Dipsy, un cagnolino che ha vissuto con me otto anni,
e Felicetta, una gattina che accudisco quando i suoi “custodi” sono assenti, mi
hanno fatto sperimentare la valenza “curativa” dell’incontro con un animale domestico.
Incontri terapeutici a quattro zampe (Il
Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2014, € 14,00), saggio a più voci curato da Aluette
Merenda, ci offre le chiavi di
lettura per comprendere le ragioni del valore terapeutico degli animali
d'affezione nei diversi contesti di cura. Nella presentazione il prof. Giovanni
Salonia, luminare della Gestalt Therapy italiana e internazionale, ci ricorda
che è “il tatto, ovvero il toccare e
l’essere toccati, a far accadere il contatto con l’altro”. E poiché: “La relazione terapeutica, nel suo intimo
accadere e trasformare, è esperienza di intercorporeità (di corpi-tra-corpi che
interagiscono), e soltanto le parole generate dal corpo e che
raggiungono un altro corpo creano relazione e diventano cura”, allora gli
animali: “custodi e maestri dell’incontro tra corpi che
è fondamento e garanzia di ogni altra interazione (…) sono anche co-terapeuti
(…) quando permettono di entrare in contatto con il cervello rettiliano (spesso
atrofizzato) e aprono la strada giusta per incontrare l’altro nell’intimità e
nella vulnerabilità del suo sentire”.
Il
libro è un felice intreccio tra pagine “tecniche” e pagine “narranti” che ci offrono
il toccante racconto di alcune storie cliniche. Le prime, in modo semplice e
chiaro, spiegano i nuclei teorici fondamentali della zooantropologia – la
disciplina scientifica che, grazie all’ausilio dell’indagine etologica, studia
e descrive l’interazione uomo-animale – e danno contezza della sua applicazione
in alcuni particolari contesti: quello didattico, quello assistenziale e quello
clinico; le seconde, ci mostrano in modo commovente il tanto silenzioso quanto efficace
“lavoro co-terapeutico” di alcuni animali, quali il cane, il gatto, il cavallo,
l’asino. Tra queste storie, spiccano quelle di due cani: Fey, femmina di Rottweiler,
che interagisce con una ragazzina, e Carlomio, Pastore meticcio maremmano, protagonista
di uno ”speciale” incontro terapeutico con una giovane donna.
Sia
le riflessioni teoriche che il resoconto delle sperimentazioni cliniche sono
attraversate da un assunto di fondo, che i vari autori desiderano evidenziare e
comunicare al lettore: l’animale non va mai reificato, strumentalizzato o
antropomorfizzato. Marcello Lo Brutto, allevatore di cani da utilità, ci
ricorda tra l’altro che un’eccessiva umanizzazione del cane è il peggior torto
che gli si può fare. Inoltre gli autori sono concordi nell’affermare che il
rapporto uomo/animale da compagnia (la cosiddetta Pet ownership) deve essere “una
relazione che va oltre il concetto di animale inteso come proprietà, oggetto o
bene posseduto” e deve invece “privilegiare la dimensione della tutela,
della responsabilità e della cura”. Così intesa, la Pet ownership non ha davvero alcuna controindicazione. Anzi “Quando ci prendiamo cura di un cane
ascoltiamo le emozioni che questo rapporto suscita in noi, siamo più sensibili
alle nostre parti istintuali e tendiamo a ritrovare una coerenza tra i
significati dei messaggi non verbali che vengono scambiati e le nostre
intenzioni”.
Aluette
Merenda sottolinea poi come la Gestalt Animal Assisted Psycho-therapy (GAAP)
esalti i principi di base della Terapia della Gestalt, offrendo una particolare “opportunità di incontro tra il paziente,
l’animale e il terapeuta, dove ‘l’animal assistant’ attiva la possibilità di un
insight rispetto alla qualità e alla natura del contatto in quel determinato
momento presente e dentro una relazione” in quanto è “capace di entrare costantemente in sintonia con il nostro respiro, la
nostra energia, i nostri movimenti”. Perché, come ha ricordato il prof.
Salonia - questa volta nella presentazione pubblica del libro, l’8 gennaio
scorso a Palermo, presso la libreria “Macaione” – se abbandoniamo il linguaggio
dei sensi, perdiamo la specificità e la pienezza del nostro essere umani: “l’animale (e il bambino) chiedono all’adulto
di collocarsi nella terra di tutti, là dove il potere è sottratto all’arroganza
delle parole ed è ricondotto alla sua fonte sorgiva: come frecce senza
direzione e senza energia, le parole non raggiungono nessun corpo se staccate
dai sensi, dalle vibrazioni, dalla vita. Nella terra di tutti (…) sono i
bambini e gli animali i maestri dell’incontro tra corpi, del toccare che è
parlare, dell’intendersi, senza dominarsi”.
Benvenuta, allora, la lettura di Incontri terapeutici
a quattro zampe: libro davvero prezioso per tutti, perché “se non proviamo una certa affinità con il
cane, con gli alberi, con la natura (…) difficilmente abbiamo la consapevolezza
di essere comunque umani”.
Maria
D’Asaro: "Centonove”
n. 6 del 12.2.2015