domenica 29 agosto 2021

Salvare la Terra: imperativo per tutti

      Palermo –  Le previsioni danno nuvole nere/Stormi di temporali in arrivo/Io sono pronto ad ogni evenienza, ad ogni nuova partenza/Un viaggiatore che non sa dove sta andando/Enormi uccelli d'oro solcano il cielo/Spruzzi di fuoco dai forni/La gente vive senza più testa/La specie è in mutazione/E non sappiamo dove stiamo andando… 
   Nella canzone ‘Splendide previsioni’ Franco Battiato evocava scenari inquietanti, simili a quelli prospettati dal recente rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Changel), l’organismo internazionale incaricato dall’ONU di monitorare e valutare i cambiamenti climatici. In tale studio, l’IPCC afferma che la crisi climatica è drammatica e, per certi versi, irreversibile: è urgente ridurre le emissioni di gas serra per fermare, o almeno diminuire d’intensità, il riscaldamento globale. 
  “Ѐ un campanello di allarme che va immediatamente ascoltato” – ha detto il segretario dell’ONU Gutierrez. "Questo rapporto è un riscontro oggettivo" - ha ribadito la co-Presidente del I Gruppo di Lavoro dell'IPCC Valérie Masson-Delmotte: "Ora abbiamo un quadro molto più chiaro del clima passato, presente e futuro, che è essenziale per capire dove siamo diretti, cosa si può fare e come ci possiamo preparare".  Nel rapporto si sottolinea che con 1,5° di riscaldamento globale ci si attende un incremento del numero di ondate di calore, stagioni calde più lunghe e stagioni fredde più brevi. Con un riscaldamento globale di 2 gradi, gli estremi di calore raggiungerebbero soglie di tolleranza critiche per l'agricoltura e la salute. Gli esperti rilevano che il climate change riguarda ogni area della Terra e tutto il sistema. Tuttavia una significativa e costante riduzione di emissione di Co2 e di altri gas serra limiterebbe i cambiamenti climatici.
   In tale contesto, si può avere la tentazione di rassegnarsi al peggio e gettare la spugna. Ma c’è chi ci mette in guardia da un atteggiamento così pericoloso e irresponsabile, rinunciatario e fatalista.
Scrive Jonathan Safran Foer, giornalista e scrittore statunitense, nel suo libro ‘Possiamo salvare il mondo prima di cena’: “Quando serve un cambiamento radicale, molti sostengono che sia impossibile indurlo attraverso azioni individuali. Ѐ vero invece il contrario: l’impotenza dell’azione individuale è la ragione per cui tutti devono provarci “. 
    Foer si interroga sul peso che hanno le azioni dei singoli all’interno di un sistema complesso come il nostro. E ricorre a un esempio concreto: “Nessun singolo automobilista è in grado di provocare un ingorgo. Ma un ingorgo non può verificarsi senza i singoli automobilisti.” Perciò: “A innescare i cambiamenti sociali, proprio come i cambiamenti climatici, sono una molteplicità di reazioni a catena simultanea”. “Sarà anche un mito neoliberista attribuire alle decisioni individuali il potere supremo, ma non attribuire alle decisioni individuali alcun potere è un mito disfattista.” “Per poter contribuire alla creazione del mondo, anziché alla sua distruzione, un individuo deve agire a beneficio della collettività. L’umanità fa i grandi passi quando gli individui fanno i piccoli passi.”
   Foer sa bene però che le informazioni da sole non bastano. Bisogna infatti essere profondamente coinvolti e sentirsi parte del problema perché si prenda una posizione. Lo scrittore sottolinea che “Il nostro sistema d’allarme non è fatto per le minacce concettuali e continuiamo a vivere come se niente fosse.” Percepiamo infatti la crisi climatica astratta e lontana.  Così: “Continuiamo a sentire lo sforzo di salvare il nostro pianeta come una partita fuori casa di metà campionato”. E ancora: “Anche quando ci importa della crisi del pianeta, la viviamo come una guerra in corso laggiù. Siamo consapevoli dell’urgenza e della cruciale importanza della posta in gioco, ma pur sapendo che sta infuriando una guerra per la nostra sopravvivenza, non abbiamo la sensazione di esserci immersi dentro. Questa distanza tra comprensione e sensazione può rendere molto difficile anche per chi è molto attento e politicamente impegnato”. “Per mobilitare le persone, questa (la crisi climatica) deve diventare una questione emotiva”.
   Allora, incalza Foer: “Per mettere insieme la volontà necessaria ad affrontare la crisi del pianeta […] avremo bisogno di considerare la Terra come la nostra unica casa, non in senso figurato, non a livello intellettuale ma a livello viscerale.” 
   Lo scrittore propone azioni semplici, alla portata di tutti, per contrastare il riscaldamento globale: ridurre lo spreco di cibo, ridurre l’uso di aereo e automobile, favorire l’istruzione femminile e la pianificazione familiare, passare collettivamente a un’alimentazione a prevalenza vegetale. 
   Già nel 1979 il filosofo Hans Jonas, nel suo libro “Il principio responsabilità” proponeva una nuova etica per la nostra civiltà, un’etica della responsabilità appunto, profondamente diversa dalle morali tradizionali: “Un oggetto di ordine completamente nuovo, nientemeno che l’intera biosfera del pianeta, è stato aggiunto al novero delle cose per cui dobbiamo essere responsabili, in quanto su di esso abbiamo potere […] La natura come responsabilità umana è certamente una novità sulla quale la teoria etica deve riflettere”. La nuova etica deve, secondo Jonas, ripudiare ‘lo spietato antropocentrismo’ e la ‘strutturale miopia’ che caratterizzano l’etica tradizionale di matrice ellenistica ed ebraico-cristiana. Questo significa che oggi non è più sufficiente essere ‘a posto con la propria coscienza’ o accontentarsi di regole formali, ma occorre saper prevedere l’influenza che le nostre azioni potranno avere sulle sorti dell’umanità e del pianeta. E, sulla scia, dell’imperativo morale di Kant, proponeva un nuovo principio etico universale: «Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la sopravvivenza della vita umana sulla terra».
   Le riflessioni di Hans Jonas e di Jonathan Foer meritano grande attenzione e una conseguente azione pratica. Ma non dovrà essere solo la paura a farci tirare il freno a mano sul nostro modo di vivere. L’emozione che dovrà muoverci sarà soprattutto l’amore per i nostri simili: figli, nipoti, posteri tutti, oltre che per il nostro pianeta. 
    Solo se saremo capaci di sentire per la Terra, e per tutte le sue creature, il sentimento di cura immenso e viscerale che proviamo per un figlio che soffre, potremo salvarla. E, con lei, salvare anche noi stessi. 

Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 29.8.21


7 commenti:

  1. Esiste un punto di non ritorno che non conosciamo.

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    1. @Gus: o che ci rifiutiamo di conoscere... Grazie per l'attenzione. Buonanotte.

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  3. @Gus O.: Condivido. Credo si possa identificare con l'avvento del nuovo millennio (tutti i miei parametri convergono sul 2000), ma temo sia una visione troppo soggettiva.


    @Maruzza - Bellissima la scelta delle parole di Battiato in apertura (e qui anche in chiusura, ascoltabili in musica e cantato): a confezionare un problema che mi sta particolarmente a cuore. Anche per via (non lo nascondo) della mia - non certificata ma vissuta - meteoropatia, o qualcosa di simile: una spiccata, esagerata sensibilità - spesso frenante - al clima nella sua normalità, ai suoi bizzarri cambiamenti, e di conseguenza ai suoi anomali stravolgimenti. Il cuore dell'articolo fa giustamente "male", i dati sono quelli, e se una ragione non ce la siamo ancora fatta, bisogna che ce la facciamo, e anche piuttosto in fretta. Solitamente tendo a puntare il dito ai cosiddetti "piani alti", e non per "scarica barile" (chi più potere ha, più lo metta al servizio o si autocondanni... mi sembra coerente, giusto e risolutivo: praticamente un'utopia, direi ormai, con una certa arrendevolezza frutto dell'esperienza); ma non in questo caso: qui - in aggiunta, e molto - dipende dallo stile di vita che decidiamo di adottare anche nelle piccole azioni di tutti i giorni. Non è molto diverso - ad esempio - dal fortunato slogan che contraddistinse la mia/nostra generazione, riguardo l'AIDS: «Se lo conosci non ti uccide». Ci salva la buona Informazione, e in secondo luogo la Diplomazia, finché attuabile, tra posizioni differenti. Ma più di tutti ci salva l'istinto di Sopravvivenza. Ebbene, in questo caso non possiamo dire che il problema ci sia sconosciuto, o che non abbiamo dati sufficienti per fare un estremo tentativo di salvezza. Ops... Temo di far confusione. Vi sembra forse che stia parlando del Covid? O della crisi in Afghanistan? Credevo si parlasse di Clima, ma a questo punto non ne sono più tanto certo... Ad ogni modo, tutto ci riporta alla nostra singolarità, è proprio lì che risiede la nostra umana forza: sta a noi, singolarmente, discernere. Ovvero scegliere: il miglior campo d'azione in base alle nostre migliori facoltà, e - come obiettivo - il miglior servizio diretto alla comunità (e quindi a noi stessi).
    In ogni caso il nostro cervello non è fatto per essere "fritto" da stupide "App": va usato e fatto funzionare per come è sempre stato (o quasi, ma non di meno), perché ad oggi - malgrado tutto - funziona ancora meglio di qualsiasi macchina, alla faccia dell'Intelligenza Artificiale, che già tende a mandarci in depressione (e in pensione malgrado noi)! Tanti giovani lo hanno già capito, col conseguente carico di "rabbia" più o meno accumulata: bisogna che questo "rancore" (veniamo tutti catapultati in un mondo ostile) vada convertito in azione logica e razionale, risolutiva e soprattutto pacifica. La sola ed unica speranza su cui possiamo puntare è il progresso: lo stesso progresso che abbiamo ereditato. Se non ci piace, possiamo (alla grande, i mezzi non ci mancano) e dobbiamo (altro che Supereroi, siamo più decisamente più reali e forti) migliorarlo.

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  4. @Riccardo: grazie per la visita e il commento appassionato. Buonanotte.

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  5. "Percepiamo infatti la crisi climatica astratta e lontana". Questo il problema principale. Il telegiornale rimanda immagini di tornado devastanti, guerre micidiali, emigrazioni, frane, piogge torrenziali.. ma noi siamo sul nostro divano comodo e oggi comincia pure La casa di carta 5.

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    1. @Franco: eppure dovremmo alzarci da quel comodo divano... O forse starci il più possibile senza prendere auto e aereo... Dovremmo essere capaci, come singoli e come specie, di compiere uno scatto evolutivo di intelligente sopravvivenza. Ne saremo capaci? Buona domenica. P.s. assai intrigante il tuo ultimo post sui requisiti indispensabili per un 'giallo' che possa definirsi tale.

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