lunedì 27 febbraio 2017

Giuseppe, Irene, Roberto …


          Giuseppe, Irene, Roberto, Giulia: questi, in bella vista nei monitor indicanti anche tipo di servizio erogato e numero dell’utente allo sportello, i nomi degli impiegati di un Ufficio Postale di Palermo. Presentarsi con un confidenziale “Sono Silvia” è l’efficace modalità di “vendita” da parte di chi telefona per una promozione: si cerca, tramite la falsa vicinanza empatica indotta dal presentarsi per nome, la “captatio benevolentiae” del consumatore. Si tratta di una forzatura respinta al mittente solo da chi è capace di riconoscere le blandizie di una “prossimità” fasulla. Siamo lontani anni luce da uno degli slogan della rivoluzione culturale del ’68: “Il pubblico è privato; il privato è pubblico”, il cui scopo - far capire alla gente che le scelte politiche riguardano sia la sfera personale che quella collettiva -  non ha niente a che fare col chiamare per nome l’impiegato delle Poste o l’addetto a una vendita promozionale.
                                                                            Maria D’Asaro, “100NOVE” n.8 del 23.2.2017

venerdì 24 febbraio 2017

Gesù: che Tenerezza di uomo ... Ecco la recensione


            Tra i meriti del saggista e filosofo Augusto Cavadi, oltre alla rara capacità di coniugare in modo esemplare rigore di pensiero e chiarezza espositiva in campi che spaziano dalla politica alla filosofia, dalla teologia all’etica e all’impegno sociale, c’è anche quello di riuscire a condensare spunti imperdibili in libretti all’apparenza modesti. In particolare, nelle novanta pagine che compongono il saggio Tenerezza – Hanna Wolff e la rivoluzione (incompresa) di Gesù (Diogene Multimedia, Bologna, 2016, €5) l’autore ci offre le riflessioni su Gesù di Nazareth a opera della poco nota teologa e psicoterapeuta Hanna Wolff, deceduta nel 2001. L’intento dichiarato del testo è quello di richiamare l’attenzione sulle interessanti tesi della studiosa tedesca che, a parere di Cavadi, non merita affatto la damnatio memoriae cui sembra condannata: infatti le sue conclusioni teologiche, davvero suggestive e innovative, hanno il merito di presentarci un Gesù storico più autentico e “liberatorio” di quello conosciuto, ad esempio, attraverso le confessioni cristiane.
         Che Gesù ci presenta questa studiosa di confine, che si è occupata di teologia e psicoterapia attraversando con coraggio e grande competenza tali discipline? Nei suoi tre testi fondamentali - Gesù, la maschilità esemplare; Gesù psicoterapeuta; Vino nuovo, otri vecchi - riproposti in italiano dall’editrice Queriniana e ben riassunti nel saggio di Cavadi, viene delineata la figura storica di un Gesù rivoluzionario incompreso, maschio e terapeuta esemplare; un Gesù che rifiuta il Dio degli eserciti, l’onnipotente Dio-patriarca della tradizione vetero-testamentaria. Ma la discontinuità tra Antico e Nuovo Testamento, così netta nelle parole e nella vita del Nazareno, è stata poco compresa già dai suoi stessi discepoli che “hanno forzatamente ‘armonizzato’ il messaggio di Gesù con il patrimonio biblico anteriore”. Secondo la teologa “La fanatica volontà di avviticchiarsi, come un’escrescenza parassita, all’ebraismo e al suo patrimonio religioso” trae origine “dalla ricerca non riuscita, e realizzata solo in parte, dell’identità cristiana”; per cui, paradossalmente, Cristo “che respingeva ogni giudizio, è divenuto il giudice del mondo.
Hanna Wolff
        La Wolff, con la sua attenta esegesi, ci dimostra invece che il Gesù originario credeva in un Dio assai diverso: un Dio misericordioso, un Dio empatico, che ci ama e ci lascia liberi “che garantisce un ritorno senza timore nella casa paterna/materna, che esclude radicalmente ogni ricorso alla violenza; (…) che, come un artista degno di lode, sollecita gli esseri umani a diventare artisti simili a lui.” Cavadi argomenta quindi che “cortei pro-famiglia, pro-campanile, pro-nazione potranno sempre svolgersi, ma non in nome di Gesù il Galileo” ed evidenzia come “la predicazione del vescovo di Roma – centrata sulla misericordia divina più che sul rigore legalistico patriarcale – troverebbe nelle ricerche bibliche e antropologiche della Wolff un più che solido fondamento scientifico”. 
      Hanna Wolff sottolinea ancora che Gesù, capace di integrare armonicamente l’anima maschile e quella femminile, è stato un “maschio singolare”: infatti, mettendo al centro della sua predicazione i valori femminili della disponibilità, della ricettività e della cura, ha demolito l’androcentrismo del mondo antico. Cavadi mette poi in evidenza che la Wolff, attraverso questa ‘nuova’ immagine storica di Gesù Cristo, ci fa ripensare criticamente molta teologia e altrettanta antropologia; infatti: “l’uomo concepito da Gesù è capace di rinunziare totalmente alle proiezioni che lo alienano e lo de-responsabilizzano (…). E’ di estrema plasticità psicologica: mostra di possedere ‘una sviluppata funzione del sentimento’(…); una spontanea e diretta percezione della natura profonda degli uomini e delle cose; (…) la capacità di vedere la realtà nella sua concretezza e di dare altrettanta concretezza alla dimensione più autentica, nonché di renderla comprensibile a tutti”
       Infine, in Gesù la Wolff riconosce un precursore della psicoterapia contemporanea “perché in lui è pienamente presente la conoscenza dei processi psichici costruttivi o distruttivi della vita; (…) perché risana la persona ammalata (…), aiutandola a perseguire un agire costruttivo, che permetta di edificare la propria vita in gioiosa responsabilità”. Gesù dunque è lo psicoterapeuta esemplare, che “esorta l’uomo a diventare ciò che può e deve essere”, dà rilevanza sociale alle verità fondamentali dell’esistenza umana, esige da ciascuno il coraggio di incontrare se stesso.
        Grazie allora ad Hanna Wolff e al prezioso libretto di Cavadi, che ci fanno innamorare di questo Gesù maestro di cura: Tenerezza incondizionata che ci aiuta a vivere relazioni umane amorevoli, libere e autentiche e feconda un ventaglio infinito di possibilità esistenziali.  
        
                                                                  Maria D’Asaro: 100NOVE n.8 del 23.2.2017, pag.31

mercoledì 22 febbraio 2017

La maledizione della Sinistra: Scindetevi e moltiplicatevi

       Le divisioni nella grande famiglia litigiosa della Sinistra hanno radici lontane; la più recente si sta consumando all’interno del PD. Tralasciando analisi e commenti – troppa l’amarezza, grande lo sconforto e, soprattutto, la pena per un’Italietta priva di una classe politica all’altezza di questa difficile periodo di crisi - ecco l’esilarante Corrado Guzzanti in un Fausto Bertinotti che afferma “A Sinistra ci dividiamo per difenderci dai virus Dobbiamo continuare a scinderci sempre di più e creare migliaia di microscopici partiti comunisti indistinguibili l'uno dall'altro che cambiano continuamente nome e forma ... Dividiamoci anche se la pensiamo allo stesso modoIl nostro slogan è Scindetevi e moltiplicatevi …”. 
(ringrazio mio figlio Riccardo per la segnalazione).

Si ride per non piangere. Intanto sulla scena politica mondiale impazza Donald Trump.




domenica 19 febbraio 2017

Differenziamoci …


       Nel 2009 è stato previsto l'obbligo per tutti i Comuni italiani di differenziare almeno il 35% dei rifiuti; subito dopo il tetto da raggiungere, già entro il 2012, era aumentato al 65%. Purtroppo, nel 2013  in Italia la percentuale di differenziata è stata solo del 42,3%. In quest’ambito, la Sicilia è fanalino di coda: i dati relativi alla raccolta differenziata nel 2016 oscillano tra il 15 e il 21%, a fronte di risultati migliori nelle altre regioni del Sud: la Calabria differenzia il 30% dei rifiuti, Campania e Puglia circa il 50%, la Sardegna consegue la targa di regione virtuosa differenziando circa il 60%. A Palermo, la raccolta differenziata, praticata con la modalità porta a porta solo in pochi quartieri del centro, non è mai decollata.  L’appello ai candidati Sindaco per l’imminente rinnovo del Consiglio comunale è di inserire la differenziata tra le 10 cose da fare subito in città!
                                                                            Maria D’Asaro, “100NOVE” n.7 del 16.2.2017

venerdì 17 febbraio 2017

Atene: fu vera democrazia?

      Davvero illuminante il saggio Democrazia (Diogene Multimedia, Bologna, 2016, €20), a cura di Francesco Dipalo con contributi di Giorgio Gagliano, ed Elio Rindone.
Eccone un assaggio, tratto dalla prima parte – a cura del prof. Rindone - che pone un intrigante interrogativo: Atene: culla della democrazia? (pagg.41,42)

L’immagine di Atene proposta nell’epitaffio di Pericle – quella di una città che «coinvolge nell’amministrazione non pochi cittadini ma la maggioranza di essi» (…) – non sembra dunque la descrizione più fedele della realtà.
Gli interessi in gioco, in effetti sono difficilmente conciliabili: i ceti benestanti e quelli popolari sono inevitabilmente in conflitto e quando possono (…) si impadroniscono a turno del potere. Il merito che Tucidide attribuisce a Pericle (…) è quello di aver saputo realizzare un sia pur precario equilibrio, conquistando il potere del demo mentre instaurava in realtà una sorta di principato. L’ordinamento politico ateniese è quindi espressione di quelli che sono, di volta in volta, i rapporti di forza. Se sono più influenti i nobili o i ricchi, ci sarà un regime aristocratico o oligarchico; quando aumenterà il peso delle classi popolari, si affermerà un regime democratico. Ad Atene, come negli altri Stati, la convivenza politica non si basa perciò sulla giustizia  e sull’eguaglianza dei diritti, ma sulla forza: infatti gli schiavi, che non hanno i mezzi necessari per far valere i loro diritti, non hanno alcun potere.
All’interno della città tuttavia, se vige la legge del più forte, si cerca in ogni modo di trovare soluzioni che evitino, se possibile, il ricorso alla violenza. Nella politica estera, invece, i conflitti si risolvono necessariamente con la guerra: le relazioni tra gli Stati sono regolate non dal diritto ma dalla forza. E alla legge del più forte ispirano le loro scelte politiche non solo i regimi oligarchici, ma anche la stessa democratica Atene. Abbiamo visto, infatti, che la ricchezza della città si basa sulla potenza della sua flotta, che ha reso possibile il dominio sul mare e la creazione dell’impero. 
E un impero si può creare e mantenere solo usando la forza, senza cedere a scrupoli a carattere morale. (...)

mercoledì 15 febbraio 2017

IL segreto della bellezza: grazie Audrey

    "Per avere labbra attraenti, pronuncia parole gentili; per avere gli occhi belli, guarda quello che le persone hanno di bello in loro; per rimanere sottile, condividi i tuoi pasti con coloro che hanno fame; per avere dei bei capelli, lascia che un bambino li accarezzi ogni giorno; per avere un bel portamento, cammina sapendo di non essere mai sola, perché coloro che ti amano e ti hanno amato ti accompagnano.
Le persone, più ancora che gli oggetti, hanno bisogno di essere riparate, viziate, risvegliate, volute e salvate: non rinunciare mai a nessuno. Ma pensa anche che se un giorno hai bisogno di una mano, ne troverai una alla fine di ciascuna delle tue braccia: crescendo ti renderai conto che hai due mani, una per aiutare te stesso, l'altra per aiutare coloro che ne hanno bisogno.
La bellezza di una donna non è nei vestiti che indossa, nel suo viso o nel modo di sistemare i capelli. La bellezza di una donna si vede nei suoi occhi, perché quella è la porta aperta sul suo cuore, la fonte del suo amore. La bellezza di una donna non è nel suo trucco, ma nella sua anima. È nella tenerezza che dà, nell'amore, nella passione che esprime. La bellezza di una donna cresce con gli anni".

Se non è una bufala, nel web  queste affermazioni sono  attribuite all'attrice Audrey Hepburn, quando le chiesero di rivelare i suoi segreti di bellezza. Frasi che, pare, siano state lette ai suoi funerali.


sabato 11 febbraio 2017

Un eroe “normale”

        Da parecchi anni, Carlo – lo chiameremo così - esce solo per fare la spesa o per eventi eccezionali. Carlo, che abita a Palermo, all’ottavo piano di una palazzina, non è malato e non ha particolari problemi; ma, da quando è morta la mamma, ormai molti anni fa, si occupa a tempo pieno della sorella maggiore, affetta da sindrome di Down, che accudisce con affetto e competenza straordinari: la imbocca, la lava, la veglia nel disordinato riposo notturno. Soprattutto la coccola e le vuole bene. Se sua sorella, ad ottobre, ha festeggiato il 51° compleanno, il merito è anche della presenza costante del fratello al suo fianco. Che non si sente affatto speciale, anche se, per accudire la sorellina, ha dovuto lasciare il lavoro e mettere tra parentesi la sua vita. A Carlo, che tra qualche giorno compirà 50 anni, l’augurio di tanta serenità e di avere la gioia che merita.
                                                                                Maria D’Asaro, “100NOVE”  n.6 del 2.2.2017

giovedì 9 febbraio 2017

Il partito invisibile del Sale e della Luce

       Non so se abbiamo riflettuto abbastanza sulle affermazioni che Gesù fa a proposito dei cristiani: “Essere sale della terra, essere luce del mondo”. Quando è messo nella terra o quando lo mettiamo nel cibo, il sale non si vede. Il sale non si deve sentire a parte, ma rende gustoso il cibo o rende ricca di sostanze la terra, dissolvendosi e rendendola capace di portare frutti saporiti. 
    Non so se noi cristiani siamo autorizzati a fare (...) un gruppo a parte rispetto al mondo o se invece, secondo queste bellissime ed efficaci metafore, dobbiamo confonderci con la società, fare parte di questa società, esserci dentro. E se siamo capaci, accettando la sollecitazione che ci viene dal Vangelo, di sapore e sapienza alla vita. O siamo capaci e ci riusciamo o, altrimenti, non stiamo celebrando la nostra identità cristiana. Non basta che i cristiani si raccolgano a parte e dicano di essere cristiani oppure facciano un partito (…) No. Siamo nel mondo, al servizio del mondo. Siamo per il mondo. Non ci confondiamo con la logica del mondo perché vorremmo dare un gusto diverso all’esperienza umana, vorremmo condirla.  E quindi quello che potrebbe rischiare di diventare banale, la vita quotidiana, la vogliamo rendere saporita, gustosa, degna di essere vissuta, di essere gustata e degna di portarci avanti gioiosamente come un bel cibo che ci nutre. Ci nutriamo di cose gustose!Possiamo vivere in maniera scipita: possiamo stare dietro un bancone a rendere il proprio servizio, in maniera “scipita”; o stare a casa a fare i nostri servizi in maniera “scipita”, disadorna. Oppure possiamo metterci il sale. Anche la cosa più banale può diventare miracolosa.
      E quindi occorre questa immissione piena di sale, nella vita e nella realtà di ogni giorno, in questo mondo di cui facciamo parte, di cui non dobbiamo vergognarci, perché è quello amato da Dio. E ognuno di noi deve capire in che cosa può dare sapore! Che si tratti di rapporti fra le persone, fra marito e moglie e con figli; che si tratti di rapporti con i colleghi, con il vicinato ... dobbiamo rispondere alla domanda: in che cosa posso esprimere la mia esistenza cristiana? Possiamo farlo soltanto se riusciamo a dare questo gusto alle cose. Non essere lì a opporsi, a sopraffare, ad averla vinta ... sono tutte cose inutili. Dai gusto! E gustiamo insieme, se ci riusciamo appunto, la bellezza della vita! 
       E così anche la luce! La luce non la possiamo guardare direttamente. Questo compete a Dio, ma noi non ci riusciamo se non per restare abbagliati. Ma noi possiamo portare luce, in noi stessi e negli altri. Possiamo illuminare le situazioni della vita se ci riusciamo … e orientarci. Con la luce possiamo capire in che direzione stiamo andando. Può darsi che abbiamo sbagliato strada: la luce ci indica la direzione. Orientiamoci! Serve a orientarsi fare cose che meritano di essere fatte, che vale la pena che ci impegniamo a farle e hanno una loro luminosità. Ma non perché siamo cristiani, e quello che fanno i cristiani è sempre buono, giusto e retto. No, al contrario: mostriamo di essere cristiani perché facciamo cose buone, giuste e rette. O per dirla con la Prima lettura: “La tua luce sorgerà come l’aurora, è una luce che rimarginerà anche le ferite perché toglieremo di mezzo l’oppressione, apriremo il cuore all’affamato, sazieremo l’afflitto di cuore. Allora brilla la nostra luce”.
Portiamo soluzioni ai problemi della vita! Portiamo luce che riscalda e che ci dà la voglia di andare avanti. Se ci riusciamo dovremmo essere solari, luminosi, partecipativi di luce, diffusivi di luce. La luce non si può contenere, la possiamo solo far passare attraverso di noi. 
E allora ripensiamola così la nostra esistenza. Se dovessimo rispondere a delle domande a fine giornata o a fine settimana o quando vogliamo, dovremmo chiederci: In che cosa ho portato gusto stando insieme con gli altri? Sono riuscito a dare un gusto particolare? Buono, da assaporare? In che cosa ho portato un po’ di luce?    
    Anziché stare lì ed avvilirci e combattere contro le tenebre, ricordate la frase “Non gridare contro il buio, accendi una luce”?  Ed è finito il buio. È inutile litigare con il buio, basta accendere una luce. (...) Sapere è un verbo che noi usiamo anche come ausiliare “sapere accendere” una luce è la cosa più semplice … Molta nostra vita si spreca anche perché ci viene difficile produrre luce, alimentare rapporti gustosi, belli. (...) Ci viene molto più sbrigativa l’azione-reazione, il contrasto, l’opposizione. Se noi cristiani vogliamo fare qualcosa (...) dobbiamo essere persone gustose, che sanno dare sapore, luminose. In mezzo a tante situazioni che restano anche oscure, tante volte. Non dobbiamo pretendere di essere “la Luce”. Ma possiamo dare un momento di luminosità, di calore, un momento di tepore. Non mettendoci al di sopra o al di fuori degli altri perché siamo migliori … ma condividendo con gli altri quel po’ di bene e di verità, di calore, di voglia di vita che va, appunto, condivisa con gli altri, con la gioia di vedere sorridere gli altri accanto a noi. 

(il testo, pronunciato domenica 5/2/2017  nella chiesa di san Francesco Saverio a Palermo, non è stato rivisto dall’autore, don Cosimo Scordato: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)

lunedì 6 febbraio 2017

sabato 4 febbraio 2017

Al freddo e al gelo …

      Sant’Alfonso de’ Liguori lo cantava per Gesù bambino: “E vieni in una grotta al freddo e al gelo”. Se è consentito il raffronto poco ortodosso, nello scorso mese di Gennaio a stare al freddo e al gelo, assieme ai loro insegnanti, sono stati tanti “pargoli” palermitani: alunni grandi e piccini costretti a indossare cappotti, berretti, guanti e ad avvolgersi in coperte per difendersi dal freddo. Non a caso la rete degli studenti medi di Palermo ha chiamato “Plai(d)ay” le iniziative di proteste per la mancanza di riscaldamento nelle varie scuole. Dove ci sono impianti  non entrati mai in funzione o guasti per i più svariati motivi, tra cui anche questo: in una scuola media di primo grado, alcuni anni fa, sono stati rubati dai ladri i tubi esterni per ricavarne il rame. Il Comune di Palermo si adoperi subito per scaldare, non tanto i banchi, ma tutti gli alunni ...
                                                                                Maria D’Asaro, “100NOVE” n.5 del 2.2.2017

giovedì 2 febbraio 2017

Filastrocche, che passione

       Mio figlio Luciano, riscoperto per caso un libretto di filastrocche, ne ha composto una:


Una notte, in uno scatto,
Presi e lessi a tutto fiato
Un libretto un po' scarlatto
Tutto solo e impolverato:

- Filastrocche? Cose matte?
Io le trovo eccezionali!
Ma chi mai sano di mente
Le darebbe agli scaffali? -

Presto un fremito partì
Dalle pagine frizzanti
E sentendo dir così
Mi s'apriron lì davanti!

Cosa uscì! Sei pescecani!
Cacio, arance e tenerumi!
Otto botti piene zeppe!
Un paiolo e due profumi!

Presi squali, frutti e vino,
Il formaggio e le verdure,
Gettai tutto dentro al tino.
E gli aromi? Dentro pure!

                                                                         Mescolai e rimescolai,
                                                                         Feci cuocere per ore,
                                                                         Assaggiai e: - Che disgusto!
                                                                         Manca il sale a dar sapore!-

                                                                         Scrutai dentro al calderone:
                                                                         Qualche cosa gorgheggiava...
                                                                         Era sangue di storione?
                                                                         O era muffa? O era bava?

                                                                         Fatta scorta di coraggio,
                                                                         Vigoroso come un orso,
                                                                         Presi in mano il calderone
                                                                         E lo bevvi in un sol sorso.

                                                                         Avvampò tutta la gola,
                                                                         Ebbi febbre da cavallo,
                                                                         Vidi verde, vidi viola,
                                                                         E crollai su un piedistallo.

                                                                        Rinvenuto, era mattino,
                                                                        Ed il cambio era compiuto:
                                                                        Ed il re era un soldato
                                                                        Ed il pozzo era un imbuto!