domenica 29 marzo 2015

Dalla mafia salvaci, scuola …

     S. aveva conseguito la licenza media l’anno scorso, malgrado le assenze e le tante sanzioni disciplinari. Era stato ammesso agli esami anche perché i suoi professori sono stati pazienti e comprensivi. I genitori di S. erano convocati spesso, per le assenze dell’alunno o per i suoi ingressi a seconda ora senza giustificazione. Di solito veniva il padre, che finiva sempre per giustificare il comportamento del figlio e se la prendeva con i docenti che, a suo dire, erano degli incapaci. Tre mesi fa, dopo indagini rigorose, questo papà è stato arrestato con un’accusa pesante: essere uno dei fiancheggiatori palermitani del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. Il pensiero va al nostro ex alunno: chissà se S. ha qualche speranza di percorrere strade diverse da quelle familiari; chissà se, in un angolo della sua mente e del suo cuore, potrà far germogliare un piccolo seme di bontà e di onestà …
                                                                    Maria D’Asaro, Centonove”,  n. 12 del 26.3.2015

giovedì 26 marzo 2015

Alfabeti per la cura delle relazioni

 
Joaquin Sorolla
    (…) "Perché una rinascita sia possibile è indispensabile riapprendere alfabeti essenziali per vivere le nostre dimensioni relazionali sia nella sfera privata sia in quella pubblica. Infatti siamo in presenza di un’erosione senza precedenti della qualità dello stare insieme, per questo abbiamo osato il verbo amare, che coniuga riflessione teorica e coinvolgimento emotivo, intelligenza del cuore e razionalità, perché per vivere questo tempo, l’unico disponibile, occorre avere il senso del limite e della fragilità che rende prezioso ciò che viviamo. Nella parola tempo, del resto, è ben presente etimologicamente l’idea del circoscritto: tempo è parola latina imparentata con la radice greca del verbo temno, taglio. Il tempo è una parte «ritagliata» del flusso cronologico nel quale siamo immersi: all’interno degli anni che abbiamo da vivere, possiamo scegliere la strada del narcisismo e dell’autoreferenzialità oppure decidere di diventare, come Etty Hillesum, il «cuore pensante della baracca». I formatori e gli educatori non possono che essere cuori pensanti, come la giovane ebrea che sentiva la bellezza del cosmo anche nel campo di internamento osservando il cielo. L’unico atteggiamento possibile è quello della cura intesa come sollecitudine, premura, scrupolosità, termini di un lessico emotivo che indica atteggiamenti dimenticati, trascurati. Per questo apprendere alfabeti è necessario per imparare gli elementi essenziali del fare relazione e della cura, però al plurale, perché le relazioni sono vissute nel segno della complessità, anche interculturale.
Essere ontologicamente relazionale, l’uomo non può sussistere, né costruire senso se non nelle trame affettive che lo rendono interdipendente: alla metafora della rettitudine verticale ed autosufficiente subentra la figura dell’inclinazione, dell’accoglienza e della capacità di sporgersi verso l’altro, flettersi in un movimento che ha la figura dell’ellisse e non la circolarità concentrica della sfera e del suo abbraccio perfetto.
L’atteggiamento della cura esprime una reciprocità asimmetrica, ma anche dinamica: chi si prende cura oggi può essere oggetto di cura domani, in uno scambio che è alla base anche della tenuta delle relazioni tra generazioni. (…).
Prendersi cura è al cuore non solo di ogni azione formativa, ma di ogni autentica interazione umana, alla ricerca di nuovi equilibri che permettano non solo di stare al mondo, ma di rimetterci al mondo reciprocamente in un’azione generativa fatta di pazienza, di fedeltà, di custodia reciproca, di costanza e di perseveranza." 
                                                Antonella Fucecchi, Docente di Lettere ed esperta di intercultura 
                                                                                   (rivista CEM- Mondialità,Dicembre 2014)

martedì 24 marzo 2015

I giornalisti che amo: Ellekappa

      Di lei si sa molto poco: Wikipedia scrive che è “schiva e riservata nella vita privata, tanto da apparire timidissima ... Inseguita da tutte le testate giornalistiche italiane, respinge regolarmente al mittente le richieste di interviste, centellinando nel contempo anche le apparizioni televisive”. Diplomata in un istituto professionale per stilisti di moda – è sempre Wikipedia a informarci - inizia a lavorare come illustratrice per il settimanale della FGCI “Città futura”; negli anni successivi pubblica vignette su Linus, Satyricon (inserto satirico de “La Repubblica”), Tango, Cuore, Il Manifesto, Quotidiano donna, Noi Donne, L'Unità, Smemoranda e Corriere della Sera.
     Lei è Laura Pellegrini, nata a Roma il 12/11/1955, nota con lo pseudonimo di Ellekappa: “Le vignette di Ellekappa sono solitamente in bianco e nero e non contengono elementi sullo sfondo (…) Nella maggior parte dei casi vi sono due donne, spesso con in mano un quotidiano, oppure davanti a un televisore. Nella maggior parte dei casi, uno dei due personaggi espone il nucleo del problema affrontato e l'altro risponde con la battuta. Più raramente, un solo personaggio svolge entrambi i ruoli. Il tratto della vignettista è inconfondibile: i tratti dei personaggi sono marcatamente pasciuti e curvilinei, con occhi sporgenti, nasi appuntiti e menti pronunciati. Spesso i personaggi affrontano temi di attualità, dalla politica al costume nazionale, con l'intento umoristico di smascherare i luoghi comuni, le idee preconcette, i facili slogan, e più in generale le peggiori abitudini della nostra società. La satira di Ellekappa, apertamente di sinistra, non si accontenta di scagliarsi contro la retorica e le contraddizioni degli avversari politici, ma è particolarmente graffiante quando si misura con i difetti e l'autolesionismo della sinistra italiana.” (fonte: ancora Wikipedia
Ecco cosa scrive di lei il giornalista Michele Serra: da qui:
«Si sa solamente quello che dicono le sue battute, e cioè che è di sinistra e faziosa, limpidamente faziosa. La faziosità dichiarata, anzi, è il suo grande vantaggio, la porta come un trofeo e non come un peso, non se ne vergogna, non cerca le sfumature e anzi le rifugge, e la nettezza micidiale delle sue vignette è il godibile frutto di una devozione davvero tenace, quasi da vestale, al fuoco della passione politica. Il disegno, tanto stilizzato da essere diventato, con gli anni, quasi invisibile, è ormai solo un fregio grafico, seppure antropomorfo, che sorregge il lettering. L’attenzione del lettore si consuma interamente sulle due battute, l’una che apre e l’altra che chiude, secondo uno schema fisso e invariabile che ha ormai creato, nel tempo, una ritualità e una consuetudine. Essendo una ragazza intelligente, è logico supporre che sia permeabile al dubbio. Solo che non cede, non arretra di un metro: quando il dubbio arriva, fa una battuta anche su di lui, e lo ricaccia nel suo limbo farraginoso. Portando quasi alla perfezione uno schema mentale classico della satira di sinistra (la destra va attaccata perché ha torto, la sinistra va attaccata perché non è capace di avere ragione)» 





          Ellekappa ha anche pubblicato tre libri:

          Che tempo fa, l'Unità, Roma, 1992;
Che tempo fa 2, l'Unità, Roma, 1993; 
Le nostre idee non moriranno quasi mai, Einaudi, Torino, 2002.

Oggi è una delle firme de "La Repubblica"

«I miti sono necessari: i giovani devono avere delle t-shirt in cui credere».
«Non calpestate le aiuole, si fanno male tutte le vocali».   Ellekappa

sabato 21 marzo 2015

Ciao, sono io …

    “U vicinu è serpenti: si nun ti vidi, ti senti”: mia madre ripeteva questo detto a proposito della profonda conoscenza reciproca che si instaura tra vicini di casa. In effetti, visto che abito da tanto tempo nello stesso palazzo, conosco molte abitudini dei vicini. Ad esempio, quella del signore che abita nell’appartamento accanto al mio: signore che, prima di inserire la chiave nella toppa di casa, suona sempre il campanello, per avvertire la moglie del suo rientro. Questo scampanellare non necessario, mi tocca e commuove: mi pare il segno di una delicatezza profonda, in una coppia peraltro cementata da tanti anni di matrimonio, dall’adozione di tre bambini e allietata oggi da otto nipoti. Una mia conoscente, per indicare un gentiluomo, utilizza la metafora “uomo col fazzoletto”. Il mio vicino è davvero un uomo col fazzoletto: se ce ne fossero di più persone come lui, Palermo sarebbe una città più gentile.
                                                                       Maria D’Asaro , “Centonove” n. 11 del 19.3.2015

mercoledì 18 marzo 2015

Chiedo scusa se parlo di Maria (2)

              Nostra Signora porge scuse preventive ai lettori e alle gentili lettrici. Perché, mentre l’ISIS impazza e minaccia addirittura il Parlamento di Tunisi, un post che parla del proprio ombelico è di pessimo gusto o quantomeno infantile e superfluo. Però nostra Signora da alcuni giorni sta male, forse per un’influenza strisciante; anche se continua eroicamente a lavorare poiché non “confortata” da temperatura maggiore di 37°. Ma è funestata da pensieri necrofili, quali “avrò di nuovo la polmonite”, “sarà l’inizio di un morbo raro e morirò senza sapere perché”; “quando ho accompagnato l’ex cucciolo a fare la risonanza magnetica, per sbaglio avranno dirottato le radiazioni verso di me”.
        In questi casi, essendoci una remota possibilità che la barra di scorrimento della sua esistenza sia quasi compiuta, nostra Signora ha un solo modo di prepararsi all’eventuale trapasso: accelerare il ritmo della lavatrice perché, nel caso di un suo decesso, i figlioli non abbiano di che lagnarsi: la biancheria profumata risponde lo stesso all’appello nei rispettivi cassetti.

domenica 15 marzo 2015

Un fiore per Nicole

        La vicenda di Nicole, la neonata morta il 12 febbraio a Catania per alcuni disservizi nella sanità privata e pubblica, carenze sulle quali sta indagando la Magistratura che ha già emesso degli avvisi di garanzia, dimostra quanto poco c’entri Dio con la morte prematura dei bambini. E quanto invece conservazione e tutela della vita siano in mano a medici, a strutture sanitarie e alle scelte organizzative della politica. Nell’esprimere piena solidarietà ai genitori di Nicole, straziati dall’evitabile perdita della loro figlioletta, non si può non pensare alle migliaia di bimbi strappati alla vita, in zone meno fortunate della nostra, solo dalla mancanza di un po’ di zucchero, di acqua potabile o dall’impossibilità di reperire un antibiotico. E allora attrezziamo meglio la nostra sanità, ma impegniamoci anche affinché, oltre il Mediterraneo, non si muoia per l’assenza di una bustina reidratante. Perché le lacrime dei genitori hanno dappertutto la stessa inconsolabile amarezza.
                                                                       Maria D’Asaro (“Centonove” n. 10 del 12.3.2015)

venerdì 13 marzo 2015

Grazie a Dio, è venerdì

      Oggi, grazie a Dio, è venerdì. Nostra Signora si può permettere qualche minuto in più su FB e sul web. E segnala due chicche, molto diverse tra loro (anche se il dott.Freud forse avrebbe trovato una qualche connessione …)

Una potete leggerla quiRingrazio Dott.Lapsus per  il post.


L’altra è l’Amaca di oggi di Michele Serra 
(La Repubblica, 13.3.2015 – Ringrazio Massimo Messina per il tag su FB)

Hanno ragione l’ Avvenire e la Cei, non c’è coincidenza tra assoluzione giudiziaria e giudizio morale. Peccato e reato non sono la stessa cosa, e dunque — dicono in sostanza i vescovi — Berlusconi non gongoli più di tanto. Ma il problema (uno dei tanti) di questo Paese è che la moralità (anche nella sua forma più banale, che è il senso della misura) quasi non ha peso nella vita pubblica, nelle fortune politiche, nelle scelte elettorali. Valesse qualcosa, il giudizio morale, Berlusconi non sarebbe stato votato da milioni di bravi cattolici. L’abnorme quantità di processi “politici”, da Tangentopoli in poi, è anche conseguenza del mancato vaglio che, in una comunità sana, seleziona in modo un po’ meno lasco la classe dirigente.
È come se la magistratura si fosse sentita costretta a mettere le mani in una matassa che altri avrebbero dovuto sbrogliare, e ben prima di arrivare davanti a una toga. Con tutte le conseguenti storture e goffaggini, e l’impressione, non del tutto infondata, che sotto inchiesta siano finiti non solamente i reati, ma anche i peccati. Che non sono, come è noto, competenza della magistratura. Il ricorso alle carte bollate, nel nostro Paese, è direttamente proporzionale alla paurosa incapacità della società di autoregolamentarsi. Siano reati, siano peccati, sono troppi i cittadini che se ne lavano le mani. 



mercoledì 11 marzo 2015

Mai più

Aldo Naro
     Di Aldo Naro, il giovane medico morto qualche settimana fa per un  banale litigio in una discoteca palermitana, si è parlato abbastanza. Il timore però è che, passata l’onda emotiva del dispiacere collettivo, questa tragedia venga dimenticata. 
    Condividiamo allora quanto scritto da Francesco Palazzo il 20/2 su “La Repubblica”: secondo il giornalista, Palermo ha una sorta di difetto congenito di cittadinanza, cosicché il pugno, l’aggressione verbale, la reazione violenta, spesso fanno parte di un modo di essere e di vivere di tanti palermitani, mentre molti cittadini perbene girano la testa e non si impegnano sino in fondo per il rispetto delle regole di buona convivenza. Palazzo ci invita allora a raccogliere l’auspicio del padre di Aldo che, durante la fiaccolata in ricordo del figlio, si è augurato che la sua morte sia un campanello d’allarme e spinga ciascuno a fare qualcosa perché una morte così assurda non accada mai più.
                                                                              Maria D’Asaro, Centonove” n.9 del 5.3.2015


lunedì 9 marzo 2015

E la festa continua ...





       E così ieri nostra Signora non è riuscita a onorare l’8 marzo con un post, perché a casa la tribù l’ha davvero conciata … per la festa: ha cucinato per un numero fluttuante e imprecisato di convitati; si è occupata – senza preavviso – di una svanita zietta novantaduenne; ha tenuto testa al nipotino che tentava di soffocare una tartaruga, distruggeva i soprammobili alla sua altezza e si divertiva a tirare dietro il letto dello zio un’intera collezione di pietre dure. Alla fine, nostra Signora è corsa anche a prendere alla Stazione un figlio tornato a un’ora imprevista.
     Ma siccome la festa continua, nostra Signora segnala due blog che, a suo avviso, hanno prodotto post eccellenti sulla ricorrenza dell’8 marzo:


E  qui il simpatico concorso proposto da Cristina Berardi.

       Infine, dopo aver ringraziato la carissima Maria per averle segnalato il video iniziale, saluta in fretta perchè deve ancora lavare i piatti di ieri:


sabato 7 marzo 2015

Il coraggio di scegliere ... la libertà nel mondo

Per noi occidentali, impegnati nel ridefinire i confini e il valore dell’idea di libertà la cui ‘tenuta’ oggi è messa a dura prova dal fanatismo sanguinario dei militanti dell’ISIS, risulta utile e illuminante la lettura di due saggi, in qualche modo complementari, quali  Il coraggio di scegliere di Fernando Savater (Gius. Laterza e Figli Spa, Roma/Bari,  2012, € 9,50) e Libertà nel mondo di Hans Küng (ristampato, dopo quasi 40 anni dalla prima edizione, dalla dinamica casa editrice Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2014, € 7,00).
Fernando Savater, con lo stile gradevole e colloquiale degli ultra noti Etica per un figlio e Politica per un figlio, ci offre ne Il coraggio di scegliere un’interessante disamina su come intendere la libertà nella nostra società che riconosce i suoi fondamenti nel pensiero filosofico occidentale, da Aristotele a Kant. L’autore sottolinea che “Il senso più classico della parola ‘libertà’ proviene dal campo politico, non dall’etica né dalla filosofia o dalla psicologia” e che da sempre “La politica si occupa essenzialmente di come organizzare e distribuire la libertà in seno alla società umana (…) In tale contesto, la libertà non si riferisce a ciò che vogliamo fare, bensì a quanto possiamo fare.” L’autore, citando Hanna Arendt, ci ricorda che l’etimologia greca del termine eleutheria deriva da eleuthein hopos ero  “andare dove desidero”:  nel passato infatti la libertà era intesa essenzialmente come libertà di movimento. Ma oggi la sfera della libertà si è ampliata: “Il divenire dello sviluppo politico è storicamente consistito nella lotta per allargare il numero dei soggetti titolari della libertà: abolizione della schiavitù, soppressione della divisione genealogica fra nati per comandare e nati per obbedire; diritto per tutti di poter scegliere o revocare i governanti, uguaglianza davanti alla legge (…), diritto di esprimere idee.” Di conseguenza “Le lotte politiche del XXI sec. dovranno mirare ad estendere la libertà effettiva a coloro che ancora non ne godono se non in modo deficitario e subalterno.”  Nella seconda parte del libro, che s’intitola appunto Scelte raccomandate, Savater ci indica sei percorsi possibili per vivere al meglio la nostra libertà: la scelta della verità, che è sempre da intendersi come verità qui e adesso, rispetto a qualcosa; la scelta del piacere, che dona letizia alla vita e ci rende,  per un po’, indipendenti dai nostri simili; la scelta della politica, che ci permette di cambiare le cose e di trasformare l’ordine socioculturale involontario nel quale siamo stati gettati nel mondo: ”L’ambizione della democrazia è farci passare da una vita subita (…) a una vita voluta”; la scelta dell’educazione civica, tesa a formare cittadini che apprezzino “la forza della ragione e non le ragioni della forza”;  la scelta dell’umanità, che prevede l’autolimitazione, la simpatia solidale e il rispetto; infine la scelta del contingente, che consiste nell’abbandonare l’idea di trovare alla vita un Senso con la maiuscola e nell’accettarne invece la provvisorietà:“la bellezza del contingente è quella che celebra sia il palpito di ciò che viene dato sia l’ombra di quanto ci manca; tale accettazione incondizionata della vita (…) si chiama gioia”.
Nel libretto Libertà nel mondo, il teologo Hans Küng ci presenta la vicenda umana di Thomas More come prova esemplare di come si possa essere cristiani ‘liberi’  pur vivendo nel mondo. More,  che nel XVI secolo fu gran Cancelliere del Regno britannico sotto Enrico VIII, ovviamente non osservò mai i voti di povertà, castità e obbedienza previsti dalla Chiesa cattolica per i monaci e i consacrati, ma godette delle sue numerose proprietà, degli affetti familiari e del prestigio dovutogli per la competenza e la dedizione con cui attendeva agli alti incarichi pubblici. Thomas More comunque “Viveva nel mondo, ma non si lasciava irretire da esso … conservava dentro di sé una profonda indipendenza dal mondo e una interiore libertà per Dio”. Allora :”Il fatto decisivo per il cristiano non è che egli abbandoni i beni del mondo, ma che non sia da essi soggiogato, che non si abbandoni totalmente ad essi”. Come scrive nella postfazione don Alessandro Plotti, vescovo emerito di Pisa: “Nulla nel mondo è in sé impuro, né la proprietà né il potere, e tutto può diventare nella libertà e nel distacco occasione di crescita, anche umana; l’importante è che nel mondo e dal mondo tutto si trasformi in occasioni di servizio e di amore.” Infine, oggi più che mai, il sacrificio di Thomas More è la risposta sempre attuale alle tentazioni del potere politico di assolutizzare se stesso e di imporre con la violenza il suo credo: More ci ricorda che la vera libertà risiede nell’intimo della propria coscienza e che nulla, neppure la vita fisica, è più preziosa della sua salvaguardia.                
                                          Maria D’Asaro , “Centonove” n.9 del 5.3.2015

giovedì 5 marzo 2015

Un dritto e un rovescio


     I suoi non erano davvero lavori pregiati: semplici sciarpe o plaid intessuti con avanzi di lana. Ma, mentre l’ex cucciolo esponeva la lezione su Verga o sulla Repubblica di Weimar, nostra Signora teneva in mano un uncinetto o un paio di ferri: quattro maglie alte tre catenelle un punto basso; un dritto e un rovescio. Il ritmo di quel ticchettio la cullava, le restituiva il buon sapore di cure antiche, di fili d’affetto che valeva la pena continuare a intrecciare.

lunedì 2 marzo 2015