pensare a individui distorti, nati male, sadici (…). Invece erano fatti della nostra stessa stoffa, erano essere umani medi, mediamente intelligenti, mediamente malvagi: salvo eccezioni, non erano mostri, avevano il nostro viso, ma erano stati educati male. Erano in massima parte gregari e funzionari rozzi e diligenti: alcuni fanaticamente convinti del verbo nazista, molti indifferenti o paurosi di punizioni, o desiderosi di fare carriera o troppo obbedienti. Tutti avevano subito la terrificante diseducazione fornita e imposta dalla scuola quale era stata voluta da Hitler e dai suoi collaboratori».
        Dunque, ammonisce l’autore; «Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre».
            E conclude affermando che solo la buona politica e leggi giuste possono salvarci. Ogni epoca storica ha in sé i germi dell’oppressione e della violenza dell’uomo sull’uomo. Auschwitz è sempre alle porte: è necessaria una vigilanza continua, individuale e collettiva insieme, perché non vengano infranti gli argini delle strutture etiche e giuridiche che impediscono alla violenza cieca il funesto ingresso nella Storia umana.
Maria D’Asaro, 11.08.2019, il Punto Quotidiano

venerdì 9 agosto 2019

Il mare, Hansel e Gretel

       E quindi nostra signora si era concessa qualche ora del ‘suo’ mare panormita sotto casa, quello della costa est. Un mare povero e impuro, le cui analisi non erano mai state buone, ma che offriva gratuitamente la bellezza delle sue onde e il suo profumo. Infatti il litorale era pieno di tende stanziali, di pescatori di diporto, di famiglie di ogni genere senza troppe pretese, di donne anziane, che riuscivano a raggiungere quel lido improvvisato anche con autobus o tram.
       Mi metti la maschera – chiede a nostra signora una bimbetta abbronzata con i capelli arruffati. – Ci provo … - e intanto l’ex referente alla dispersione scolastica, avvezza a collaborare con i Servizi sociali si fa qualche domanda: quanti anni ha la bambina? Quale adulto non si sta occupando di lei? Quali rischi può correre? 
               Mentre le scorrono mentalmente i quesiti, le si avvicina un secondo bimbetto,  cicatrice sulla fronte, capelli castani vistosamente rasati sulla nuca, lo sguardo tra fisso, stranito e sfrontato: Guarda sono nero, è stato un polpo – dice mostrando il pancino macchiato. E poi: - Ho fame. Mi dai da mangiare? – e gironzola attorno al borsone da mare di nostra signora. Che dice al bambino che, poiché tra poco sarebbe tornata a casa sua,  non aveva portato merende o biscotti. Il bimbo la guarda adesso con aria sognante, come se la signora le stesse raccontando una fiaba. E le chiede: - Non te ne andare, stai qui … - 
             Intanto nostra signora realizza a chi “appartengano” le due creature sperdute: a un signore di età indefinibile che, vicino a un’approssimata tenda stanziale attorniata da sacchi di rifiuti, sedie sghembe e un tavolino, per tutto quel tempo è sempre rimasto immobile a fissare e azionare un cellulare, mentre i bimbetti ogni tanto gli ronzavano attorno, senza rivolgergli la parola, come se non esistesse.
               A un certo punto, la bimba comincia a scagliare pietre: non si capisce se vuole colpire il fratellino, o qualche altro bagnante o l’immensità azzurra del cielo. Nostra signora le parla, col tono più affettuoso possibile: - Cara, potresti colpire tuo fratello o un’altra persona e farle molto male. Ma non è sicuramente questo che vuoi … - Io voglio spaccare le pietreBene: allora metti vicino a te una pietra molto grossa e su quella, con un’altra pietra, spacca tutte le pietre che vuoi. – Il gioco piace anche al fratellino, che chiede a ripetizione: - Guarda, ho rotto una pietra … guarda ne ho rotta un’altra … Ho spaccato bene questa pietra? –  Poi la bambina dice che ha sei anni: a Settembre andrà a scuola, il fratello è più piccolo, ma non si capisce di quanto.  
            E’ arrivata l’ora di salutare il mare e i bambini. Nostra signora, già provata per una sua vicenda privata, torna a casa con una nube più nera nel cuore: può solo sperare che a scuola, per Gretel e poi anche per Hansel,  ci sia una maestra davvero speciale.


 

mercoledì 7 agosto 2019

Finiti, ma affamati di infinito

           Augusto Cavadi, filosofo di strada, mercoledì  pomeriggio 31 luglio, presso la "Casa dell'equità e della bellezza"  (via Nicolò Garzilli, 43/a, Palermo),  ha guidato una riflessione sul tema:  "Accettare con serenità la propria finitudine, riprendendo l’esperimento di dedicare a se stesso e agli interessati uno spazio settimanale di meditazione filosofica (silenziosa e/o dialogata) ascoltando un ospite, leggendo qualche pagina, conversando su una tematica che interroga qualcuno dei presenti o anche meditando con una musica di sottofondo.
          "Si potrà essere in due o tre; oppure in dieci o dodici; qualche altra volta magari il filosofo praticante sarà da solo … l’importante è che ci sia un’oasi a disposizione di tutti. L’essenziale sarà vivere una pausa di pace, di raccoglimento, di dialogo sereno che interrompa il ritmo abituale delle tante cose che facciamo:  non un impegno da aggiungere agli altri, ma una sosta fra un impegno e l'altro per prendere 'fiato'."
      La pratica filosofica infatti, come la vive Augusto, è molto più che esercizio cerebrale: è, per dirla con le sue parole,  "un modo di fare un passo indietro per guardare sé stessi e il mondo con occhi nuovi; una modalità di regalare un risveglio alle nostre potenzialità più intime e di immergersi in un bagno di 'senso' per uscirne più disposti a spendere in maniera dignitosa gli anni che ci restano da vivere sul nostro pianetino.  E’ un’esperienza di bellezza che ci rende meno prigionieri del nostro 'io' e più motivati a rapporti  equi e sereni con le persone, gli animali e l’intera Terra."

Ecco qualche risonanza espressa mercoledì scorso, dopo la lettura del testo “Accettare la propria finitudine”  (dal testo di Augusto Cavadi: La filosofia come terapia dell’anima, Diogene Multimedia, Bologna, 2019, €16, pag.24).
Qui, qui e qui  un assaggio dell’edizione precedente dello stesso testo.


Potrebbe forse essere la carità, la cura per gli altri, a dare un qualche senso alla finitudine umana e a collocare fede e speranza nell’hic et nunc.
E’ fondamentale che ciascun essere umano sia responsabile di sé e delle sue azioni e non deleghi tutto a religione e politica. Essere responsabili può attenuare l’angoscia e la paura.

Se è vero che è da evitare il delirio di onnipotenza del perfezionismo, è comunque necessario fare ciò che è in nostro potere per cambiare in meglio la società.

Non potrebbe forse la morte essere intesa come la restituzione di un debito che abbiamo contratto con la natura? Come il nostro personale contributo perché gli altri abbiano la vita?

Dovremmo tenere a mente l’ammonizione del libro di Qohelet: tutto scorre, tutto è vanità … Dovremmo attribuire una funzione minima ai concetti, alle interpretazioni. Convivere quindi con l’impermanenza e la finitudine, vivendo comunque con serenità le nostre passioni.

La tendenza a misconoscere la finitudine è foriera di disastri: quando nell’individuo non viene elaborata e integrata la fase dell’onnipotenza, avvengono misfatti. La contezza della propria finitudine porterebbe al superamento delle guerre e della violenza.

La finitudine, la morte individuale è il limite assoluto o è solo un cambiamento?

Paradossalmente talvolta il rapporto, anche se doloroso, con la fine delle persone care restituisce una sorta di senso alla vita. Ci rende consapevoli di far parte di un universo finito, che ha un inizio e una fine, ci rende respiro consapevole di una ciclicità.


Certo, è strano non abitare più la terra,
non agire più gli usi da così poco appresi,
e alle rose, e alle altre cose piene di promesse
non dare più senso di un umano futuro;
ciò che eravamo in mani illimitatamente ansiose
non essere più, e anche il proprio nome
abbandonare come un giocattolo infranto.
Strano non desiderare più i desideri. Strano
quel che stretto si teneva vederlo dissolto
fluttuare nello spazio. E penoso essere morti:
un continuo ricercare, faticosamente in traccia
di un poco d’eternità. – Ma i viventi compiono
tutti l’errore di tracciare troppo netti confini.
Gli angeli (dicono) spesso non sanno se vanno
tra i vivi o tra i morti. L’eterna corrente
trascina attraverso entrambi i regni ogni età,
sempre con sé, ed entrambi sovrasta con il suo suono.


(Rainer Maria Rilke, Elegie duinesi, dalla I elegia,  traduzione di Franco Rella;
ringrazio Armando Caccamo per la citazione)

Per chi è interessato, appuntamento oggi 7 agosto alle 18.30 per meditare su:
"Trascendere il complesso di colpa" (senza confonderlo con il senso della colpa) 
(tratto da: La filosofia come terapia dell'anima, pag. 26)

domenica 4 agosto 2019

Salvare il pianeta, vera emergenza globale

           Palermo – Continua purtroppo, su scala mondiale, la tendenza negativa al sovra-sfruttamento del nostro pianeta. Secondo il Global Footprint Network – l’organizzazione di ricerca internazionale che si occupa di monitorare l’impatto ambientale dei comportamenti umani - il giorno in cui l’utilizzo di risorse da parte della popolazione mondiale ha superato quanto l’ecosistema terrestre può rinnovare in un anno, l’Earth Overshoot Day quest’anno è stato già il ... (continua su il Punto Quotidiano
Maria D'Asaro, 04.08.19

giovedì 1 agosto 2019

Caccia ... al Tesoro!

     Chissà, forse c’entrava Saturno in prima casa, in posizione sfavorevole rispetto a Giove … 
       Di fatto a nostra signora non c’era una cosa che filasse subito liscia.  Non che nostra signora si lamentasse del suo destino: ringraziava anzi la Buona Sorte dei tanti doni che le erano stati elargiti. Ma ogni passo avanti, doveva conquistarlo con fatica.
      Così, quando a gennaio aveva saputo che, con la legge Fornero e i circa 42 anni di contributi, a fine anno poteva accedere alla pensione, aveva fatto salti di gioia … Non perché non amasse il suo lavoro: le sarebbero mancati immensamente i volti dei suoi splendidi alunni. Ma, ammonisce la Bibbia, nel libro dell'Ecclesiaste “C’e un tempo per ogni cosa” …
Ma i salti di gioia si erano congelati dopo il responso dell’operatore di un patronato cittadino: controllata la sua posizione INPS, mancavano all’appello più di sei anni di contributi, quindi la pensione non era affatto dietro l’angolo … “Ma io ho riscattato parte della laurea e ho lavorato quasi sei anni al Banco di Sicilia!” – All’accorato grido di nostra signora, l’operatore aveva stretto le spalle e emesso un lieve sospiro: “Forse in seguito potrà cumulare due piccole pensioni … Mah, all’INPS i contributi partono dal 1984 e non da fine 1977. Non so che dire …”
      Qua la faccenda è seria – si era detta mogia mogia nostra Signora. Che per fortuna si era ricordata di Alina e Aldo, due ex colleghi che avevano magnificato la competenza seria e rigorosa di una lavoratrice del patronato della Camera del Lavoro - la gloriosa CGIL di Brancaccio -  che aveva felicemente risolto le loro  pratiche pensionistiche.
      Raccolte le forze interiori e le carte burocratiche in suo possesso, in un incerto martedì di febbraio, si era quindi recata al Patronato CGIL, dove - grazie alla misericordiosa benevolenza di un volontario - era stata gentilmente ricevuta anche fuori orario di lavoro dalla signora /funzionario che, esaminati i documenti, aveva pronunciato le paroline magiche: “Professoressa, lei andrà in pensione quest’anno …  " Accompagnandole addirittura dall’istanza di pensione al MIUR e da una RVPA – Richiesta Variazione Posizione Assicurativa – azione che per nostra signora in quel momento equivaleva a un magico “Apriti, Sesamo … Riemergete dal nulla, o contributi un tempo versati …” La signora congedava la professoressa, incredula di tanta sicura competenza, rassicurandola: “I contributi all’INPS non risultano? Si troveranno. Lei li ha regolarmente versati”. 
     In realtà il reperimento dei contributi pensionistici avvenne dopo un percorso lungo, incerto e periglioso. Da parte dei responsabili del MIUR fu persino messo in dubbio che nostra signora avesse riscattato un anno e mezzo di laurea … Solo dopo che furono mostrati addirittura gli statini che dimostravano in modo inequivocabile che la quota di riscatto era stata corrisposta, l’INPS acquisiva ed evidenziava intanto almeno tali oneri contributivi. Dei contributi relativi ai sei anni di lavoro in Banca, nessuna traccia.
    La signora/angelo della CGIL continuava comunque a rassicurare la lavoratrice stagionata - che fra anni anagrafici e anni di lavoro, arrivava a quota 103 - ripetendo il suo mantra rassicurante “Professoressa, lei andrà in pensione quest’anno … “I contributi all’INPS  si troveranno”. 
       Intanto il tempo passava. Era sopravvenuta la primavera. Tutte le pratiche delle colleghe - future pensionate  - erano state approvate. Lei era l’unica della sua scuola con le carte ancora sospese.
       Si era persino recata in pellegrinaggio anche al santuario dell'INPS panormita, in via Francesco Laurana, dove un addetto ai conti sacri, dopo un certo disorientamento iniziale, aveva ripetuto la litania della signora, il nume tutelare della CGIL: “Professoressa, in effetti ha il diritto alla pensione … I contributi spunteranno fuori, da qualche cassa previdenziale ...”. 
     E venne anche l’estate. Passarono gli scrutini e gli esami. Passò la festa di saluto di fine giugno alla quale nostra signora aveva  aderito serbando fiducia nelle parole del "suo" angelo sorridente della CGIL.
       Si scoprì poi che nessuno, sino ad allora, aveva tenuto nel debito conto la richiesta del 20 giugno 1985 dell’allora assai giovane docente, che chiedeva al MIUR di ricongiungere presso l’INPS, ai sensi, dell’art.116 D.P.R. n. 1092/73, “il servizio reso in qualità di impiegato del Banco di Napoli o del Banco di Sicilia” . I contributi non erano nelle casse dell’INPS perché,  nonostante le reiterate richieste da parte dell’Istituto di Credito siciliano, il MIUR non  aveva mai, in 34 anni, dato corso alla cosa …
         Capito l’inghippo, istituita una task force formata da nostra signora in persona personalmente, da  un familiare assai volenteroso ed efficiente e dall'angelo supervisore e competente della CGIL, i contributi transitarono dall’Unicredit al MIUR e dal MIUR all’INPS.
           Finalmente, il 29 luglio il portale dell’INPS scrive che la richiesta di pensione di nostra signora è stata accolta.
       Chi ringraziare? Innanzitutto l’angelo della CGIL; poi la task force operativa 24 h su 24 a casa di nostra signora; e infine persino il MIUR che, opportunamente guidato e sollecitato, con qualche decennio di ritardo, ha compiuto i passi necessari all’iter burocratico.
        Aveva ragione Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa e seguace di Aristotele:  “Astra inclinant, non necessitant”.
      Ce la si può fare anche con Saturno in prima casa … Ammesso che c’entri qualcosa.