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Marc Chagall: Paradiso - 1961 |
Qualche esegeta fa notare che questa è l’ultima tentazione di
Gesù, sulla croce, molto simile alla prima tentazione: “Se vuoi essere Messia, buttati da dove vuoi, tanto tu sei in grado di
salvarti. Quindi pensa a te stesso”.
Qui tutti sono coalizzati nei confronti di questo
malcapitato: i capi che dicono Ha salvato
gli altri, vediamo cosa sa fare nei confronti di se stesso; lo stesso
dicono i soldati. E anche uno dei malfattori. La parola malfattore non è una
bella parola: si trattava di delinquenti, perché la pena di morte sulla croce
veniva data a chi aveva compiuto cose gravissime. E anche quello accanto a lui,
che siamo soliti chiamare buon ladrone, magari non era solo un ladro e non era
sicuramente buono, era un delinquente pure lui e magari non aveva fatto nulla
di buono, sino a quel momento.
Però era rimasto colpito dalla figura di Gesù. Non sappiamo cosa
lo avesse colpito maggiormente, però sente che Gesù non è della stessa sua
genia: Noi sappiamo per che cosa siamo
stati condannati … ma tu guardalo, ti sembra una persona da condannare, questo?
Guardalo bene – dice al suo collega.
E chiama Gesù per nome. Gli altri non l’hanno chiamato per nome:
hanno detto costui … se sei qualcuno, se
sei un re, un messia fai qualcosa … Mentre lui lo appella: Gesù. Il nome Gesù significa Dio salva. Gesù è accusato di un regno
strano, di un regno capovolto, rispetto ai regni che noi conosciamo. E che
neppure i cristiani hanno saputo intendere. Perché anche il Sacro Romano Impero
o i vari regni che si sono succeduti in contesti cristiani hanno frainteso
clamorosamente il riferimento a Gesù Cristo, lo hanno inteso come se si
trattasse di un regno alla maniera del nostro mondo, dove si desidera diventare
re per essere serviti dagli altri: per dominare, comandare, per essere in
qualche modo potenti.
Invece il Regno di Gesù è accanto ai malfattori; e Gesù non si
vergogna di accettare questo ripudio dell’umanità insieme con loro e a
sperimentare la tristezza, la bruttezza assoluta di quest’esecuzione capitale.
E poi Gesù risponde a quest’appello del suo “collega”: In verità io ti dico: oggi con me sei/sarai nel Paradiso. Nel
Paradiso è Gesù. E non deve venire, questo Regno, perché è quando due persone
si comunicano vita che comincia il Paradiso di Gesù. E’ quando due persone
incrementano a vicenda, insieme, la vita
intorno a sé – la vita, il perdono, l’accoglienza – questo è il Paradiso,
questo è Gesù, è vivere con lui.
Non è un rinvio a un altro mondo. Gesù dice Oggi con me sei in Paradiso. Lo traduciamo anche col futuro, ma
nella lingua ebraica non c’è questa differenza tra presente e futuro. Potremmo
anche tradurlo Tu mi stai chiamando Gesù
- Dio salva - … E Dio salva in un gesto di rispetto, di affetto, E tutto il tuo
passato ormai è rimasto alle spalle … Oggi noi due facciamo Paradiso, siamo
Paradiso.
Convertiamoci a questa prospettiva di Gesù, care sorelle e
fratelli. Che non rinvia il Paradiso altrove, dopo, in altro momento. Che
coltiva invece il Paradiso nell’incontro tra due persone che si chiamano per
nome. Solo così allora possiamo riconoscere che Gesù è re in tutta la sua
regalità, cioè che “regala” la sua vita. Così vorremmo seguirlo questo nostro
Re “regale”, che regala, regalante la vita.
E così potremmo trasformare piccoli angoli della nostra terra da
inferno a paradiso. Per quel poco che può dipendere anche da noi … tante volte noi
stessi non crediamo di poter fare qualcosa di bello, perché magari ci sentiamo
sconfitti, non guardiamo agli altri come possibili alleati con cui costruire
qualcosa di buono, siamo malpensanti, aspettiamo solo male dagli altri. E così
facciamo male soprattutto a noi stessi: è come se avessimo “chiuso bottega”,
come se tutto fosse ormai inferno collaudato.
Ed è bello che dopo che Gesù ha detto Padre, perdona loro, perdona queste persone che mi stanno condannando …
Pazienza, me l’accollo, Gesù pronunci ancora queste parole, davvero le
ultime per san Luca: Oggi tu e io siamo
in paradiso, siamo il Paradiso, in questo Dio che ci salva.
Dio non salva se stesso, non ha bisogno di salvare se stesso, Dio
vuole salvare tutti noi, ci prova sino alla fine, in maniera sconvolgente, come
ad azzerare tutto il passato terribile, di cui sentiamo il peso sopra di noi:
il nostro passato personale, degli altri, delle divisioni, della Storia; di una
Storia che, quando la narriamo e ne prendiamo le distanze, sentiamo tutta la
violenza: di guerre, di conflitti, di sopraffazioni …
Gesù ricomincia proprio qui, da questo nostro fratello. E fa un
appello a ciascuno di noi: Io voglio fare
Paradiso con te oggi. Oggi. Per quel poco che possiamo, proporzionato alle
nostre possibilità, lasciamo che avvenga il suo Regno, il Regno di Gesù, che
invochiamo nel Padre nostro. Far
avvenire il suo Regno vuol dire chiamare gli altri per nome, guardare gli altri
con rispetto, tendere la mano, lo sguardo.
Questo è il Vangelo aperto, che apre i nostri occhi allo sguardo
di Dio sulla nostra Storia.
(omelia di don Cosimo Scordato, domenica 24.11.19, Cristo Re,
chiesa di san Francesco Saverio, Palermo: eventuali errori o omissioni sono
della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle
imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)