Palermo – Non ha bisogno di tante parole Gino Strada, il fondatore di Emergency che ci ha lasciato il 13 agosto, per un improvviso aggravarsi dei suoi problemi cardiaci.
Lombardo, nato a Sesto San Giovanni il 21 aprile 1948, dopo aver conseguito la maturità classica, Strada ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università Statale di Milano nel 1978.
Negli anni '80 si è specializzato in chirurgia cardiopolmonare e ha lavorato negli Stati Uniti, presso le università di Stanford e Pittsburgh, all'Harefield Hospital nel Regno Unito e al Groote Schuur Hospital di Città del Capo, in Sudafrica, l'ospedale dove nel 1967 venne eseguito il primo trapianto di cuore dal dottor Chris Barnard.
Dal 1989 al 1994 ha prestato la sua opera con il Comitato internazionale della Croce Rossa, in varie zone di guerra: Pakistan, Etiopia, Perù, Afghanistan, Somalia, Bosnia ed Erzegovina. L’esperienza diretta della sofferenza e della morte causate dai conflitti armati sulla popolazione civile, induce Gino Strada, assieme alla moglie Teresa Sarti, a Carlo Garbagnati e Giulio Cristoffanini, a fondare il 15 maggio 1994 Emergency, un'associazione umanitaria internazionale con l’obiettivo di offrire cure mediche e chirurgiche gratuite e di alta qualità alle vittime della guerra, delle mine antiuomo e della povertà.
Dalla sua fondazione alla fine del 2013, l’associazione ha fornito assistenza gratuita a oltre 6 milioni di pazienti in 16 paesi nel mondo. Nata dunque per fornire soccorso chirurgico nei paesi in guerra, Emergency ha nel tempo esteso il raggio delle sue attività alla cura delle vittime della povertà in paesi in cui non esistono strutture sanitarie gratuite. Inoltre, grazie anche al coordinamento e all'attività dei volontari sul territorio, si batte anche per promuovere i valori della pace, della solidarietà e del rispetto dei diritti umani. Dal 2005, l’associazione opera anche in Italia, per garantire a tutti il rispetto costituzionale del diritto a essere curati.
Vogliamo onorare la memoria di Gino Strada riportando parte del suo toccante intervento a Stoccolma, dove – nel dicembre del 2015 - il Parlamento svedese gli ha tributato il Premio Nobel alternativo Right Livelihood "per la sua grande umanità e la sua capacità di offrire assistenza medica e chirurgica di eccellenza alle vittime della guerra e dell'ingiustizia, continuando a denunciare senza paura le cause della guerra".
Ecco le sue parole, che possono essere considerate una sorta di suo testamento spirituale: «La maggiore sfida dei prossimi decenni consisterà nell'immaginare, progettare e attuare le condizioni che permettano di ridurre il ricorso alla forza e alla violenza di massa fino al completo abbandono di questi metodi. La guerra, come le malattie mortali, deve essere prevenuta e curata. La violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente. L'abolizione della guerra è il primo e indispensabile passo in questa direzione. Possiamo chiamarla "utopia", visto che non è mai accaduto prima. Tuttavia, il termine utopia non indica qualcosa di assurdo, ma piuttosto una possibilità non ancora esplorata e portata a compimento.
Come le malattie, anche la guerra deve essere considerata un problema da risolvere e non un destino da abbracciare o apprezzare, dobbiamo convincere milioni di persone del fatto che abolire la guerra è una necessità urgente e un obiettivo realizzabile. Questo concetto deve penetrare in profondità nelle nostre coscienze, fino a che l'idea della guerra divenga un tabù e sia eliminata dalla storia dell'umanità. (…) Io sono un chirurgo. Ho visto i feriti (e i morti) di vari conflitti in Asia, Africa, Medio Oriente, America Latina e Europa. Ho operato migliaia di persone, ferite da proiettili, frammenti di bombe o missili. Alcuni anni fa, a Kabul, ho esaminato le cartelle cliniche di circa 1200 pazienti per scoprire che meno del 10% erano presumibilmente dei militari. Il 90% delle vittime erano civili, un terzo dei quali bambini. E' quindi questo 'il nemico'? Chi paga il prezzo della guerra? Ogni volta, nei vari conflitti nell'ambito dei quali abbiamo lavorato, indipendentemente da chi combattesse contro chi e per quale ragione, il risultato era sempre lo stesso: la guerra non significava altro che l'uccisione di civili, morte, distruzione. La tragedia delle vittime è la sola verità della guerra. (…)
Nel secolo scorso, la percentuale di civili morti aveva fatto registrare un forte incremento passando dal 15% circa nella prima guerra mondiale a oltre il 60% nella seconda. E nei 160 e più 'conflitti rilevanti' che il pianeta ha vissuto dopo la fine della seconda guerra mondiale, con un costo di oltre 25 milioni di vite umane, la percentuale di vittime civili si aggirava costantemente intorno al 90% del totale (…).
Ancora oggi ci troviamo ancora davanti al dilemma posto nel 1955 dai più importanti scienziati del mondo nel cosiddetto Manifesto di Russel-Einstein: 'Metteremo fine al genere umano o l'umanità saprà rinunciare alla guerra?'. Ѐ possibile un mondo senza guerra per garantire un futuro al genere umano? Molti potrebbero eccepire che le guerre sono sempre esistite. Ѐ vero, ma ciò non dimostra che il ricorso alla guerra sia inevitabile, né possiamo presumere che un mondo senza guerra sia un traguardo impossibile da raggiungere. Il fatto che la guerra abbia segnato il nostro passato non significa che debba essere parte anche del nostro futuro».
Nient’altro da aggiungere a queste riflessioni così profetiche e illuminate.
Al benefattore dell’umanità è stato intitolato l'asteroide 248908 . Ma, più che in cielo, la memoria del dottore Gino Strada rimarrà nel cuore della comunità umana che gli serba profonda riconoscenza e sentita gratitudine per la sua immensa azione di cura.
Maria D'Asaro, 15.8.21, il Punto Quotidiano
Una vita incredibile. :(
RispondiElimina@Franco Battaglia: una vita che lascia un vuoto...
EliminaSì, dolore, ammirazione, profonda gratitudine... Grazie per la tua bella ricostruzione biografico-spirituale.
RispondiElimina@Rossana: ho provato un dispiacere autentico per la scomparsa di quest'uomo votato alla cura... Grazie a te per la condivisione dei sentimenti di grata ammirazione verso questo grande uomo.
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