domenica 29 agosto 2021

Salvare la Terra: imperativo per tutti

      Palermo –  Le previsioni danno nuvole nere/Stormi di temporali in arrivo/Io sono pronto ad ogni evenienza, ad ogni nuova partenza/Un viaggiatore che non sa dove sta andando/Enormi uccelli d'oro solcano il cielo/Spruzzi di fuoco dai forni/La gente vive senza più testa/La specie è in mutazione/E non sappiamo dove stiamo andando… 
   Nella canzone ‘Splendide previsioni’ Franco Battiato evocava scenari inquietanti, simili a quelli prospettati dal recente rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Changel), l’organismo internazionale incaricato dall’ONU di monitorare e valutare i cambiamenti climatici. In tale studio, l’IPCC afferma che la crisi climatica è drammatica e, per certi versi, irreversibile: è urgente ridurre le emissioni di gas serra per fermare, o almeno diminuire d’intensità, il riscaldamento globale. 
  “Ѐ un campanello di allarme che va immediatamente ascoltato” – ha detto il segretario dell’ONU Gutierrez. "Questo rapporto è un riscontro oggettivo" - ha ribadito la co-Presidente del I Gruppo di Lavoro dell'IPCC Valérie Masson-Delmotte: "Ora abbiamo un quadro molto più chiaro del clima passato, presente e futuro, che è essenziale per capire dove siamo diretti, cosa si può fare e come ci possiamo preparare".  Nel rapporto si sottolinea che con 1,5° di riscaldamento globale ci si attende un incremento del numero di ondate di calore, stagioni calde più lunghe e stagioni fredde più brevi. Con un riscaldamento globale di 2 gradi, gli estremi di calore raggiungerebbero soglie di tolleranza critiche per l'agricoltura e la salute. Gli esperti rilevano che il climate change riguarda ogni area della Terra e tutto il sistema. Tuttavia una significativa e costante riduzione di emissione di Co2 e di altri gas serra limiterebbe i cambiamenti climatici.
   In tale contesto, si può avere la tentazione di rassegnarsi al peggio e gettare la spugna. Ma c’è chi ci mette in guardia da un atteggiamento così pericoloso e irresponsabile, rinunciatario e fatalista.
Scrive Jonathan Safran Foer, giornalista e scrittore statunitense, nel suo libro ‘Possiamo salvare il mondo prima di cena’: “Quando serve un cambiamento radicale, molti sostengono che sia impossibile indurlo attraverso azioni individuali. Ѐ vero invece il contrario: l’impotenza dell’azione individuale è la ragione per cui tutti devono provarci “. 
    Foer si interroga sul peso che hanno le azioni dei singoli all’interno di un sistema complesso come il nostro. E ricorre a un esempio concreto: “Nessun singolo automobilista è in grado di provocare un ingorgo. Ma un ingorgo non può verificarsi senza i singoli automobilisti.” Perciò: “A innescare i cambiamenti sociali, proprio come i cambiamenti climatici, sono una molteplicità di reazioni a catena simultanea”. “Sarà anche un mito neoliberista attribuire alle decisioni individuali il potere supremo, ma non attribuire alle decisioni individuali alcun potere è un mito disfattista.” “Per poter contribuire alla creazione del mondo, anziché alla sua distruzione, un individuo deve agire a beneficio della collettività. L’umanità fa i grandi passi quando gli individui fanno i piccoli passi.”
   Foer sa bene però che le informazioni da sole non bastano. Bisogna infatti essere profondamente coinvolti e sentirsi parte del problema perché si prenda una posizione. Lo scrittore sottolinea che “Il nostro sistema d’allarme non è fatto per le minacce concettuali e continuiamo a vivere come se niente fosse.” Percepiamo infatti la crisi climatica astratta e lontana.  Così: “Continuiamo a sentire lo sforzo di salvare il nostro pianeta come una partita fuori casa di metà campionato”. E ancora: “Anche quando ci importa della crisi del pianeta, la viviamo come una guerra in corso laggiù. Siamo consapevoli dell’urgenza e della cruciale importanza della posta in gioco, ma pur sapendo che sta infuriando una guerra per la nostra sopravvivenza, non abbiamo la sensazione di esserci immersi dentro. Questa distanza tra comprensione e sensazione può rendere molto difficile anche per chi è molto attento e politicamente impegnato”. “Per mobilitare le persone, questa (la crisi climatica) deve diventare una questione emotiva”.
   Allora, incalza Foer: “Per mettere insieme la volontà necessaria ad affrontare la crisi del pianeta […] avremo bisogno di considerare la Terra come la nostra unica casa, non in senso figurato, non a livello intellettuale ma a livello viscerale.” 
   Lo scrittore propone azioni semplici, alla portata di tutti, per contrastare il riscaldamento globale: ridurre lo spreco di cibo, ridurre l’uso di aereo e automobile, favorire l’istruzione femminile e la pianificazione familiare, passare collettivamente a un’alimentazione a prevalenza vegetale. 
   Già nel 1979 il filosofo Hans Jonas, nel suo libro “Il principio responsabilità” proponeva una nuova etica per la nostra civiltà, un’etica della responsabilità appunto, profondamente diversa dalle morali tradizionali: “Un oggetto di ordine completamente nuovo, nientemeno che l’intera biosfera del pianeta, è stato aggiunto al novero delle cose per cui dobbiamo essere responsabili, in quanto su di esso abbiamo potere […] La natura come responsabilità umana è certamente una novità sulla quale la teoria etica deve riflettere”. La nuova etica deve, secondo Jonas, ripudiare ‘lo spietato antropocentrismo’ e la ‘strutturale miopia’ che caratterizzano l’etica tradizionale di matrice ellenistica ed ebraico-cristiana. Questo significa che oggi non è più sufficiente essere ‘a posto con la propria coscienza’ o accontentarsi di regole formali, ma occorre saper prevedere l’influenza che le nostre azioni potranno avere sulle sorti dell’umanità e del pianeta. E, sulla scia, dell’imperativo morale di Kant, proponeva un nuovo principio etico universale: «Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la sopravvivenza della vita umana sulla terra».
   Le riflessioni di Hans Jonas e di Jonathan Foer meritano grande attenzione e una conseguente azione pratica. Ma non dovrà essere solo la paura a farci tirare il freno a mano sul nostro modo di vivere. L’emozione che dovrà muoverci sarà soprattutto l’amore per i nostri simili: figli, nipoti, posteri tutti, oltre che per il nostro pianeta. 
    Solo se saremo capaci di sentire per la Terra, e per tutte le sue creature, il sentimento di cura immenso e viscerale che proviamo per un figlio che soffre, potremo salvarla. E, con lei, salvare anche noi stessi. 

Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 29.8.21


mercoledì 25 agosto 2021

Basta volerlo! Da così... a così...

     Un bel gruppo di persone – ragazzi, ragazze, mamme, papà e figlie a seguito – la sera del 24 agosto hanno ripulito le aiuole adiacenti alla fermata di autobus al crocevia tra via Oreto e via Buonriposo, aiuole diventate discarica di rifiuti. Il gruppo di volontari appartengono ad alcune associazioni - “Basta volerlo”, “Oltre le distanze”, “Giovani Volontari italiani” - che da un paio d’anni promuovono il Progetto Palermo Pulita. 
   Tra le zone cittadine già ripulite dalle associazioni ci sono gli spazi esterni del Castello della Zisa, il giardino della scuola media “Peppino Impastato” e lo spazio verde della villa di piazza Principe di Camporeale, ora precluso alla manutenzione dei volontari per lavori in realtà mai iniziati.  Da interviste a giornali on line, si legge che molti dei volontari percepiscono reddito di cittadinanza e, da ‘disoccupati’ vogliono allora rendersi utili alla città curandone la pulizia. 
Avanti tutta: la Palermo migliore siete voi!

Maria D’Asaro, 25.8.21

Lo stato delle aiuole prima dell'intervento dei volontari:




E dopo:





lunedì 23 agosto 2021

Cambiamo l’acqua ai fiori...



Azzurro

Tra petunie

e cicale felici

‘Cambiamo l’acqua ai fiori”

Agosto.






Grazie, Silvia: amica speciale...










domenica 22 agosto 2021

Le illusioni ottiche racchiuse in un museo

      Palermo – Il turista che soggiorna nella Sicilia nord-occidentale, dove può apprezzare il panorama suggestivo delle saline, la spiaggia finissima di san Vito Lo Capo e il fascino delle isole Egadi, nel centro di Trapani ha l’opportunità di visitare il Museo delle Illusioni Ottiche, noto anche con l’acronimo MOOI (Museum of Optical Illusions), il primo del genere in Italia.
    Il museo, aperto al pubblico nel 2018, è stato ideato dall’ingegnere Tony Pennacchio, che ha profuso nel progetto la sua passione ingegneristica per le curiosità nel campo dell’ottica, della matematica, della fisica, con un’attenzione particolare per la gravità e per il fenomeno fisico definito ‘salita in discesa’, originato da un’errata percezione del piano orizzontale. Uno dei punti di maggior fascino del museo è infatti la stanza della ‘gravity room’, progettata personalmente dall’ingegnere Pennacchio, che offre ai visitatori l’illusione della percezione distorta del piano orizzontale e dell’equilibrio.
   Il museo delle Illusioni è davvero speciale per la tipologia delle varie installazioni, realizzate in proprio e con un tocco particolare di stile e qualità; alcune di esse sono perciò registrate con brevetto e design di proprietà del museo. Inoltre molte installazioni sono state posizionate su piani regolabili in altezza, in modo da essere accessibili e visibili sia a bambini di ogni età che ai visitatori su sedia a rotelle. Il museo trapanese ha infatti tra i suoi punti di forza quello di permettere l'accesso anche alle persone con disabilità. 
    Tra le varie attrazioni di questa singolare esposizione, ci sono la cosiddetta ‘sedia di Beuchet’, la libreria infinita, un prassinoscopio gigante, lo specchio con riflesso capovolto. La ‘sedia di Beuchet’ provoca l’illusione percettiva di far apparire le persone che vi sono sedute grandi la metà rispetto alle loro reali dimensioni. Si tratta di un'illusione anamorfica, provocata da una falsa prospettiva: la sedia è formata in realtà da due parti (la parte della seduta è grande il doppio delle gambe), per cui chi si siede sulla parte più distante della sedia appare molto piccolo, data la distanza fra le due parti e la loro diversa grandezza. Il prassinoscopio, inventato in Francia nel 1976 da Charles-Émile Reynaud, è un dispositivo ottico che permette la proiezione di immagini e disegni creando l'illusione del movimento; quello che c’è al MOOI è il più grande d’Italia.
    Il museo offre una visita interattiva in cui i visitatori sono parte attiva, non spettatori passivi. Ciò è possibile perché, in tutti gli ambienti museali, ci sono guide che offrono supporto scientifico-didattico, spiegando in modo semplice e chiaro le cause delle percezioni illusorie.
Al MOOI - aperto dal martedì alla domenica, dalle 9.45 alle 13.35 e dalle 15.30 alle 20.30 - si accede solo con prenotazione online. I visitatori possono visualizzare la disponibilità per ciascuna fascia oraria e selezionare quella a loro più congeniale. La visita dura un'ora e si accede in gruppi da sei. Il costo del biglietto è di 13 euro per gli adulti, 8 euro per i bambini dai 4 agli 11 anni e di 6 euro per le persone con disabilità.
    Grazie alla sapiente alchimia tra elementi di Fisica e Ottica combinati con l’Arte, l’Architettura, la Psicologia percettiva, il museo delle Illusioni è capace di far apprendere, divertire, emozionare, incuriosire davvero tutti. 
Con un’eccezione: al suo interno, niente animali domestici, così sensibili alle illusioni ottiche da provare disagio e sofferenza. A questi nostri fratellini minori, purtroppo non è possibile spiegare che si tratta, appunto, solo di illusioni… 

Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 22.8.21

giovedì 19 agosto 2021

La RAI informa solo d’inverno…

     Saremmo increduli se, arrivando al Pronto soccorso per un’emergenza, all’Ufficio Postale per spedire un pacco, al Comando dei Carabinieri per sporgere una denuncia, alla Stazione ferroviaria per prendere la metro, trovassimo il cartello “Chiuso per ferie”. 
     Per fortuna, nel nostro Paese i servizi essenziali sono garantiti anche in pieno agosto. 
     Non si comprende allora che in RAI - azienda che eroga un servizio pubblico, con un canone pagato dai cittadini – quasi tutti i programmi di approfondimento informativo (ad es. “In mezz’ora” condotto dalla Annunziata, “Presa diretta” di Riccardo Iacona, “Carta bianca” di Bianca Berlinguer…) chiudano i battenti a inizio giugno per riprendere solo a settembre inoltrato. Si può discutere sulla qualità, sull’indipendenza e sul pluralismo di tali rubriche. Pur con tanti limiti, offrono comunque un tassello di conoscenze e un contributo di riflessione al cittadino.
    Tale inammissibile black out informativo estivo si amplifica con la chiusura a giugno dell’unico telegiornale scientifico nazionale: “Leonardo”, in onda su RAI 3 alle 14.50 circa, chiusura davvero incomprensibile e imperdonabile per la scrivente. Infatti anche quest’anno, nonostante l’urgenza informativa legata al perdurare della situazione pandemica e la polemica aspra sui vaccini, nonostante la necessità di informare sull’aggravarsi della crisi climatica e del riscaldamento globale, “Leonardo” ci priva dei suoi contributi per ben tre mesi riaprendo i battenti l’ultima settimana di settembre o la prima di ottobre.
      Giornalisti della RAI, unitevi e fate sentire il peso della vostra presenza e della vostra preparazione. Fate capire ai vertici decisionali che l’informazione, che non è solo quella fatta dai TG, è un bene comune essenziale che non può andare in ferie…
     Altrimenti i dibattiti sul ritorno dei taliban in Afghanistan, sulla crisi climatica, sull’incredibile querelle tra chi si vaccina e chi no… ce li faremo solo su Facebook.... Con buona pace dei compianti Enzo Biagi, Sergio Zavoli, Ilaria Alpi…

martedì 17 agosto 2021

Ѐ ufficiale: ecco la candidata a Presidente della RAP di Palermo

     Il 6 agosto il dott. Girolamo Li Causi si è dimesso anzitempo dalla carica di direttore generale della RAP (Risorse Ambiente Palermo, la Spa che si occupa di raccolta e smaltimento rifiuti nel capoluogo siciliano).
Qui l’agenzia Ansa/Sicilia dà un resoconto della questione. 

     Dopo notti insonni per il tarlo dei pensieri (oltre che per il caldo), nostra signora comunica ufficialmente che si candida alla posizione rimasta vacante. Visto che è in ballo l’ambiente, la pulizia cittadina, la raccolta differenziata, la gestione oculata delle risorse perché non affidare a una vecchia signora il delicato incarico?

Questo il suo programma:

1.Istituire la raccolta differenziata della frazione organica dei rifiuti in tutto il territorio di Palermo. Tale differenziazione ridurrà di circa il 30% la quantità complessiva di rifiuti prodotti e non renderà necessaria la costruzione di altre vasche di contenimento a Bellolampo.
2.Coinvolgere nello smaltimento dei rifiuti organici tutti i proprietari di orti, parchi, giardini e terreni agricoli palermitani, pubblici e privati. Con una gestione da ‘filiera corta’ , opportunamente trattata e gestita, la frazione organica dei rifiuti sarà conferita nel territorio, servirà da concime per i terreni palermitani. 
3.Fornire gratuitamente compostiere alle scuole, ai condomini e ai privati che ne faranno richiesta per incentivare immediatamente – con apposita campagna pubblicitaria - la raccolta differenziata dell’organico 
4.Istituire un gruppo di lavoro apposito - adeguatamente formato e motivato – per gestire i punti 1.2.3.
5.Istituire un gruppo di persone disoccupate che usufruiscono di reddito di cittadinanza – ma integrato anche da volontari/ie -  per affiancare gli addetti ai lavori nella pulizia dei marciapiedi, delle strade e delle aiuole cittadine, soprattutto nelle periferie.
6.Istituire altri punti di raccolti dei rifiuti ingombranti. Aumentare il numero degli addetti al ritiro, sotto casa, di tali rifiuti.
7.Fare pressione sui competenti Uffici comunali di controllo perché tutti i cittadini palermitani paghino la tassa sui rifiuti, visto che, secondo fonti accreditate, il 45 per cento della tassa sui rifiuti, nel quadriennio 2016-2019, non è stato pagato. Ben 193 milioni e mezzo di euro su un totale di 433. 
8. Incentivare tutti i produttori locali di acqua minerale, bibite, alimentari a riciclare i contenitori utilizzati, con un contributo al consumatore per  il reso restituito. Avviare collaborazioni virtuose con CONAI, COREPLA e tutte le organizzazioni che si occupano di recupero e riciclaggio di materiali. 
9. Avviare una campagna informativa semplice e capillare che educhi innanzitutto alle quattro erre: Ridurre, Riutilizzare, Riciclare, Recuperare; e al VIA (Valutazione di Impatto Ambientale), al fatto cioè che ogni oggetto ha un impatto e un costo per l’Ambiente, che vanno seriamente considerati.
10. Educare e motivare tutti i lavoratori della RAP, dall’amministratore unico al più giovane operatore ecologico, all’importanza del loro lavoro di cura, come scriveva Calvino, ne “Le città invisibili: “Sui marciapiedi, i resti della Leonia di ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Certo è che gli spazzaturai sono accolti come angeli, e il loro compito di rimuovere i resti dell’esistenza di ieri è circondato d’un rispetto silenzioso, come un rito che ispira devozione, o forse solo perché una volta buttata via la roba nessuno vuole più averci da pensare. Dove portino il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: (…) gli immondezzai devono arretrare più lontano; l’imponenza del gettito aumenta e le cataste s’innalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro più vasto. (…) E’ una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, e la sovrasta da ogni lato…”. 

Oggi purtroppo Palermo è come l’immaginaria Leonia. 
La scommessa da vincere insieme è rendere Palermo davvero bellissima: pulita e con una delle minori quantità di rifiuti d’Italia.

Nostra signora è pronta a mettersi al lavoro.

P.s. Poichè nostra signora ha già una dignitosa pensione come docente (!), presterebbe la sua opera gratuitamente, accontentandosi di un rimborso spese...

domenica 15 agosto 2021

Gino Strada, al servizio dell'umanità

     Palermo – Non ha bisogno di tante parole Gino Strada, il fondatore di Emergency che ci ha lasciato il 13 agosto, per un improvviso aggravarsi dei suoi problemi cardiaci.
Lombardo, nato a Sesto San Giovanni il 21 aprile 1948, dopo aver conseguito la maturità classica, Strada ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università Statale di Milano nel 1978.
   Negli anni '80 si è specializzato in chirurgia cardiopolmonare e ha lavorato negli Stati Uniti, presso le università di Stanford e Pittsburgh, all'Harefield Hospital nel Regno Unito e al Groote Schuur Hospital di Città del Capo, in Sudafrica, l'ospedale dove nel 1967 venne eseguito il primo trapianto di cuore dal dottor Chris Barnard.
   Dal 1989 al 1994 ha prestato la sua opera con il Comitato internazionale della Croce Rossa, in varie zone di guerra: Pakistan, Etiopia, Perù, Afghanistan, Somalia, Bosnia ed Erzegovina. L’esperienza diretta della sofferenza e della morte causate dai conflitti armati sulla popolazione civile, induce Gino Strada, assieme alla moglie Teresa Sarti, a Carlo Garbagnati e Giulio Cristoffanini,  a fondare il 15 maggio 1994 Emergency, un'associazione umanitaria internazionale con l’obiettivo di offrire cure mediche e chirurgiche gratuite e di alta qualità alle vittime della guerra, delle mine antiuomo e della povertà. 
    Dalla sua fondazione alla fine del 2013, l’associazione ha fornito assistenza gratuita a oltre 6 milioni di pazienti in 16 paesi nel mondo. Nata dunque per fornire soccorso chirurgico nei paesi in guerra, Emergency ha nel tempo esteso il raggio delle sue attività alla cura delle vittime della povertà in paesi in cui non esistono strutture sanitarie gratuite. Inoltre, grazie anche al coordinamento e all'attività dei volontari sul territorio, si batte anche per promuovere i valori della pace, della solidarietà e del rispetto dei diritti umani. Dal 2005, l’associazione opera anche in Italia, per garantire a tutti il rispetto costituzionale del diritto a essere curati.
   Vogliamo onorare la memoria di Gino Strada riportando parte del suo toccante intervento a Stoccolma, dove – nel dicembre del 2015 - il Parlamento svedese gli ha tributato il Premio Nobel alternativo Right Livelihood  "per la sua grande umanità e la sua capacità di offrire assistenza medica e chirurgica di eccellenza alle vittime della guerra e dell'ingiustizia, continuando a denunciare senza paura le cause della guerra". 
   Ecco le sue parole, che possono essere considerate una sorta di suo testamento spirituale: «La maggiore sfida dei prossimi decenni consisterà nell'immaginare, progettare e attuare le condizioni che permettano di ridurre il ricorso alla forza e alla violenza di massa fino al completo abbandono di questi metodi. La guerra, come le malattie mortali, deve essere prevenuta e curata. La violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente. L'abolizione della guerra è il primo e indispensabile passo in questa direzione. Possiamo chiamarla "utopia", visto che non è mai accaduto prima. Tuttavia, il termine utopia non indica qualcosa di assurdo, ma piuttosto una possibilità non ancora esplorata e portata a compimento. 
Come le malattie, anche la guerra deve essere considerata un problema da risolvere e non un destino da abbracciare o apprezzare, dobbiamo convincere milioni di persone del fatto che abolire la guerra è una necessità urgente e un obiettivo realizzabile. Questo concetto deve penetrare in profondità nelle nostre coscienze, fino a che l'idea della guerra divenga un tabù e sia eliminata dalla storia dell'umanità. (…)  Io sono un chirurgo. Ho visto i feriti (e i morti) di vari conflitti in Asia, Africa, Medio Oriente, America Latina e Europa. Ho operato migliaia di persone, ferite da proiettili, frammenti di bombe o missili. Alcuni anni fa, a Kabul, ho esaminato le cartelle cliniche di circa 1200 pazienti per scoprire che meno del 10% erano presumibilmente dei militari. Il 90% delle vittime erano civili, un terzo dei quali bambini. E' quindi questo 'il nemico'? Chi paga il prezzo della guerra? Ogni volta, nei vari conflitti nell'ambito dei quali abbiamo lavorato, indipendentemente da chi combattesse contro chi e per quale ragione, il risultato era sempre lo stesso: la guerra non significava altro che l'uccisione di civili, morte, distruzione. La tragedia delle vittime è la sola verità della guerra. (…)
Nel secolo scorso, la percentuale di civili morti aveva fatto registrare un forte incremento passando dal 15% circa nella prima guerra mondiale a oltre il 60% nella seconda. E nei 160 e più 'conflitti rilevanti' che il pianeta ha vissuto dopo la fine della seconda guerra mondiale, con un costo di oltre 25 milioni di vite umane, la percentuale di vittime civili si aggirava costantemente intorno al 90% del totale (…). 
Ancora oggi ci troviamo ancora davanti al dilemma posto nel 1955 dai più importanti scienziati del mondo nel cosiddetto Manifesto di Russel-Einstein: 'Metteremo fine al genere umano o l'umanità saprà rinunciare alla guerra?'. Ѐ possibile un mondo senza guerra per garantire un futuro al genere umano? Molti potrebbero eccepire che le guerre sono sempre esistite. Ѐ vero, ma ciò non dimostra che il ricorso alla guerra sia inevitabile, né possiamo presumere che un mondo senza guerra sia un traguardo impossibile da raggiungere. Il fatto che la guerra abbia segnato il nostro passato non significa che debba essere parte anche del nostro futuro».
   Nient’altro da aggiungere a queste riflessioni così profetiche e illuminate. 
Al benefattore dell’umanità è stato intitolato l'asteroide 248908 . Ma, più che in cielo, la memoria del dottore Gino Strada rimarrà nel cuore della comunità umana che gli serba profonda riconoscenza e sentita gratitudine per la sua immensa azione di cura.

Maria D'Asaro, 15.8.21, il Punto Quotidiano

mercoledì 11 agosto 2021

Al professore Paolo Giaccone voglio bene...

Il dott.Paolo Giaccone con Milly, 5 agosto 1982
(per gentile concessione della dott.ssa Milly Giaccone)
       Tutte le vittime della brutale ed efferata violenza mafiosa vanno ricordate ed onorate. Può capitare che ad alcune si sia più affezionati... Personalmente nutro un ricordo speciale, ad esempio, nei confronti del dottor Paolo Giaccone, barbaramente ucciso al Policlinico di Palermo l’11 agosto 1982. 

     Sarà perché la sua è stata la testimonianza cristallina di un professionista integerrimo; sarà perché era una bella persona straordinariamente normale; sarà perché ho un contatto su FB con Milly, una dei suoi quattro figli (insieme ad Antonino, Amalia, Paola); sarà perché aveva lo stesso cognome di mia madre (erano entrambi originari di due paesini dell’entroterra siciliano, Bisacquino e Chiusa Sclafani)… 

     In suo commosso ricordo, qui  l’articolo scritto l’anno scorso per il Punto Quotidiano e qui un mio pezzo del 2017.

martedì 10 agosto 2021

Cadenti dal cielo

Vincent Van Gogh: Notte stellata sul Rodano (1888)

La magia se ne va, benché le grandi forze
restino al loro posto. Nelle notti d’agosto
non sai se la cosa che cade sia una stella,
né se a dover cadere sia proprio quella.
E non sai se convenga bene augurare
o trarre vaticini. Da un equivoco astrale?
Quasi non fosse ancor giunta la modernità?
Quale lampo ti dirà: sono una scintilla,
davvero una scintilla d’una coda di cometa,
solo una scintilla che dolcemente muore –
non io sto cadendo sui giornali del pianeta,
è quell’altra, accanto, ha un guasto al motore.

Wislawa Szymborska: La gioia di scrivere (1945–2009) trad.di Pietro Marchesani - Adelphi (pag.269)


domenica 8 agosto 2021

Franz Jägerstätter, il contadino che disse no a Hitler

    Palermo – Nella chiesetta della cittadina austriaca di Sankt Radegund, il nove agosto verrà ricordato Franz Jägerstätter, giustiziato dal regime nazista nel 1943 per il suo rifiuto di combattere nell’esercito hitleriano, in nome della sua adesione ai principi evangelici. Per questo, il 26 ottobre 2007, Franz è stato dichiarato beato dalla Chiesa cattolica. 
   Chi era Franz Jägerstätter? Era un contadino austriaco, sposato con Franziska Schwaninger, padre di tre figlie: Rosalia, Maria e Aloisia. Lo studio dei testi sacri e la frequentazione della chiesa cattolica lo convinsero che la sua fede fosse incompatibile con il nazionalsocialismo. Dopo l'Anschluss dell'Austria alla Germania nazista, il 12 marzo 1938, Jägerstätter rifiutò l'incarico di sindaco e il 10 aprile, quando ci fu il plebiscito sull'annessione, nel suo paese fu l'unico a votare "no". Manifestò poi la sua opposizione al nazionalsocialismo non partecipando alla vita politica del paese e rifiutando le facilitazioni offerte dal partito nazista. Chiamato alle armi già nel 1940, su richiesta del suo Comune venne dichiarato "insostituibile" e poté così tornare alla famiglia e al lavoro agricolo.
   Però dopo il suo ripetuto rifiuto a un’ulteriore chiamata alle armi - nonostante persino il vescovo di Linz avesse cercato di dissuaderlo – nel marzo del 1943 venne trasferito nella prigione militare di Linz e poi a Berlino-Tegel. Il 6 luglio, il Tribunale di Guerra del Reich di Berlino-Charlottenburg lo condannò a morte per sovversione, ricusando la sua disponibilità a prestare servizio alternativo nei reparti di sanità. Venne ghigliottinato il 9 agosto 1943 a Brandeburgo sulla Havel. Alla fine della guerra, l'urna con le sue ceneri fu portata a Sankt Radegund e tumulata il 9 agosto 1946 nel piccolo cimitero accanto alla chiesa parrocchiale. 
    La scelta eroica di Franz forse non sarebbe stata possibile senza il sostegno coraggioso della moglie Franziska. La loro storia ce l’hanno raccontata Giampiero Girardi e Lucia Togni in Una storia d’amore, di fede e di coraggio. Franziska e Franz Jägerstätter di fronte al nazismo (Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2013): corredato da suggestive foto d’epoca, il libro, oltre a un’approfondita e puntuale ricostruzione dei fatti e del contesto storico, riporta le 139 lettere che si sono scambiati i due dal tempo del fidanzamento a qualche ora prima dell’uccisione di Franz.
   Perché quella tra Franz e Franziska è stata una storia d’amore, di fede e di coraggio? Innanzitutto perché i due si amavano profondamente, di un amore completo, tenero e delicato insieme: “Non avrei mai immaginato che essere sposati potesse essere così bello”, diceva Franz a sua moglie. E lei, durante l’addestramento militare, gli inviava le strofe di una canzoncina allora in voga: “da tempo il tuo cuore è mio. E penso sempre piena di desiderio che la nostra felicità potrebbe essere anche più grande”. Oltre a tenerlo aggiornato sulla crescita delle loro tre bimbette e sulla situazione della fattoria che con grande fatica reggeva quasi da sola, gli dedicava pensieri lieti ed espressioni affettuose, piuttosto audaci per la mentalità del tempo. 
   La loro è stata poi una storia di fede perché i due sposi erano convinti che la vita vada vissuta alla luce del Vangelo; e al Dio cristiano si affidarono con fiducia semplice e tenace. Il 6 dicembre 1940 Franz scrive alla moglie: “Mettiamo serenamente tutti i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni nelle mani di Dio. Egli guiderà il nostro destino nel modo migliore. Ne sono certo: il futuro non mi fa paura.” E il 20 febbraio 1941 Franziska fa eco al marito: “Mi dispiace davvero che tu non sia qui con noi, ma bisogna sempre mettersi nelle mani di Dio, in ogni momento della vita. Mi consola molto sapere che tu preghi volentieri e così forse sopporti tutto con pazienza in questi tempi difficili.” 
   Infine, quella tra Franz e Franziska è stata una storia di grande coraggio. Quando nel 1943 Franz viene richiamato alle armi, egli è convinto di tradire la sua fede combattendo nell’esercito hitleriano: si rifiuta quindi di farlo, dichiarandosi comunque disposto a prestare servizio in infermeria. Come si evince chiaramente dallo scambio epistolare tra gli sposi nel periodo della carcerazione precedente all’esecuzione capitale, i due si si sostengono con grande forza.
   In particolare, come sottolineato dai curatori del volume, Franziska “mai cede alla tentazione di un ricatto emotivo, mai mette il suo amore in opposizione alla scelta del marito. Solo si preoccupa che lui sia sereno, sia forte, gli invia parole di consolazione e di condivisione che le saranno costate non poca fatica”. E Franz, nelle lettere davvero toccanti della carcerazione, le scrive: “Sarebbe davvero una gioia poter trascorrere i pochi giorni di vita nell’abbraccio di una famiglia felice. Ma se il buon Dio ha deciso diversamente per noi, allora va bene così”. E ancora: “Carissima moglie, finchè io non sono infelice, tu non devi avere il cuore colmo di tristezza”.
    Alla fine del conflitto mondiale, ci vollero molti anni perché a Franziska fosse riconosciuto lo status di vedova di guerra, mentre la Chiesa cattolica riconobbe il martirio di Franz solo nel 2007. 
   Nell’oggi caratterizzato dall’estrema ‘liquidità’ dei legami, dalla precarietà dei valori individuali e comunitari, dalla scarsa propensione ad assumersi le responsabilità delle proprie azioni, la vicenda di Franz e Franziska ci sembra lontana anni luce. Che la loro testimonianza sia di sprone per una vita più consapevole, più coerente ed autentica.


Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 8.8.21

Qui il trailer del film "Hidden life" (Una vita nascosta), dedicato alla vicenda di Franz e Franziska (2019, per la regia di Terrence Malick):


giovedì 5 agosto 2021

La religione è… il vaccino dei popoli?

Marc Chagall: La caduta dell'angelo (1923)
      “Non farò mai il vaccino… Sta succedendo quello che dice l’Apocalisse «Inoltre obbligò tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano destra o sulla fronte.  Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome.». Cara, io ho fede in Dio. Dio mi preserverà dal contagio…sì certo, metto la mascherina e mi lavo le mani. Ma Dio ci salverà, non questo vaccino satanico.” 
    Dice così a voce alta una signora cinquantenne appena scesa da un’auto, al cellulare con un’amica. Nostra signora ascolta per caso questo frammento di conversazione. Si ferma qualche metro avanti e appunta tutto nel taccuino che, da vecchia cronista, porta con sé. 
    Accade a Palermo, in una strada di periferia, il 3 agosto 2021, alle ore 11.
    A medici, storici e studiosi dell’umano l’ardua sentenza.

Maria D’Asaro, 5.8.21

martedì 3 agosto 2021

Facciamo il...Punto Quotidiano

Arlena di Castro (Viterbo)
     Dal 2018 collaboro col giornale on line il Punto Quotidiano, settimanale culturale attento alle varie realtà regionali, legato in origine al portale di giornalismo scolastico AlboScuole.
        Per avere un’idea di che si tratta, ecco alcuni articoli di domenica 1 agosto:
Elio Clero Bertoldi racconta la bella storia di Diana Bacosi, medaglia d’argento alle Olimpiadi nella specialità dello skeet femminile;
Margherita Bonfilio ci rende edotti sui viaggi in mongolfiera, organizzati dalla società statunitense Space Perspective;
Diana Bacosi
Paolo Paglialunga mostra l’incanto di due casette sugli alberi tra campi di lavanda, ad Arlena di Castro, in provincia di Viterbo, nello splendore della Maremma laziale;
Virginia Mariane ci fa partecipi della sofferenza della Sardegna, straziata dagli incendi;
Francesca Sammarco illustra "Idrofiumata”, manifestazione di aeromodellismo anfibio e modellismo navale, organizzata lungo un tratto della spiaggia di Fiumata, frazione di Petrella Salto sul lago del Salto (in provincia di Rieti);
Il nostro direttore, Nicola Savino, dice la sua sul Green Pass...

Buona lettura!

domenica 1 agosto 2021

Roberto Alajmo e la sua estate del '78

    Palermo – Ѐ opportuno chiarire subito che, nonostante il titolo riguardi la stagione luminosa per eccellenza, il penultimo libro di Roberto Alajmo, L’estate del ’78 (Sellerio, Palermo, 2018, €15), non è affatto un testo solare; non si occupa infatti di sole, spiagge o simili temi ameni e vacanzieri, legati alla voglia di leggerezza tipica del periodo estivo. Scritto dall’autore in prima persona, il libro è invece un viaggio esistenziale dai toni crepuscolari, che evocano le tinte di alcuni quadri di sua madre: «Ragazza con le calze nere» e «Il vecchio seduto sul muro». 
   Nel libro Alajmo riannoda i fili della sua infanzia attorniata da zii, zie, nonni, da Marcello, il fratello più piccolo, dalla madre Elena Parrino e dal padre Vittorio: infanzia che, come per tanti bambini, va in pezzi “a Natale, quando a casa della nonna giochiamo a sette e mezzo, a tombola o al mercante in fiera” scopre che “i parenti mi lasciano vincere apposta”. 
Roberto Alajmo bambino, in bici
    Lo scrittore ci introduce nel cerchio sempre più ampio degli smottamenti che fanno franare il mondo magico e dorato che precede le consapevolezze degli adulti, come quando ad esempio apprende da suo padre la notizia del cancro incurabile di nonno Roberto. Alajmo, rivisitando il tredicenne di allora, confessa: “Questa cosa della morte non l’ho ancora messa a fuoco. Stanlio e Ollio a parte, alcuni parenti sono morti prima che io nascessi, ma nessuno di davvero prossimo, da quando sono nato. Me lo dovevo aspettare, prima o poi, ma ugualmente la cosa mi inquieta. Comincia la Grande Seccatura”. In parallelo, quasi come in un gioco di specchi, racconta poi il suo graduale, inconsapevole commiato dall’infanzia del figlio Arturo: “C’è stata pure un’ultima volta in cui ho preso in braccio mio figlio. (…) Ho fatto uno sforzo grande. Ho pensato cose tipo – Arturo, ma quanto pesi? Quand’è che cresci e la smetti di addormentarti sempre nei posti sbagliati? – (…) Non potevo sapere che quella era l’ultima volta che succedeva”.
    Ma il commiato più difficile da raccontare e, soprattutto, da ‘digerire’ è quello dalla madre, morta a 42 anni il 31 ottobre 1978, dopo la mitica estate della maturità. Anche perché la morte di Elena non è una morte ‘normale’: è stato un suicidio. Maestra elementare, seguace convinta delle idee educative di don Milani, impegnata per anni a studiare per diventare direttrice didattica, pittrice per passione e per talento, madre tanto inquieta quanto dolce e affettuosa, con cui Roberto e Marcello giocavano insieme nel lettone a indovinare le risposte a ‘Rischiatutto’… Elena, come le scrisse in una dedica il poeta Ignazio Buttitta - “vulissi afferrare ‘u munnu  e ‘u munnu ci scappa ri manu…”.
    A mamma Elena il mondo scappava di mano per una grave dipendenza da farmaci, che la portò a vari, inutili e dolorosi ricoveri presso una nota clinica palermitana. Il disturbo psichico di cui soffriva sua madre Roberto Alajmo ce lo racconta unendo la vocazione di cronista  - che gli impone l’obbligo, anche crudo e minuto, di indicare diagnosi medica, di fornire la descrizione impietosa e precisa della malattia e dei suoi effetti devastanti  - e l’amore pudico e tenace di figlio, colpito al cuore due volte,  dalla malattia della madre e dalla separazione dei genitori, avvenuta nel 1976  “quando i genitori che si separavano erano uno scandalo senza precedenti, che ti portavi addosso senza scampo dalla pubblica compassione”, con la madre che lascia la casa di via XX Settembre, per andare ad abitare all’ultimo piano di un palazzo di periferia. 
Elena Parrino Alajmo: Ragazza con calze nere
    Dove ormai la dipendenza da farmaci diventa “padrone dei suoi giorni e delle sue notti. Lei non fa niente per contrastarlo, e nessuno fa niente per contrastare lei”.
   Dopo questa full-immersion nella dolorosa storia personale di Roberto - narrata dall’autore con misura, senza fronzoli, senza virate sdolcinate - chi legge trova il tassello che le mancava per comprendere appieno l’ispirazione di fondo della sua scrittura: anche se gli esiti narrativi di uno scrittore non sono mai sovrapponibili alle sue vicende biografiche, si capisce di più la sapienza dolente, ironica, piena di compassione di un libro come “Repertorio dei pazzi della città di Palermo”, la straordinaria ‘confidenza’ con la morte, ad esempio in “Notizie dal disastro”, la vena grottesca e noir di tanti suoi romanzi, che inevitabilmente si fermano al venerdì santo, senza nessuna resurrezione all’orizzonte. 
    E si intuisce che neppure la catarsi della scrittura potrà sanare del tutto certe ferite dell’anima, che a volte sanguinano ancora.
   Allora il gesto incompiuto nel luglio del ’78, nella stradina assolata di via Stesicoro a due passi dall’azzurro del mare, quando - nell’indimenticabile estate della maturità - Roberto vide per l’ultima volta sua madre seduta sul marciapiede per salutarlo, quell’abbraccio mancato… chi legge avrebbe quasi quasi la voglia di darglielo lei… 

Maria D'Asaro, 1.8.21, il Punto Quotidiano