venerdì 30 ottobre 2015

Il favoloso mondo di Marì ...

   
      Da quando la principessa e i due ex cuccioli se n’erano andati, Mari era rimasta tutta sola nella casa piena dei segni dell’antico fulgore: i pupazzi, la collezione di Topolino, i fazzolettoni scout, i giochi da tavolo, i libri del liceo, i vaporosi costumi di danza …
Era giusto confessarlo: a volte le veniva da piangere, come ad Amelie. Ma poi si faceva forza e si rimboccava l’umore: scriveva un post, leggeva un libro, curava le piante, preparava le lezioni per i 23 splendidi cuccioli che c'erano a scuola, telefonava a un'amica, si godeva una tisana: per il fegato, tarassaco e cardo mariano, melissa e tiglio per rilassarsi, semi di finocchio o anice stellato per digerire … Così, con una calda tazza profumata, riscaldava le mani e la vita. E, alla fine, nella sua stanza,  non era poi così sola …



giovedì 29 ottobre 2015

Servizio, non potere: ecco la Buona Novella

    Sono parole davvero rivoluzionarie quelle che Gesù pronuncia, care sorelle e fratelli: rivoluzionarie non nel senso che ci invitano a fare una rivoluzione armata, ad armarci: ma rivoluzionarie perché cambiano, rivoluzionano completamente la nostra maniera di pensare e ci invitano, appunto, a ripensare radicalmente i principi e gli imperativi sia della nostra vita individuale, ma anche della nostra vita sociale ed ecclesiale. Gesù infatti capovolge radicalmente i criteri di valore, i criteri di grandezza a cui siamo abituati: grande è solo chi gli somiglia perché si pone al servizio di tutti. Gesù infatti afferma che la vera grandezza sta nel servizio: Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire … Gesù si pone ai piedi di ogni persona che è nel bisogno.
Dove è allora il Vangelo, la bella notizia, care sorelle e fratelli? Chi incontra Gesù sperimenta una vita nuova, rivoluzionaria. Ed è grande agli occhi di Dio solo chi serve, chi si mette al servizio degli altri. Solo i gesti di servizio sono graditi a Dio. Ed è questa la rivoluzione che servirebbe davvero alla società, la rivoluzione mai avvenuta nel mondo, se non in qualche sporadico frammento di Storia o nelle pieghe nascoste della vita quotidiana che non ha le prime pagine dei giornali … Penso ad esempio all’abnegazione con cui tanti genitori si dedicano alla cura attenta dei propri figli, penso a questi gesti quotidiani e nascosti con cui ci si dona gli uni agli altri. (...) 
Se vogliamo interpretare bene la parola di Dio, dobbiamo primeggiare nel servizio, non nella ricerca dei primi posti. D’altra parte, la parola “ministero” significa proprio “servizio”, mentre il termine gerarchia indica quasi un movimento verso l’alto, un movimento che crea distanza, che crea diversità, predominio sugli altri. E chi si pone dall’alto, ha una visuale diversa: vede le cose, appunto, dall’alto, non come le vedono gli altri … (...) Mentre noi, care sorelle e fratelli, abbiamo inventato il clero, che significa proprio “gruppo a  parte”; così il sacerdote è diventato diverso dagli altri, quasi come un angelo … Invece, nella Lettera agli Ebrei, viene appunto ribadito che Gesù non si è fatto angelo, ma si è fatto uomo come noi per sperimentare quello che gli uomini vivono quotidianamente: le fatiche, le debolezze, le sofferenze … Dio, attraverso Gesù Cristo, condivide integralmente la nostra vita, la vita di tutti gli  uomini.
     Se è cosi allora, dobbiamo ripensare alla radice la nostra maniera di vivere: muovendoci in direzione contraria della mentalità dominante, inclinata verso i privilegi, le altitudini, le sommità sociali, le gerarchie … Dobbiamo ricominciare da capo la nostra esistenza cristiana, ripartendo da gesti di servizio. Gesù, nel Vangelo di oggi, ci invita a vivere la nostra esistenza non proclamandoci discepoli di un Dio che abita le gerarchie, di un Dio sulle nuvole, di un Dio delle sommità, lontano da noi, ma seguaci di un Dio che si incarna e quindi una fede da incarnare in gesti di servizio, di condivisione. Nel nostro dialetto siciliano, c’è un detto significativo: U bonu un pò capiri u malatu, u saziu un capisci u diunu Chi sta bene non capisce chi sta male … Abbiamo bisogno di un esercizio reale di condivisione, abbiamo bisogno di condividere frammenti di vita disagiati, per capire davvero chi sta male. Abbiamo bisogno quindi di esercitare il servizio, la prossimità verso chi sta male, chi sta peggio di noi. Anche se questo è difficile, non è né bello né esaltante, ma è questo quello che ci viene richiesto.
    Torniamo allora al Vangelo, care sorelle e fratelli. Partiamo dall’alto per andare verso il basso e non viceversa, in modo che non ci sia più né alto né basso. Come quando sediamo alla mensa, come quando mangiamo insieme. Il banchetto conviviale sia allora la forma espressiva, la forma più bella di questa eguaglianza solidale tra gli uomini.

(Sintesi dell'omelia pronunciata da don Cosimo Scordato il 18.10.2015, 29° Dom. T.O., nella chiesa di san Francesco Saverio a Palermo. Il testo non è stato rivisto dall’autore: pertanto errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro che si assume la responsabilità delle eventuali imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)

martedì 27 ottobre 2015

Orfani di misericordia

     Sale con me sul treno, vicino Bergamo, una ragazza alta e robusta, di pelle scura; indossa una maglietta gialla a righe e ha una vistosa cicatrice nella gamba destra. Mentre fatico a tirare su la mia valigia, avverto la durezza del suo sguardo, carico di disprezzo per la mia scarsa forza fisica. In seguito, nel nostro scompartimento entra il controllore e le dice: “Il tuo biglietto non è valido: siamo in Lombardia. Devi pagare €8,50.” Lei replica: “Non pago. Ho il biglietto.” “Allora ti denunzio alla Polizia Ferroviaria.” “Ce l’ho il biglietto. Vaffan …”.  I due litigano e poi scendono dal treno. C’è una sosta imprevista di alcuni minuti. Poi la donna risale. Il suo sguardo è più chiuso e duro di prima. Parla concitatamente al telefono in una lingua sconosciuta. In qualche modo, il viaggio continua; ma senza quel pizzico di compassione reciproca che ce lo renderebbe più lieve. 
                                                            Maria D’Asaro: “Centonove”, n. 23 del 22.10.2015

sabato 24 ottobre 2015

Die Zauberflöt - Il flauto magico

Ieri sera a Palermo, nella splendida cornice del teatro Massimo, una magnifica edizione de “Il flauto magico” di Mozart, per la regia di Roberto Andò e la direzione musicale di Gabriele Ferro.
Tutti davvero bravi gli interpreti, tra cui i palermitani Paolo Fanale, Tamino, e Laura Giordano, Pamina; con un Papageno davvero travolgente:



Ecco poi  il più celebre vocalizzo della lirica, quello della Regina della Notte (nell’interpretazione di Luciana Serra, al Metropolitan di New York):



Infine, il duetto tra Papageno e Papagena, anche se  i due visti ieri al Teatro Massimo non sono stati meno bravi:



giovedì 22 ottobre 2015

Trasparenze





Trasparenze        
Di pensieri
Brillano un istante
Nel mare infinito dell’essere.                      
Meteore.

domenica 18 ottobre 2015

Sette brevi lezioni di fisica: se spazio e tempo si incurvano ...

    Prima della  recensione all’imperdibile Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli (Adelphi Edizioni Spa, Milano, 2014, € 10),  per mesi in cima alla classifica dei libri più venduti in Italia, ecco una sintesi del I capitolo (l’inizio lo trovi qui):
“Ero su una spiaggia della Calabria, a Condofuri, immerso nel sole della grecità mediterranea, al tempo dell’ultimo anno di università. I periodi di vacanza sono quelli in cui si studia meglio, perché non si è distratti dalla scuola, Studiavo su un libro con i margini rosicchiati dai topi, perché l’avevo usato per chiudere le tane di queste povere bestiole (…). Ogni tanto alzavo gli occhi dal libro per guardare lo scintillio del mare: mi sembrava di vedere l’incurvarsi dello spazio e del tempo immaginati da Einstein.
     Era come una magia: come se un amico mi sussurrasse all’orecchio una straordinaria verità nascosta, e d’un tratto scostasse un velo della realtà per svelarne un ordine più semplice e profondo. (…) Newton aveva immaginato che i corpi si muovessero nello spazio, e lo spazio fosse un grande contenitore vuoto, uno scatolone per l’universo. (…) Ma pochi anni prima della nascita di Albert, due grandi fisici britannici, Faraday e Maxwell, avevano aggiunto un ingrediente al freddo mondo di Newton: il campo elettromagnetico, un’entità reale diffusa ovunque, che porta le onde radio … e porta in giro la forza elettrica. Einstein capisce (…) che anche la gravità, come l’elettricità, deve essere portata da un campo. (…)
     E qui arriva l’idea straordinaria: il campo gravitazionale non è diffuso nello spazio, il campo gravitazionale è lo spazio … lo spazio di Newton, nel quale si muovono le cose, e il campo gravitazionale, che porta la forza di gravità, sono la stessa cosa. E’ una folgorazione : lo spazio non è più qualcosa di diverso dalla materia: è una delle componenti materiali del mondo. Un’entità che ondula, si flette, s’incurva, si storce. Non siamo contenuti in un’invisibile scaffalatura rigida: siamo immersi in un gigantesco mollusco flessibile. (…) Come descrivere quest’incurvarsi dello spazio? (…) Le proprietà di uno spazio curvo sono catturate da un certo oggetto matematico, che oggi chiamiamo la curvatura di Riemann e indichiamo con R. Einstein scrive un’equazione che scrive che R è proporzionale all’energia della materia. Cioè: lo spazio s’incurva là dove ci sia materia.(…) 
     Ma non è solo lo spazio a incurvarsi, è anche il tempo. Einstein predice che il tempo passi più veloce in alto e più lento in basso, vicino alla Terra … Di poco, ma il gemello che ha vissuto al mare ritrova il gemello che ha vissuto in montagna un poco più vecchio di lui. (…) Ma non basta. Lo spazio intero può distendersi e dilatarsi; anzi, l’equazione di Einstein indica che lo spazio non può stare fermo, deve essere in espansione. (…)
     Insomma, la teoria descrive un mondo colorato e stupefacente, dove esplodono universi, lo spazio sprofonda in buchi senza uscita, il tempo rallenta abbassandosi su un pianeta, e le sconfinate distese di spazio interstellare s’increspano e ondeggiano come la superficie del mare … E tutto questo che emergeva pian piano dal mio libro rosicchiato dai topi (…) era realtà. (…) Tutto questo, il risultato di un’intuizione elementare: lo spazio e il campo sono la stessa cosa.
     E di un’equazione: Rab - 1/2R gab = Tab .Certo, ci vuole un percorso di apprendistato … per leggere quest’equazione. Ci vuole un po’ di impegno e fatica. Ma meno di quelli necessari per arrivare a sentire la rarefatta bellezza di uno degli ultimi quartetti di Beethoven. In un caso e nell’altro, il premio è la bellezza, e occhi nuovi per vedere il mondo."

venerdì 16 ottobre 2015

Panorami speciali


"La Sicilia in Polinesia", Oceania 2013 (Web Landscape Photography) - ©Max Serradifalco 
    Peccato che il 22 luglio scorso a Palermo, al Planetario di Villa Filippina, ci fossero solo una decina di persone ad ammirare le foto davvero speciali del palermitano Max Serradifalco, fotografo paesaggista e grafico pubblicitario, specialista di riproduzione fotografica delle immagini satellitari presenti nel Web. Nella sua ricerca di immagini, Max riproduce in fotografie gli scatti del satellite, realizzando eccezionali reportage: le sue foto, che lasciano intatta l’immagine originale, non sono infatti alterate da alcuna manipolazione digitale e sono ormai inserite nel prestigioso catalogo Behance di Adobe, che ospita i migliori fotografi, grafici, artisti, illustratori e art-director del mondo. Max, poco conosciuto in patria, è stato finalista al Wildlife Photographer of the Year 2013, uno dei principali concorsi mondiali per le fotografie naturalistiche. A chi gli chiede il perché di questa passione, risponde: “Vorrei contagiare e far innamorare più gente possibile di questo patrimonio di bellezza che ancora oggi esiste!»
                                                                          Maria D’Asaro, “Centonove”, n. 22 del 15.10.2015

(questo scritto è stato reso possibile dall'ottimo reportage di Santa, da cui sono state prese le foto)

"Mondo sommerso", Qatar 2013 (W L P) - ©Max Serradifalco


"Roveto", Canada 2011 (W L P) - ©Max Serradifalco
"Pink Galaxy", Tanzania 2013 (W L P) - ©Max Serradifalco


martedì 13 ottobre 2015

Il vero amore secondo Roberto ...

       "Diversi anni fa mi trovavo a Cesena e con Padre Pasquale – un prete che segue un gruppo di tossicodipendenti, con un bel progetto di recupero – e ho conosciuto la moglie di Roberto Benigni. Non l’avevo riconosciuta. Padre Pasquale me l’ha presentata e alla fine della serata mi ha detto che la cosa più bella che ha sentito dire a Roberto Benigni è: “Io sono innamorato di mia moglie a tal punto che so fare all’amore soltanto con lei e con nessun altra”. 
Il migliore commento al Vangelo è questo. È vero il matrimonio quando due persone sanno fare all’amore soltanto loro due, e non pensano ad altri, e se vedono gli altri non si entusiasmano perché non vogliono andare a destra e sinistra con chiunque, non perché non ci sia bellezza intorno a noi, ma i propri occhi sono per la persona amata, il proprio cuore è per la persona amata, le proprie mani hanno carezze soltanto per la persona amata. Se gli occhi sono per le altre persone quel matrimonio non è valido… perché non è unico il matrimonio, ma il matrimonio è unico se la persona che è stata scelta è unica, unica nel proprio cuore, nella propria mente, nei propri gesti con le dovute precauzioni che tutto ciò richiede: perché il fatto che ci sia un rapporto unico è importante, ma va coltivato, poi va curato ogni giorno; ma se la propria mente comincia a "sfarfalleggiare" e non coltiva l’unicità del rapporto il matrimonio è fallito anzi è come se non esistesse nella sua vera identità che è l’unicità della persona amata. Il matrimonio è unico perché quella persona per te è unica al mondo e non ce ne sono altre, non perché non ci sono uomini o donne bellissime, ma non ci interessano. I miei occhi sono fatti per guardare lui e lei; le mie mani per accarezzare lei e lui. 
Chissà quanto matrimoni sono per davvero validi! Il problema è questo, altro che non romperlo. Quando è per davvero valido dalla testa fino ai piedi? Lo dico in senso fisico perché tutto il corpo è per quella persona, dalla testa fino ai piedi: non ci sono altri pensieri, altri sguardi, altre parole, altre carezze, altri abbracci, altri atti d’amore se non per quella persona. 
La domanda che fecero i discepoli era sciocchina. Non capirono la logica che Gesù voleva proporre. Diventare una sola carne è difficilissimo. Attenzione, non è solo l’atto di fare all’amore,  non è solo fare all’amore. Diventare una sola carne significa che tutte le cellule e tutti i cromosomi del proprio corpo vibrano ed entrano in sintonia solo con quella persona. E non solo con i pensieri o con le parole. Non basta non tradire, non devi pensare e fare nient’altro che ti rende estraneo a tua moglie o marito. E allora quando il matrimonio è veramente valido? Quando è unica la persona che avete scelto. Se non è unica la potete cambiare con chiunque e prima o poi capiterà, capiterà di pensare ad altre persone, di distrarsi con altri pensieri. Quando la persona è unica si lavora a quella unicità, dalla mattina alla sera e quando si sta insieme si vede che si ha voglia di stare con quella persona. Dovete farvi festa, le cose più belle dovete scambiarle fra di voi, i momenti più belli dovete costruirli per voi e con grande rispetto. 
Rispetto significa anche mettersi in ginocchio da te, per davvero, per chiedere l’amore della persona amata perché è l’amore più grande cui si possa tenere.  Mi metto in ginocchio senza alcuna violenza, senza alcuna aggressività. Mi regali il tuo amore? È il regalo più bello che mi aspetto … in ginocchio da te per chiedere amore e non per pretenderlo perché non si pretende il rapporto di amore o l’intesa d’amore, anzi è un regalo continuo: mi fai dono di te stesso, mi regali te stesso? Posso avere questo regalo bellissimo? E con grande rispetto va coltivato giorno dopo giorno. 
Siccome raramente i matrimoni sono validi, allora succede di tutto ma questo non mi interessa raccontarvelo, e si crede di potere coprire il sole con la rete ... (...) 
Gesù ci dà il Vangelo della Genesi e ci dice: "Ci vogliamo credere a questa possibilità che di vera moglie ce n’è una sola di vero marito ce n’è uno solo?" Tutto l’investimento delle risorse più belle e più è dedicato alla persona che crediamo di amare, ma senza vivere di rinvio. Ogni giorno è un atto di amore fatto di gesti, di cortesie, di grazie, di prego, di 'ti chiedo scusa'. 
Divertiamoci insieme perché Dio vuole la gioia dei suoi figli. Questo stare accanto e torturarsi a vicenda perché non ci si ama – non ci sono altre giustificazioni, è un inferno e quando c’è l’inferno a casa è perché non c’è l’amore, quindi è meglio separarsi. Non ha senso stare insieme per  torturarvi e far pesare sui figli le torture, non ha senso, questo il Signore non lo vuole, se vuole la gioia non vuole il tormento, l’inferno. 
Il progetto di Dio, la creazione culminante è nell’invenzione della coppia – invenzione di Dio che non poteva fare di meglio – la coppia è qualificata dall’amore. (...)"

 (Parte iniziale dell'omelia pronunciata da don Cosimo Scordato nella chiesa di san Francesco Saverio a Palermo il 4/10/2015, XXVII domenica T.O.)


domenica 11 ottobre 2015

Sette brevi lezioni di fisica ...

     Che dire ancora di un libro - Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli (Adelphi Edizioni Spa, Milano, 2014, € 10) - tradotto in 24 lingue, per mesi in cima alla classifica dei libri più venduti in Italia? Che è un libro bello e necessario. Da recensire assolutamente!
Intanto ecco l’incipit del I capitolo:

"Da ragazzo, Albert Einstein ha trascorso un anno a bighellonare oziosamente. Se non si perde tempo, non si arriva da nessuna parte, cosa che i genitori degli adolescenti purtroppo dimenticano spesso. Era a Pavia. Aveva raggiunto la famiglia, dopo aver abbandonato gli studi in Germania, dove non sopportava il rigore del liceo. Era l’inizio del secolo e in Italia l’inizio della rivoluzione industriale. Il padre, ingegnere, installava le prime centrali elettriche in pianura padana. Albert leggeva Kant e seguiva a tempo perso lezioni all’Università di Pavia: per divertimento, senza essere iscritto né dare esami. E’ così che si diventa scienziati sul serio. Poi si era iscritto  all’Università di Zurigo e si era immerso nella fisica. Pochi anni dopo, nel 1905, aveva spedito tre articoli alla principale rivista scientifica del tempi (…) Il terzo presentava la sua prima Teoria della Relatività. (…)
Ma qualcosa lo turba: la sua teoria della relatività  … non quadra con quanto sappiamo sulla gravità, cioè su come cadono le cose. (…) S’immerge nel problema. Ci vorranno dieci anni per risolverlo. Dieci anni di studi pazzi, tentativi, errori, confusione, articoli sbagliati, idee folgoranti, idee sbagliate. Finalmente, nel novembre 1915, manda alle stampe un articolo con la soluzione completa: una nuova teoria della gravità, cui dà il nome di “teoria della relatività generale”, il suo capolavoro. (…) Ci sono capolavori assoluti che ci emozionano intensamente, il Requiem di Mozart, l’Odissea, la Cappella Sistina, Re Lear … Coglierne lo splendore può richiedere un percorso di apprendistato. Ma il premio è la pura bellezza. E non solo: anche l’aprirsi ai nostri occhi di uno sguardo nuovo sul mondo. La Relatività Generale, il gioiello di Albert Einstein, è uno di questi."

(continua …)

venerdì 9 ottobre 2015

E padre Pio sta a guardare …

      Nei pressi di via Oreto nuova -  periferia est di Palermo -  sotto lo sguardo benedicente dell’ennesima statua di padre Pio a grandezza d’uomo, c’è un giardinetto con splendide sophore japoniche (alberi, come suggerisce il nome, importati dall’Asia centrale e dal Giappone), provvisto persino di comode panchine. Ci si potrebbe sedere per sferruzzare o leggere un libro. Ma ci sono almeno due deterrenti: la costante presenza di uomini che confabulano e ti guardano con sospetto e fastidio se accenni a restare lì più del previsto, e un’insopportabile sporcizia, dovuta a una quantità infinita di bottiglie e cartacce, sebbene proprio a due passi ci siano contenitori per la spazzatura e appositi recipienti per la raccolta differenziata. Chissà se padre Pio ci sta bene in un posto così … Sicuramente non ci stanno bene i palermitani che detestano il “controllo” occulto di uno spazio pubblico e amano la pulizia e la bellezza.
                                                                       Maria D’Asaro,Centonove” n. 21 dell’8.10.2015

mercoledì 7 ottobre 2015

Anna, Rachel, Dorothy e Serena: martiri del XXI secolo ...

     Forse non tutti ricordano che la parola “martire” deriva dalla parola greca “testimone”.
Ecco perchè insieme ad Anna Politkovskaja, uccisa il sette ottobre di 9 anni fa, voglio ricordare oggi Rachel Corrie, Dorothy Stang e Serena Shim: una suora, due giornaliste, un’attivista per la pace, testimoni di verità e desiderio di giustizia.

   Anna Politkovskaja il 30 agosto avrebbe compiuto 57 anni, se il 7 ottobre del 2006 non fosse stata  assassinata nell'ascensore del suo palazzo, mentre stava rincasando con i sacchi della spesa. Anna era convinta che « L'unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede. » E lei scriveva quello che aveva visto nei suoi viaggi in Cecenia: negli articoli per il suo giornale, Novaja Gazeta, condannava apertamente l'esercito e il governo russo per lo scarso rispetto verso lo stato di diritto e i diritti civili dimostrato sia in Russia che in Cecenia. Il suo assassinio, da molti considerato un omicidio politico con mandanti ai massimi livelli del governo russo, ha prodotto una grande indignazione in Russia e nel mondo (fonte: Wikipedia).

    Rachel Corrie, che il 10 aprile scorso avrebbe compiuto 36 anni, è stata un'attivista statunitense, aderente dell'International Solidarity Movement (ISM). Rachel viveva ad Olympia, nello Stato di Washington, dove studiava arte e relazioni internazionali. Era molto conosciuta nel locale movimento per la pace e lavorava attivamente per il Movimento per la Pace e la Giustizia nella sua città. Durante l'ultimo anno di college, fece richiesta di un permesso per recarsi in Palestina e partecipare attivamente alla resistenza nei confronti dell'esercito israeliano, come membro dell'ISM della sua città. Si recò a Rafah, nella striscia di Gaza, durante l'Intifada di Al Aqsa, nel 2003. Il 16 marzo 2003 fu ferita a morte mentre protestava contro l'occupazione israeliana, nel tentativo di impedire ad un bulldozer corazzato dell'esercito israeliano di distruggere alcune case palestinesi  (fonte: Wikipedia)


    
Dorothy Stang, conosciuta da tutti come Irmã Dorote, era missionaria brasiliana di origine statunitense, appartenente alla congregazione delle Suore di Nostra Signora di Namur. Nel 1966 arrivò in Brasile, iniziando il suo ministero pastorale nello Stato del Maranhão. In Brasile si è poi impegnata nei movimenti sociali nello Stato del Parà, occupandosi contro il disboscamento dell'Amazzonia, sempre al fianco dei contadini e degli operai della Transamazzonica. Nel 2004 è stata premiata dall'Ordine degli Avvocati in Brasile, nello Stato del Parà, per la sua difesa dei diritti umani. È morta assassinata nel 2005, mentre si trovava nella città di Anapu. Si pensa che la sua opera di denuncia disturbasse i latifondisti interessati ad arricchirsi a spese della foresta e dei piccoli appezzamenti dei contadini  (fonte: Wikipedia).


   Serena Shim, 30 anni, era l’inviata dell’iraniana Press Tv nella città siriana al confine con la Turchia: «Serena Shim è rimasta uccisa domenica  19 ottobre 2014 mentre era in Turchia, inviata sul lato turco del confine con la Siria, nei pressi della città strategica di Kobane, per coprire la guerra tra i terroristi dell’Isis e i combattenti curdi», ha riferitoPress Tv che, citando un giornalista americano - Rodney Martin, attivista e fondatore della radio American Nationalist Network - parla espressamente di una «operazione della Cia, molto probabilmente con la cooperazione della Turchia» (dal blog di Slec, che ringrazio).

I Voce nel Vento: Rachel and the storm, con la voce di Elisa:

lunedì 5 ottobre 2015

La buona scuola secondo Francesco


       Dal 1994, su iniziativa dell’UNESCO, il 5 ottobre si celebra la giornata mondiale dell’insegnante. Le parole pronunciate da papa Francesco qualche mese fa durante un incontro con i docenti dell’UCIIM segnano la strada maestra di un’autentica ‘buona scuola’: “Insegnare è un lavoro bellissimo perché consente di veder crescere giorno dopo giorno le persone affidate alla nostra cura. Chi è il prossimo per un insegnante? Il "prossimo" sono i suoi studenti!  Il dovere di un buon insegnante è quello di amare con maggiore intensità i suoi allievi più difficili, più deboli, più svantaggiati: gli studenti "difficili", quelli che non vogliono studiare, quelli che si trovano in condizioni di disagio, i disabili, gli stranieri, che oggi sono una grande sfida per la scuola. Se oggi un’Associazione professionale di insegnanti cristiani vuole testimoniare la propria ispirazione, è chiamata ad impegnarsi nelle periferie della scuola, che non possono essere abbandonate all’emarginazione, all’ignoranza, alla malavita.” 
                                                       Maria D’Asaro,Centonove” n. 20 dell’1.10.2015

venerdì 2 ottobre 2015

i come invidia: diagnosi e terapia

Prof. Giovanni Salonia
    Il saggio i come invidia (Cittadella Editrice, Assisi, 2015, € 11,00), frutto della collaborazione tra lo psicoterapeuta Giovanni Salonia e le docenti Valentina Chinnici, Dada Iacono e Ghery Maltese, è una sinfonia di ‘note’ e riflessioni feconde con le quali, in felice sinergia - ciascuno/a secondo il proprio ‘vertice’ teorico - l’autore e le co-autrici scrutano il più sterile e nocivo dei sette vizi capitali: la prof. Chinnici sintetizza egregiamente la concezione dell’invidia, “virus tossico” che infetta anima e corpo, presso il mondo greco e latino; il prof. Salonia fornisce un’esauriente disamina di quest’emozione infelice spaziando, da par suo, dall’ambito psicologico al versante etico-religioso a quello sociologico-politico; le docenti Iacono e Maltese offrono una suggestiva analisi dell’invidia nel vissuto dei bambini e nelle fiabe. 
La prof.ssa Chinnici e il prof. Muraglia
Nell’affollata presentazione del 9 settembre scorso, a Palermo presso la libreria “Modus Vivendi”, il moderatore prof. Muraglia ha sottolineato che le cento pagine del libretto possiedono una grande efficacia formativa  e “un’alta densità speculativa”: in effetti, la formula vincente di questo saggio è forse la capacità degli autori di analizzare la passione triste per eccellenza “battendo” con grande perizia i più svariati sentieri della mente e del cuore. Così, la sua meditata lettura può avere persino un benefico, terapeutico effetto collaterale per il lettore: farlo uscire dal cerchio nefasto degli invidiosi! 
Ma che cosa è davvero l’invidia? Nella prefazione, il prof. Sichera ci ricorda che “Quando si parla dell’invidia (…) ci si misura con una passione radicale, un evento dello spirito che affonda le proprie radici nell’humus delle origini, nella consistenza mitica del nostro esserci. (…) Viene alla luce quella deviazione del fluire del godimento e dell’incontro che avvelena le sorgenti del cuore.  (…) Come se l’in-videre fosse impresso nella carne e nel cuore degli uomini, alla stregua di uno stigma indelebile, di una passione “genetica”. Le caratteristiche dell’invidia, sentimento tanto radicato e pervasivo quanto occulto e negato, sono poi magistralmente delineate da Giovanni Salonia: l’invidia è un ‘vizio senza piacere’, che fa star male senza alcun vantaggio, come ha ben intuito Nietzsche, è una sorta di “cupio dissolvi”, un desiderio fuori bersaglio che percorre strade sbagliate, un tradimento della finalità ultima del desiderio, che è invece quello di essere felici: “la verità racchiusa nell’invidia è la ricerca della felicità e dei suoi dintorni”, ricorda Salonia. Che poi afferma: “l’invidia è un modo sbagliato di affrontare due elementi costitutivi della condizione umana: l’essere limitati e l’essere in relazione” e nasce “da un vedere che non contempla, non accoglie, non incontra l’altro”. 
L’autore ripercorre i fondamenti mitico-religiosi di quest’emozione, considerata peccato di origine alla base dell’infelicità umana; peccato che si è manifestato prima nell’ostilità dello sguardo dell’angelo/diavolo ribelle e poi in quello dei nostri progenitori, sguardo che si è incupito nella vana ricerca dei doni non ricevuti anziché illuminarsi per la gratitudine di quelli presenti. Citando poi Marx, Rousseau e Amartya Sen, Salonia traccia alcune linee di demarcazione tra l’invidia e il legittimo desiderio di giustizia, suggerendo che la strada da seguire non è quella di rincorrere l’illusione di una società di eguali, ma quella di ricercare una società meno ingiusta che permetta ad ognuno la sua crescita evolutiva. Se non accogliamo l’analisi pessimistica di Freud e Melanie Klein, che ritenevano l’invidia ferita inguaribile, scopriamo allora la perla di speranza che ci consegna il libretto: tutti possiamo guarire dall’invidia,  purchè rientriamo in contatto con noi stessi: “questa fedeltà a noi stessi … ci consente di ritirare le nostre proiezioni sull’altro” e di operare una sana centratura su di noi, nonostante i nostri limiti. Perché  “se il limite è connaturato alla creaturalità … la creatura si realizza accettandolo”; “la sola strada che placa il cuore e dà pienezza è la soddisfazione nel trafficare i talenti, pochi o molti che se ne abbiano”. 
Dunque, come scrivono a chiusura del libro Dada Iacono e Gheri Maltese: “seguendo la sapienza delle fiabe, l’unica strada possibile è quella del ritorno a se stessi, dell’avere cura di ciò che si è, desiderando il proprio desiderio e non più quello altrui, lavorando sodo come Cenerentola o la guardiana per riappropriarsene, consapevoli di essere piccoli ma irripetibili, nonostante le proprie ferite o i propri limiti. (…) La fedeltà a se stessi … può diventare il più efficace antidoto all’invidia trasformando lo sguardo maligno in uno sguardo libero e aperto all’incontro.” Perché, come ha concluso nella presentazione il prof. Salonia,  in realtà “a farci soffrire, è la pienezza della nostra anima che non abbiamo ancora raggiunto”.   

                                       Maria D’Asaro, “Centonove” 1.10.2015 n.20, pag.31