lunedì 30 settembre 2019

Ambiente e dintorni, parliamoci chiaro ...

          Si è fatto un gran parlare di ambiente, a ridosso della manifestazione mondiale di  venerdi' 27 settembre  scorso, "Friday for Future”.
       Ecco alcune  opportune e illuminanti considerazioni di un esperto, il prof. Michele Ciofalo,  docente di Termoidraulica e Termofluidodinamica Numerica presso l’Università degli Studi di Palermo (ringrazio mio figlio Riccardo che ha fatto girare l'articolo su FB).

"In primo luogo, il riscaldamento globale è un fatto, non un'opinione. L'aumento delle temperature del pianeta negli ultimi decenni, con una netta accelerazione negli ultimi anni, è provato ed è troppo grosso per essere una fluttuazione statistica. Ogni negazionismo che arrivi a non riconoscere questo fatto (negazionismo, diciamo, "hard") è del tutto infondato e antiscientifico.

In secondo luogo, è opinione largamente maggioritaria nel mondo scientifico che tale aumento di temperatura sia associato all'aumento della concentrazione di gas serra (principalmente CO2 e metano) nell'atmosfera, e che a sua volta tale aumento di concentrazione sia legato ad attività umane (principalmente l'impiego di combustibili fossili quali carbone, petrolio e gas naturale per riscaldamento, autotrazione o produzione di energia elettrica, ma anche, in misura minore, allevamenti intensivi e altre cause). 
Che il riscaldamento, insomma, abbia un'origine antropica e non sia dovuto a cicli naturali. Questa seconda tesi non è così saldamente provata come la precedente; il negarla (negazionismo, diciamo, "soft") è quindi meno grossolanamente sbagliato. Ai fini di decisioni politiche, però, si deve considerare la tesi dell'origine antropica come provata più che a sufficienza, perché attendere che si raggiungano certezze assolute sarebbe assolutamente fatale nella gestione delle umane cose. È irrilevante che cento, cinquecento o mille scienziati firmino manifesti contro tale tesi, perché gli scienziati al mondo sono milioni e la stragrande maggioranza ritiene la tesi antropica sufficientemente provata.

In terzo luogo, l'accumulo di gas serra non va confuso con "inquinamento" generico. La CO2 non è inquinante, non è tossica (alle concentrazioni di cui stiamo parlando) e non provoca malattie. Provoca invece, con elevata probabilità, il riscaldamento del pianeta, lo scioglimento massiccio dei ghiacci, l'innalzamento del livello dei mari, il cambiamento del clima con i relativi fenomeni di tropicalizzazione e siccità estrema. Provoca insomma, con elevata probabilità, minacce senza precedenti alla civilizzazione umana; e tutto (se le cose non cambiano) nel giro non di millenni o secoli ma di decenni. 
Quindi, mettere insieme l'aumento della CO2 con l'aumento della plastica negli oceani, con l'aumento dei fumi tossici o delle polveri sottili nelle città, con l'aumento dell'impiego dei pesticidi in agricoltura e così via, è del tutto improprio. Sono fenomeni diversi e ognuno va affrontato con strategie diverse. Inoltre, il riscaldamento globale è di gran lunga il più minaccioso di questi fenomeni, e va trattato con priorità assoluta; annacquarlo con altre, e distinte, problematiche serve solo a diluire l'attenzione, a creare l'illusione che ci sia un unico, gigantesco e sostanzialmente insolubile problema, e a ricondurre tutto alle nefandezze del capitalismo industriale, con relativa conclusione che solo il ritorno alla Natura, la decrescita felice o l'affermazione del socialismo (ognuno scelga la sua ricetta preferita) potranno offrire una soluzione.

Quarta considerazione. Il riscaldamento globale è una sfida così estrema che non hanno senso politiche attendiste, tentennanti o di compromesso. Finora, nonostante il susseguirsi di "protocolli" (da Kyoto a Parigi) le emissioni sono continuate ad aumentare. Non basta ridurre il tasso di aumento; non basta azzerarlo, e cioè congelare le emissioni al livello attuale; non basta ridurre le emissioni (finora, fra i grandi "emettitori", l'hanno fatto solo Europa e Stati Uniti). Probabilmente non basterebbe neppure azzerare le emissioni, perché ormai la concentrazione atmosferica di CO2 è così elevata che occorrerebbero decenni, anche a emissioni antropiche zero, per invertire la tendenza al riscaldamento. 
Infatti, la scienza sta prendendo in seria considerazione strategie attive per il raffreddamento del pianeta, quali l'aumento della riflettanza della superficie terrestre (impresa, a sua volta, ciclopica e non priva di incognite). È chiaro di cosa stiamo parlando? È chiaro che accusare Greta e chiunque altro di catastrofismo non ha senso? O il problema lo si riconosce, o lo si nega. Se lo si riconosce, si deve, coerentemente, intervenire nel modo più drastico possibile, esattamente come tenteremmo di intervenire se sapessimo che un asteroide da due chilometri punta verso la Terra.

Quinta e (per ora) ultima considerazione. Finora, una riduzione apprezzabile delle emissioni di gas serra si è avuta - come ricordavo sopra - in Europa e negli Stati Uniti. E in questi ultimi, se dovessero attuarsi i programmi di Trump, vedremmo presto un ritorno all'aumento. Inoltre, le emissioni della UE sono circa il 10% del totale mondiale; il grosso viene da Cina, India e Sudamerica (gli incendi recenti in Amazzonia equivalgono, probabilmente, ad alcuni anni di emissioni globali). E in questi paesi, nonostante le chiacchiere sulla riduzione dell'"inquinamento" nelle città cinesi, le emissioni aumentano (come ho cercato di spiegare sopra, la CO2 non è "inquinamento" ma qualcosa di peggio). 
Pertanto, mentre concordo che i paesi europei debbono essere un esempio virtuoso e continuare a ridurre le loro emissioni, deve essere chiaro che qualsiasi movimento globale o riesce a incidere sulle politiche industriali ed energetiche di paesi come Cina e India, o sarà un virtuoso ma inutile pannicello caldo."

domenica 29 settembre 2019

La magia eterna della poesia: "L'Infinito" ha 200 anni



        Palermo –  “L’Infinito”, forse la lirica più famosa tra i Canti leopardiani, ha compiuto nel 2019 duecento anni: la sua stesura definitiva risale infatti al 1819. Per celebrare l’anniversario ... (continua su "il Punto Quotidiano")






«Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quïete
Io nel pensier mi fingo, ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.»


sabato 28 settembre 2019

Autunno







Doni
Fioriture inattese
Profumo dolce, insperato,
Nuova promessa di vita ...
Autunno.                           





















giovedì 26 settembre 2019

Felicità e dintorni: la Venezia indicibile di Marco Polo

Apprezzamento unanime – mercoledì 25 settembre alla "Casa dell'equità e della bellezza"  (via Nicolò Garzilli, 43/a, Palermo) – per il testo di Giovanni Salonia: Sulla felicità e dintorni (Il pozzo di Giacobbe, Trapani, 2011, € 16,00) - già recensito qui, - da cui sono stati tratti alcuni spunti di riflessione.

Ecco qualche flash:


(pagg.7,8)
(La felicità) è l’implicito dei nostri discorsi, il sottosuolo dei nostri dialoghi, l’amore profondo ma indicibile che pervade ogni incontro e ogni racconto (come il Marco Polo veneziano, uscito dalla penna di Calvino, parlava sempre – senza nominarla – della patria amata, narrando le meraviglie delle tante città «invisibili»: «Ogni volta che descrivo una città dico qualcosa di Venezia».

I dintorni della felicità si dilatano nel tempo, nello spazio e attraversano il corpo, la casa, la città.

Le relazioni umane sono i dintorni nei quali la felicità viene invocata e attesa, cercata e smarrita, in un modo primario, fondativo.

(pag.13)
La felicità: parola o magia? Nessuno può sottrarsi al fascino delle sue vibrazioni. […] 
Qualcuno propone di togliere la parola ‘felicità’ dal vocabolario perché eccessiva (al massimo, se ci va bene, possiamo avere un po’ di serenità). […]
Forse possiamo trovare il bandolo della matassa se ripartiamo dall’etimo. Felicità – dicono – deriva da un gruppo semantico che include femmina, figlio, nutrimento. Ed ecco l’immagine del bambino che, dopo la poppata, sorride sazio (e felice?); ed ecco la madre che lo guarda con un volto luminoso (felice?). Forse dovremmo partire da questa scena: qualcuno si è preso cura di te con passione  e pazienza, con disponibilità e gioia. 

(pag.40, dopo una toccante condivisione di A.)
La bellezza è l’epifania dell’essere, nella bellezza l’esistenza si rivela. Forse uno dei suoi compiti più significativi è quello di svegliarci. Il dramma dell’uomo è il dormire, il non essere in contatto con la propria anima, con la propria voglia di bellezza.

(pag.91)
Esiste un’intima connessione tra gratitudine e salvezza. L’uomo si salva quando si apre alla gratitudine.

(pag.143,144)
Ogni corpo appare segnato oltre che dalla differenza di genere […] anche dalla temporalità […]. Dentro queste due coordinate – l’identità di genere e il tempo – si gioca l’avventura dell’esistenza.  […]  L’irriducibile  novità dell’altro – il suo volto, direbbe Lévinas – è scritta nella realtà corporea ed invoca e provoca un continuo esodo dal conosciuto e dal familiare verso sentieri ignoti ma, proprio per questo, fecondi. […] 
Il ciclo evolutivo della persona diventa così il ciclo evolutivo delle sue relazioni, il progressivo modificarsi del modo di vedere sé stessi di fronte all’altro e l’altro di fronte a sé stessi. Garanzia e percorso di maturazione è l’essere disponibili a ricominciare da capo in ogni relazione, nella consapevolezza che, se non si accetta la legge del tempo e del cambiamento, anche i rapporti più belli sono destinati a decadere nello smarrimento e nell’impoverimento …
Quando si corre il rischio di perdere l’altro perché ci si consegna alla legge della trasformazione dei rapporti, si accrescono le possibilità  di (ri)scoprire un’appartenenza genuina e vibrante e una tenerezza profonda.

(pag.152, 153)
Qual è il senso della nostalgia? Del rimpiangere un passato o dell’attendere un magico quanto impossibile ritorno? Chi dalla nostalgia è bloccato, nel suo aprirsi alla situazione attuale, deve chiedersi cosa sta evitando del presente. […] Anche nel caso della nostalgia di un passato bello, si tratta di guardare al presente per vedere cosa vorremmo (e potremmo) avere adesso (di bello!) ma non abbiamo l’audacia di fare. […] La nostalgia, in ultima analisi, prende le mosse dal passato ma riguarda il presente. Cosa non riusciamo a fare nel presente? […]
Kairòs, allora, è vivere nel now-for-next con integrità e pienezza. Solo se siamo a contatto con noi stessi sappiamo dove andare e solo se siamo audaci possiamo andare dove adobbiamo andare per raggiungere la pienezza personale e relazionale.
Kairòs è il tempo giusto, quello che scorre nella linea del raggiungimento della meta.
E la meta è sempre l’incontro: il luogo in cui l’io e il tu si possono incontrare senza negare né sé stessi né l’altro. Dentro il ritmo del kairòs, tempo vissuto della relazione, non rimane spazio ed energia per la nostalgia, o meglio si comprende che la più profonda e intima nostalgia riguarda sempre il prossimo passo: ciò che ci manca si trova davanti a noi, e non alle nostre spalle.
Si soffre non perché è impossibile tornare, ma perché non abbiamo l’audacia per andare. Si ha nostalgia non di un evento/incontro passato, ma dell’incontro che è già dentro di noi (nel now-for-next) ma non riusciamo a portare a compimento.

(pag.178,179)
Torniamo a dare credito alla felicità. Una sua goccia genuina può addolcire un torrente amaro di tristezza. […] Quando alla vecchietta che chiedeva l’elemosina, Rilke e il suo amico regalarono una rosa, ella alzò il capo […] e sorrise ringraziando. Poi, per alcuni giorni scomparve. All’amico, che si chiedeva di che cosa avesse vissuto in tutto quel tempo l’anziana signora, Rilke rispose: “Si è nutrita della rosa”. […]
Ogni volta che le felicità  ci colpirà con la sua freccia dorata, trasformando il tempo in eternità, noi non sapremo mai se è stato il sole di oggi o l’uragano di ieri a preparare il cuore. Non ci sono ricette. Forse nella fatica agrodolce del cercare è il germe della felicità sempre sospesa tra arte e scienza, tra fortuna e fatica, tra espirare e ispirare.
E’ vero: la felicità accade ad intermittenze non prevedibili, ma quando accade, la sua luce rimane.


martedì 24 settembre 2019

Felicità e dintorni

            “Della felicità si parla sempre con imbarazzo. «Nei suoi confronti – diceva Teilhard De Chardin – siamo sempre propensi ad esitare». […] Eppure, di qualunque cosa parliamo, in fondo non parliamo d’altro che di lei […] Sorella dell’infinito, la felicità ci cattura, dunque, mentre ci spiazza e ci inquieta."

           Per chi è interessato a meditare su felicità e dintorni, l’appuntamento è domani 25 settembre, dalle ore 18.30 alle ore 20, presso la "Casa dell'equità e della bellezza" (via Nicolò Garzilli, 43/a, Palermo) dove Maria D’Asaro proporrà spunti di riflessioni sul tema, attingendo al testo di Giovanni Salonia: Sulla felicità e dintorni (Il pozzo di Giacobbe, Trapani, 2011, € 16,00), già recensito qui. 


                La Casa sarà aperta mezz’ora prima (alle ore 18,00) per accogliere i partecipanti alla meditazione dialogata che consiste nel praticare per la durata dell’incontro silenzio, ascolto profondo o condivisione sobria delle proprie riflessioni. 
           Si invitano i partecipanti a lasciare nella boccia di vetro all’ingresso un contributo di euro 5,00, come contributo alle spese di gestione della “Casa dell’equità e della bellezza” (tranne se si è già socio sostenitore della Casa o se si versa in difficoltà economiche).

domenica 22 settembre 2019

Sicilia bedda, ecco le "Vie dei Tesori"

Scala elicoidale, chiesa del Carmine - Marsala
              Palermo – “Le Vie dei Tesori” sono tornate in Sicilia sabato e domenica 14 e 15 settembre, proponendo in tutta l’isola la visita di siti di interesse storico, artistico e culturale, fruibili per otto week-end, sino all’inizio di novembre.
L’attraente iniziativa coinvolge quest’anno molte città siciliane (continua a leggere su: il Punto Quotidiano)



Palazzo Panitteri - Sambuca di Sicilia

Castello - Sciacca 

venerdì 20 settembre 2019

Il pensiero meridiano

           "Il pensiero meridiano […] esiste in forme disperse e talvolta malate e bisogna imparare a cercarlo: lo si può trovare nei nostri sud interiori, in una follia, in un silenzio, in una sosta in una preghiera di ringraziamento, nell’inettitudine dei vecchi e dei bambini, in una fraternità che sa schivare complicità e omertà, in un’economia che non abbia ripudiato i legami sociali.
Lo si può trovare nei sentimenti dove vivono più patrie […] dove la bellezza torna a essere un premio per chi l’ha cercata a lungo e non un diritto di tutti per cui basta pagare”.

"Il Mediterraneo è un pluriverso irriducibile […] e il suo valore sta proprio in questa irriducibile molteplicità di voci, nessuna delle quali può soffocare l’altra. L’esteriorità terrestre dei continenti sta lì a ricordare che la loro differenza non può essere rimossa e che la coesistenza da costruire non si può fondare su una sola legge. Nessuna solarità ci consegnerà chiavi in mano un processo che dobbiamo costruire noi."

(da “Pensare il Mediterraneo, mediterraneizzare il pensiero,  di Edgar Morin, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2019, €10: note pagg. 40 e 41,  tratte dal testo di Franco Cassano: Il pensiero meridiano)

giovedì 19 settembre 2019

Sicilia bedda, le mie radici

                                                                 
              Chiusa Sclafani (Pa):  latitudine 37°40' N, longitudine 13° 16' E,  658 metri altitudine media

                                                           











                                               
                                                     Giuliana, vista da Chiusa Sclafani

martedì 17 settembre 2019

Risacca



Risacca:
amplesso azzurro
abbraccio di onde
respiro dolce del mare …
Carezza.                           













domenica 15 settembre 2019

La "remigina" Maruzza e la maestra Margherita

      Palermo – Maruzza, nei lontani anni ’60 del secolo scorso, era una “remigina”: “remigini” erano infatti appellati i bambini in procinto di iniziare la prima elementare.
         Prima del 1977, anno di approvazione della legge 517, in tutte le regioni italiane l’inizio dell’anno scolastico era fissato per il 1° Ottobre, giorno in cui si festeggiava san Remigio, arcivescovo di Reims: proprio da questa ricorrenza ebbe origine l’usanza, oggi abbandonata, di soprannominare gli alunni della prima elementare ‘remigini’.
       Il primo giorno di scuola rimase impresso nei ricordi di Maruzza per il sorriso della maestra Margherita, severo e gentile insieme; le ore di lezione furono per la bimba col grembiulino blu una sorta di semplice ripetizione, poichè papà le aveva insegnato a leggere e a scrivere già da un anno. Grazie alla premurosa ed efficace alfabetizzazione paterna, da allora in poi alla bimba nessun compito scolastico sarebbe mai sembrato troppo difficile.
          Fu invece più duro il primo giorno di scuola in seconda elementare, con la nuova maestra e le diverse compagne, nel nuovo paese dove la mamma, ufficiale postale, era stata trasferita: la bimbetta, guardando il cielo dalla finestra della sua aula, sentiva un’acuta tristezza per la mancanza della sua vecchia casa e per l’assenza della maestra Margherita e dei volti delle compagne. Per qualche tempo ebbe il timore di annegare nel mare scuro della nostalgia, ma il suono della campanella la trovò più serena: lo studio di una poesia l’aveva completamente assorbita. Da allora, la bimba imparò che i libri e la scuola possono essere un faro che illumina e consola, nella navigazione della vita.
       E per Maruzza fu indimenticabile anche l’ingresso in prima media, in un prestigioso Istituto di quella che era ormai la sua grande e maestosa città: in quell’occasione, a soli 10 anni, consumò il suo primo atto di rottura con il background familiare: anziché il Francese, che piaceva a mamma e a papà, scelse di studiare l’Inglese: come avrebbe fatto altrimenti a pronunciare e a capire i testi delle parole dei Beatles?
        Dopo la terza media, venne il momento delle scelte importanti: la frequenza del liceo classico, con la sua alta valenza formativa. E lì Maruzza, ormai diventata Maria, ebbe allora una delle fortune più importanti della sua vita: l’incontro con insegnanti appassionati, accoglienti e assai preparati. Al ginnasio, la professoressa Dina Di Vita che, quando spiegava, era capace di tessere uno sguardo a 360 gradi sul mondo.  Fu lei a offrirle in prestito i libri della sua biblioteca personale e Maria potè leggere a 15 anni Graham Green, Steinbeck, Piasecki, la Pearl’s Book, Hemingway, Yasunari Kawabata, oltre a Calvino, Fenoglio, Cassola, Pratolini, Bassani, Buzzati, Moravia …
        E, il primo giorno al liceo, ci fu l’incontro con la straordinaria dolcezza e l’amore per la filosofia della professoressa Letizia Zincone. E poi le lezioni di Italiano di quel mostro sacro del prof. Vito Biondo, che, assieme alla letteratura italiana, assegnava la lettura di Shakespeare e dava preziose chiavi di lettura per capire la Storia e la politica.
         Grazie al loro esempio, Maria decise da grande che era giusto tornarci, sui banchi di scuola. Questa volta come docente. Perché aveva davvero ragione don Milani: "Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera. Il ragazzo crescendo vi aggiunge qualcosa e così l'umanità va avanti"

Maria D’Asaro, 15.09.19 (il Punto Quotidiano)

venerdì 13 settembre 2019

Sally






Vivi
Anche oggi
Col tuo sorriso
Nei silenzi dell’anima
Sally                                     

martedì 10 settembre 2019

Solitudine, il richiamo dell’anima

       Molto tempo fa la parola inglese alone, solo, era composta da due parole all one. Essere all one significava essere nell’unicità, essenzialmente o temporaneamente.
      E’ proprio questo il fine della solitudine. […] Solitudine non è assenza di energia o di azione … ma piuttosto un dono di provviste selvagge a noi trasmesse dall’anima.
    Nei tempi antichi, come riportano medici-guaritori, religiosi e mistici, la solitudine intenzionale era un palliativo e anche una misura preventiva. Vi si ricorreva per sanare la fatica e prevenire il logoramento. Era usata anche come oracolo, un modo per ascoltare il Sé interiore onde sollecitare consigli e guida, impossibile a udirsi nel frastuono della vita quotidiana. […]
           Se l’esercizio della solitudine intenzionale diventa regolare, favoriamo una conversazione tra noi e l’anima selvaggia, che si avvicina alla riva. Questo lo facciamo non soltanto per essere vicine alla nostra natura selvaggia, ma anche perché  […] lo scopo di questa unione è per noi di porre domande, e per l’anima di dare consigli.
          Come si fa a richiamare l’anima? Con la meditazione, o nei ritmi della corsa, del canto, della scrittura, della pittura, della composizione musicale, con visioni di grande bellezza, con la preghiera, la contemplazione, i riti e i rituali, l’immobilità, la quiete, perfino con idee e umori estatici. Sono tutte chiamate psichiche che invitano l’anima alla sua dimora.
        Consiglio di ricorrere a metodi che non richiedono supporti né posti speciali, da compiersi agevolmente in un minuto o in un giorno. Si tratta cioè di usare la mente per richiamare l’anima-Sé. Tutte abbiamo uno stato mentale familiare in cui realizzare questo genere di solitudine. Per me, la solitudine è una sorta di bosco ben ripiegato che porto con me ovunque, e srotolo attorno a me quando ne ho bisogno. Siedo ai piedi dei grandi alberi della mia infanzia. Da questo luogo privilegiato propongo i miei interrogativi, ricevo risposte …
       Poi arrotolo di nuovo il mio bosco, riducendolo alle dimensioni di un bigliettino d’amore, sino alla prossima volta.

(Clarissa Pinkola Estès: Donne che ballano coi lupi, pag. 312,313)







domenica 8 settembre 2019

Per chi suona stavolta la campanella?


        Palermo – Settembre si porta via l’estate e, con i colori soffusi dell’autunno, si  riaprono le scuole. Gli alunni che torneranno per primi sui banchi saranno quelli dell’Alto Adige, già il 5 settembre, seguiti dagli studenti piemontesi, che rientreranno il 9; gli ultimi a sentire il suono della campana saranno gli alunni pugliesi, in classe il 18 settembre.
         Buon anno scolastico dunque agli studenti in cammino, dalla primaria alla maturità. Che abbiano aule degne di questo nome: linde, luminose, climatizzate e spaziose, provviste di LIM (lavagna interattiva multimediale); che abbiano scuole sicure, con palestre e ogni altro necessario supporto didattico. Che abbiano poi, soprattutto, docenti preparati e appassionati. Insegnanti che abbiano a cuore il successo scolastico e formativo di tutti gli alunni. Docenti che tengano sempre a mente l’esortazione dell’antropologo Marc Augè: “La sola utopia valida per i secoli a venire, le cui fondamenta andrebbero urgentemente costruite o rinforzate: l'utopia dell'istruzione per tutti, la cui realizzazione appare l'unica possibile via per frenare, se non invertire, il corso dell'utopia nera che oggi sembra in via di realizzazione: quella di una società mondiale ineguale, per la maggior parte ignorante, illetterata o analfabeta, condannata al consumo o all'esclusione, esposta ad ogni forma di proselitismo violento, di regressione ideologica e, alla fin fine, al rischio di suicidio planetario”.                    E non dimentichino l’esperimento dello psicologo americano Robert Rosenthal (noto come “effetto Pigmalione”): gli alunni cambiano il loro atteggiamento e persino il loro profitto a seconda dello sguardo che viene ‘posato’ su di loro. Verità psicologica intuita molti decenni prima dalla psicopedagogista  e neuropsichiatra Maria Montessori, che aveva addirittura stabilito una regola deontologica per la quale un professore doveva astenersi dal pensare male di uno studente, in quanto temeva che anche il semplice pensiero trasmettesse all'allievo una spinta negativa. 
          Buon anno dunque a tutti i Docenti, che si trovano ad esercitare una delle professioni più complesse della società. Che trovino la forza, l’energia, la preparazione, la pazienza, la passione e la saggezza per fornire il loro prezioso contributo all’istituzione scolastica. Ecco il monito del maestro Mario Lodi: "Cari insegnanti, non dimenticate che davanti al docente passa sempre il futuro: non solo quello della scuola, ma quello di un intero Paese."
        Buon anno ai Dirigenti scolastici, gravati da tanti impegni, oneri e responsabilità: che siano capaci di sfuggire alle sirene tentatrici dell’ “uomo solo” al comando dell’istituzione. Con l’augurio invece che ogni Dirigente sia un “Primus inter pares” di una efficace Comunità educante, al servizio del territorio. Che mettano anima e sostanza nei vari PTOF (Piano triennale dell’Offerta Formativa), RAV (Rapporto di Autovalutazione) e Bilancio sociale, nella consapevolezza che la scuola non è un’azienda economica e persegue finalità formative. 
        Buon anno infine agli A.T.A., al personale ausiliario, tecnico e amministrativo: senza il loro apporto, umile e prezioso, le scuole non funzionerebbero.
        Infine, per tutti, le parole di Piero Calamandrei: “Trasformare i sudditi in cittadini è un miracolo che solo la scuola può compiere.”
Maria D’Asaro, 08.09.2019, il Punto Quotidiano



mercoledì 4 settembre 2019

Ritorno a casa


         Molti sono i modi per tornare a casa: alcuni profani, alcuni divini.  […] Rileggere brani di libri o poesie che ci hanno commosse. Passare anche solo pochi minuti in riva a un fiume o a un corso d’acqua. Sdraiarsi per terra nella luce che filtra tra gli alberi. Stare con la persona amata […]
          Camminare per un’ora senza meta e poi tornare. Prendere un autobus con destinazione ignota. Tamburellare con le dita ascoltando la musica. Salutare il sole che sorge. Raggiungere un posto dove le luci non interferiscono con il cielo notturno. Pregare. 
        Stare con un amico speciale. Sedere su un ponte lasciando ciondolare le gambe. Tenere in braccio un bambino piccolo […] Asciugarsi i capelli al sole. Aprire le mani sotto la pioggia. Curare le piante e sporcarsi ben bene le mani di terra. 
         Contemplare la bellezza, la grazia, la commovente fragilità degli esseri umani.

(Clarissa Pinkola Estès: Donne che ballano coi lupi, pag. 299)















lunedì 2 settembre 2019

Care/i colleghe/i, la buona scuola siete voi

Care/i colleghe/i,

                            oggi non sarò con voi ad iniziare il nuovo anno scolastico, ma continuo a sentirvi colleghi, compagne/compagni di lavoro. Infatti, come ha detto bene la prof.ssa Genova nel suo saluto alla scuola, a fine giugno 2018, si rimane sempre professori nell’anima e nel cuore.
Vi scrivo innanzitutto per ringraziarvi. Per dirvi quel grazie che non ho avuto modo di esternare ‘di persona personalmente’ al Collegio Docenti, il 28 giugno scorso. Grazie a tutte/i.
In particolare:

- ad Emilia e ad Angela, collaboratrici vicarie che in questi lunghi anni si sono spese con professionalità e silenziosa abnegazione per la Scuola. Non potrò mai ringraziarle abbastanza per il loro affetto e il loro sorriso;
- alla magnifica redazione di Punto e a capo e di ClikkiAmo la Scuola: a Silvia, Rita, Iolanda, con le quali ho condiviso con impegno e passione il lavoro di redazione. Un abbraccio particolare a Silvia, direttore della redazione e fucina inesauribile di iniziative e innovazioni didattiche;
- ai magnifici colleghi del corso musicale, con i quali ho vissuto con entusiasmo gli ultimi cinque anni tra i banchi, dopo aver lasciato il lavoro a tempo pieno di psico-pedagogista: un grazie speciale ad Anna Maria, Carla, Filippo e Giorgio, che con la loro musica, sia materiale che ‘relazionale’, hanno impreziosito e reso lieto il lavoro didattico;
- a Giusi, collega infaticabile e creativa, che nel corso di questi decenni è stata un faro nel ‘rianimare la lettura’, nel progettare una didattica ludica e coinvolgente, efficace per tutti gli alunni, perfetta per recuperare i ragazzi difficili;
- ai colleghi e alle colleghe che hanno assunto incarichi di responsabilità; in particolare a Enza, che ha svolto in modo encomiabile la delicata Funzione continuità;
- ai colleghi che hanno lasciato la scuola prima di me e hanno impresso un segno: Alina, Aldo, Nadia, le varie Marie, Salvatore, Maria Pia, Marina, Nando, Angela … ma l’elenco è ben più lungo;
- alle care colleghe che, negli anni si sono trasferite in altre scuole: Giusè, Mariella, Claudia; a Patrizia e Mari, che hanno fatto il salto all’università; un abbraccio forte forte ai tanti colleghi e colleghe che si sono trasferiti quest’anno: ciao Gerry, ciao Ivana, Rosella, Lorenzo, Pietro, Antonella …, e loro sanno bene perché;
- alla mia Preside for ever, Maria (qui le sue parole di commiato, che sono scolpite nel mio cuore), a Vittorio; ad Antonella, che sino a due anni fa, ha diretto con cura affettuosa la scuola;
-  ai colleghi ausiliari e di segreteria: senza il loro lavoro dietro le quinte, la scuola non si reggerebbe. Un grazie di cuore a tutti/tutte, specialmente a Grazia, al sig.Antonio, ad Anna Maria …

               Cari colleghe, carissime colleghe: vi lascio in eredità tutti gli alunni ‘difficili’ che non potrò più seguire. I ragazzi con particolari bisogni educativi per i quali non potrò più stilare insieme a voi un percorso individualizzato. Non vi tormenterò più chiedendo il monitoraggio delle assenze! Ma so che non sarà necessario: sapete benissimo che il ragazzo che viene regolarmente a scuola ‘cresce’ dentro perché impara. Non impara solo procedimenti e nozioni, ma si appropria di una chiave per decifrare il mondo, di una bussola per orientarsi nella complessità.
       E poi – lo sappiamo bene noi di Lettere (un abbraccio e un grazie a Lea, responsabile del Dipartimento) – “Ciò che manca ai ragazzi poveri (…) è dunque solo questo: il dominio sulla parola. Sulla parola altrui per afferrarne l’intima essenza… sulla propria perché esprima senza sforzo e senza tradimenti le infinite ricchezze che la mente racchiude… Quando il povero saprà dominare le parole come personaggi, la tirannia del farmacista, del comiziante e del fattore sarà spezzata… chiamo uomo chi è padrone della sua lingua” : ce lo ricordava con forza don Lorenzo Milani.
                 Teniamo sempre a mente la straordinaria verità dell’esperimento dello psicologo americano Robert Rosenthal (effetto Pigmalione): gli alunni cambiano il loro atteggiamento e persino il loro profitto a seconda dello sguardo che posiamo su di loro. Pensate che Maria Montessori aveva stabilito una regola deontologica per la quale un professore doveva astenersi dal pensare male di uno studente, in quanto temeva che anche il semplice pensiero trasmettesse all'allievo una spinta negativa. E ricordiamo una grande verità: la disponibilità ad apprendere 'passa' attraverso una relazione autentica e serena tra docente e dicente.
                  Vi esorto infine ad avere una vostra personale pensata e meditata idea di scuola, di formazione e della didattica, al di là anche degli ondivaghi orientamenti governativi. Abbiate un confronto costruttivo sui grandi temi portanti, evitando di rimanere chiusi e schiacciati sulle minuzie di poco conto. La Montessori, Mario Lodi, Gianni Rodari, don Lorenzo Milani sono stati dei grandi maestri anche senza spuntare ogni giorno circolari …
      Vi lascio poi la gestione delle due compostiere! Non lasciamo sola Greta Thunberg … Se  i ragazzi non imparano a scuola la cura per  madre Terra abbiamo poco da sperare per il futuro.
             Cogliete anche l’opportunità formativa dei PON che abbiamo approvato più di un anno fa in Collegio: realizzerete sicuramente progetti attraenti ed efficaci.
             Vi saluto infine con le 3 C di Dewey (dal testo a cura di Francesco Dipalo, Democrazia (Diogene Multimedia, Bologna, 2016): “John Dewey (1859-1952), filosofo e pedagogista, ha sottolineato l’intrinseco legame che c’è tra democrazia ed educazione: al di là di forme e procedure istituzionali, il tasso di “democraticità” di una società è dato dalle reali possibilità di partecipazione alla vita politica del più ampio numero di cittadini. I quali devono essere messi in condizione di dare il loro contributo sviluppando precise competenze culturali e sociali riassumibili nella teoria delle tre “c”: Critical thinking (pensiero critico), Creative thinking (pensiero creativo) e Care thinking (pensiero valoriale, capacità di prendersi cura). In quest’ottica, la scuola (pubblica) assume un ruolo centrale per la formazione e la salvaguardia di una società realmente democratica: per farsi valore condiviso è nei singoli che lo spirito democratico deve incarnarsi come costume, prassi, attitudine psicologica. Se ai più non è dato maturare, sin dalla più tenera età, la predisposizione a condividere emozioni e contenuti simbolici, a prender parte alla vita della comunità, esprimendo e perfezionando abilità personali e assumendosi responsabilità sociali, ebbene, pur in presenza della migliore legislazione possibile, la democrazia rimarrà di fatto lettera morta.
                 E, ancora, un'esortazione del maestro Mario Lodi: "Cari insegnanti, non dimenticate che davanti al docente passa sempre il futuro: non solo quello della scuola, ma quello di un intero Paese.", con l’affermazione di Piero Calamandrei (appena letta nel sito della casa editrice “La Meridiana”) : "Trasformare i sudditi in cittadini è un miracolo che solo la scuola può compiere."
Volate alto ...
Un abbraccio e buon lavoro! La buona scuola siete voi.
Maria D’Asaro 

C'è chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo:
forse c'è chi si sente soddisfatto
così guidato.
C'è chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo:
c'è pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato.
C'è pure chi educa, senza nascondere
l'assurdo che è nel mondo,
aperto a ogni sviluppo,
cercando di essere franco all'altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.

                                                          Danilo Dolci (Poema umano, Nuovi Coralli, Einaudi, 1974)