giovedì 26 febbraio 2015

Le parole sono pietre

Umberto Boccioni - 1912




      Una farmacia di Palermo: lunga fila di persone in coda. Un signore sbuffa per l’attesa ed esclama, con tono sardonico: - Siamo in tanti … da troppo tempo non c’è una bella guerra! – Sarà che a me la sola parola fa venire i brividi, sarà che, sebbene sinora per fortuna non ne abbia vissuta nessuna in prima persona, ne ho però studiate un’infinità nei libri di storia, così non mi sono trattenuta dall’intervenire: - Non lo dica neppure per scherzo. Speriamo di no. – 
     Il signore, un tantino stizzito, ha ribadito che scherzava, ma ha aggiunto, con tono sprezzante: “Tanto già siamo in guerra lo stesso”.  Poi ha comprato i farmaci ed è andato via. Dentro di me, amarezza e sconcerto: è possibile che, a distanza di 100 anni dall’inutile strage della I guerra mondiale, continuiamo a pensare, come Filippo Tommaso Marinetti, che la guerra sia la “Sola igiene del mondo”?





Maria D'Asaro (“Centonove” n.8 del 26.2.2015)

lunedì 23 febbraio 2015

Birdman: vola Iñárritu, vola ...

Parafrasando il titolo del racconto di Carver che fa da sfondo narrativo a Birdman, il film con cui il regista Alejandro González Iñárritu si è aggiudicato quattro premi Oscar, potremmo chiederci: di cosa parliamo, quando parliamo di Iñárritu? Ricordiamo innanzitutto che Iñárritu è il regista di Amores Perros, 21 grammi, Babel e Biutiful, film duri, con una tensione narrativa e con eventi sempre sopra le righe. Tanto da indurci a un confronto con la tragedia greca: nelle opere di Iñárritu c’è sempre infatti una trama oscura, una misteriosa, maledetta combinazione di elementi che, attraverso una serie fortuita di incontri, conduce a esiti catastrofici, che chiudono la porta alla speranza e alla redenzione.
Anche il film vincitore dell’Oscar ricalca toni e canoni della tragedia greca, ad esempio l’unità di tempo, di luogo e di azione: la vicenda si svolge infatti tutta all’interno di un teatro di Broadway dove il protagonista, Riggan Thompson, un attore sulla via del tramonto, tenta di distaccarsi dal personaggio che lo ossessiona e con cui è diventato famoso, il supereroe Birdman. Per allontanare da sé quella maschera, Riggan si impegna a mettere in scena il racconto di Carver dal titolo Di cosa parliamo quando parliamo d’amoreIl tentativo di Riggan viene raccontato in 119 minuti di pellicola che volano via senza che lo spettatore se ne accorga, con gli occhi incollati allo schermo per il pathos e il ritmo incalzante del racconto, che beneficia di una strepitosa colonna sonora e  di azzeccate e originali inquadrature. Tuttavia, sebbene Birdman vorrebbe essere più ‘leggero’ rispetto ai film precedenti, la vena tragica di Iñárritu risulta solo ‘addolcita’ dal tipo di vicenda narrata e dai roboanti effetti speciali. Infatti attraverso i - talvolta deliranti - interrogativi esistenziali che affliggono Riggan – Chi sei veramente? Sei il tuo successo? Sei la tua sconfitta? Sei la tua maschera? Sei la tua relazione sessuale? – Iñárritu continua a subissarci di domande filosofiche, destinate a non avere risposta neppure in Birdman, dove, se non il nostro inferno come per Sartre, gli altri continuano a essere l’appuntamento mancato alla nostra redenzione.
E allora, se neppure il contatto fisico ravvicinato è sufficiente a guarirci,  se non ci curano i milioni di “mi piace” ottenuti su un social network per una fortuita e fortunata performance,  Iñárritu sembra voler suggerire, in modo magistrale, che è meglio lasciare la scena e cercare, in un altrove tutto da scoprire, amore e consolazione.
                                                                  Maria D'Asaro

venerdì 20 febbraio 2015

L.104/92: colpita e affondata?

      Una notizia recente è che, in molte scuole siciliane, alcuni docenti che beneficiano della legge 104/92 (perché familiari di invalidi o disabili o essi stessi tali) abbiano a volte utilizzato in modo non idoneo i giorni di permesso mensile che la legge concede loro. Ma la 104/92 è una buona legge: è giusto che il familiare di una persona ammalata o con handicap abbia più tempo per accudirla, a patto che esistano i controlli e la sanzione di eventuali abusi. 
        Non è bene allora che l’informazione generalizzi, perché la gran parte dei docenti svolge con coscienza e abnegazione il proprio lavoro. Giorni fa a Palermo un’insegnante, seppur vittima di uno scippo violento vicino a scuola, meritevole di vari giorni di riposo per i postumi dell’accaduto, è tornata al lavoro, seppur dolorante, dopo soli due giorni. Non tutti i docenti marinano la scuola! Un grazie sentito a Emilia, per avercelo dimostrato. 


                 Maria D’Asaro (“Centonove” n.7 del 19.2.2015)

lunedì 16 febbraio 2015

Biagio Conte: santo subito

      Forse alla sua morte la Chiesa cattolica lo proclamerà santo. Ma per i palermitani Biagio Conte santo lo è già. Nel 1991, dopo una crisi spirituale, Biagio vorrebbe andare in Africa come missionario; ma poi rimane a Palermo, dove poveri ce ne sono abbastanza. Così, nel 1993, fonda la "Missione di Speranza e Carità", che accoglie barboni, immigrati e bisognosi. Nel 1998 viene aperta una casa di accoglienza femminile e, qualche anno fa, anche un’altra sede di accoglienza maschile, soprattutto per extracomunitari. In un recente incontro con la città, don Pino, un missionario salesiano che collabora con Biagio, ricorda che non c’è differenza, all’interno delle comunità, tra i volontari e i fratelli accolti: “Il primo dono, qui dentro, è la pace. Cerchiamo di vivere la grande famiglia dei figli di Dio, rispettando razze, culture e religioni di ognuno”. Da Palermo, dopo la strage di Parigi, non poteva esserci testimonianza migliore.
                                                               Maria D’Asaro,  (“Centonove” n.6 del 12.2.2015)

sabato 14 febbraio 2015

Incontri terapeutici a quattro zampe

Dipsy, un cagnolino che ha vissuto con me otto anni, e Felicetta, una gattina che accudisco quando i suoi “custodi” sono assenti, mi hanno fatto sperimentare la valenza “curativa” dell’incontro con un animale domestico. Incontri terapeutici a quattro zampe (Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2014, € 14,00), saggio a più voci curato da Aluette Merenda,  ci offre le chiavi di lettura per comprendere le ragioni del valore terapeutico degli animali d'affezione nei diversi contesti di cura. Nella presentazione il prof. Giovanni Salonia, luminare della Gestalt Therapy italiana e internazionale, ci ricorda che è “il tatto, ovvero il toccare e l’essere toccati, a far accadere il contatto con l’altro”. E poiché: “La relazione terapeutica, nel suo intimo accadere e trasformare, è esperienza di intercorporeità (di corpi-tra-corpi che interagiscono), e soltanto le parole generate dal corpo e che raggiungono un altro corpo creano relazione e diventano cura”, allora gli animali:  “custodi e maestri dell’incontro tra corpi che è fondamento e garanzia di ogni altra interazione (…) sono anche co-terapeuti (…) quando permettono di entrare in contatto con il cervello rettiliano (spesso atrofizzato) e aprono la strada giusta per incontrare l’altro nell’intimità e nella vulnerabilità del suo sentire”.
Il libro è un felice intreccio tra pagine “tecniche” e pagine “narranti” che ci offrono il toccante racconto di alcune storie cliniche. Le prime, in modo semplice e chiaro, spiegano i nuclei teorici fondamentali della zooantropologia – la disciplina scientifica che, grazie all’ausilio dell’indagine etologica, studia e descrive l’interazione uomo-animale – e danno contezza della sua applicazione in alcuni particolari contesti: quello didattico, quello assistenziale e quello clinico; le seconde, ci mostrano in modo commovente il tanto silenzioso quanto efficace “lavoro co-terapeutico” di alcuni animali, quali il cane, il gatto, il cavallo, l’asino. Tra queste storie, spiccano quelle di due cani: Fey, femmina di Rottweiler, che interagisce con una ragazzina, e Carlomio, Pastore meticcio maremmano, protagonista di uno ”speciale” incontro terapeutico con una giovane donna.
Sia le riflessioni teoriche che il resoconto delle sperimentazioni cliniche sono attraversate da un assunto di fondo, che i vari autori desiderano evidenziare e comunicare al lettore: l’animale non va mai reificato, strumentalizzato o antropomorfizzato. Marcello Lo Brutto, allevatore di cani da utilità, ci ricorda tra l’altro che un’eccessiva umanizzazione del cane è il peggior torto che gli si può fare. Inoltre gli autori sono concordi nell’affermare che il rapporto uomo/animale da compagnia (la cosiddetta Pet ownership) deve essere “una relazione che va oltre il concetto di animale inteso come proprietà, oggetto o bene posseduto”  e deve invece “privilegiare la dimensione della tutela, della responsabilità e della cura”. Così intesa, la Pet ownership non ha davvero alcuna controindicazione. Anzi “Quando ci prendiamo cura di un cane ascoltiamo le emozioni che questo rapporto suscita in noi, siamo più sensibili alle nostre parti istintuali e tendiamo a ritrovare una coerenza tra i significati dei messaggi non verbali che vengono scambiati e le nostre intenzioni”.
Aluette Merenda sottolinea poi come la Gestalt Animal Assisted Psycho-therapy (GAAP) esalti i principi di base della Terapia della Gestalt, offrendo una particolare “opportunità di incontro tra il paziente, l’animale e il terapeuta, dove ‘l’animal assistant’ attiva la possibilità di un insight rispetto alla qualità e alla natura del contatto in quel determinato momento presente e dentro una relazione” in quanto è “capace di entrare costantemente in sintonia con il nostro respiro, la nostra energia, i nostri movimenti”. Perché, come ha ricordato il prof. Salonia - questa volta nella presentazione pubblica del libro, l’8 gennaio scorso a Palermo, presso la libreria “Macaione” – se abbandoniamo il linguaggio dei sensi, perdiamo la specificità e la pienezza del nostro essere umani: “l’animale (e il bambino) chiedono all’adulto di collocarsi nella terra di tutti, là dove il potere è sottratto all’arroganza delle parole ed è ricondotto alla sua fonte sorgiva: come frecce senza direzione e senza energia, le parole non raggiungono nessun corpo se staccate dai sensi, dalle vibrazioni, dalla vita. Nella terra di tutti (…) sono i bambini e gli animali i maestri dell’incontro tra corpi, del toccare che è parlare, dell’intendersi, senza dominarsi”.
Benvenuta, allora, la lettura di Incontri terapeutici a quattro zampe: libro davvero prezioso per tutti, perché “se non proviamo una certa affinità con il cane, con gli alberi, con la natura (…) difficilmente abbiamo la consapevolezza di essere comunque umani”.
                                                                           Maria D’Asaro:  "Centonove” n. 6 del 12.2.2015

giovedì 12 febbraio 2015

Confina

 



Confina
in cantina
la vita passata:
creane una più bella.
Felice.                                        

giovedì 5 febbraio 2015

Chiedo scusa se parlo di Maria

      Alcune amiche e amici blogger, commentando garbatamente  il post nel quale parlavo di Sergio Mattarella, neo capo dello Stato, riferendosi alle sue vicende familiari, hanno scritto: “Non conoscevamo questi risvolti … grazie per averceli presentati”. Allora, ho avuto una sorta di “insight”: mi sono resa conto che le mie coordinate spazio/temporali mi hanno fatto vivere in modo assai personale, con uno “zoom” ravvicinato, alcuni fatti degli anni ’70, ’80 e ‘90, in modo diverso da come può averli conosciuti e percepiti un emiliano, un veneto, una lombarda, un toscano.
      Per due motivi: perché ho avuto un padre speciale e perché ho vissuto e vivo in un posto speciale. Mio padre: ho cominciato a sentire parlare di politica a tre, quattro anni.  Mio padre è stato sindaco del paesino in cui sono nata e io sono cresciuta a pane, nutella e politica. A mio padre ho scritto una lettera e gli serbo eterna riconoscenza. 
Mio padre, a sinistra: con la giacca scura.  
      Palermo e la Sicilia. Se si vive nella capitale di quest’isola,  non solo le arance sono più dolci e il sole più caldo, ma anche quello che succede ha un sapore particolare. Gli avvenimenti sono più complessi, tutto è difficile da decifrare, non c’è niente che sia bianco o nero. Devi fare i conti con la presenza pesante e ammorbante di Cosa nostra. A inizio degli anni ’80, quando andavo in ufficio ad Agrigento (prima ero una bancaria), venivo scherzosamente apostrofata dal mio direttore: - Signorina, quanti ne hanno ammazzato in questo fine settimana a Palermo? - Mi è capitato di conoscere Giovanni, il fratello di Peppino Impastato; di ascoltare di presenza il commosso rimpianto di Paolo Borsellino, un mese dopo la strage di Capaci e un mese prima del suo assassinio; mi è successo di avere come alunno il nipote di un boss che scioglieva le persone nell’acido; mi è capitato di incontrare l’on.le Salvo Lima a una mostra di pittura.
Allora sento davvero mie le parole di Giorgio Gaber “Mi interesso di politica e sociologia per trovare gli strumenti e andare avanti”, ma riconosco con lui che  la realtà è sempre un passo avanti. La realtà è complicata, non si lascia incasellare, sfugge a ogni presuntuosa volontà di ridurla a facili schemi.
E non finisce mai di sorprendermi.
Ad esempio, non avrei mai immaginato che la persona che mio padre chiamava “Sergiuzzu”, per distinguerlo dal fratello maggiore Piersanti, sarebbe diventato Capo dello Stato.  



(Caro papà, oggi su “Centonove” ho scritto questo pezzo. Sei contento?!
La Sicilia al Quirinale
Da sabato scorso, il capo dello Stato è un siciliano: il dodicesimo Presidente della Repubblica italiana è infatti il palermitano Sergio Mattarella, già giudice della Corte Costituzionale. Anni fa, ho visto due volte da vicino il neo Presidente: nel 1980, al funerale del fratello, e qualche anno dopo a palazzo delle Aquile, sede del Consiglio comunale della città, quando Mattarella appoggiò il neosindaco Orlando, dando inizio alla “primavera” di Palermo. Mio padre, che lo conosceva personalmente, ripeteva: - Sergio non ama la politica, vorrebbe fare il professore. Piersanti invece la politica ce l’ha nel sangue. - Però, quel tragico 6 gennaio 1980, Piersanti Mattarella, allora Presidente della Regione siciliana, fu ammazzato dalla mafia. Attilio Bolzoni ha scritto su “La Repubblica” che “quegli otto colpi cambiarono la vita tranquilla del professore”. E lo consegnarono, forse suo malgrado, alla politica e alla Storia. Buon lavoro, Presidente: i siciliani onesti sono con Lei.
                                                        Maria D’Asaro (“Centonove” n.5 del 5.2.2015)

lunedì 2 febbraio 2015

Andromaca

Ettore e Andromaca, Giorgio de Chirico, 1917






Difficile
Il ruolo
Che la storia
Un giorno ti impose,
Andromaca.