mercoledì 30 ottobre 2019

Il canto degli alberi: colmo di fiori è il pesco ...


Non tutti diventeranno frutto,
Splendono limpidi come schiuma rosa
Per l’azzurra fuga delle nubi.

Come fiori sbocciano i pensieri,
Cento al giorno - 
Lasciali fiorire! Lascia alle cose il loro corso!
Non domandare del raccolto!

Occorrono anche giuoco e innocenza
E fiori in abbondanza,
Altrimenti il mondo ci sarebbe angusto
e la vita priva di piacere.


Herman Hesse, da “Il canto degli alberi”






(foto mari@dasolcare)

domenica 27 ottobre 2019

Auguri zia Lillia, 100 anni di serenità

            Palermo – Nel 1919 la prima guerra mondiale era finita da meno di un anno. Mastro Turiddu, sebbene avesse tre figli, era stato chiamato al fronte, a combattere una guerra  lontana dalla sua Sicilia calda e solare. Miracolosamente tornato vivo dall’inferno delle trincee - uno dei pochi della sua brigata, decimata a Caporetto - aveva messo al mondo la quarta figlia, nata appunto il 24 ottobre del 1919. La bimba era stata battezzata col nome della nonna materna, Rosalia. Lillia, vezzeggiativo con cui sarebbe stata poi sempre affettuosamente appellata, cresceva sana, in grazia e in salute, ma non in altezza: col suo metro e quaranta, sarebbe rimasta la più piccola della famiglia, arricchita poi da altre nascite: in tutto dieci persone, quattro fratelli e quattro sorelle, più mamma e papà.
Della bella famiglia, che viveva a Chiusa Sclafani, un paesino nel cuore della Sicilia, al confine tra le province di Palermo ed Agrigento, oggi sono rimaste solo lei e la sorella Antonina, con i suoi 91 anni  “ragazzina” al confronto di Lillia, che,  lo scorso 24 ottobre, ha compiuto 100 anni.
Immaginate forse una vecchietta stanca, confinata in una stanza, con gli inevitabili acciacchi dell’età? Niente affatto: Lillia esce ogni pomeriggio per andare a messa, nella parrocchia di sant’Antonino, a Palermo, dove vive da più di mezzo secolo ormai; a casa è lei a cucinare, a lavare i piatti, a curare le piante … E il suo riposo consiste nella continua lettura di libri e giornali: “Perché bisogna essere aggiornati e seguire le vicende del mondo”.
Come è stata la vita di Rosalia Giaccone? (Anzi di zia Lillia, perché la scrivente ha la fortuna di essere sua nipote). E’ stata una vita serena e lineare: come quasi tutti i suoi fratelli e le sue sorelle, ha coronato solo da adulta il desiderio di continuare gli studi, perché in famiglia non c'erano i soldi per studiare. Così solo negli anni ’50 è diventata insegnante di scuola materna. Ha cominciato a lavorare quasi a quarant’anni, educando con affetto tantissimi bambini, e poi si è prodigata nella cura di nipoti, pronipoti e pro-pronipoti.
Faro della sua vita è stata la fede religiosa cattolica: a cinque anni faceva parte già del gruppo dell’Azione Cattolica parrocchiale ed è rimasta fedele per tutta la vita a questa scelta. Avrebbe voluto farsi suora: è stata ad Alba, in provincia di Cuneo, nella comunità delle suore paoline. Ma per un problema di salute, è dovuta tornare in Sicilia. Si è allora consacrata da laica alla vita religiosa, con le “Annunziatine”.
Ma zia Lillia non è affatto bigotta: i suoi modelli di vita sono le testimonianze concrete di uomini e donne, come don Giacomo Alberione, madre Teresa e padre Pino Puglisi. E, soprattutto, san Francesco. Come san Francesco ama la natura, ama la pace e la mitezza. Le beatitudini evangeliche “Beati gli operatori di pace, beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, beati i miti, beati i puri di cuore, beati i misericordiosi …” sono davvero la ‘summa’ del suo vangelo.
Ma ci si farebbe un’idea parziale di zia Lillia se la si pensasse solo casa e chiesa: finché ha potuto, ha girato in lungo e in largo il nostro bel paese e si è avventurata anche in Francia, Spagna, Portogallo, Polonia e persino in Egitto e in Israele: “Perché bisogna andare a Gerusalemme e a Betlemme almeno una volta nella vita” … E non disdegna, dopo aver recitato il Rosario, una partitina a carte con la sorella o con i nipoti: fonti ben informate ci dicono che, da qualche anno, “Scala quaranta” sia caduta in disgrazia e sia stata soppiantata da “Pinnacola”.
Ecco, zia Lillia è un’amante della vita e della sua bellezza. Ed è sempre allegra e di buonumore. Un grazie dunque per la sua testimonianza di vita gioiosa e per la sua fede granitica. E l’augurio di vivere ancora in salute e letizia, attorniata dall’affetto della sorella, la mitica zia Ninì, e dei nipoti, e dalla stima cordiale dell’affezionata comunità parrocchiale palermitana di sant’Antonino e delle persone del paese natale. Il compleanno a tre candeline è stato infatti anche festeggiato a Chiusa Sclafani, dove il sindaco, Francesco Di Giorgi, le ha conferito una targa-ricordo.
Qualcuno si chiederà: ma davvero zia Lillia non ha nessun problema di salute? Lo confessiamo: il suo udito non è al cento per cento. A volte non sente la sorella che la chiama o lo squillo del telefono. Ma si rifiuta di portare una protesi acustica. Chissà se uno dei segreti della sua longevità non sia magari proprio questa sua lieve ipoacusia, che la tiene alla giusta distanza dallo sbraitare vano dell’universo …
Maria D'Asaro, 27.10.19, il Punto Quotidiano













venerdì 25 ottobre 2019

Allegria



Trillo
Vitale, gioioso
Del pappagallo verde,
sveglia originale, al mattino.
Allegria!    






lunedì 21 ottobre 2019

Ciao, Letizia

Picasso: Maternità (1903)
Cara Letizia,

             cara mia vicina di casa: tu al primo, io all'ottavo piano ... Ti saluto per sempre qui, nel blog.
Confesso che  non ho avuto la forza di venirti a trovare. Avevi  lo stesso male mostruoso di mia sorella, un male che non lascia scampo. E non reggevo l’incontro con i tuoi occhi o con quelli dei tuoi figli o di tuo marito.
           Tuo marito, al funerale, sabato scorso ha detto di te delle cose bellissime: “Letizia non era una moglie, era la moglie; non era una madre, era la madre; non era una nonna, era la nonna … Letizia sembrava fragile, ma aveva dentro una forza incredibile. Letizia era una donna che sapeva perdonare. Letizia era fiera di essere una catechista … Letizia, prima di entrare in sala operatoria, mi disse: - Promettimi che, comunque vada, non te la prenderai con Dio -. 
       Tuo marito ha mantenuto la promessa. Avevo uno sguardo sereno e ancora innamorato di te … Ha detto ai figli che la famiglia “deve fare squadra” come se ci fossi ancora tu … Era da tempo che non sentivo una testimonianza d’amore così vera e vibrante.
            Cara Letizia,  non so perché sei morta tu e non io. In fondo, eravamo più o meno coetanee …  La vita e la morte sono un mistero. E io vivo impastata con i dubbi.  Non ho la tua fede semplice e granitica. Posso solo dirti che ti porterò nel cuore.  E cercherò di dare a grandi e bambini un pizzico del tuo meraviglioso sorriso.

domenica 20 ottobre 2019

Brema e Lubecca, due città patrimonio dell’umanità

              Palermo – Nella ‘legenda’ della più nota guida turistica italiana, il libretto verde del Touring club, due asterischi accanto a una località significano che quel posto “merita un viaggio”. 
         E meritano davvero di essere visitate Brema e Lubecca, antiche e gloriose città del nord della Germania fondate entrambe prima dell’anno mille, che dal XII al XVI secolo hanno condiviso un’importante posizione nella storia e nell’economia della regione baltica e hanno fatto parte della Lega anseatica, un’alleanza tra le principali città europee che si affacciavano sul mar Baltico, finalizzata ad acquisire e mantenere privilegi e monopoli commerciali su gran parte dell’Europa settentrionale. 
          Lubecca, dal XIII al XV secolo una delle città più importanti d'Europa, fu appunto denominata la "Regina della Lega Anseatica" per la centralità del suo ruolo nell’ambito dell’alleanza commerciale. Il suo centro storico, caratterizzato da sette torri  e circondato ad anello da un canale d’acqua formato dal fiume Trave, è stato in gran parte ricostruito dopo i danni subiti nel corso della Seconda guerra mondiale. 
              Per la sua ricchezza e le particolari caratteristiche architettoniche ed artistiche nel 1987 è stato dichiarato dall'UNESCO patrimonio dell'umanità. Chi visita Lubecca è infatti colpito dal fascino e dalla magia delle sue stradine medioevali e delle antiche chiese gotiche, tra le quali spiccano ‘Marienkirche’, la chiesa di Santa Maria, con le sue torri imponenti, per dimensioni terza chiesa della Germania, e la chiesa di san Giacomo, risalente al 1334, detta la chiesa dei marinai, con una cappella dedicata alle vittime del mare e due pregevoli organi monumentali. 
Imperdibile poi una sosta davanti alle fiabesche porte d’ingresso alla città, la Holstentor, simbolo di Lubecca, con le due caratteristiche torri, e la Burgtor, ancora più antica, risalente al 1444. 
             La città, che ha dato i natali a Thomas Mann e allo statista Willy Brandt, possiede infine uno dei municipi più antichi e caratteristici di tutta la Germania: il ‘Rathaus’, cioè il Municipio - una straordinaria combinazione di edifici di vari stili architettonici, dal gotico al rinascimentale - è una festa degli occhi per l'incantato turista.
           Non meno attraente è Brema, città accogliente e assai ricca di spazi verdi, situata sulle rive del fiume Weser. Brema, la più antica città stato-tedesca, è oggi una felice sintesi di modernità e tradizione: la città è dotata di un aeroporto che detiene il primato del traffico tra quelli dell’Europa centrale; è il secondo porto tedesco dopo Amburgo e nei suoi pressi si trovano importanti industrie automobilistiche e aerospaziali. 
         Ma Brema conquista il turista soprattutto per la sua ricchezza culturale e artistica: ricca di musei, la sua attrazione principale è il centro storico, con la Marktplatz/Piazza del Mercato, dove si affacciano i due monumenti riconosciuti nel 2004 Patrimonio dell’Umanità: il Rathaus, capolavoro del Rinascimento, e il Roland, un’imponente statua del 1404  raffigurante il paladino Orlando con spada e scudo, rivolto verso il Duomo di san Pietro, a simboleggiare la lotta per l’autonomia della borghesia contro l’asservimento clericale.
             In un angolo della Piazza del Mercato si trova infine il gruppo bronzeo del quartetto dei musicanti di Brema, fuso nel 1961 da Gerhard Marcks: un asino, un cane, un gatto e un gallo, immortalati dalla fiaba dei fratelli Grimm. Come è noto la fiaba, che prende l’avvio da una amara situazione iniziale – gli animali anziani e improduttivi vengono abbandonati o condannati a morte – ha un diverso epilogo grazie all’astuzia, allo spirito di iniziativa e alla cooperazione dell’insolito quartetto.
        Così, grazie anche al lieto fine della vicenda dei quattro musicanti - un inno alla forza dell’amicizia e alle insospettate risorse della vecchiaia - dalla splendida Brema il turista ultradiciottenne va via più leggero, rincuorato e contento.

Maria D’Asaro, 20.10.19, il Punto Quotidiano














Lubecca (foto: mari@da solcare)

(Per le foto di Brema, qui: Brema, la magia di una fiaba)

sabato 19 ottobre 2019

giovedì 17 ottobre 2019

Hevrin ... perchè?

Hevrin Khalaf
         Oltre a leggere, scribacchiare e studiare, nostra signora aveva scoperto il piacere della casalinghitudine. E s’industriava anche a pulire a fondo alcuni cassetti e far prendere il sole alle tovaglie comprate da mamma o zia Iole. Cose da femmine, inutili e insulse …  
       Però, pur se impegnata in queste minuzie, non era sorda al rumore e all'affanno del mondo. Era sconvolta perchè altre donne morivano in mare, abbracciate ai loro figlioli, che volevano far vivere in una terra migliore … 
       E una donna -  “un ingegnere civile laureatasi presso l’Università di Aleppo nel 2009, una delle fondatrici della Fondazione per la scienza e il libero pensiero nel 2012; sino al 2015 vicepresidente della commissione per l'energia nella regione di Jazira;  il cui partito, il Future Syria Party, aveva preso parte all'amministrazione della Siria settentrionale” (da qui) - qualche giorno fa era stata orrendamente uccisa in un agguato, in Siria, assieme ad altre persone. 
                    Si chiamava Hevrin Khalaf. Aveva solo 35 anni. L’età esatta di sua nipote.

Hevrin aveva preso parte ai negoziati con gli Stati Uniti, la Francia e altre delegazioni. Era conosciuta per le sue capacità diplomatiche e aveva lavorato per aumentare la tolleranza e l'unità tra cristiani, arabi e curdi.
           Nostra signora continuava triste, in silenzio, a pulire tovaglie e cassetti. Sperando che un giorno gli uomini si stancassero di tanta inaudita, inutile, inumana violenza. E cominciassero a fare pulizia nei cassetti della loro anima e nel loro cuore.

          Ecco i versi che Daniele Verzetti ha dedicato  qui, nel suo blog, a Hevrin, martire laica dei nostri giorni:

Hevrin
Ambasciatrice di armonia e concordia
Vera operatrice di integrazione
Membro del Partito Futuro Siriano

La tua battaglia di pace
Era scomoda per chi non vuole pace in quell'area
Per chi vuole caos e violenza
Per chi non può accettare
Che sia pure una donna a chiedere tutto questo.

Era solo questione di tempo
In un mondo che non sostiene donne coraggiose e forti come te
Era solo questione di tempo
Per un'area in guerra dove non esiste nè legge nè giustizia
Era solo questione di tempo
E poi sapevi che sarebbe successo
Era solo questione di tempo.

Ma tu non hai smesso di lottare per la causa
Non hai ceduto alla paura
Non hai voluto rinunciare ad agire per la pace.

E ti hanno uccisa
In un vile agguato
Trivellando di colpi l'auto sui cui viaggiavi
E giustiziandoti.

E noi
Tutti noi siamo colpevoli quanto i tuoi assassini
Colpevoli per il nostro disinteresse
Colpevoli di vivere a ritmo convulso e frenetico
Non fermandoci un solo istante a pensare, riflettere
Colpevoli di superficiale ignoranza.

Hevrin
Il suono della tua voce
Come monito per noi poveri mortali
Il suono della tua voce
Come sprone a seguire le tue orme
Il suono della tua voce
Per non lasciare che il tuo percorso di vita
Svanisca nella sabbia
Il suono della tua voce
Per non permettere che cresca il deserto
Anche dentro l'animo umano.

mercoledì 16 ottobre 2019

Pensa e cammina


            Se a Berlino era riuscita a fare agevolmente 23.000 passi, a Palermo poteva percorrerne tranquillamente 10 o 12.000. Dunque, effettuato l’abbonamento alla metro, nostra signora aveva limitato l’uso della macchinetta al trasporto dei mini-cuccioli dall’asilo a casa o alle rare uscite serali.
          E così la domenica andava a messa a san Saverio a piedi o in metro, senza sensi di colpa. E ogni giorno respirava la strada, accorgendosi dell'ailanto venuto fuori nell’aiuola fuori mano, osservando con  curiosità e misericordia i suoi simili, meditando e pregando sul mistero, il dolore e la gioia del mondo.
        Certo, non avrebbe salvato il pianeta. Ma era lieta perché il suo vagabondare non aumentava la quantità di anidride carbonica- E accresceva le connessioni tra la sua anima e l’universo.












                                                                  
                                                                                  Villa Giulia - Palermo



Elogio dei piedi

Perché reggono l'intero peso
Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.
Perché sanno correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare. 
Perché portano via. 
Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato. E chi esce dopo molti anni deve imparare di nuovo a camminare in linea retta. 
Perché sanno saltare, e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono ali. 
Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade come muli e fare una siepe davanti al cancello di una fabbrica. 
Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare. 
Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura. 
Perché quelli di donna facevano friggere i versi di Pushkin. 
Perché gli antichi li amavano e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro o ripiegati indietro da un inginocchiatoio. Perché mai capirò come fanno a correre contando su un appoggio solo. 
Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango, il croccante tip-tap, la ruffiana tarantella. Perché non sanno accusare e non impugnano armi. 
Perché sono stati crocefissi. 
Perché anche quando si vorrebbe assestarli nel sedere di qualcuno, viene scrupolo che il bersaglio non meriti l'appoggio. 
Perché, come le capre, amano il sale.
Perché non hanno fretta di nascere, però poi quando arriva il punto di morire scalciano in nome del corpo contro la morte.

Erri De Luca

(Ringrazio Rossana Rolando per avere postato qui la poesia)