giovedì 30 novembre 2023

Vita da blogger: i 15 anni di Mari da solcare

    Oggi nostra signora, con una certa commozione, spegne idealmente le candeline per il 15° compleanno del blog.
   La sua vita da blogger è iniziata infatti l’assai lontano 30 novembre 2008, con il Battesimo degli alberi, primo pezzo di una rubrica, 150 parole da Palermo, tenuta per otto anni sul settimanale 100nove, sino alla chiusura del giornale cartaceo. 
   Nei primi anni molta (troppa?!)  introspezione, con pezzi personali come What’s your name? 
   Poi l’angolo della poesia con decine di petit onze, e l’attenzione particolare a poetesse come Wislawa Szymborska (splendide sue liriche qui, qui e qui).
   Tante recensioni (oggi siamo a quota 100, con La vampa d'agosto di Camilleri e quella su un testo dedicato a padre Pino Puglisi, scritto a quattro mani da Augusto Cavadi e don Cosimo Scordato), insieme alle riflessioni ecologiste e nonviolente
    Dal 2018 la collaborazione con il giornale on line ‘Il Punto Quotidiano’, che le ha permesso di realizzare un’aspirazione antica: iscriversi all’Ordine dei giornalisti, con il mitico tesserino rosso!  Ogni domenica un pezzo: gli articoli, in sei anni di attività, domenica 10 dicembre saranno 300…
    Quest’anno poi, per nostra signora un ulteriore desiderato traguardo: le sue lettere sparse a Peppino Impastato, Andrea Camilleri, Franco Battiato, Giuliana Saladino, Alex Langer e compagnia bella ultraterrena, grazie alla fiducia della casa editrice Diogene Multimedia di Bologna, sono diventate il suo primo libro di carta: ‘Una sedia nell’aldilà’.
   Qui un po' di foto di una presentazione del testo a Palermo.
E la scrittura intesa come divertimento e leggerezza...

   Grazie di cuore a lettrici e lettori cortesi e gentili che continuano a navigare nel blog. La scrivente cercherà di far trovare a tutte/i  qualcosa di attraente e nutriente e, forse, un po' di bellezza. E un piccolo porto dove salpare per orizzonti di impegno, di umanità e di speranza.
      Un abbraccio virtuale e buona navigazione.









domenica 26 novembre 2023

Italiano, Matematica, Storia e... una poppata

(Questo bell'articolo non è mio, ma di Nicola Savino, direttore del giornale il Punto Quotidiano,  con cui collaboro)    
 "L’anno scolastico è appena cominciato quando nell’ottobre del 2022 nasce Edoardo. La mamma si chiama Sofia Baroni, è una studentessa del liceo artistico “Nervi Severini” di Ravenna, vive con i genitori e il suo compagno ad Alfonsine (ad una trentina di chilometri dal capoluogo, mezz’ora di auto) e sta frequentando il quinto anno, quindi tra qualche mese deve affrontare l’esame di maturità. 
    Nelle ultime settimane di gravidanza, per consentirle di restare a casa, la scuola è riuscita ad organizzare una dad (didattica a distanza) solo per lei. Ma le cose sono inevitabilmente cambiate con l’arrivo di Edo: non è più possibile frequentare con costanza le lezioni. 
    “Buongiorno, sono Sofia. Volevo dirvi che sono diventata mamma, è nato Edoardo, non posso più venire a scuola”. La telefonata che mai avrebbe voluto fare parte verso la segreteria dell’istituto e la risposta è quasi scontata: “Signorina, ora ne parleremo con il preside, per qualche giorno potrà seguire a distanza, ma ricordi che lei è di maturità, presto dovrà tornare in classe”. Dopo pochi giorni, la giovane si rende conto che la situazione è molto più complicata di quanto avrebbe potuto immaginare: non ce la fa proprio a tornare in aula. A malincuore, richiama in segreteria: “Il mio bambino è più importante degli esami. Scusatemi, ma preferisco perdere l’anno”. “Ha ragione -. le rispondono -. Adesso informeremo il preside, non c’è altro modo. Ci dispiace molto”.
      Discorso chiuso? Assolutamente no. (continua su il Punto Quotidiano)

Nicola Savino, 26.11.23, il Punto Quotidiano

venerdì 24 novembre 2023

Tante sedie nell'aldiquà...















Un grazie di cuore, in ordine sparso, a Claudia, pianista magnifica, a Massimo, don Cosimo, Augusto, a Sandro, fotografo speciale, e allo splendido pubblico - caldo, affettuoso e partecipe - presente ieri, a san Giovanni decollato, sede dell’Associazione Parco del Sole, alla presentazione del libro “Una sedia nell’aldilà”.
(E grazie anche a chi ci sarebbe voluto essere, ma non ha potuto ed è stato presente col cuore).

giovedì 23 novembre 2023

Una sedia, un segnalibro, un sorriso nell'aldiquà

      Intanto la scrivente ringrazia nostra sorella pioggia che era venuta a bagnare Palermo la notte scorsa, anticipando il suo arrivo rispetto alle previsioni. Sarebbe ripassata a salutarci ancora verso le 15, ma si sarebbe allontanata poco dopo. 
  Sorella pioggia, forse per discrezione, quindi non ci sarà di pomeriggio alle 18.15 quando il magnifico poker, composto da Claudia Costanzo, Massimo Messina, don Cosimo Scordato e Augusto Cavadi, presenterà "Una sedia nell’aldilà”
     A san Giovanni decollato, ci saranno invece sedie, sorrisi e segnalibri alla buona ad accogliere i partecipanti. Con l’augurio che si possa ricevere una scintilla di luce, di forza e di speranza dalla vita,  dagli esempi e da ciò che ci hanno lasciato in eredità Vittorio Arrigoni, Peppino Impastato, Franco Battiato, Primo Levi, Natalia Ginzburg, Andrea Camilleri, Giuliana Saladino, Alex Langer … 
     Perché la vita nell’aldiquà, grazie a loro e grazie a noi, possa essere più degna e più umana.



martedì 21 novembre 2023

La forza della cura

J.Sorolla: In riva al mare (1908)
       “La spiritualità nel prendersi cura risponde alle domande filosofiche esistenziali sul senso della vita e della morte, in sintonia con le ricerche di neuroscienze che dimostrano come la relazione d’aiuto è iscritta nell’intercorporeità umana (…) Già Madeleine M.Leininger evidenzia, nelle sue ricerche cliniche, come l’assistenza curativa sia un fenomeno universale.
      (…) Prendersi cura è fondamentale per la sopravvivenza nelle situazioni di fragilità dovuta alle malattie. A tal proposito è stata ampiamente diffusa su Internet la risposta dell’antropologa Margaret Mead allo studente che le chiedeva quali fossero i segni della nascita della civiltà in una cultura. Ella rispose che il primo segno di civiltà in una cultura antica era il femore rotto e poi guarito. Infatti nel regno animale, nessuno sopravvive in queste condizioni, non si ha tempo di aspettare che l’osso guarisca. Un femore rotto che è guarito è la prova che qualcuno si è preso il tempo di stare con colui che è caduto, ne ha bendato la ferita, lo ha portato in un luogo sicuro e lo ha aiutato a riprendersi.
    Margaret Mead disse che aiutare qualcun altro nelle difficoltà è il punto preciso in cui la civiltà inizia. Noi siamo al nostro meglio quando serviamo gli altri. Essere civili è questo. Il prendersi cura dei più deboli, nella fragilità, nella malattia è dunque segno di civiltà e di spiritualità della cura.”

Paola Argentino: La spiritualità è cura: la forza dell’amore nel dolore
 Bruno Mondadori, Milano, 2023


domenica 19 novembre 2023

Cinema, Giorgio Gaber talentuoso "signor G"

      Palermo – Visibile a Palermo (in un’unica sala) e in altre città italiane solo dal 6 all’8 novembre come evento speciale cinematografico, ‘Io, noi e Gaber’, scritto e diretto da Riccardo Milani, è il docu-film che ha avuto il merito di raccontare la parabola artistica di Giorgio Gaber e un pezzo importante di storia del nostro paese.
     Due ore e quindici minuti di visione sono trascorse in un lampo, tanto toccante è stata la ricostruzione del percorso musicale e culturale di Gaber, al secolo Giorgio Gaberscick, nato a Milano il 25 gennaio 1939 e morto a 63 anni per un carcinoma ai polmoni.
     Decine di spezzoni delle sue apparizioni televisive (dalle prime a Il Musichiere e alla Lotteria Italia, con Adriano Celentano e Enzo Jannacci al pianoforte, all’ultima nell’aprile 2001, ancora con Celentano e Jannacci insieme a Dario Fo e a Antonio Albanese, con una straordinaria interpretazione corale di Ho visto un re), varie riprese degli spettacoli teatrali  e tante canzoni ne ricordano lo spessore di chitarrista (fu tra i primi interpreti del rock and roll italiano), di cantautore, di attore, di regista teatrale, di precursore del genere ‘teatro canzone’ .
    A risentirle, ci si rende conto che le canzoni di Gaber sono state la colonna sonora di tante generazioni, ci si rende conto che le canzoni di Gaber sono state la colonna sonora di tante generazioni, a partire dai quella dei baby boomer: dai primi successi all’inizio degli anni ‘60 Non arrossire, La ballata del Cerruti alle successive Torpedo blu, Com’è bella la città, Il Riccardo, Barbera e champagne, alle canzoni ‘impegnate’ quali La libertà, Destra-Sinistra, Chiedo scusa se parlo di Maria, La strada, Il conformista, Se fossi Dio, Far finta di essere sani, Io non mi sento italiano…
   Il docu-film a un certo punto racconta come, al culmine del successo, all’inizio degli anni ’70, Gaber decida di abbandonare la televisione e fare il suo ingresso in teatro, inventando, insieme a Sandro Luporini, il Teatro Canzone, dove può esprimere più compiutamente il suo spessore culturale, oltre che musicale, e la sua visione sociale e politica, nel senso pieno e alto del termine.
   Ecco cosa diceva di questa scelta il cantautore stesso: «La fine degli anni Sessanta era un periodo straordinario (…), e fare televisione era diventato dequalificante. Mi nauseava un po' una certa formula, mi stavano strette le sue limitazioni di censura, di linguaggio, di espressività, e allora mi dissi, d'accordo, ho fatto questo lavoro e ho avuto successo, ma ora a questo successo vorrei porre delle condizioni. Mi sembrò che l'attività teatrale riacquistasse un senso alla luce del mio rifiuto di un certo narcisismo» (dal libro Giorgio Gaber, di G. Harari, gennaio 1993).
  A raccontare l’artista ormai divenuto “Il signor G”, ci sono le testimonianze di chi l’ha conosciuto bene come la figlia Dalia Gaberscick, il nipote Lorenzo, lo storico paroliere Sandro Luporini; e le riflessioni di cantanti, artisti e anche di uomini politici: Mario Capanna e Pier Luigi Bersani, Jovanotti, Ivano Fossati, Gianni Morandi, Paolo Jannacci, Gino e Michele, Fabio Fazio, Michele Serra, Mogol, Rocky Gianco, Claudio Bisio, il giovane attore Francesco Centorame, Michele Serra. 
    Quest’ultimo lo ha definito "un intellettuale promiscuo", "raffinato e popolare, di popolo e di élite", artista coraggioso che è passato da “re del varietà popolare" (insieme ai magnifici Mina, Jannacci, Celentano aveva rivoluzionato la maniera di fare televisione) a interprete assoluto del teatro canzone, capace di affrontare senza timore reverenziale anche temi importanti e scottanti.
   Nel docu-film, si evidenzia sia il grande talento musicale di Gaber che, per usare le parole di suo nipote Lorenzo “avrebbe potuto mettere in musica l'elenco del telefono", sia la maestria dell’uomo di spettacolo capace di utilizzare un "corpo scenico", che in teatro "sembrava posseduto", rendeva "la parola visibile" e quasi trasformava se stesso in "melodia cinetica". 
   Tutte le voci narranti sono concordi nel dire che Gaber è stato sempre più avanti di altri intellettuali, lungimirante e profetico con le sue analisi e le sue canzoni di denuncia, capace di anticipare il futuro, senza farsi condizionare dalle ideologie, anche da quella di sinistra, elettivamente sua, con l’onestà intellettuale di riconoscere "quando la merda è merda", anche a rischio di non essere capito, di risultare scomodo e di venire isolato.
     Grazie allora a Riccardo Milani per questo ritratto a tutto tondo del grande cantautore. E grazie soprattutto all’immenso Gaber che, in questo tempo di riflusso e di disperazione, di scarsa partecipazione alla politica, ci ricorda, con le parole di una sua celebre canzone che: “c’è solo la strada su cui puoi contare/La strada è l'unica salvezza/C'è solo la voglia, il bisogno di uscire/Di esporsi nella strada, nella piazza/Perché il giudizio universale/Non passa per le case/In casa non si sentono le trombe/In casa ti allontani dalla vita/Dalla lotta, dal dolore, dalle bombe/Perché il giudizio universale/Non passa per le case/Le case dove noi ci nascondiamo/Bisogna ritornare nella strada/Nella strada per conoscere chi siamo…”

Maria D'Asaro, 19.11.23, il Punto Quotidiano


venerdì 17 novembre 2023

Marcello Cimino, un comunista soave

     Nel panorama politico odierno, ci vorrebbero 10,100, 1000 persone come lo studioso e giornalista Marcello Cimino...
   
"Nel luglio 1944 Marcello Cimino, nostro padre, si trovava in un campo di concentramento in Algeria. Aveva 24 anni ed era stato preso prigioniero dagli Americani l’anno precedente, subito dopo lo sbarco in Sicilia, mentre era in servizio al comando militare di Caltavuturo (…).
  In una lettera ai suoi genitori così scriveva: “… è inutile ripetervi quanto piacere mi faccia ricevere attraverso le vostre righe un soffio della vita normale, di quella vita in cui la gente viaggia, si sposa, va all’Università, discute questioni di interesse  e fa progetti per l’avvenire… Ringrazio papà del continuo affettuoso pensiero che nutre per me, ma spero di non dargli un dispiacere troppo grosso ripetendogli quanto ormai egli deve aver capito: che i miei progetti per l’avvenire non si basano su possessi terrieri, né su un ricco matrimonio, né su una brillante vita mondana; la mia natura è di studioso, non di gagà; io voglio essere un uomo di  cultura costruttiva, non di brillanti apparenze salottiere.
   Io credo nel valore della personalità umana indipendentemente dalle ricchezze, dal modo di vestire, dai titoli e darò pertanto ogni possibile contributo alla nascita di una società migliore in cui una vera libertà metta in primo piano tale valore. La mia aspirazione è vivere da uomo, non da zerbinotto né da schiavo delle ricchezze o del successo mondano.
    Mia moglie dovrà essere la mia compagna, non una bambola né una macchina per fabbricare l’erede e il nostro legame non dovrà essere economico, ma umano. 
Queste cose dovevo scrivervi per evitarvi delusioni o sorprese al mio ritorno e perché possiate cominciare a comprendere che la mia generazione è diversa da quella che ci ha preceduto, anche se tanti giovani sono spiritualmente più vecchi dei loro padri. Vi prego di scusarmi e di volermi sempre bene…”.

Lettera condivisa dalle figlie Giuditta e Marta Cimino, nel testo prezioso di raccolta di scritti di Giuliana Saladino “Chissà come chiameremo questi anni”, Sellerio, Palermo, p.549,550

Qui, uno scarno profilo biografico di Marcello Cimino.

A Giuliana Saladino, giornalista e saggista, moglie di Marcello Cimino, ho scritto una lettera, qui.

Qui un'iniziativa in corso a Palermo per ricordare l'opera preziosa di Giuliana: 



martedì 14 novembre 2023

Sabbie mobili

Balenano

Lampi improvvisi

Di vita diversa

Sabbie mobili di antica dolcezza

Scomparsa               


domenica 12 novembre 2023

Jacovitti, nelle vignette un secolo di umorismo

       Palermo – “Gli umoristi sono o tristi o solitari o matti: io sono tutte e tre le cose”. Diceva questo di sé ironicamente il fumettista Benito Franco Giuseppe Jacovitti, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita.
Riconosciuto come uno dei più importanti autori di fumetti del Novecento, con una vasta produzione caratterizzata da uno stile personalissimo e particolareggiato con dettagli surreali, come salami, vermi, ossa e l’immancabile lisca di pesce, Jacovitti è entrato a pieno titolo nella storia del fumetto italiano, soprattutto grazie alla forma caricaturale dei suoi personaggi. La sua opera ha riscosso il plauso della critica e si è intrecciata spesso con la storia del nostro paese.    
     L’indimenticabile autore del Diario Vitt, acquistato negli anni Sessanta e Settanta dalla maggior parte degli studenti italiani (se ne vendevano circa 3 milioni di copie l’anno, per un totale complessivo di 100 milioni di copie vendute) era nato a Termoli, in provincia di Campobasso, il 9 marzo 1923 e aveva scoperto sin da piccolo una precoce passione per il disegno: disegnava col carboncino anche per strada, sui pavimenti, sui marciapiedi.
    Trasferitosi poi a Firenze con la famiglia, mentre frequentava l’Istituto statale d’Arte, nel 1939 pubblicava a soli sedici anni le sue prime vignette umoristiche per la rivista satirica fiorentina Il brivido: si trattava di tavole a pagina intera piene di gag, la prima delle quali, La linea Maginot, ironizzava persino sulla guerra. Nel 1940 Jacovitti disegnò la storia a fumetti Pippo e gli inglesi, che gli valse la collaborazione con Il Vittorioso, collaborazione che sarebbe continuata per trent’anni e gli permise di essere conosciuto in tutta l'Italia.
      Poiché da giovane Jacovitti era piuttosto esile (si definiva “davvero allampanato e magrissimo”), venne soprannominato ‘Lisca di pesce’: da qui l’idea di firmare i suoi disegni appunto con una lisca di pesce. Abitudine che mantenne anche quando poi ingrassò, anche se ammise che avrebbe forse ormai dovuto firmare con il disegno di un pesce grosso, se non addirittura una balena. 
   Per l’editore de Il Vittorioso nel 1949 il fumettista iniziò a realizzare con vignette, illustrazioni e fumetti il celebre diario scolastico, che verrà pubblicato sino al 1980.
     Nel 1957 iniziò la sua collaborazione con il Giorno dei ragazzi, dove apparvero alcuni dei suoi personaggi più famosi come Cocco Bill e Gionni Galassia e la saga di Tom Ficcanaso, giornalista detective protagonista di molte storie. Fu poi la volta della collaborazione con il Corriere dei Piccoli e il Corriere dei ragazzi, dove nacquero, tra gli altri, Zorry Kid, Jack Mandolino e Tarallino. Per il quotidiano Il Giorno creò tre personaggi romani, Tizio, Caio e Sempronio, che si esprimevano nel più spassoso e maccheronico dei latinorum.
      Nei primi anni cinquanta fu anche collaboratore del Quotidiano, giornale dell'Azione Cattolica, per il quale ideò vignette satiriche legate all'attualità politica dell'epoca. 
    Jacovitti si cimentò a interpretare per ben quattro volte, sempre con felici sperimentazioni stilistiche e creative, la storia di Pinocchio. Celebri poi negli anni Sessanta anche le sue pubblicità su Carosello, realizzate con personaggi come Coccobill, Zorry Kid e Pecor Bill. 
    La sua influenza si fece sentire anche fuori dall’Italia: le sue invenzioni grafiche influenzarono, ad esempio, disegnatori d’oltralpe come il francese Georges Wolinski, che ebbe di Jacovitti grandissima stima. 

    Nel 1974 collaborò per breve tempo anche con la rivista Linus, dove creò prima Gionni Peppe e poi Joe Balordo. Fece poi scalpore quando nel 1977, insieme a Marcello Marchesi, pubblicò Kamasultra sulla rivista per adulti Playmen: una storia a fumetti nella quale, col consueto stile grottesco, inserì, seppure in modo accennato, ironico e caricaturale, tocchi erotici ed espliciti temi sessuali.
    Jacovitti passò la sua vita a disegnare con passione: disegnava otto ore al giorno tutti i giorni, tranne la domenica, quando riduceva le ore a quattro…
    Nel 1978 iniziò la sua ultima collaborazione con un settimanale per ragazzi, Il Giornalino, che continuò anche dopo la sua morte a proporre storie sul suo personaggio più famoso, Cocco Bill, realizzate da Luca Salvagno, suo allievo. Negli anni novanta, ormai anziano, si fece aiutare per le inchiostrature delle tavole da un giovane autore svizzero, Nedeljko Bajalica, che lo seguirà fino agli ultimi giorni prima come assistente e poi come coautore. Era intento ad illustrare il libro Tredici favole da raccontare, di Lucia Spezzano, sino a poco prima della morte, avvenuta a Roma il 3 dicembre del 1997.  
      Il MAXXI di Roma (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo), in contemporanea con il MACTE (Museo di Arte Contemporanea di Termoli) della sua città natale, gli dedicano, sino a febbraio 2024, due mostre antologiche parallele e complementari dal titolo Jacovittissimevolmente, che comprendono tavole originali, giornali e libri, creati dall’ispirazione feconda del grande fumettista. 
    “La cosa meravigliosa è che ciò che faceva ridere 50 anni fa, fa ridere anche oggi – ha dichiarato in un’intervista Dino Aloi, curatore della mostra romana - Jacovitti lavorava su quello che si può definire l’umorismo universale e questo è quello che ancora lo caratterizza. Poi in realtà era un disegnatore straordinario, per cui anche le sue panoramiche, dove mette centinaia di personaggi, riviste oggi fanno ridere esattamente come ieri”.
      Caro Jacovitti, grazie di cuore dall’ex alunna che aspettava con piacere l’inizio dell’anno scolastico per acquistare il tuo magnifico diario… Nell’oggi così cupo e allineato, manca la tua matita creativa, giocosa, controcorrente, anticonformista e un po’ anarchica. In una parola, libera.

Maria D'Asaro, 12.11.23, il Punto Quotidiano

sabato 11 novembre 2023

Io, noi e l'immenso Giorgio Gaber

 

(a breve, un pezzo sul docu-film  Io, noi e Gaber,  di Riccardo Milani)

Il Riccardo  
Qualcuno era comunista  
Far finta di essere sani
   
 
La strada
 

giovedì 9 novembre 2023

martedì 7 novembre 2023

Caro Marco, care/i ragazze/i grazie di esserci...


 

     A proposito di crisi climatica, di eco-ansia, di azioni nonviolente e partecipazione politica: 







lunedì 6 novembre 2023

Eco-ansia, arriva il grido d’aiuto dei giovani

       Palermo – Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sono circa 166 milioni nel mondo i giovani con problemi di salute mentale: un adolescente su sette, tra i dieci e i diciannove anni, convive oggi con un disturbo mentale diagnosticato. L’Unicef informa poi che, afflitti soprattutto da ansia e depressione, 46.000 ragazzi tra i quindici e diciannove anni ogni anno arrivano al passo estremo del suicidio; in tale fascia di età il suicidio si configura così la quarta causa di morte.
        “C’è quasi un’epidemia di disturbi d’ansia e di depressione che colpiscono soprattutto i più giovani – ha dichiarato il professore Vincenzo Villari, psichiatra e psicoterapeuta, ai microfoni del TG scientifico ‘Leonardo’ – Purtroppo, in un sistema sanitario dove c’è scarsità di risorse, la terapia di supporto o una psicoterapia vera e propria per i disturbi emotivi e quelli depressivi spesso non è adeguata. In Italia c’è stata infatti una riduzione progressiva del budget per la salute mentale, che in Italia ammonta a circa il 3% del Piano Sanitario Nazionale, mentre in Paesi come Francia, Germania e Gran Bretagna è due o tre volte maggiore”.
     Intanto tra i giovani si diffonde l’eco-ansia, definita anche ansia climatica o ansia ecologica: termine che descrive la sensazione e lo stato emotivo di disagio e di paura per i possibili disastri ecologici e ambientali correlati al cambiamento climatico. Giorgia, una giovane attivista, ha espresso così ha espresso così il suo stato d’animo in un confronto con l’attuale Ministro per l’Ambiente: “Soffro di ecoansia… a volte penso che non ho un futuro perché la mia terra brucia.”
    L’eco-ansia, già studiata dal 2007, ha ricevuto una certa attenzione mediatica dal 2017, quando Greta Thunberg ha dichiarato pubblicamente la propria ansia personale per il cambiamento climatico.
   Nel 2018 l’APA (American Psychological Association) ha pubblicato un rapporto relativo all'impatto dei cambiamenti climatici sulla salute mentale, dichiarando che "i cambiamenti climatici graduali e a lungo termine possono anche far emergere una serie di emozioni diverse, tra cui paura, rabbia, sentimenti di impotenza o esaurimento".  Tale associazione descrive l'eco-ansia come "la paura cronica del cataclisma ambientale che deriva dall'osservare l'impatto apparentemente irrevocabile del cambiamento climatico e la preoccupazione associata per il proprio futuro e quello delle prossime generazioni". 
    L'APA, pertanto, ritiene che l'interiorizzazione dei grandi problemi ambientali che affliggono il nostro pianeta possa avere conseguenze psicologiche significative nelle persone. Nella letteratura scientifica, l’eco-ansia è stata definita anche come “la sensazione generalizzata che le basi ecologiche dell’esistenza siano in procinto di crollare”. 
   Nonostante alcuni studiosi sottolineino che l’eco-ansia non sia ancora classificata tra le patologie, ma sia considerata piuttosto una comprensibile reazione negativa alla gravità della crisi ecologica, sono evidenti i casi in cui l’eco-ansia è così forte da richiedere un supporto per la salute mentale. 
Questa tipologia di disturbo ansioso ha un impatto maggiore sui giovani e si può paragonare a quella  provata dai “baby boomer” durante la guerra fredda circa l'eventuale scoppio di un conflitto nucleare. 
In particolare, oggi molte giovani coppie confessano di provare così tanta ansia e paura per il futuro a causa del cambiamento climatico da scegliere di non avere figli.
    Questo il parere di Giancarlo Marenco, presidente dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte: “La pandemia che ha spaventato molto e i cambiamenti climatici che spaventano altrettanto danno una forte incertezza rispetto a quello che sarà il futuro. Hanno questi pensieri e queste paure soprattutto i giovani; timori che si manifestano con sintomi prevalentemente psico-somatici e sintomi ansiosi: senso di soffocamento, tensione interna che rimanda alla condizione di incertezza data dalla situazione dei cambiamenti climatici.”
   Secondo il professore Marenco è fondamentale che gli operatori della salute mentale ascoltino con attenzione il disagio dei giovani; l’Ordine degli psicologi del Piemonte sta cercando anche l’aiuto di associazioni ambientaliste per essere aggiornato su dati e conseguenze della crisi climatica.
   “Spero però – conclude il professore Marenco – che il malessere sia anche una spinta a fare, attivi una modalità partecipativa, aggreghi i giovani e li spinga ad occuparsi in prima persona dei temi ambientali. Secondo me, questo potrebbe essere l’aspetto positivo dell’ecoansia: tradurre la preoccupazione in un impegno per un mondo migliore. Ricordiamo che sono i giovani che in questo momento stanno lottando per tutti noi.”


Maria D'Asaro, 5.11.23, il Punto Quotidiano