Palermo – Le previsioni danno nuvole nere/Stormi di temporali in arrivo/Io sono pronto ad ogni evenienza, ad ogni nuova partenza/Un viaggiatore che non sa dove sta andando/Enormi uccelli d'oro solcano il cielo/Spruzzi di fuoco dai forni/La gente vive senza più testa/La specie è in mutazione/E non sappiamo dove stiamo andando…
Nella canzone ‘Splendide previsioni’ Franco Battiato evocava scenari inquietanti, simili a quelli prospettati dal recente rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Changel), l’organismo internazionale incaricato dall’ONU di monitorare e valutare i cambiamenti climatici. In tale studio, l’IPCC afferma che la crisi climatica è drammatica e, per certi versi, irreversibile: è urgente ridurre le emissioni di gas serra per fermare, o almeno diminuire d’intensità, il riscaldamento globale.
“Ѐ un campanello di allarme che va immediatamente ascoltato” – ha detto il segretario dell’ONU Gutierrez. "Questo rapporto è un riscontro oggettivo" - ha ribadito la co-Presidente del I Gruppo di Lavoro dell'IPCC Valérie Masson-Delmotte: "Ora abbiamo un quadro molto più chiaro del clima passato, presente e futuro, che è essenziale per capire dove siamo diretti, cosa si può fare e come ci possiamo preparare". Nel rapporto si sottolinea che con 1,5° di riscaldamento globale ci si attende un incremento del numero di ondate di calore, stagioni calde più lunghe e stagioni fredde più brevi. Con un riscaldamento globale di 2 gradi, gli estremi di calore raggiungerebbero soglie di tolleranza critiche per l'agricoltura e la salute. Gli esperti rilevano che il climate change riguarda ogni area della Terra e tutto il sistema. Tuttavia una significativa e costante riduzione di emissione di Co2 e di altri gas serra limiterebbe i cambiamenti climatici.
In tale contesto, si può avere la tentazione di rassegnarsi al peggio e gettare la spugna. Ma c’è chi ci mette in guardia da un atteggiamento così pericoloso e irresponsabile, rinunciatario e fatalista.
Scrive Jonathan Safran Foer, giornalista e scrittore statunitense, nel suo libro ‘Possiamo salvare il mondo prima di cena’: “Quando serve un cambiamento radicale, molti sostengono che sia impossibile indurlo attraverso azioni individuali. Ѐ vero invece il contrario: l’impotenza dell’azione individuale è la ragione per cui tutti devono provarci “.
Foer si interroga sul peso che hanno le azioni dei singoli all’interno di un sistema complesso come il nostro. E ricorre a un esempio concreto: “Nessun singolo automobilista è in grado di provocare un ingorgo. Ma un ingorgo non può verificarsi senza i singoli automobilisti.” Perciò: “A innescare i cambiamenti sociali, proprio come i cambiamenti climatici, sono una molteplicità di reazioni a catena simultanea”. “Sarà anche un mito neoliberista attribuire alle decisioni individuali il potere supremo, ma non attribuire alle decisioni individuali alcun potere è un mito disfattista.” “Per poter contribuire alla creazione del mondo, anziché alla sua distruzione, un individuo deve agire a beneficio della collettività. L’umanità fa i grandi passi quando gli individui fanno i piccoli passi.”
Foer sa bene però che le informazioni da sole non bastano. Bisogna infatti essere profondamente coinvolti e sentirsi parte del problema perché si prenda una posizione. Lo scrittore sottolinea che “Il nostro sistema d’allarme non è fatto per le minacce concettuali e continuiamo a vivere come se niente fosse.” Percepiamo infatti la crisi climatica astratta e lontana. Così: “Continuiamo a sentire lo sforzo di salvare il nostro pianeta come una partita fuori casa di metà campionato”. E ancora: “Anche quando ci importa della crisi del pianeta, la viviamo come una guerra in corso laggiù. Siamo consapevoli dell’urgenza e della cruciale importanza della posta in gioco, ma pur sapendo che sta infuriando una guerra per la nostra sopravvivenza, non abbiamo la sensazione di esserci immersi dentro. Questa distanza tra comprensione e sensazione può rendere molto difficile anche per chi è molto attento e politicamente impegnato”. “Per mobilitare le persone, questa (la crisi climatica) deve diventare una questione emotiva”.
Allora, incalza Foer: “Per mettere insieme la volontà necessaria ad affrontare la crisi del pianeta […] avremo bisogno di considerare la Terra come la nostra unica casa, non in senso figurato, non a livello intellettuale ma a livello viscerale.”
Lo scrittore propone azioni semplici, alla portata di tutti, per contrastare il riscaldamento globale: ridurre lo spreco di cibo, ridurre l’uso di aereo e automobile, favorire l’istruzione femminile e la pianificazione familiare, passare collettivamente a un’alimentazione a prevalenza vegetale.
Già nel 1979 il filosofo Hans Jonas, nel suo libro “Il principio responsabilità” proponeva una nuova etica per la nostra civiltà, un’etica della responsabilità appunto, profondamente diversa dalle morali tradizionali: “Un oggetto di ordine completamente nuovo, nientemeno che l’intera biosfera del pianeta, è stato aggiunto al novero delle cose per cui dobbiamo essere responsabili, in quanto su di esso abbiamo potere […] La natura come responsabilità umana è certamente una novità sulla quale la teoria etica deve riflettere”. La nuova etica deve, secondo Jonas, ripudiare ‘lo spietato antropocentrismo’ e la ‘strutturale miopia’ che caratterizzano l’etica tradizionale di matrice ellenistica ed ebraico-cristiana. Questo significa che oggi non è più sufficiente essere ‘a posto con la propria coscienza’ o accontentarsi di regole formali, ma occorre saper prevedere l’influenza che le nostre azioni potranno avere sulle sorti dell’umanità e del pianeta. E, sulla scia, dell’imperativo morale di Kant, proponeva un nuovo principio etico universale: «Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la sopravvivenza della vita umana sulla terra».
Le riflessioni di Hans Jonas e di Jonathan Foer meritano grande attenzione e una conseguente azione pratica. Ma non dovrà essere solo la paura a farci tirare il freno a mano sul nostro modo di vivere. L’emozione che dovrà muoverci sarà soprattutto l’amore per i nostri simili: figli, nipoti, posteri tutti, oltre che per il nostro pianeta.
Solo se saremo capaci di sentire per la Terra, e per tutte le sue creature, il sentimento di cura immenso e viscerale che proviamo per un figlio che soffre, potremo salvarla. E, con lei, salvare anche noi stessi.
Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 29.8.21