domenica 30 aprile 2023

Emmaus, mercato ecologico e solidale

      Palermo – L’Abbé Pierre, pseudonimo del francese Henri Antoine Grouès, nato a Lione nel 1912 e morto a Parigi nel 2007, frate cappuccino, eroe della resistenza contro il nazismo, attivista politico, non ha bisogno di presentazioni. Forse non tutti sanno però come è nata Emmaus, l’associazione da lui fondata nel 1949 e che, da allora, ha soccorso e ha dato una speranza di riscatto a poveri ed emarginati.
     Dopo la Seconda guerra mondiale, l’Abbé Pierre, alla ricerca di un alloggio, trovò una grande casa abbandonata nei pressi di Parigi, nel rione agiato di Neuilly-Plaisance. Investì la piccola indennità ricevuta da deputato per acquistarla: gli abitanti del quartiere rimasero sbalorditi quando iniziò a riparare la casa, che era in rovina.
    La sua idea iniziale era di aprire la casa ai giovani e farne un luogo di incontro per pregare, studiare, discutere.
   Ma un giorno incontra George, un uomo che ha commesso un omicidio, è stato in prigione e vorrebbe farla finita.  “Georges, io non ho nulla da darti, ma tu, prima di ritentare il suicidio, non potresti venirmi ad aiutare a costruire case per i senza tetto di Parigi?” “Di fronte a questa proposta così provocatoria, – racconta l’Abbé – il volto di Georges cambiò. Capì che, nonostante tutto, poteva ancora essere utile a qualcuno”. Georges accettò e andò ad abitare a Neuilly-Plaisance, che diventa presto luogo di rifugio per i senzatetto e per chi è in difficoltà. 
Nasce così la comunità di Emmaus, nome scelto pensando al villaggio della Palestina dove due discepoli incontrano Gesù, dopo la sua resurrezione. Ma lo riconoscono solo quando cenano insieme e il loro cuore si scalda e si illumina ascoltando le sue parole.
Ad Emmaus, a dare una mano, oltre ai volontari benestanti, ci sono anche volontari poveri: di ogni etnia e confessione religiosa. L'Abbé Pierre e i "compagni di Emmaus" - come ormai si fanno chiamare – ospitano infatti chiunque ne abbia bisogno. 
     Ci sono molti barboni, tolti dalla strada: la comunità cresce e, per i nuovi ospiti, si acquistano e ristrutturano nuove piccole case. Per autofinanziarsi, la comunità inizia a vendere materiali ed oggetti recuperati dalle discariche o da chi voleva disfarsene. Infatti, uno dei principi dell’Abbé Pierre, è che anche i più disperati possono rendersi utili per gli altri e aiutare quelli che stanno peggio, diventando essi stessi messaggeri di amore e di cura.
     Dalla fine degli anni ‘60, la comunità di Emmaus si organizza per accogliere i tanti giovani interessati a fare un'esperienza di vita comunitaria e a lavorare insieme raccogliendo beni dismessi da destinare ai poveri. 
Sulla scia degli insegnamenti dell’Abbé Pierre, nel 1971 nasce così Emmaus International, movimento laico di solidarietà attiva, che si propone di consentire ai più deboli di (ri)diventare artefici della propria vita, aiutando gli altri.
     Oggi il Movimento conta più di 300 gruppi sparsi in 36 Paesi di tutto il mondo (dall’India alla Polonia, dal Perù al Benin): i suoi membri promuovono attività economiche e di solidarietà assieme ai poveri, con i quali portano avanti la lotta contro gli sprechi soprattutto con il recupero di oggetti usati; ma si occupano anche di artigianato, di agricoltura biologica, di aiuto ai bambini di strada, di microcredito. 
   Una sede di Emmaus c’è anche a Palermo, in via Caravaggio 4/10. Per saperne di più, se ne parla con Riccardo Sanfilippo, il responsabile della comunità palermitana.

       Riccardo, quando nasce l’associazione Emmaus a Palermo?

La nostra data di nascita è l’8 ottobre 2015 quando, dopo aver partecipato a un Campo estivo organizzato da Emmaus Internazionale, un gruppo di volontari - tra cui il sottoscritto e Nicola Teresi (attuale presidente di Emmaus Palermo) – decidemmo di dare vita all’associazione nella nostra città.
In una città complessa come Palermo, volevamo essere portatori di energie costruttive e promotori dell’economia circolare, fornendo aiuto e supporto a persone in difficoltà: poveri, chi aveva perso il lavoro, emigrati, persone con problemi di tossicodipendenza.
Inizialmente, nel 2016, il Comune di Palermo ci mise a disposizione il Padiglione 3 nello spazio dedicato alla Fiera del Mediterraneo. Poi non è stato più possibile utilizzare quei locali e, da maggio 2021, abbiamo affittato, con le nostre forze, gli attuali locali di via Caravaggio.

Avete aiuti e/o finanziamenti pubblici?
Siamo orgogliosi di poter dire che, a eccezione del poco che ci arriva con le donazioni del 5xmille, non abbiamo alcun finanziamento. Anche se con qualche difficoltà, ci sosteniamo solo con le nostre forze e col nostro lavoro.

Come è strutturata l’associazione? Quali sono le principali attività di Emmaus-Palermo?
In Italia ci sono 17 comunità che fanno capo al Movimento Internazionale, ma ognuna ha la sua autonomia. Quasi tutte si trovano nel nord Italia: purtroppo a sud di Roma ci sono solo le comunità di Catanzaro e di Palermo. 
Emmaus Palermo Onlus si ispira, ovviamente, ai valori dell’Abbè Pierre e del Movimento di cui fa parte, secondo i principi del Manifesto Universale del Movimento Emmaus del 1969. Offriamo accoglienza a chi ha bisogno ed un percorso personale e collettivo di lavoro comune a fini di autofinanziamento. Superando la logica di un’accoglienza assistenziale, chi vive in comunità ne contribuisce al mantenimento e recupera nel lavoro del mercato solidale la sua dignità.
Chi è senza casa e chiede alloggio, è ospitato all’interno di una villetta autonoma, con giardino, a tre livelli, fornita di cucina e servizi a Ciaculli/Brancaccio, quartiere periferico di Palermo. Si tratta di un bene confiscato alla mafia e riconvertito all’uso sociale, gestito dalla nostra comunità in collaborazione con l’assegnataria Emmaus Italia.
Abbiamo un camion e due furgoni che ci consentono di prendere, quando possibile, i mobili e/o gli oggetti di grandi dimensioni che ci sono donati e, soprattutto, di fare le consegne a domicilio di quelli acquistati. 
Ci guadagniamo da vivere - evitando come dicevo prima di usufruire di fondi pubblici - grazie al Mercato Solidale, che ci consente, dunque, indipendenza e autonomia. 

Quante persone in situazione di difficoltà sono entrate nella comunità di Emmaus Palermo?
Sono circa 30 le persone accolte in comunità da quando ci siamo costituiti. Tra essi vi sono stati ex carcerati, persone che cercano di uscire dal circuito della tossicodipendenza, persone sfrattate o che si sono trovate all’improvviso senza lavoro, persone migranti. In genere i migranti rimangono circa due anni con noi: il tempo di imparare la lingua e ottenere il permesso di soggiorno. Poi magari hanno le carte in regola per trovare lavoro nella ristorazione o in un’azienda agricola, ad esempio. Ribadisco ancora che non abbiamo mai chiesto alcun contributo neppure per i migranti, proprio per garantire la nostra trasparenza e indipendenza. Ovviamente, il percorso di inserimento non ha una data di scadenza: la persona accolta può rimanere, dando il suo contributo di lavoro per sé e per gli altri, fino a quando lo desidera.

Svolgete attività di formazione?
La nostra associazione aderisce al coordinamento di Libera a Palermo, alla rete di consumo critico Addiopizzo, alla Rete dei Numeri Pari e al Forum Antirazzista palermitano. 
In rete con altre realtà sociali palermitane, organizziamo eventi culturali, di sensibilizzazione sul contrasto alla miseria e supporto alle persone e ad altre associazioni.
Facciamo parte della Rete dei Numeri Pari, composta da più di 400 realtà sul territorio nazionale, che punta a risollevare il destino di milioni di persone in povertà grazie a misure universali di contrasto alla miseria. 
Abbiamo, inoltre, coinvolto molti studenti in progetti di sensibilizzazione, formazione e volontariato. Abbiamo collaborato con tredici istituti scolastici di Palermo.

Qual è la partecipazione dei palermitani alle vostre attività?
Prima le persone ci contattavano solo per sbarazzarsi di ciò che a loro non serviva più; poi il coinvolgimento dei palermitani è cresciuto nel tempo ed è diventato via via più attento e consapevole. Il Mercato oggi è il risultato delle donazioni della cittadinanza palermitana che, regalando il proprio usato in buono stato, partecipa attivamente ad una pratica di economia solidale ed ecologica.  Chiunque può raggiungerci al Mercatino Emmaus per donare merce usata (chiamandoci per fissare un ritiro o venendo direttamente) e acquistare oggetti, mobili, vestiti, libri, casalinghi, elettrodomestici piccoli e grandi in buono stato ed a prezzi vantaggiosi.
Tentiamo di comunicare che il mercato solidale e il nostro negozio non sono luoghi commerciali, ma spazi con un’anima, che vogliono essere provocatori di un cambiamento in direzione di una maggiore equità. Infatti il circuito economico circolare e del riuso aiuta l’ambiente e favorisce la solidarietà sociale.
Progetti per il futuro?
Per l’estate abbiamo programmato un campo estivo nel corso del quale ci si confronterà su ‘Pratiche di giustizia e d ecologia sui beni confiscati alla mafia’; si faranno anche attività di lavoro e di servizio. Al campo potranno partecipare 36 volontari, in due turni: uno a metà luglio, l’altro tra fine luglio e inizio agosto. Il campo si svolgerà a Palermo, presso la base scout di “Fondo Micciulla”, primo bene confiscato alla mafia a Palermo da Giovanni Falcone e restituito al Comune di Palermo. Organizzare campi di lavoro per giovani e volontari provenienti da tutta Italia, è uno dei nostri obiettivi prioritari, da quando esistiamo come Emmaus-Palermo. Li organizziamo ogni anno in estate e, a volte, anche nel periodo natalizio. Sono dei momenti molto belli, intensi e formativi nei quali si crea un clima speciale di scambio, collaborazione e di festa.

Ringraziamenti d’obbligo e sinceri a Riccardo Sanfilippo e alla comunità di Emmaus-Palermo per la loro preziosa opera nella capitale siciliana, troppo spesso nel passato luogo di corruzione e di diseguaglianza. E non possiamo non condividere la preghiera che l’Abbé Pierre recitava prima di ogni pasto: “Rinnoviamo il nostro impegno di lavorare per dare pane a quelli che hanno fame e per dare fame di giustizia a quelli che hanno del pane.”

Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 30.4.23






sabato 29 aprile 2023

Mari

J.Sorolla: Las tres velas (1903)


J.Sorolla: Pescadora valenciana (1916)



Mari…

Moto ondoso

Rotte confuse cangianti

Mete, orizzonti da sognare…

Valencia

giovedì 27 aprile 2023

Scorcio di secolo

Madrid, Palazzo delle Poste: installazioni artistiche, 04.23
Doveva essere migliore degli altri il nostro ventesimo secolo.
Non farà più in tempo a dimostrarlo,
ha gli anni contati,
il passo malfermo,
il fiato corto.

Sono ormai successe troppe cose
che non dovevano succedere,
e quel che doveva arrivare
non è arrivato.

Ci si doveva avviare verso la primavera
e la felicità, fra l'altro.

La paura doveva abbandonare i monti e le valli,
la verità doveva raggiungere la meta
prima della menzogna.

Certe sciagure
non dovevano più accadere,
ad esempio la guerra
e la fame, e così via.

Doveva essere rispettata
l'inermità degli inermi,
la fiducia e via dicendo.

Chi voleva gioire del mondo
si trova di fronte a un compito
irrealizzabile.

La stupidità non è ridicola.
La saggezza non è allegra.

La speranza
non è più quella giovane ragazza
et caetera, purtroppo.

Dio doveva finalmente credere nell'uomo
buono e forte,
ma il buono e il forte
restano due esseri distinti.

Come vivere? - mi ha scritto qualcuno
a cui io intendevo fare la stessa domanda.

Da capo e allo stesso modo di sempre,
come si è visto sopra,
non ci sono domande più pressanti
delle domande ingenue.

Wislawa Szymborska: La gioia di scrivere, tutte le poesie (1945-2009), 
a cura di Pietro Marchesani, pag. 449, Adelphi, Milano









Madrid, Palazzo delle Poste, Plaza de Cibeles



martedì 25 aprile 2023

Questo nostro 25 aprile...

Dalla pagina FB del professore Andrea Cozzo, che ringrazio:

25 Aprile 2023. come ogni anno,
rivolto al futuro, celebro – auspico – la Liberazione da ogni fascismo: innanzitutto, da quello politico, che è istituzionale, fisico, culturale; poi da tutti gli atteggiamenti fascisti anche individuali, compresi eventualmente quelli miei.
     Ciò detto, a coloro che ancora identificano la Resistenza italiana con quella armata e ignorano il ruolo delle lotte senza armi, basti ricordare che:
- principalmente le azioni di disobbedienza civile, boicottaggio e e non-collaborazione nei confronti dell’occupazione nazista a Napoli, nel settembre del 1943, portarono alla liberazione della città;
- a Modena, i civili diedero assistenza a soldati e a ebrei, i Gruppi di Azione Patriottica attuarono azioni di sabotaggio, e la propaganda contro la leva fascista fece sì che, per esempio, a Magreta, su 300 chiamati, si presentassero soltanto sei giovani, e ostacolò il Programma Sauckel (che chiedeva alla provincia di Modena l’invio di 20.000 uomini a sostegno dell’industria bellica tedesca), con diverse modalità nonviolente con tanta efficacia che a fine aprile 1944 da Bologna, Modena e Reggio Emilia erano partiti meno di mille operai (per tutti questi casi (cf. H. Ferraro, “La resistenza napoletana e le ‘quattro giornate’: un caso storico di difesa civile e popolare”, e P. Predieri, “Lotta non armata nella Resistenza modenese: entrambi in Una strategia di pace: la difesa popolare nonviolenta”, FuoriThema, Città di Castello1993);
- nel contesto della rivolta dei “Non si parte”, sviluppatasi nel 1945 nel centro-sud, contro il reclutamento del Governo Bonomi, a Siracusa, Maria Occhipinti, incinta, costrinse i carabinieri a rilasciare i renitenti distendendosi davanti ai camion che li trasportava, venendo poi condannata al carcere e poi al confino (uno dei casi narrati nel bellissimo volume di A. Bravo e A.M. Bruzzone, “In guerra senza armi. Storie di donne. 1940-1945”, Laterza, Roma-Bari 1995).
Da leggere, almeno, anche: A. Bravo, “La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato”, Laterza, Roma-Bari 2013, e, naturalmente E. Deaglio, “La banalità del bene. Storia di Giorgio Perlasca”, Feltrinelli, Milano 1991.
BUON 25 APRILE! Buona Liberazione da ogni fascismo – anche da quello dei luoghi comuni.
Andrea Cozzo



Dal giornale telematico "La nonviolenza è in cammino", n.4815 del 25 aprile 2023, di Peppe Sini:

Il nostro 25 aprile e' un giorno di memoria e d'impegno.
Contro il fascismo, e quindi contro tutte le uccisioni, e quindi contro la guerra, il militarismo e il riarmo.
Contro il fascismo, e quindi contro tutte le dittature, comunque esse si travestano.
Contro il fascismo, e quindi contro tutti i poteri criminali, contro tutte le violenze e le oppressioni.
Contro il fascismo, e quindi contro il razzismo e lo schiavismo, e quindi contro i governi responsabili della strage degli innocenti nel Mediterraneo e dell'apartheid nel nostro paese.
Contro il fascismo, e quindi contro il maschilismo: il maschilismo che ogni giorno fa strage di donne, il maschilismo che nega la dignità umana di tutti gli esseri umani, il maschilismo che e' la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze.
Contro il fascismo, e quindi contro la devastazione del mondo vivente.
Contro il fascismo, e quindi contro! la riduzione degli esseri umani a cose, a merci, a rifiuti.
Contro il fascismo, e quindi contro lo specismo che nega l'intrinseco valore e il diritto all'esistenza di ogni altro essere vivente.
Contro il fascismo, e quindi contro il sistema di potere e il modo di produzione fondati sulla rapina e sullo sfruttamento degli esseri umani, sull'avvelenamento, la desertificazione e la distruzione del mondo vivente.
*
Il nostro 25 aprile e' un giorno di memoria e d'impegno.
Nel ricordo della Resistenza, e quindi in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, e quindi nel ricordo di tutte le vittime della violenza e di tutte le persone che ovunque alla violenza si opposero e si oppongono.
Nel ricordo della Resistenza, e quindi in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, e quindi nel ricordo di tutte le nostre maestre e di tutti i nostri maestri di umanita', di tutte le nostre compagne e di tutti i nostri compagni di lott! a nonviolenta che ci hanno lasciato ma che restano vivi nei no! stri cuori.
Il nostro 25 aprile è un giorno di memoria e d'impegno.
La Resistenza prosegue nella nonviolenza.
La Resistenza s'invera nella nonviolenza.
*
Il nostro 25 aprile e' un giorno di memoria e d'impegno.
A sostegno di tutte le attuali Resistenze civili e nonviolente contro la barbarie, le dittature, le guerre, le stragi, le uccisioni, la violenza.
A sostegno di tutte le attuali Resistenze civili e nonviolente che agiscono per salvare tutte le vite, per soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
*
Il nostro 25 aprile e' un giorno di memoria e d'impegno.
Cessi la guerra assassina, cessi il riarmo, cessi la follia militarista, cessino tutte le uccisioni: siamo una sola umana famiglia, ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Peppe Sini
E qui una toccante poesia di Ester.


domenica 23 aprile 2023

Benvenuti a Madrid, dove conta il gusto della vita

       Palermo – Quando atterra all’aeroporto Adolfo Suarez di Madrid-Barajas, la turista italiana non si sente del tutto in terra straniera: forse perché si parla una lingua affine alla sua, forse perché gli spagnoli somigliano molto ai suoi concittadini…
      E la sensazione gradevole di essere sì fuori dalla sua terra, ma in un paese ‘cugino’, dall’anima familiare e accogliente, continua all’arrivo a Madrid. 
Dove, intanto, ritrova gli alberi delle vie panormite: magnolie, platani, cercis siliquastrum in piena colorata fioritura, palme, cipressi, insieme a ippocastani imponenti, olmi e persino ad alcuni esemplari degli spinosi gleditsia triachantos. E ritrova, davvero identica a quella che nello stesso momento si svolge nel centro storico di Palermo, la processione del Venerdì Santo: con il Cristo morto, la Madonna Addolorata, i tenebrosi carnefici col volto coperto da un lungo e appuntito copricapo nero, la banda al seguito…
     La processione passa per Calle Mayor, uno degli affollati viali della capitale spagnola. Dove si respira l’aria piena di storia delle grandi città europee come Vienna, Amsterdam, Londra, Berlino, san Pietroburgo… 
    Con qualche significativa differenza: nella capitale spagnola l’atmosfera è più calda, sia come temperatura esteriore – ad aprile, nei giorni prima e dopo la Pasqua, nelle ore meridiane ci sono sempre 27° – sia come atmosfera umana: nei madrileni si avverte una gentilezza garbata, che non si trova sempre in altre città euuropee, dove si percepisce invece, talvolta, una certa superiorità altezzosa.
    Così, dopo qualche giorno di permanenza, alla turista italiana pare di stare a Madrid da un tempo lunghissimo. E di essere a casa. 
Sarà anche perché lì ha ritrovato la luce gioiosa di Joaquin Sorolla, - già ammirata l’anno scorso a Milano, in una mostra a Palazzo Reale - le sue tele vibranti dei riverberi del mare e dell’estate mediterranea. La sua casa di Madrid, trasformata in museo, già da sola merita un viaggio: oltre a una vasta collezione delle sue opere - tra cui Passeggiata sulla spiaggia e i magnifici ritratti dell’amata moglie Clotilde - conserva il suo studio, l’arredo e l’atmosfera del tempo, e uno splendido giardino, progettato dallo stesso pittore.
    Imperdibile poi la visita al museo del Prado, dove si ammirano i capolavori dei maggiori artisti spagnoli: El Greco - che allungava i corpi per ‘cercare le anime’ e li rivestiva con la potenza dei suoi contrasti cromatici - Velazquez, Murillo, Francisco Goya con il suo capolavoro La fucilazione del 3 maggio 1808, toccante denuncia della mostruosa crudeltà della guerra. Ma il Prado ospita anche vari dipinti di illustri italiani: Raffaello, Correggio, Beato Angelico, Tiziano, per citarne alcuni.
Merita di essere visto anche il museo ‘Thyssen-Bornemisza’, soprattutto per i quadri impressionisti, cubisti e surrealisti di artisti del calibro di Degas, Manet, van Gogh, Gauguin. Cezanne, Dalì e Picasso.     E bisogna visitare anche il museo ‘Reina Sofia’ se di Picasso si vuole ammirare dal vivo, sgomenti e incantati, Guernica, uno dei suoi capolavori.
     A Madrid, quindi, si sta bene sia visitando l’interno di musei, monumenti e palazzi storici sia ammirandoli solo dall’esterno: il Palazzo Reale, costruito tra i 1738 e il 1755 da Filippo V (il più grande d’Europa per le sue 3418 stanze, con importanti affreschi del pittore veneziano Giovan Battista Tiepolo), è magnifico da ammirare sia fuori che dentro; si godono invece solo dall’esterno Plaza Mayor, con i portici che invitano a gustare un aperitivo o una cena all’aperto; Plaza de España, con il monumento a Cervantes; Puerta del Sol che, da quando Madrid fu designata capitale, è diventato il cuore della città: oggi è un vivace luogo di incontro e di passaggio, oltre a rappresentare il km 0 da cui partono le strade per tutte le direzioni.
    E se ci si vuole rilassare tra prati e viali alberati, è d’obbligo una sosta al Parco del Ritiro, con i suoi 143 ettari di superficie, il maggiore dei tanti polmoni verdi della capitale. Donato al Comune di Madrid nel 1868 da re Ferdinando VII, il vasto parco ha al suo interno anche un laghetto artificiale e una graziosa costruzione in stile liberty denominata Palacio de Cristal.
    Madrid è una capitale relativamente moderna: lo divenne nel 1561, in sostituzione della vicina (e magnifica!) Toledo, per volere di Filippo II. I grandi viali pieni di vita ospitano infatti pregevoli edifici di stile tardo barocco e neoclassico, assieme a edifici più moderni di stile eclettico, tendenza architettonica affermatasi tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 come sintesi nuova e originale di elementi di stili precedenti: il Banco de España e il Palacio de Comunicaciones, sede della Posta Centrale, nei pressi della storica Plaza de Cibeles, sono esempi di tale stile.
    E quando, stanchi e soddisfatti di tanta bellezza, ci si ferma per riposare e mangiare, la cucina spagnola, a prezzi abbordabili, offre una gamma variegata di specialità: oltre alla nota paella, si possono chiedere pinchos e tapas (assaggi e antipasti) di un po' di tutto, per poi scegliere raciones (porzioni) gustose a base di carne, pesce e, per i vegetariani, ogni tipo di zuppe, ortaggi e verdure.
     Camminando per strada o prendendo la metro, che offre un buon servizio a prezzi contenuti anche per i turisti, si capisce di essere in una capitale multiculturale, con tanti madrileni i cui tratti somatici dichiarano l’origine indios, la cui presenza ricorda la lontana e nebulosa conquista del Sudamerica. 
    Ma la Madrid di oggi sembra aver fatto i conti con la sua storia nera, soprattutto con la più recente dittatura franchista e, pare, anche con il terrorismo dell’ETA che rivendicava l’indipendenza dei Paesi Baschi. Sembra essersi cicatrizzata anche la terribile ferita provocata dall’attacco terroristico, opera di fondamentalisti islamici, che l’11 marzo 2004 a Madrid provocò 191 morti e 2057 feriti, attentato di cui fa memoria l’enorme volto triste di un bambino nella stazione centrale ferroviaria di Atocha.
    Ora, qualcuno, nelle stazioni affollate, suona con il violino Halleluja. Alcuni in metro canticchiano. In una piazzetta fuori dal centro, un quartetto improvvisato suona e canta con un ritmo allegro che coinvolge i presenti.
   Ha proprio ragione la professoressa Caterina Ruta, ispanista e docente emerita di Letteratura spagnola all’Università di Palermo: “La Spagna attira tutti proprio per il gusto della vita che manifesta”.
   E allora non si può che auspicare con la nota canzone di Manu Chao: ‘próxima estación: esperanza’… Per Madrid, per la Spagna e per la casa comune europea. 



Maria D'Asaro, 23.4.23, il Punto Quotidiano















Foto mari@dasolcare