Anch’io rimprovero le mie alunne se le trovo in classe con i pantaloni a vita bassa o con magliette troppo scollate. Credo infatti che l’abito indossato – da uomini e donne, piccoli e grandi – debba essere adeguato al contesto. Infatti il nostro corpo e il vestito che indossiamo è una delle più formidabili modalità comunicative in nostro possesso.
Però le affermazioni di don Piero Corsi, parroco di una cittadina ligure, mi mettono i brividi. Come donna innanzitutto, facente parte a tutti gli effetti di una categoria a rischio, ma anche come cittadina, come cattolica, come docente.
A questo proposito, vi propongo le riflessioni di Michele Serra, apparse ieri 27 dicembre 2012 sul quotidiano “La Repubblica”.
Senza saperlo e senza volerlo il parroco di San Terenzo, don Piero Corsi, ha fornito ai suoi compaesani (e attraverso i media all’Italia intera) una spiegazione schietta ed esauriente delle cause del femminicidio. Gli uomini uccidono le donne perché hanno, delle donne, la medesima concezione che ne ha don Piero. Le pensano obbedienti e sottoposte, prive di qualunque autonomia al di fuori del recinto ideologico nel quale i loro proprietari maschi le confinano. Le pensano puttane se non assoggettate a un marito e a una famiglia, se non abbastanza castigate e remissive. Le pensano indegne se non devote ai fornelli, alla cura dei maschi di casa, al servizio di chi le protegge se obbediscono, le offende e le malmena se disobbediscono.
Tutto questo don Piero lo spiega con magistrale rozzezza: donne, se non obbedite poi non lamentatevi quando qualcuno vi punisce, vi mette le mani addosso, vi uccide. Piuttosto che intimare a don Piero di tacere, le varie associazioni che tutelano i diritti delle persone, e in specie delle donne, dovrebbero chiedergli di parlare ancora, di scrivere ancora. In poche righe, spiega l’odio per le donne meglio di un manuale di criminologia.