giovedì 28 febbraio 2019

M'illumino di meno (e riciclo di più)

         Venerdì 1° marzo torna “M’illumino di meno”, la giornata del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili. L’iniziativa, promossa dalla trasmissione radiofonica ‘Caterpillar’ e da Rai Radio 2 già dal 2005, è giunta alla quindicesima edizione e, come ogni anno, chiede a tutti gli italiani – ma anche ai cittadini oltre confine sensibili all’invito ambientalista - di spegnere le luci non indispensabili. Si tratta di un'iniziativa simbolica e concreta che fa del bene al pianeta e ai suoi abitanti e ha lo scopo di sensibilizzare i cittadini sugli effetti negativi dell’inquinamento luminoso e sulla necessità di una razionalizzazione dei consumi.
          Anche quest’anno, nella serata del 1° marzo, si spegneranno molte piazze italiane, alcuni importanti monumenti nazionali - la Torre di Pisa, il Colosseo, l'Arena di Verona - i Palazzi simbolo delle nostre Istituzioni politiche - Quirinale, Palazzo del Senato e Palazzo di Montecitorio- e tante case di normali cittadini. Negli scorsi anni, si sono spenti per M'illumino di Meno anche importanti siti europei come la Torre Eiffel a Parigi e la Ruota del Prater di Vienna. In decine di Musei si organizzeranno visite guidate a bassa luminosità; nelle scuole si discuterà di efficienza energetica, in tanti ristoranti si cenerà a lume di candela, in piazza si farà osservazione astronomica approfittando della riduzione dell'inquinamento luminoso.
          In particolare, quest’anno l’iniziativa vuole farci riflettere sul ‘logorio’ esercitato sulla Terra dall’economia lineare: quella che estrae le materie prime, scava, coltiva, sfrutta allo stremo  il pianeta. Quella che trasforma le materie in oggetti - cose utili e cose inutili - utilizzando molta energia; quella che ci chiede di usare le cose - un po', tanto oppure poco – e poi di buttarle. Ci sono molte pressioni perché le cose durino poco, l'economia lineare ha fretta e divora i materiali e non si occupa della gran mole di rifiuti prodotti dal sistema. L'economia lineare consuma la Terra perché le materie prime non sono infinite, la Terra non è infinita: ha i suoi limiti e ha cominciato a farcelo capire. La salvezza del genere umano sulla Terra passa dall'economia circolare: riutilizzare i materiali, ridurre gli sprechi, abolire “il fine vita”, mantenere, recuperare, rigenerare, tenere il più possibile in circolo. 
         Infine, come ogni anno, “Mi illumino di meno” propone un semplice decalogo per il risparmio energetico: tra i ‘precetti’ indicati, ne ricordiamo alcuni: spegnere le luci quando non servono; spegnere e non lasciare in stand by gli apparecchi elettronici; sbrinare frequentemente il frigorifero; se si ha troppo caldo abbassare i termosifoni invece di aprire le finestre; ridurre gli spifferi degli infissi riempiendoli di materiale che non lascia passare aria; utilizzare l’automobile il meno possibile, condividerla con chi fa lo stesso tragitto. Utilizzare la bicicletta per gli spostamenti in città.

Maria D’Asaro, 24.2.19, il Punto Quotidiano

martedì 26 febbraio 2019

Sei





Sei
Nel silenzio
Dell’abbraccio mancato
Presenza assente,  sigillo nel cuore
Sally    










        





sabato 23 febbraio 2019

La vita? E' una matassa ...

       Da quando i suoi giovanotti tessevano le loro trame nelle nordiche nebbie, il tempo a disposizione le si era dilatato: quasi azzerato il numero di calzini da lavare e di camicie da stirare,  la cena assolta con quattro noci e uno yogurt,  nostra signora aveva persino ripreso  il rammendo e l’uncinetto, passatempi donneschi del tempo che fu.
     E, tra una maglia alta e una bassa, un archetto e tre punti catenella, fili multicolori  e vecchi gomitoli ingarbugliati le suggerivano un’analogia suggestiva: la vita è una matassa da tessere e sbrogliare. A volte bisogna avere molta, molta pazienza e dipanare pian piano i fili delle relazioni senza fretta e senza forzare; in altri casi è necessario un colpo deciso di forbici perché il nodo è troppo ingarbugliato e non se ne verrebbe mai fuori; in certi contesti, bisogna invece capire quale e dove sia il bandolo da seguire, se da una parte o dall’altra della treccia esistenziale. 
      E poi ci vuole un tocco personale e creativo, talora un po’ folle e azzardato, per intrecciare con grazia, leggerezza e sapienza i vari percorsi di vita. E, anche se il risultato finale non sarà mai uniforme e perfetto, è sempre nostra la scelta di come disporre la lana; così, alla fine, un po’ di colorato calore, con la nostra approssimata coperta, possiamo sempre donarlo.
Maria D'Asaro

giovedì 21 febbraio 2019

Segnali di vita

Giovane donna - Picasso (1909)
Museo Ermitage - San Pietroburgo
          Chi vive in un palazzone della periferia di Palermo, costruito all’inizio degli anni ’80 con criteri di edilizia economica per permettere agli acquirenti di usufruire di un mutuo agevolato, ha un appartamento con tetti bassi,  bagni piuttosto piccoli e mura sottili. Così, dei vicini di casa si percepisce talvolta persino il respiro; se ne odono sicuramente le liti, le telefonate ad alta voce, l’allegro schiamazzo di figli e nipoti che arrivano a cena, le risate e le chiacchiere con le vicine, gli sfoghi concitati e i pettegolezzi su nuore e consuoceri, il trillare dell’ultimo nato. 
     Quest’invasione sonora, inevitabile seppur non richiesta, certo non è sempre gradita. Ma, se abiti all’ultimo piano e soffia il vento, i tuoi figli sono lontani e la sera ti ritrovi da sola, la culla sonora che ti avvolge ti fa magari piacere: ti senti scaldata dai raggi di umano calore che filtrano dalla parete vicina.


Maria D’Asaro






martedì 19 febbraio 2019

Nati per condividere

         Care sorelle e fratelli, non sono pagine facili quelle del Vangelo di oggi. (…)
La buona notizia è che per Dio,  agli occhi del Signore, non ci dovrebbe essere spazio per ricchi e poveri. Questi termini, con i quali noi designiamo categorie sociali, non sono condivise dal Signore. Qual è la storia che c’è dietro e anche le diverse modalità in cui storicamente si è determinato tutto questo … lo rinviamo ad altri momenti di analisi. 
      Ma qui Gesù sta parlando con i suoi discepoli, che hanno cominciato a seguirlo, hanno lasciato le loro barche, ciò che avevano e lo stanno seguendo … vogliono entrare nel Regno di Dio. Per entrare nel regno di Dio dobbiamo renderci disponibili e orientare i beni a beneficio di tutta l’umanità.
        Il gesto che i primi discepoli hanno compiuto vuole esprimere questa capacità che viene dall’appello, che viene dal Signore di lasciare per dedicarsi alla realizzazione di questo Regno di Dio: che è regno di verità, di pace, di giustizia … di eguaglianza fraterna, tra fratelli e sorelle, di superamento di ogni forma divisoria o di contrasto.
        E se qualcuno invece vuole trattenere per sé tutto quello che ha, allora Gesù lo mette in guardia: Stai attento, guarda che questo non ti porta da nessuna parte … Quel guai non è una minaccia, è un appello: guarda che questo è quasi un lamento funebre, questo ti porta alla morte … Se tu non riesci a dare, ma trattieni solo per te, guarda che questo equivale a morire, non fruttificare.
Dietro questi due appelli – Beati i poveri, guai a voi ricchi – c’è l’appello di fondo che è l’appello a sapere donare per condividere. E in questo modo mettere in crisi un sistema che si trascina da millenni: questa separazione, in mille forme diverse, tra gli uomini. E che Gesù vuole smantellare, facendo appello al fatto che ciò che ci può riempire il cuore è l’esperienza dell’amore, è l’esperienza del dono. 
(…) E’ davvero insopportabile che ci siano ricchi e ci siano poveri: è insopportabile agli occhi del Signore.
            Come passare da quest’annunzio all’organizzazione di un nuovo mondo che anche avvenimenti politici importanti hanno intravisto – penso alle rivoluzioni che hanno teorizzato il principio dell’eguaglianza tra le persone – come passare a questo regno di Dio (…) questo è affidato alla maturazione della politica, dell’intelligenza, della creatività umana … Ed è un compito aperto. Non so quando riusciremo a portarlo a compimento, questo compito.
          Ma oggi accogliamo questa notizia bella che il Signore ci dà. Egli è dalla parte di coloro che sono capaci di privarsi di qualcosa per arricchire un altro, per favorire la vita di un’altra persona. E i discepoli avevano compiuto questi primi gesti entusiastici. Po gli Atti degli apostoli ci ricorderanno che nella comunità dei cristiani “nessuno era nel bisogno” perché tutti si prendevano cura di tutti. E’ stato forse idealizzato questo primo momento della comunità cristiana primitiva … Ma era il motivo per cui Cristo è risorto: la resurrezione di Gesù è il capovolgimento della situazione di morte che noi continuiamo ad alimentare anche attraverso strutture politiche ed economiche che uccidono la nostra umanità. Se Gesù è risorto è appunto per capovolgere, per mettere in crisi questi sistemi che, in un modo o nell’altro, provocano vittime, strada facendo, nel corso della storia.
          Ed è anche un allarme che ci viene lanciato: Stai attento che dove c’è ricchezza, quasi certamente è stata provocata povertà. La ricchezza non è innocente: storicamente sappiamo che popoli interi sono stati deprivati. E queste deprivazioni hanno creato strutture di dipendenza, di sfruttamento, che poi prendono forme nuove, forse più raffinate, anche finanziarie e di altro ancora.         Ci viene lanciato un allarme: ricordati che dove c’è ricchezza, quasi certamente è stata provocata povertà e miseria, nei popoli. E (…) credo che sia l’appello più bello che il Signore ci voglia offrire perché noi possiamo pensare a un mondo che sia ispirato al regno di Dio, alla regalità del Signore che è fatta di amore e di auto donazione: è Dio per primo che si auto-dona a noi.

(il testo, pronunciato domenica 17 febbraio 2019 da don Cosimo Scordato nella chiesa di san Francesco Saverio a Palermo, non è stato rivisto dall’autore: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)


domenica 17 febbraio 2019

Pauline ha un nuovo viso: miracolo in Sicilia

mama Pauline e Rino Martinez
            Tutto è cominciato nell’ottobre 2016 quando, durante una missione sanitaria nella foresta equatoriale congolese, il cantautore palermitano Rino Martinez - fondatore dell’Associazione di volontariato “Ali per Volare” - incontra Pauline Dinde, una donna di etnia pigmea affetta da un grave tumore al viso. Il tumore è così devastante che “mama Pauline” – così è chiamata la donna quarantasettenne nella sua comunità - non osa mostrarsi in pubblico. La donna, se non sarà curata, è destinata a morire.
           Rino promette a mama Pauline che farà di tutto per aiutarla. Assieme al prof. Christian Bassegà, responsabile congolese di “Ali per volare”, chiede un intervento di medicina umanitaria dell’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia. Espletato il lungo e difficile iter medico-burocratico, finalmente nell’ottobre del 2018 mama Pauline arriva a Palermo per essere sottoposta al delicato intervento chirurgico, eseguito poi a fine ottobre nel reparto di chirurgia plastica del Policlinico universitario "Paolo Giaccone".
Pauline con l'equipe medica del Policlinico "Paolo Giaccone"
(a destra, la dott.ssa Cordova e il prof.Moschella)
             L’operazione è stata davvero laboriosa e complessa e ha previsto una fase demolitiva, una fase ricostruttiva e una fase di modellamento, espletate da tre diverse equipe chirurgiche: "La paziente aveva un tumore enorme che invadeva quasi completamente la regione centro facciale, distruggendo sia i tessuti molli che le ossa. L’intervento è durato quasi venti ore, in un’alternanza di equipe. Dopo 15 giorni abbiamo fatto un intervento di correzione estetica, per modellare i tessuti del palato", ha dichiarato la dottoressa Adriana Cordova, direttore di Chirurgia Plastica del Policlinico palermitano.
         Ormai a conclusione della sua lunga carriera, l’intervento chirurgico è stato coordinato dal prof. Francesco Moschella, che in un’intervista televisiva ha aggiunto: “Questo era un intervento senza appello: se avessimo compiuto un errore non saremmo potuti tornare indietro. (…) Oltre che un caso clinico è stato un caso spiritualmente forte perché è stato l’ultimo grande intervento della mia carriera. Forse ci ha sostenuti e guidati anche la mano di Dio.”
        L’assessore regionale alla Sanità siciliana ha poi sottolineato: "Sono molto lieto che si sia realizzata una sintesi perfetta: questa struttura universitaria ha dimostrato che la sanità siciliana è anche sanità di eccellenza". Prima e dopo l’intervento chirurgico, mama Pauline è stata accolta e ospitata dalle suore dell’Istituto Cusmano e dall’Associazione Parco del Sole; un sostegno particolare è stato offerto dalla comunità che frequenta san Francesco Saverio.

Mama Pauline prima di ripartire per la sua terra
(a sinistra, il dott. Massimo Messina, presidente ass. "Parco del Sole"
          
    Il rettore don Cosimo Scordato, salutando in chiesa mama Pauline, dimessa a gennaio dal Policlinico e ormai in procinto di tornare nel suo paese, ha affermato: “Non credo, non mi interessano molto i miracoli. Ma credo nel miracolo dell’amore. Credo che l’amore faccia davvero miracoli, miracoli meravigliosi … E se ci si mette insieme, se una comunità mette assieme gesti buoni e amorevoli, si possono compiere meravigliosi miracoli collettivi.”





Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 17.02.2019

venerdì 15 febbraio 2019

S ... come Scoutismo

(foto Ansa)
   Anche se non siamo stati lupetti o guide scout .... se provassimo a rispettare, onorare e osservare ugualmente la legge scout?!


Sicuramente miglioreremmo la qualità della vita nel nostro Paese.






La Legge Scout

La guida e lo scout:

1. Pongono il loro onore nel meritare fiducia;
2. Sono leali;
3. Si rendono utili e aiutano gli altri;
4. Sono amici di tutti e fratelli di ogni altra Guida e Scout;
5. Sono cortesi;
6. Amano e rispettano la natura;
7. Sanno obbedire;
8. Sorridono e cantano anche nelle difficoltà;
9. Sono laboriosi ed economi;
10. Sono puri di pensieri parole e azioni.

(parola di madre che ha avuto la fortuna di un figlio che è stato scout nel mitico gruppo del Palermo 15: a casa formare le sestiglie e cantare le canzoni scout era un piacevole tormentone, praticato soprattutto dagli altri due figli …)







martedì 12 febbraio 2019

S come ...(buona) Stella e Scrutini



 S come …  (buona) Stella:

23 anni fa, il 12 febbraio, nostra signora ha avuto il dono del suo terzo figlio: bello, bravo e buono come fratello e sorella maggiori. Il figlio che le ha finalmente insegnato a essere madre.


S come  … Scrutini:

E, ancora una volta, nostra signora oggi è stata a scuola per gli Scrutini di I quadrimestre.

Ecco, a proposito, cosa ha scritto qui  e qui.


domenica 10 febbraio 2019

Giusti tra le nazioni: dalla Svezia alla Sicilia


     “Chi salva una vita, salva il mondo intero”, recita un versetto del Talmud, uno dei testi sacri della religione ebraica.
      Dopo la seconda guerra mondiale, il termine Giusti tra le nazioni  è stato utilizzato per indicare i non-ebrei che hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita  per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista. Giusti tra le nazioni  è inoltre l’onorificenza conferita fin dal 1962 dallo Yad Vashem - Memoriale ufficiale di Israele - a tutti i non ebrei riconosciuti appunto come "Giusti".
          Grazie a “Schindler’s List”, il celeberrimo film di Spielberg, tutti sanno chi è stato Oskar Schindler, l’imprenditore tedesco che salvò più di mille ebrei nascondendoli nelle sue fabbriche. Abbastanza nota è anche l’incredibile vicenda di Giorgio Perlasca, il commerciante italiano che, nell'inverno del 1944, fingendosi console generale spagnolo,  salvò la vita di oltre cinquemila ebrei ungheresi.
           Meno conosciuti sono invece lo svedese Raoul Wallemberg e il siciliano Calogero Marrone, che purtroppo pagarono con la vita il loro impegno a favore degli ebrei.

Raoul Wallemberg è stato un diplomatico svedese, inviato durante la seconda guerra in Ungheria, allora occupata dai nazisti. Resosi conto ben presto della difficile condizione degli ebrei, consegnò a molti di loro dei certificati con bandiera e stemma svedese - i cosiddetti ‘passaporti Wallemberg’ - che evitavano la deportazione nei campi di concentramento.               Wallenberg istituì anche cucine da campo, ospedali, orfanotrofi e scuole per gli ebrei ungheresi superstiti, costituendo di fatto una "zona sicura" comprendente case e ostelli dove trovarono rifugio circa 33.000 persone. Negli ultimi giorni di guerra sventò il piano nazista di far esplodere due ghetti, salvando così circa 100.000 persone.
       Purtroppo Raoul Wallenberg fu imprigionato dalle truppe sovietiche nel 1945 e di lui non si seppe più nulla. Si presuppone che sia morto prigioniero in Unione Sovietica nel 1947.

        Calogero Marrone nacque a Favara, un paesino in provincia di Agrigento, nel 1889. All'avvento al potere del fascismo, rifiutò di iscriversi al Partito Nazionale Fascista e per questo scontò alcuni mesi di prigione.
       Nel 1931 vinse un concorso come applicato comunale presso il comune di Varese e vi si trasferì, con la moglie Giuseppina e i quattro figli: Filippina, Salvatore, Dina e Domenico. A Varese, anche grazie alle sue doti umane e professionali, fece rapidamente carriera e divenne Capo dell'Ufficio Anagrafe.
       Da questa posizione di rilievo, durante l'occupazione nazifascista, poté rilasciare centinaia di documenti falsi ad ebrei e anti-fascisti che, in questo modo, sfuggirono alla cattura. All’inizio del 1944, però un delatore segnalò la sua attività alle autorità nazi-fasciste, che lo fecero arrestare. Calogero Marrone morì nel campo di concentramento di Dachau il 15 febbraio 1945.
       Il suo nome è ricordato con una targa in via Alloro, nel “Giardino dei Giusti” di Palermo.

Maria D’Asaro, il Punto Quotidiano, 10.02.2019

venerdì 8 febbraio 2019

Le physique du rôle

          Dovunque sia – in spiaggia d’estate, in uno studio medico, nella sala d’aspetto del Caf, dal parrucchiere – la identifichi subito: vestita in modo casual, a volte addirittura trasandato, pettinatura indecifrabile, scarponcini che vanno da vivandiera dell’esercito della salvezza  alla zeppa anni ’70, pantaloni comodi, immancabili occhiali. Sino a qualche tempo fa, aveva con sé una pesante valigetta scura; ora ha una borsa informe, con mini computer per collegarsi al registro elettronico 24h su 24. Se non ha un libro in mano o compiti da correggere, anche lei, come il resto del mondo, armeggia col cellulare, ma non di ultima generazione. Il riconoscimento è poi immediato se le tipe sono in coppia, riconoscimento fornito dal dato fenomenologico acustico: il chiacchiericcio continuo, leggero, fluente, inarrestabile. Si tratta di individui della classe docente, ordine scuola media inferiore, genere insegnanti di lettere, specie femminile. Come in uno specchio, non puoi non riconoscerti: praticamente sei tu.
Maria D'Asaro




mercoledì 6 febbraio 2019

Non è facile ...

Benaltrismo:
Atteggiamento di chi elude un problema, sostenendo che ce ne sono altri – più gravi – da affrontare,
(se proprio non avete tempo, sentite almeno un minuto del video : dal minuto tre alla fine, ne vale davvero la pena).


Grazie a Luciano, che lo ha postato su FB

lunedì 4 febbraio 2019

Mario e Giuseppe Francese, testimoni di verità


Mario e Giuseppe Francese
          Quarant’anni fa, mentre la moglie Maria e i quattro figli Giulio, Fabio, Massimo e Giuseppe lo aspettavano per la cena, la sera del 26 gennaio 1979 veniva ucciso a Palermo a colpi di pistola, proprio sotto casa sua, il giornalista Mario Francese. Cronista di giudiziaria al Giornale di Sicilia, si occupò della strage di Ciaculli, del processo ai Corleonesi del 1969 a Bari, dell'omicidio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo. Fu l'unico giornalista a intervistare la moglie di Totò Riina, Antonietta Bagarella; fu il primo a scrivere dell’ascesa al vertice di Cosa Nostra dei Corleonesi di Liggio e Riina e a chiamare "commissione" il vertice della cupola. Denunciò poi gli interessi mafiosi legati alla costruzione della diga Garcia, in provincia di Palermo.
Nella sentenza di Corte d’Appello, che condannò Bagarella come esecutore materiale e Totò Riina, Raffaele Ganci, Francesco Madonia, Michele Greco e Bernardo Provenzano come mandanti dell’assassinio del giornalista, i magistrati scrissero: «Il movente dell'omicidio Francese è sicuramente ricollegabile allo straordinario impegno civile con cui la vittima aveva compiuto un'approfondita ricostruzione delle più complesse e rilevanti vicende di mafia degli anni '70».
Nel 1993, per non dimenticare il sacrificio del giornalista, l’Ordine dei Giornalisti di Sicilia ha istituito il Premio Mario Francese, conferito ai giornalisti che si distinguono per il loro impegno professionale. Per il 2019, il 26 gennaio scorso il premio è stato assegnato a Lucia Goracci e a Paolo Borrometi.
Lucia Goracci
      Lucia Goracci, già inviata speciale per Rai Tre in Medio Oriente e in America Latina, dal 2013 lavora a RaiNews24. Dal 2017, è corrispondente Rai dalla Turchia. I suoi servizi ‘centrano’ le notizie fondamentali, senza troppi giri di parole. La Goracci riesce a tenere desta l’attenzione sui grandi temi politici internazionali, evidenziandone anche le più significative conseguenze umane e sociali, oltre alle implicazioni politiche e militari. Per lei, il riconoscimento arriva dopo i premi intitolati a Ilaria Alpi (2011), Luigi Barzini (2012) e Maria Grazia Cutuli (2013).
Paolo Borrometi

 Paolo Borrometi è un giornalista siciliano, originario di Modica, che lavora nella redazione di Tv2000. Minacciato di morte dalla mafia ragusana e siracusana per le sue coraggiose inchieste, vive da tempo sotto scorta. Dal dicembre 2017 è presidente di Articolo 21, associazione che riunisce giornalisti, scrittori, giuristi, artisti che si propongono di promuovere e tutelare il principio della libertà di pensiero.
Quest’anno è stato istituito anche il premio «Giuseppe Francese» alla memoria: Giuseppe Francese, anch’egli giornalista, era uno dei quattro figli di Mario Francese. Ha dedicato la sua vita alla ricerca di verità e giustizia per l’assassinio del padre. E’ morto suicida il 3 settembre 2002. Il premio alla memoria «Giuseppe Francese» è stato tributato al giornalista calabrese Alessandro Bozzo, redattore di Calabria Ora, che ha lavorato per vent'anni in provincia di Cosenza per far luce sul malaffare e gli intrighi della sua terra. 
Alessandro è morto suicida nel 2013, dopo essere stato isolato e vessato anche dal suo editore.
      Alla consegna dei premi ha presenziato anche  un altro dei figli del giornalista ucciso, Giulio Francese, oggi Presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia: Giulio Francese ha ricordato con commozione il giorno del delitto dl padre: "Era il mio primo delitto di mafia e lo stavo affrontando con la freddezza che deve caratterizzare un cronista quando trova una notizia, poi ho alzato il lenzuolo e ho scoperto mio padre. È stato tremendo. Oggi siamo qui per raccontare ai ragazzi quello che è accaduto. Per dire loro che la Sicilia è terra di mafia ma è pure terra di gente che non si è voltata dall’altra parte e ha piuttosto continuato a combattere la buona battaglia”.
Maria D’Asaro, 03.02.2019. il Punto Quotidiano

sabato 2 febbraio 2019

Nelle nostre mani …

J.Sorolla: La nipotina (1908)
           Se sei in pullman, nell’entroterra siciliano, mentre piove e la strada è dissestata, ti ritrovi a pensare che la tua vita, e quella delle persone che viaggiano con te, è nelle mani dell’autista. Pensi la stessa cosa se sei in aereo, mentre a Punta Raisi c’è un ventaccio della malora, e il pilota tenta l’atterraggio nella stretta striscia di terra sospesa tra cielo e mare. O se sei sotto il bisturi del chirurgo, che opera le tue coronarie malmesse. I credenti diranno che siamo nelle mani di Dio. Ma le parole di un canto cattolico: Cristo non ha mani/ha soltanto le nostre mani/per fare  il suo lavoro oggi/ Cristo non ha mani mettono forse d’accordo credenti e non: guidate o meno da Dio, le mani di autisti, piloti, chirurghi, genitori, insegnanti, politici ... ci appartengono: per chi è nelle ‘nostre’ mani, è nostra, comunque, la responsabilità di cura e salvezza.