Sono parole davvero rivoluzionarie quelle che Gesù pronuncia, care sorelle e fratelli: rivoluzionarie non nel senso che ci invitano a fare una rivoluzione armata, ad armarci: ma rivoluzionarie perché cambiano, rivoluzionano completamente la nostra maniera di pensare e ci invitano, appunto, a ripensare radicalmente i principi e gli imperativi sia della nostra vita individuale, ma anche della nostra vita sociale ed ecclesiale. Gesù infatti capovolge radicalmente i criteri di valore, i criteri di grandezza a cui siamo abituati: grande è solo chi gli somiglia perché si pone al servizio di tutti. Gesù infatti afferma che la vera grandezza sta nel servizio: Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire … Gesù si pone ai piedi di ogni persona che è nel bisogno.
Dove è allora il Vangelo, la bella notizia, care sorelle e fratelli? Chi incontra Gesù sperimenta una vita nuova, rivoluzionaria. Ed è grande agli occhi di Dio solo chi serve, chi si mette al servizio degli altri. Solo i gesti di servizio sono graditi a Dio. Ed è questa la rivoluzione che servirebbe davvero alla società, la rivoluzione mai avvenuta nel mondo, se non in qualche sporadico frammento di Storia o nelle pieghe nascoste della vita quotidiana che non ha le prime pagine dei giornali … Penso ad esempio all’abnegazione con cui tanti genitori si dedicano alla cura attenta dei propri figli, penso a questi gesti quotidiani e nascosti con cui ci si dona gli uni agli altri. (...)
Se vogliamo interpretare bene la parola di Dio, dobbiamo primeggiare nel servizio, non nella ricerca dei primi posti. D’altra parte, la parola “ministero” significa proprio “servizio”, mentre il termine gerarchia indica quasi un movimento verso l’alto, un movimento che crea distanza, che crea diversità, predominio sugli altri. E chi si pone dall’alto, ha una visuale diversa: vede le cose, appunto, dall’alto, non come le vedono gli altri … (...) Mentre noi, care sorelle e fratelli, abbiamo inventato il clero, che significa proprio “gruppo a parte”; così il sacerdote è diventato diverso dagli altri, quasi come un angelo … Invece, nella Lettera agli Ebrei, viene appunto ribadito che Gesù non si è fatto angelo, ma si è fatto uomo come noi per sperimentare quello che gli uomini vivono quotidianamente: le fatiche, le debolezze, le sofferenze … Dio, attraverso Gesù Cristo, condivide integralmente la nostra vita, la vita di tutti gli uomini.
Se è cosi allora, dobbiamo ripensare alla radice la nostra maniera di vivere: muovendoci in direzione contraria della mentalità dominante, inclinata verso i privilegi, le altitudini, le sommità sociali, le gerarchie … Dobbiamo ricominciare da capo la nostra esistenza cristiana, ripartendo da gesti di servizio. Gesù, nel Vangelo di oggi, ci invita a vivere la nostra esistenza non proclamandoci discepoli di un Dio che abita le gerarchie, di un Dio sulle nuvole, di un Dio delle sommità, lontano da noi, ma seguaci di un Dio che si incarna e quindi una fede da incarnare in gesti di servizio, di condivisione. Nel nostro dialetto siciliano, c’è un detto significativo: U bonu un pò capiri u malatu, u saziu un capisci u diunu Chi sta bene non capisce chi sta male … Abbiamo bisogno di un esercizio reale di condivisione, abbiamo bisogno di condividere frammenti di vita disagiati, per capire davvero chi sta male. Abbiamo bisogno quindi di esercitare il servizio, la prossimità verso chi sta male, chi sta peggio di noi. Anche se questo è difficile, non è né bello né esaltante, ma è questo quello che ci viene richiesto.
Torniamo allora al Vangelo, care sorelle e fratelli. Partiamo dall’alto per andare verso il basso e non viceversa, in modo che non ci sia più né alto né basso. Come quando sediamo alla mensa, come quando mangiamo insieme. Il banchetto conviviale sia allora la forma espressiva, la forma più bella di questa eguaglianza solidale tra gli uomini.
(Sintesi dell'omelia pronunciata da don Cosimo Scordato il 18.10.2015, 29° Dom. T.O., nella chiesa di san Francesco Saverio a Palermo. Il testo non è stato rivisto dall’autore: pertanto errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro che si assume la responsabilità delle eventuali imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)
bell'omelia è un invito a conversione per la vita di tutti e posso dire "beato" chi lo accoglie. Baci
RispondiEliminaMi pare che la nomina di Corrado Lorefice quale vescovo di Palermo sia un segno nella direzione di questa logica rivoluzionaria del servizio e non del potere.
RispondiElimina@Aliza: la vera conversione rivoluzionaria è la "beatitudine" del servizio. Buon fine settimana! Un abbraccio.
RispondiElimina@gian maria zavattaro: noi palermitani abbiamo accolto con gioia la nomina di un parroco a servizio dei poveri come nuovo vescovo di Palermo. Buon fine settimana.