giovedì 22 maggio 2025

La relazione è la cura...

       “Secondo il modello gestaltico, l’intervento di sostegno e cura del counsellor o del terapeuta è sempre sulla modalità di relazione. Il contenuto di cui il cliente o il paziente parla è essenzialmente un contenuto di relazione: più del ‘cosa’ viene detto, è importante ‘a chi’ viene detto e ‘come’. Il vero contenuto diventa la relazione. 
       È precipuamente su essa che si acquisiscono informazioni su chi ci è di fronte ed è ad essa che è teso l’intervento curativo. Intervento che sarà, a sua volta, una relazione: il modo in cui chi si prende cura interagisce modifica in qualche modo la capacità di contatto di chi sta chiedendo aiuto, diventando dunque la via.
Seguendo la linea tracciata dal ciclo di contatto, il sostegno – come vedremo – acquisirà modulazioni diversificate a seconda del momento in cui il processo di contatto si trova.
      Nel caso di incontri di gruppo, strumento di cura è anche la relazione che si instaura fra i membri, tuttavia il riferimento principe e diretto di ogni episodio di contatto ha sempre come referente il trainer. Questi deve avere delle competenze professionali o essere stato formato al compito: il suo ruolo non è paragonabile ad un direttore d’orchestra o ad un regista, ma – direi – ad un servitore di tavola, che sta accanto ai commensali un passo indietro e vigila attentamente provvedendo affinché abbiano  tutto ciò che gli serve. (…)
       Fondamentale è l’approccio fenomenologico: osservare l’altro, ascoltarlo non solo nelle sue parole ma nelle inflessioni della voce, nel ritmo, nelle vibrazioni che ogni muscolo esprime è quel ‘qui e ora’ che permette a chi si prende cura di non aggiungere niente di suo (né pregiudizi, né risonanze personali, né interpretazioni) ma di essere lì presente solo per l’altro. «Il fallimento o il successo di un’intenzionalità di contatto sono ‘visibili’ nel corpo o, meglio, nel corpo in relazione».
    Considerare la coerenza fra ciò che si dice e come lo si dice (fra comunicazione verbale o non verbale) fornisce inoltre dati significativi per ogni intervento di sostegno o cura.”

Agata Pisana La giusta distanza dalle stelle
L’elaborazione del lutto genitoriale secondo la Gestalt Therapy pp.38,39,42


Il saggio della professoressa Pisana è prezioso perché, oltre a raccontare un processo significativo di elaborazione del lutto di genitori che hanno perso un figlio, presenta in modo assai chiaro i fondamenti della Gestalt Therapy.

martedì 20 maggio 2025

Il sapere che stiamo perdendo: non si legge più...

       "Qualcuno ogni tanto dovrà pur dire ciò che, per quanto sia imbarazzante, è evidente. Ci sarà un limite alle “cose opportune”, alle pietose bugie, alle flaubertiane idee correnti, alle ipocrisie, ai moniti solenni, alle retoriche parole che possono essere dette e che una società può reggere. Un limite di non-parresia oltre il quale si soccombe, un limite di dissimulazione, onesta o disonesta che sia, oltre il quale la realtà non la becchi proprio più.
        È un limite questo che non riguarda solo le grandi questioni: la geopolitica, l’economia, la virologia, la guerra e la pace ma anche quelle apparentemente meno grandiose. In teoria la verità la dovrebbero inseguire quei pochissimi filosofi che sono disposti a pagarne il prezzo ma a volte, forse più spesso, scappa dalla penna degli scrittori veri (per non citare sempre Pasolini si pensi a Bianciardi, ad esempio). 
      Ne è scappata una piuttosto importante a un ottimo scrittore e saggista, Giuseppe Montesano sul non sempre interessante Robinson, inserto letterario di la Repubblica. Montesano afferma, nel numero del 2 febbraio 2025, con dolore, con imbarazzo, con perplessità, una cosa che ci dobbiamo decidere a dire: non si legge più, e se si legge si legge poco, male, con sofferenza e senso di colpa. Intorno a noi la gente (quella che leggeva e amava i libri) non legge più. 
    Vorrebbe, forse ne ha nostalgia, si ripropone di farlo, magari compra anche dei libri, ma non legge più, non ci riesce. Poi Montesano, da parresiasta, affonda di più il coltello: anche lui legge sempre meno. Scrive: “Anch’io sempre più spesso prendo un libro in mano solo se credo di non avere niente di più eccitante da fare, e mi preparo, lo apro, comincio e ecco (…) mi sembra di perdere tempo, allora mi alzo e bevo, mi chiedo se non devo fare qualcosa che ho dimenticato di fare, penso che non sto producendo niente, penso che dovrei lavorare, comincio a sentire una specie di ansia”. 
      Montesano, credo che l’informazione non sia superflua, è autore anche di un monumento alla lettura come modo di vivere di circa duemila pagine: Lettori selvaggi. Il pezzo prosegue poi svelando il nome dell’assassino. Montesano ci racconta che, per un attimo, solo per un attimo, guarda le news sullo smartphone e … “vado con i pollici, clic clac clic clac e mi incanto, e sì, sono di nuovo con tutti, di nuovo come tutti, leggero, libero. Che orrore! (…) io non voglio essere il servo sciocco che produce like! (…) eppure la fabbrica dei like ci adesca”.    (continua qui

Davide Miccione

Del prof. Miccione ho recensito alcuni testi e riportato suoi scritti. 
Qui (ma non solo):


domenica 18 maggio 2025

“Zagara di Primavera”, uno scrigno di bellezze

       Palermo – Da venerdì 16 a domenica 18 maggio l’Orto Botanico di Palermo ospita la 28° edizione della “Zagara di Primavera”, mostra-mercato di giardinaggio e floro-vivaismo. 
      All’Orto Botanico sono presenti oltre sessanta espositori provenienti da tutta l’Italia, ognuno con il suo prezioso ‘carico’ verde: dalle piante grasse o succulente, alle orchidee, agli alberi di agrumi a quelli esotici, alle umili piante aromatiche, come menta e basilico. C’è anche la partecipazione del coltivatore thailandese Mr. Santiporn Sangchai (Lek) che, dal vivaio Little One Plant Nursery, ha portato a Palermo le sue rare piante succulente.
   La mostra attrae ogni anno un gran numero di visitatori. “Zagara di Primavera è un momento di scambio, cura e consapevolezza – ha sottolineato il professore Rosario Schicchi, dal 2017 direttore dell'Orto Botanico – infatti i vivaisti non si limitano a vendere, ma trasmettono storie e consigli, affidando le loro piante a chi saprà amarle.”
Quest’anno, in occasione del 230° anniversario dalla nascita del nuovo Orto Botanico, alla “Zagara di Primavera” sono state affiancate (continua ne il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 18 maggio 2025, il Punto Quotidiano









venerdì 16 maggio 2025

Bandiera bianca

 


Trionfo

Del disumano

Drappi rossi tremanti

Respiro spezzato a chi nasce

Perché?

mercoledì 14 maggio 2025

La vita è un tra-esserci...

P.Picasso: La famiglia Soler (1903)
       "Uno degli assunti di fondo della Gestalt Therapy (GT) è la certezza che ogni sequenza esistenziale è sempre relazione. Ogni individuo prova sensazioni interiori, avverte bisogni, sviluppa desideri o sentimenti, pensa, decide, agisce sempre e comunque ‘in relazione a’, ‘in riferimento a’. Nulla è mai assoluto, mai sussistente in sé. La nostra vita è un con-esserci o – come precisa Giovanni Salonia – un tra-esserci. 
      Vibrare per l’ansia dell’incontro e sentirne tuttavia il fascino così travolgente da rischiare, da osare presentarsi nudi, veri e vibranti dinanzi all’altro. Registrare dentro se stessi – nel proprio corpo, nella propria respirazione – il successo o il fallimento di un incontro e sapere che di successo o di fallimento si parla non perché si è riportata una ‘vittoria’ sull’altro, non perché si è stati adulati o approvati, ma solo perché ci si è incontrati con tutto se stessi non in una terra propria ma nella «terra di nessuno», laddove le logiche del potere e dell’arroganza si perdono e con cuore umile e buono si vede l’altro e lo si accoglie così com’è.
     Quest’incontrarsi è la forza che dà energia all’esistenza, questa la molla di ogni nostra scelta, questa la causa e l’effetto di ogni nostro sentire.
Quando nella vita relazionale si attua un incontro autentico e pieno (un ‘contatto’) c’è appagamento ed energia, che permangono anche in assenza dell’altro. La GT definisce confine di contatto questo luogo in cui abita la traità, questo spazio esistenziale in cui due realtà (due persone) si incontrano.
      Tutta la vita è, allora, un continuo muoversi verso un ‘contatto’, una successione di episodi esistenziali definiti ognuno ciclo di contatto, che ha un suo preciso iter: da uno sfondo di percezioni, emozioni, ricordi e quant’altro affiora, nel qui ed ora del trovarsi dinanzi a un Tu, un bisogno che gradatamente prende corpo e che ha sempre come sua finalità l’incontro (il contatto vero e pieno). Individuato un possibile modo d’incontro, l’energia sale dentro di noi e ci porta ad avvicinarci all’altro per raggiungerlo attraverso una parola, un gesto, un’azione che concretizzerà l’incontro.
        L’esperienza fatta verrà quindi assimilata e diventerà crescita lasciandoci pronti ad un nuovo episodio di contatto. Il tutto è preceduto da una fase di pre-contatto che costituisce l’humus immediato da cui tutto il processo emergerà e prenderà corpo. «L’analisi dei processi di contatto permette di delineare una grammatica della relazione che diventa orizzonte di comprensione dell’esistenza, delle sue patologie, della sua cura».

Agata Pisana La giusta distanza dalle stelle
L’elaborazione del lutto genitoriale secondo la Gestalt Therapy pp.35,36
Vedi anche qui.
 

domenica 11 maggio 2025

"Vi scriverò ancora": le lettere per conoscere Camilleri

Andrea Camilleri con la moglie Rosetta Dello Siesto
           Palermo – “Vi scriverò ancora” (Sellerio, Palermo, 2024) è il titolo del libro che raccoglie le lettere scritte da Andrea Camilleri ai genitori, al padre Giuseppe e più spesso alla madre Carmelina Fragapane, quando nel 1949 da Porto Empedocle si trasferisce a Roma per studiare regia all’Accademia nazionale di Arte drammatica, sotto la guida di Silvio d’Amico e Orazio Costa.
       Curata da Salvatore Silvano Nigro con la collaborazione di Andreina, Elisabetta e Mariolina, le tre figlie dello scrittore, la raccolta si ‘chiude’ con una lettera del 31 agosto 1960, che mostra un Camilleri trentacinquenne ormai maturo, sposato da tre anni con Rosetta Dello Siesto, padre di due bambine (la grande, Andreina, assai vivace, è appellata affettuosamente ‘criminale’)  e finalmente regista affermato: infatti, oltre a portare a teatro «Le sedie» di Jonesco, è ormai anche il primo regista a rappresentare Samuel Beckett in Italia, di cui già nel 1958, al Teatro dei Satiri di Roma, ha messo in scena Finale di partita, e in seguito ne curerà una versione televisiva con Adolfo Celi e Renato Rascel. 
       Pur nella ripetitività di diario/notiziario minuto su stato di salute, sugli studi appassionati e sulla diuturna forsennata ricerca di lavoro, con la periodica necessità di chiedere soldi ai genitori, per la scrivente, appassionata lettrice dell’illustre conterraneo, il testo è stato una piacevole sorpresa, che le ha permesso di scoprire e apprezzare aspetti sconosciuti dello scrittore, approdato a Roma inizialmente come studente fuori sede, vincitore di una borsa di studio di regia teatrale all’Accademia di Arte drammatica, da cui però verrà escluso un paio d’anni dopo per motivi ‘boccacceschi’, che Camilleri stesso rivelerà nel 2002 in un’intervista a Saverio Lodato. 
    Dopo tale esclusione, oltre a continuare a studiare giorno e notte, il futuro scrittore si metterà alla ricerca di qualsiasi lavoro legato al mondo dello spettacolo per racimolare i soldi necessari a vivere senza i vaglia della famiglia. Emblematica la chiusa di una lettera del 22 maggio 1953 alla madre: (continua qui: il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 11 maggio 2025, il Punto Quotidiano

Di Andrea Camilleri, che amo particolarmente, ho scritto più volte, ad esempio qui,   qui, 

mercoledì 7 maggio 2025

Habemus Papam?

    Sull'imminente elezione papale, ecco le riflessioni del mio amico Augusto Cavadi: 

"Ad ogni morte di papa il mondo occidentale si sveglia teologo. E mentre chi teologo lo è davvero tende a tacere, perché sa – come ha scritto in questi giorni don Paolo Scquizzato - che “il Silenzio è l’ultimo nome che ci rimane per Dio”, altri intellettuali (la cui formazione in queste tematiche si è fermata al catechismo  della Prima Comunione) moltiplicano dotti pareri e irrichiesti consigli. Talora misti a cavolate imbarazzanti come la tesi che il rimpianto Benedetto XVI sia stato l’ultimo papa legittimo (tesi che, se veritiera, farebbe dell’intero collegio cardinalizio un gregge di incompetenti in diritto canonico e dell’eruditissimo  Joseph Ratzinger un povero rimbambito incapace persino di dimettersi come si deve).
In questa bailamme non mi sembra corretto sottrarmi alla richiesta di qualche amica che – avendo letto un mio intervento sul difficile bilancio del pontificato appena conclusosi (https://www.adista.it/articolo/73728) – mi sollecita alcune parole sul pontificato che ci attende". (continua qui)

E un esaustivo articolo sulle modalità dell'elezione papale, scritto dal direttore de il Punto Quotidiano Nicola Savino: 

"Ormai è tutto pronto: da mercoledì prossimo i cardinali si chiuderanno in conclave per eleggere il nuovo Papa. In questi giorni, come spesso avviene, in tanti si sono scoperti esperti di faccende ecclesiastiche e si sono cimentati in pronostici e previsioni sia sul tempo che servirà per arrivare alla fumata bianca che, soprattutto, sul nome del successore di Francesco. Le agenzie di scommesse inglesi sfornano le quote dei vari favoriti, aggiornandole in tempo quasi reale a seconda dei rumors che si alternano segnalando ora un porporato, ora un altro. Fatiche inutili, tanto più che non va mai dimenticato l’antico adagio che recita: “Chi entra papa in conclave, ne esce cardinale”. A sottolineare che nel chiuso della Cappella Sistina, le sorprese sono dietro l’angolo e le anticipazioni, più o meno informate, non contano nulla.
Il Conclave più lungo nella storia della Chiesa è anche quello da cui ne è derivato il nome. Nel 1268 i cardinali si riunivano al palazzo dei Papi di Viterbo." (continua qui)


lunedì 5 maggio 2025

Ma cosa c'è davvero in fondo al mare?

         Palermo – Pezzi di cucine, pneumatici, plastiche, reti, scarpe, vestiti, persino un’automobile: a seicento metri di profondità, nello stretto di Messina tra le coste calabresi e quelle siciliane c’è di tutto. Lo svelano i 72 minuti del documentario Abyss Clean Up realizzato tra il 2020 e il 2023 da Igor D’India, in collaborazione con il CNR e l’Università La Sapienza di Roma, prodotto da POPCult con il sostegno della Regione Siciliana e dell’associazione ‘Sea Shepherd Italia’ che ha messo a disposizione del progetto un’imbarcazione capace di contenere l’intero team e i ROV (Remotely Operated Vehicle), cioè veicoli subacquei a controllo remoto.

Ecco qualche spezzone dell’intervista rilasciata a Carlo Andriani per la rivista National Geographic Italia da Igor D’India e dalla professoressa Martina Pierdomenico, ricercatrice del CNR. 

Come nasce il documentario “Abyss Clean Up”?

Igor D’India: “Abyss Clean Up” nasce per puro caso mentre cercavo spunti e idee per un documentario: mi è capitato sottomano un articolo sullo studio della professoressa Martina Pierdomenico. Mi sono interessato all’argomento e ho inviato una lettera agli autori per saperne di più con l’obiettivo di realizzare un documentario

Qual è lo stato dei rifiuti sottomarini nello stretto di Messina?

Igor D’India: Questi rifiuti stanno sprofondando e stanno diventando parte del substrato. È triste dirlo ma facendo un carotaggio troveremmo rifiuti di decenni fa.

Martina Pierdomenico: C’è da dire che abbiamo esplorato solo una piccola porzione dello stretto di Messina. Siamo andati all’interno dell’asse di alcuni canyon che dovrebbero essere le zone in cui questi flussi di sedimento si concentrano (e così anche i rifiuti). Siamo arrivati a 600 metri di profondità mentre il Canyon di Messina, nella zona centrale tra Sicilia e Calabria, arriva fino a 2.700 metri. Abbiamo iniziato a vedere la punta dell’iceberg. Ed è difficile dare una stima della situazione perché le zone più profonde sono ancora inesplorate. 

Perché i fondali dei nostri mari e fiumi si trasformano in discariche di rifiuti? E soprattutto perché questo problema emerge solo di recente? (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 4.5.25, il Punto Quotidiano

sabato 3 maggio 2025

La giusta distanza dalle stelle: vertice di cura...

      Ci sono testi particolarmente preziosi: La giusta distanza dalle stelle, il saggio scritto da Agata Pisana, che ripercorre un percorso di elaborazione del lutto di genitori a cui è morto un figlio, è uno di questi.
   Leggerlo è sicuramente impegnativo, ma necessario se si vuole acquisire competenza su cosa sia un autentico counselling di cura secondo l’ermeneutica della Gestalt Therapy e  se si vuole cercare di 'contenere' uno dei dolori più grandi, forse il maggiore in assoluto, che il cuore umano può provare.
    Prima della recensione, proporrò alcuni stralci del testo. 
Ecco il primo:
 
“Ogni dolore, se non condiviso, se non espresso in verità e libertà, diventa incubo. Si sviluppa un senso di isolamento ed inadeguatezza. È questo sfondo così lacerato che stiamo cercando di ricostruire insieme. Come se raccogliessimo i brandelli di vita scagliati tutt’intorno da un’esplosione improvvisa e a poco a poco, pur se provocando a volte ulteriore dolore, li ricucissimo l’un l’altro.
Restano sempre i rattoppi, le suture bruciano, qualcosa ha assunto una forma diversa, ma se si sarà ri-creato uno sfondo esplorabile e flessibile, l’Io può tornare a far figura e la vita a fluire. E a trovare parole.
     Rassicurati da una relazione con noi accogliente e onesta, ma anche forte e libera, i genitori possono adesso dire: una parola detta non è più chiusa dentro il cuore ed il sentirne il suono la fa risuonare dentro in modo diverso. Per il solo fatto di essere stata detta, una parola avvia un processo di sviluppo di ciò che essa ha espresso.
     Tuttavia, se la dicibilità è requisito fondamentale della possibilità di procedere nell’esperienza del contatto, perché le parole siano efficacie producano movimento del Sé è necessario che esprimano esattamente ciò che si sente, che lo esprimano tutto e che lo esprimano in autenticità. Per questo è importante sollecitare una piena focalizzazione dei vissuti. Se la morte di un figlio è, per certi versi, un subire una violenza dalla vita, il narrare e narrarsi è parte integrante del processo di guarigione: «Raccontare una storia consente di stabilire un contatto umano con il prossimo interrompendo l’isolamento provocato dalla violenza».
    L’attenzione costante da parte nostra alle loro parole ma anche a ciò che comunicano con i gesti, con l’intonazione e le pause, in un’ottica di cura sempre prioritaria e dominante, ci permette di non restare travolti dai vissuti che le loro stesse parole esprimono. Stiamo accanto ma non soffriamo con loro e per loro, altrimenti non li aiuteremmo.  È compassione quella che ci muove a essere qui, a fare volontariato, a spendere tempo ed energia ed è una compassione esistenziale, che appartiene agli esseri umani in quanto sensibili verso gli altri e capaci di responsabilità e che si concretizza nell’individuare e realizzare ciò che si ritiene il miglior aiuto possibile rispetto al contesto.”

Agata Pisana, La giusta distanza dalle stelle
L’elaborazione del lutto genitoriale secondo la Gestalt Therapy pp.82.83

(La professoressa Agata Pisana, già docente di Filosofia e Storia nei licei, è counsellor formatore supervisore a indirizzo gestaltico e... tanto altro ancora)

giovedì 1 maggio 2025

Festa del Lavoro o Festa dal Lavoro?

Intreccio: opera di Gabriele Grossi (dal suo blog El gropo)
      Scrive Lanza del Vasto nel  libro L’Arca aveva una vigna per vela: “Nel Principio era la Festa. Con la Festa lo Spirito comincia a manifestarsi tra gli uomini. Dalla Festa sono usciti i popoli, sono stati fondati un giorno di festa; sono stati fondati sulla Festa.  (…)
        Lavorare insieme, questo vi unisce, certamente, ma festeggiare insieme vi unisce di più. E poi occorre che gli stessi lavorino e festeggino. Non bisogna che gli uni festeggino mentre gli altri lavorano! Occorre che tutti festeggino: non c’è delitto comunitario più grave che quello di mancare alla Festa! (…) La Festa è la festa della presenza di Dio in mezzo a noi, è la commemorazione della nostra fondazione, è il ricordo della nostra ragion d’essere. La nostra ragion d’essere e la nostra ragione di essere insieme. (…)
       Quindi andiamo alla Festa parati e mascherati perché cessiamo di essere il piccolo io-io-me, e indossiamo ornamenti di luce. Allora entriamo nell’entusiasmo. Entusiasmo è una parola che significa che Dio è in noi. Dio è in noi ed è visibile. (…)
      La Festa è la presenza di Dio tra di noi ed è la presenza di noi stessi a Dio. È in qualche modo l’atto d’amore, il matrimonio del popolo con Dio. Ogni matrimonio è una festa, e ogni festa è un matrimonio; il matrimonio è la ripresa della vita, è una sfida alla morte: unendoci faremo sprizzare una scintilla di vita, faremo uscire da quest’unione un vivente che durerà oltre la nostra morte. Rinunceremo a noi stessi per entrare nella vita eterna, La Festa vuol dire questo.”

Si può condividere o meno la visione da credente di Lanza del Vasto, ma, a mio avviso, non si può disconoscere la grande valenza umana e antropologica della Festa, del riposo, della contemplazione, delle relazioni gioiose e disinteressate e della bellezza: dobbiamo avere il coraggio di denunciare l’obbrobrio dello spirito capitalista e materialista che ci dice che siamo nati per sgobbare e per avere sempre di più. Quest'idea di fondo della società mercantilista, che si trasforma nell’idolo della crescita, è un tradimento della nostra essenza umana più vera. Se c’è una ragione per vivere è quella di esserci per le relazioni, per la cura, per fare Festa.
    Il lavoro non rende liberi, spesso rende schiavi e sottomessi, ingranaggi schiacciati di un meccanismo economico assurdo e inumano. Certo è necessario lavorare per prenderci cura responsabilmente dei bisogni di tutti. Ma il lavoro non può e non deve diventare un vitello d’oro a cui sacrificare la nostra vita. Il lavoro è un mezzo, non un fine.

Su Lanza del Vasto e la Comunità dell'Arca vedi anche qui e qui.

lunedì 28 aprile 2025

Pagare con carta fa bene all’ambiente

      Palermo – Pagare con carta, la cosiddetta transazione cashless, è per il 72% meno inquinante rispetto al pagamento con il contante: questo uno dei dati emergenti dal X Rapporto del The European House-Ambrosetti, agenzia che, in Italia, si occupa di studi e scenari strategici e di ricerche sull'uso del contante e dei pagamenti elettronici.   
          L’indagine relativa al 2024, presentata il 2 aprile scorso a Cernobbio, in provincia di Como, si prefigge di misurare annualmente la diffusione dei pagamenti elettronici e la dipendenza del nostro Paese dal denaro contante. 
     In un’intervista concessa il 3 aprile scorso al Tg della Scienza Leonardo, Lorenzo Tavazzi - responsabile dello sviluppo internazionale dell’Ambrosetti e, dal 2015, anche della Community Cashless Society - ha sottolineato che (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 27 aprile 2025, il Punto Quotidiano

sabato 26 aprile 2025

Liberazione, oggi e sempre... grazie, Andrea

       "La liberazione, per me, è un processo, non uno stato: la si celebra davvero solo se si cerca di attuarla ogni giorno, combattendo ogni fascismo, ogni autoritarismo, ogni violenza in tutti, se stessi compresi.
      E' un'azione politica, sociale, culturale, mentale, che va attuata nella nostra vigente democratura, nel nostro settarismo, nel nostro individualismo.
     E' dire grazie a chi ha agito per la libertà e al contempo chiedersi come oggi possiamo agire (per la libertà e per giustizia e la fratellanza) non allo stesso modo ma meglio, con maggiore amore.
      E' ricordarsi delle parole di Zeus e di quelle di Atena nel ventiquattresimo libro dell'Odissea (vv. 482 sgg. e 528 sgg.); e dei decreti antichi, per esempio di quello ateniese dopo la caduta dei Trenta tiranni, dove era scritto di «mé mnesikakéin» («non portare rancore», come si traduce in bell'italiano, anche se in greco è propriamente «non ricordarsi del male», espressione che ci pone davanti a un bellissimo paradosso: quello di ricordarsi di non ricordare il male - il male ricevuto e quello fatto, anche se i due mali erano di entità diversa e compiuti per fini molto diversi - ricordarsi e celebrare perché nessun male si ripeta; oppure, giustificando così anche la comune traduzione italiana, non ricordarsi dei malvagi: ricordare il male che c'è stato senza ricordarsi di coloro che lo hanno compiuto, ricordare la storia e non i loro autori); e di quelle di Nelson Mandela e di Desmond Tutu nel momento della fine dell'apartheid in Sudafrica.
      Così celebrata, la Liberazione non è il ricordo triste del momento "in cui ci siamo ammazzati tra noi" (anche perché quel "noi" va esteso a tutti gli abitanti del pianeta e non può essere tirato in ballo solo per miserabili motivi di identitarismi nazionalistici per poi sponsorizzare l'ammazzamento di altri), come vuole Giorgia Meloni che ne rifiuta la celebrazione, ma il ricordo della gioiosa deposizione delle armi - di quelle che un giorno ci si è sentiti costretti a prendere perché, purtroppo, non si sapeva che altro fare.
     E' rinuncia all'esibizione delle armi - sempre.
E' cambiare paradigma di pensiero e di pratica, è la ricerca di modi di lottare per i propri valori senza ricorrere alla violenza, con il massimo amore possibile.
      E' lottare per unire."

Andrea Cozzo


P.S.: Temo che questo post mi farà perdere molti amici, soprattutto se mi sarò spiegato male
 (ma, credo, non gli amici che mi conoscono almeno un po') 


Questo il commento di Augusto Cavadi

"Caro Andrea, ti sei spiegato e in molti - spero tutti - ti abbiamo capito. Una cosa però è capirti e un'altra apprezzarti (suppongo che I like significhi questo). Un'altra cosa ancora è condividerti: forse, legittimamente, non tutti quelli che hanno mostrato apprezzamento sono anche d'accordo con il contenuto delle tue riflessioni. Tra questi ultimi (della tripletta: capire/apprezzare/condividere) ci sono anch'io perché so che chi, come te, adotta il paradigma della nonviolenza non vuole giudicare quanti nel passato non l'hanno adottato (forse non l'hanno neppure conosciuto almeno quanto basti per rifiutarlo), ma se mai quanti nel presente si rifiutano di adottarlo (perché suppongono che si tratti di un sogno da idealisti, non una "utopia concreta" cui avvicinarsi passo dopo passo)."

martedì 22 aprile 2025

Goccia di luce

   "Nel grande fiume dell'umanità', che scorre su questa terra rotonda, ognuno di noi è una goccia, spesso smarrita, spaventata, sommersa, oppure scintillante al sole, quando schizza sopra una pietra, o in una cascatella.
A volte una goccia rimane lì qualche tempo in vista a tutte le altre. Sono gli uomini, o le donne, che la storia vede, ammira, oppure teme e detesta, persone che ama o odia: grandi capi, guerrieri, o scienziati, sapienti, benefattori.
     Uno di questi è morto il lunedì di Pasqua: é Francesco, papa, vescovo cristiano di Roma. Era malato, ma la notizia ha sorpreso tutti. Era amato dalla gente semplice, ma visto un po' di traverso dai potenti (che ora si inchinano in messaggi convenzionali), perché affermava che siamo tutti fratelli e sorelle, e non devono esserci maggiori e minori tra noi, e non devono esserci scartati, né guerra tra gli stati, né armi puntate contro tutti.
      Diceva quello che sappiamo tutti, se siamo sinceri, se non abbiamo interessi a dominare e conquistare. Ma la sua voce era più vasta delle nostre, e chi ha bisogno di pace e di giustizia - come la terra guastata dalle nostre avidità - tutti questi capivano, e gli erano grati, perché parlava per tutti: parlava e soffriva, e pregava, e dava speranza e impegno.
Oggi Francesco tace, dorme, certamente si affaccia sul mondo più vero dove il Padre attende tutti noi nella pace viva. Lo ringraziamo, e sentiamo di dover continuare noi, ognuno nel suo piccolo, quello che faceva lui.
      Ogni tanto, nella nostra umanità, un sole alto si riflette in una goccia di luce che ci consola nella paura, ci dà coraggio, fiducia, speranza.
    Siamo il grande fiume dell'umanità, che non sappiamo in quale mare sfocerà, ma a volte sentiamo di potere scorrere insieme, sperando nella grande vita che ci porta con sé."

Enrico Peyretti, in Telegrammi della nonviolenza in cammino, n.5544 del 22.4.25

domenica 20 aprile 2025

Benvenuti a Noto, capitale del barocco e della Pop Art

        Palermo – A Noto, città ai piedi dei monti Iblei il cui centro storico, insieme con le altre città tardo-barocche del Val di Noto è stato dichiarato nel 2002 dall’UNESCO patrimonio dell'umanità,  il 10  aprile scorso è stata inaugurata la mostra Icon. Warhol, Basquiat, Haring, Scharf. L’eredità di un’arte rivoluzionaria.
      Composta da circa 120 pezzi, tra opere e oggetti provenienti da collezioni private, e suddivisa in cinque sezioni, la mostra ha come filo conduttore l’evoluzione del concetto di icona: dalla sacralità religiosa a quella consumistica della società contemporanea.
     Negli anni Ottanta, il concetto di icona ha oltrepassato infatti i confini della sacralità religiosa per ‘contaminare’ con nuovi linguaggi la quotidianità e le discipline artistiche. Andy Warhol, Jean-Michel Basquiat, Keith Haring e Kenny Scharf hanno incarnato questa rivoluzione, che ha annullato i confini tra arte visiva, performance, moda, oggetti quotidiani e musica e che ha trasformato l’icona/immagine in espressione multiforme e poliedrica. 
Andy Warhol è stato l’antesignano e la figura centrale della nuova arte sperimentale: le sue riproduzioni seriali sono diventate emblema della Pop Art, e hanno connesso società dei consumi, pubblicità, cinema e musica. 
La mostra, visitabile all’interno del Convitto delle Arti Noto Museum, è stata curata da Edoardo Falcioni che, in un’intervista al TG della Regione siciliana, ha dichiarato (continua su il Punto Quotidiano

Maria D'Asaro, 20 aprile 2025, il Punto Quotidiano

venerdì 18 aprile 2025

Il venerdì santo di Rachele: come consolarla?

       "L’urlo di Rachele, l’urlo di ogni madre che perde un figlio risuona nella storia umana sin dagli inizi. Inizia con Eva che abbraccia Abele senza vita, il primo figlio che muore anzitempo rispetto ai genitori. Il racconto biblico – al di là di ogni fede – è un testo fondativo che ripresenta le domande più drammatiche dell’uomo alla Vita (a Dio, agli dei): perché questo tragico dolore contro natura, un figlio che debba morire prima dei genitori?        Perché la morte? Perché il dolore? 
Interrogativi, questi, che non ricevono mai una risposta definitiva, ma si intrecciano con l’altra domanda: come possono continuare a vivere Eva, Rachele con questo dolore? 
     Gli umani, è vero, soffrono ma hanno anche una innata spinta e capacità di consolare e di curare. Gli umani sono umani – soleva dire Margaret Mead – perché si prendono cura di un femore rotto. Ma è possibile curare, consolare chi – come Rachele – non vuole essere consolata perché ha il cuore spezzato? Come consolare chi continua a vivere ma si sente senza vita perché è stata tolta la vita a colui a cui lei ha dato la vita? Come consolare questo genitore che accetta solo una consolazione, e cioè quella di riabbracciare il figlio? 
      Nel fuoco di queste domande si colloca il dono prezioso e fecondo di questo libro della professoressa Agata Pisana. Un libro che assume in pieno la domanda straziante: come consolare ogni Rachele che non vuole essere consolata?"

dalla Presentazione del prof.Giovanni Salonia, in Agata Pisana: La giusta distanza dalle stelle 
(Ancora, MI, 2024)




martedì 15 aprile 2025

La passione di Vittorio e della Palestina...

        Vittorio Arrigoni, reporter e volontario italiano a Gaza, è stato ucciso nella notte tra il 14 e 15 aprile 2011, pare da un gruppo dell'area jihādista salafita. 
     Ecco cosa scriveva da Gaza il 1° novembre 2008:

 “Degli attivisti arrivati, solo un paio rimangono, troppo pochi per innescare quel ricambio che ci consentirebbe di tornare a casa. Ed è questo il motivo principale per cui di qua non posso muovermi (…): la certezza, per una volta nella vita, di essere al posto giusto al momento giusto. (…)
È una lotta titanica contro un nemico senza cuore, ma i risultati si vedono, continue vittorie nelle battaglie per i diritti umani. (…) È una vita molto dura questa di Gaza, pochi momenti di svago o frivolezze, me lo sento come un dovere più che come un impegno. Mi prendo questo periodo sabbatico, una parentesi nella mia bella vita comoda italiana, per un ideale, la pace, la libertà per un popolo oppresso che senza dubbio si merita tutti i nostri sforzi e i rischi che ci assumiamo”.

Tornato a Gaza a fine dicembre 2008, quando il governo israeliano inizia l’operazione militare ‘Piombo fuso’, ecco una lettera del 31 dicembre 2008: 

Quando le bombe cadono dal cielo da diecimila metri, non fanno distinzioni fra bandiere di Hamas o Fatah esposte sui davanzali. Non esistono operazioni militari chirurgiche: quando si mette a bombardare l’aviazione e la marina, le uniche operazioni chirurgiche sono quelle dei medici che amputano arti maciullati alle vittime senza un attimo di ripensamento, anche se spesso braccia e gambe sarebbero salvabili. Non c’è tempo. Bisogna correre, le cure impegnate per un arto seriamente ferito sono la condanna a morte per il ferito successivo in attesa di una trasfusione”.

Scriveva poi l’8 gennaio 2009

“Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola. – mi dice Jamal, chirurgo dell’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue – Sigilla la scatola; quindi, con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l’ultimo miagolio soffocato. – Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua: - Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell’opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste… - 
Jamal continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. – Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi l’ha schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quali sono state le reazioni del mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati. –
Recandomi verso l’ospedale Al Quds dove sarò di servizio sulle ambulanze tutta la notte (…) ho visto fermi a un angolo di strada un gruppo di ragazzini sporchi, coi vestiti rattoppati (…) con delle fionde lanciavano pietre contro il cielo, in direzione di un nemico lontanissimo e inavvicinabile che si fa gioco delle loro vite. La metafora impazzita che fotografa l’assurdità di questi tempi e di questi luoghi. Restiamo umani”.

Su Vittorio Arrigoni ho scritto quiqui,  qui qui.

Sua madre, Egidia Beretta Arrigoni, oggi scrive così sul Manifesto:



domenica 13 aprile 2025

Isnello, scuola e ambiente a braccetto

       Palermo – A Isnello, comune montano nel Parco delle Madonie, a circa 85 km da Palermo, è stato costruito l’unico edificio scolastico che, da Firenze in giù, può vantare la certificazione Leed, uno standard di certificazione internazionale per le costruzioni eco-compatibili, riconosciuto e introdotto in Italia nel 2010. 
      “La progettazione del nuovo Istituto comprensivo “Luigi Pirandello” è cominciata già nel 2018 mentre i lavori sono iniziati nel 2020, con qualche ritardo legato proprio alla volontà di seguire e rispettare procedure stringenti, che al momento sono quasi sconosciute in Sicilia – ha sottolineato qualche giorno fa la giornalista Agnese Licata al TG regionale siciliano. 
    Infatti, per l’edificazione della nuova scuola di Isnello, tutte le fasi della demolizione del vecchio Istituto e della ricostruzione hanno rispettato i parametri di sostenibilità ambientale: dal riciclo dei materiali utilizzati al risparmio energetico. 
In particolare, per ottenere la certificazione Leed, l’edificio ha rispettato il maggior numero di requisiti ambientali per ognuna delle otto aree previste dall’apposita checklist: Trasporto e Ubicazione, Sostenibilità del sito, Efficienza risorse idriche, Energia e Atmosfera, Materiali e Risorse, Qualità degli ambienti interni, Innovazione, Priorità Regionale.
    “Sono stati riutilizzati tutti i materiali risultanti dalla demolizione della vecchia scuola, che risaliva a fine anni ’50 – ha poi evidenziato Filippo Lupo, direttore dei lavori – materiali che sono stati riutilizzati in parte nella costruzione della nuova scuola, in parte nel rifacimento di strade del territorio. La nuova scuola disporrà poi di un efficiente impianto fotovoltaico che permetterà una quasi autosufficienza energetica, tra l’energia prodotta e quella consumata”.
   I costi della nuova scuola, spiegano poi dal Comune, sono stati in linea con quelli di una scuola ‘normale’: in tutto circa 3,5 milioni di euro, finanziati dalla Banca Europea degli Investimenti in compartecipazione con la Regione Siciliana. 
    Marcello Catanzaro, sindaco di Isnello, ha infine sottolineato che l’intera comunità è stata in qualche modo coinvolta nella realizzazione del nuovo edificio scolastico: “Siamo riusciti a far esprimere sia i bambini e i ragazzi, sia i docenti che i genitori e li abbiamo ascoltati per capire come avrebbero voluto la ‘loro’ scuola… Che, tra le altre cose, avrà una mensa scolastica a km. zero: i ragazzi avranno anche un orto didattico, dove poter coltivare i prodotti per poi raccoglierli e, perché no? anche cucinarli…” 
E il primo cittadino di Isnello auspica che la nuova scuola faccia da volano per la creazione di spazi fruibili da tutta la comunità del paese: “Stiamo immaginando percorsi formativi anche con l’Università, in modo tale che piccoli borghi come il nostro possano essere un’opportunità per capillarizzare lo studio e far rivivere la cultura anche nelle aree interne”.

Maria D'Asaro, 13.4.25, il Punto Quotidiano

venerdì 11 aprile 2025

Viandanti privi di segnaletica...

 
Augusto Giacometti: Rainbow (1916)
      “Occorre rinunciare alle promesse infinite. L’umanesimo occidentale ci votava alla conquista della natura, all’infinito. La legge del progresso ci diceva che questo sarebbe continuato indefinitamente. Non c’erano limiti alla crescita economica, nessun limite all’intelligenza umana, nessun limite alla ragione. L’uomo era divenuto per se stesso il proprio infinito. 
     Oggi possiamo respingere questi falsi infiniti e prendere coscienza della nostra irrimediabile finitezza. (…) 
    Il vero infinito è al di là della ragione, dell’intelligibilità, dei poteri dell’uomo. Forse ci attraversa da parte a parte, totalmente invisibile, e si lascia presentire attraverso la poesia e la musica?
     Nello stesso tempo in cui possiamo raggiungere la coscienza della finitezza, possiamo ormai raggiungere una coscienza della nostra incoscienza e una coscienza della nostra ignoranza: possiamo ormai sapere che siamo nell’avventura ignota. Abbiamo creduto, prestando fede a una pseudoscienza, di conoscere il senso della storia umana. Ma, fin dall’alba dell’umanità, dall’alba dei tempi storici, eravamo già in un’avventura ignota; ora lo siamo più che mai. (…) Siamo votati all’incertezza che le religioni della salvezza, compresa quella terrestre, avevano creduto di rigettare. (…)
   Siamo viandanti. Non siamo in cammino su una via attrezzata di segnaletica, non siamo più teleguidati dalla legge del progresso, non abbiamo né messia né salvezza, camminiamo nella notte e nella nebbia. 
    Non è il vagabondaggio a caso, ancorché ci siano caso e vagabondaggio; possiamo anche avere idee-faro, valori eletti, una strategia che si arricchisce modificandosi (…). Siamo spinti dalle nostre aspirazioni, possiamo disporre di volontà e di coraggio. La condizione del viandante si nutre di speranza. Ma è una speranza priva di ricompensa finale; naviga nell’oceano della disperazione. (…)
     Siamo nell’avventura ignota. L’insoddisfazione che rilancia l’itinerare non potrebbe mai essere appagata dall’itinerare stesso. Dobbiamo assumere l’incertezza e l’inquietudine, dobbiamo assumere il dasein, il fatto di essere qui senza sapere perché. Ci saranno sempre più fonti di angoscia, e ci sarà sempre più bisogno di partecipazione, di fervore, di fraternità che soli sanno non annullare, ma rimuovere l’angoscia. 
   L’amore è l’antidoto, la replica – non la risposta – all’angoscia. L’amore è l’esperienza fondamentalmente positiva dell’essere umano, dove la comunione, l’esaltazione di sé, dell’altro, sono portate al meglio, quando non sono alterate dalla possessività. Non si potrebbe sgelare l’enorme quantità di amore pietrificato in religioni e astrazioni, volgerlo non più all’immortale, ma al mortale?”

Edgar Morin-Anne Brigitte Kern Terra-Patria (Milano, 1994) pp.174-176

martedì 8 aprile 2025

Mimma, buona come il pane...

      Siamo proprio fatti male, noi umani. 
    Spesso ci rendiamo conto troppo tardi di cosa sia veramente importante. Ad esempio, capiamo troppo tardi che, ancora più dell’ottima ciabattina acquistata, ci nutrivano il sorriso e il gesto di quelle mani gentili e operose, al panificio sotto casa. 
      Le mani di Mimma, la signora premurosa ed efficiente che, insieme al pane, dispensava sfogline e pesava lo sfincione squisito, da ieri non si muovono più. 
     Qualche anno fa, verso le 16, talvolta la incrociavo per strada: lei stava per riprendere il tuo turno di lavoro, io mi avviavo a scuola per una lunga tornata di Consigli di classe o per un impegnativo Collegio. Ero contenta di incontrarla perché ci scambiavamo un sorriso vero, espressione di una calda corrente d’affetto che scorreva tra le nostre vite complicate: segno di una stima affettuosa, di una cordialità autentica e profonda.
     Se non mi vedeva entrare per qualche giorno a comprare pane o biscotti, poi mi chiedeva, senza nessuna invadenza, con attenzione delicata e sincera: - Come sta? Tutto bene? É stata fuori per caso dai suoi figli? – Partecipe della mia gioia quando li sapeva a Palermo, quando li coccolavamo insieme la mattina con le iris alla ricotta e le ciambelline zuccherate.
      Oltre al dolore per la perdita di una relazione umana comunque significativa e nutriente, c’è il sottile rimorso per non averle espresso forse abbastanza la gratitudine riconoscente per il suo perenne sorriso, la sua cura, la sua professionalità impeccabile: nonostante i 36 gradi d’estate, nonostante pensieri e grattacapi, nonostante il lavoro senza sosta per la vigilia di Natale e per santo Stefano.
     E quanto fosse silenziosamente speciale Mimma lo ha mostrato sino a ieri: al recente rinnovo del documento d’identità, aveva dato il consenso alla donazione degli organi.  
      Anche così Mimma continuerà a vivere in mezzo a noi. 

domenica 6 aprile 2025

"Tra le righe": viaggio nel complesso mondo delle traduzioni

       Palermo – “Questo libro nasce dal mio desiderio di condividere la mia passione e di raccontare la mia esperienza… Con quasi novanta traduzioni al mio attivo, neppure una scintilla di quella passione iniziale si è spenta”: Silvia Pareschi presenta così il suo libro Fra le righe. Il piacere di tradurre (Laterza, Bari-Roma, 2024), viaggio intrigante nell’universo multiforme e complesso delle traduzioni letterarie.  
     Scopriamo innanzitutto che l’autrice, dopo una laurea in russo (convinta, ai tempi della perestrojka, che “il russo fosse la lingua del futuro”) intraprende il mestiere di traduttrice quasi per caso, dopo l’incontro felice con Anna Nadotti che, in un master di scrittura creativa, teneva un seminario dal titolo «Il traduttore come giardiniere tenace». Sarebbe seguito poi l’incontro altrettanto fortunato con Marisa Caramella, traduttrice ed editor Einaudi, che le affida la traduzione di un capolavoro: The Corrections di Jonathan Franzen.
Così Silvia, che aveva imparato l’inglese quasi senza rendersene conto “grazie ad alcuni viaggi giovanili molto scapestrati e a tante letture disordinate ma appassionate”, oltre a tradurre tutte le opere di Jonathan Franzen, negli ultimi venticinque anni è diventata la ‘voce’ italiana di buona parte della letteratura angloamericana contemporanea: Don DeLillo, Junot Diaz, Sylvia Plath, Cormac McCarthy, Colson Whitehead, per citare solo alcuni degli scrittori tradotti. 
      Per il suo lavoro, l’autrice ha fatto tesoro delle raccomandazioni di Italo Calvino, in particolare della terza delle sue Lezioni americane, dove l’Esattezza viene definita come «un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione»; infatti “Una descrizione narrativa, prima di poter essere tradotta da una lingua a un’altra, deve essere convertita in immagini nella mente della traduttrice”. (A proposito dell’utilizzo di ‘traduttrice’ anziché ‘traduttore’, poiché in Italia l’85% di chi fa traduzioni è donna, l’autrice si permette “una piccola erosione all’uso prescritto della lingua” e usa nel suo libro il femminile sovra-esteso).
     Silvia Pareschi evidenzia poi che “la traduzione non è una scienza esatta: non esiste un’unica traduzione ‘giusta’ di un testo, ma tante traduzioni-interpretazioni quanti sono i traduttori che su quel testo si sono cimentati”.  Inoltre “una dote fondamentale di chi traduce è l’umiltà (…) perché traducendo bisogna essere capaci di accantonare il proprio ego e mettere la propria voce al servizio di quella dell’autore del testo”.
Quali sono dunque i segreti di una buona traduzione? (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 6.4.25

sabato 5 aprile 2025

Domeniche di spiritualità laica


"Care amiche, cari amici,

         come sapete,  da anni sono interessato a un modo ‘pratico’ di esercitare la filosofia, anche come servizio ai non-filosofi.  In quest’ottica, vorrei invitare chi di voi non l’ha ancora sperimentate ad una delle nostre “domeniche di chi non ha chiesa” (solitamente la prima domenica di ogni mese).
     Sono state pensate come spazio 'laico' di ricerca e di sperimentazione di un’inedita 'spiritualità': un terreno comune in cui credenti, atei, agnostici provino  - in totale autonomia, con pari diritti e pari responsabilità - a sondare se, al di là dei fenomeni empirici, non sia fruibile una dimensione ulteriore, o più profonda,  della realtà.
    E' la "spiritualità non intesa in senso strettamente religioso" che Enzo Bianchi ha delineato "come vita interiore profonda, come fedeltà-impegno nelle vicende umane, come ricerca di un vero servizio agli altri, attenta alla dimensione estetica e alla creazione di bellezza nei rapporti umani". Una spiritualità  che "si nutre dell'esperienza dell'interiorità, della ricerca del senso e del senso dei sensi, del confronto con la realtà della morte come parola originaria e con l'esperienza del limite; una spiritualità che conosce l'importanza anche della solitudine, del silenzio, del pensare, del meditare. E' una spiritualità che si alimenta dell'alterità: va incontro agli altri, all'altro e resta aperto all'Altro se mai si rivelasse".
      I laboratori della spiritualità sono stati tradizionalmente appannaggio dei mistici. Oggi, per varie ragioni, i luoghi delle pratiche confessionali - quasi sempre rigidamente circoscritti da recinti istituzionali - sono in crisi. Tale crisi rende ancora più urgente la creazione di altri laboratori dove uomini e donne - inseriti nella vita sociale, economica e politica -  possano incontrarsi con pensatori, artisti, poeti, scrittori, musicisti, psicologi, cultori delle pratiche meditative. E possano incontrarsi per così dire disarmati: senza altro intento che di contagiarsi la stessa nostalgia di silenzio, di contemplazione e di conciliazione col resto dell'universo.
    Come ha scritto Rahn Lav, "spiritualità più profonda e saggezza" sono state in tutte le epoche "patrimonio di pochi". Tuttavia, mentre in altre fasi della storia è  "sempre esistita una dimensione di spiritualità e di saggezza, almeno come una possibilità, anche se in maggioranza le persone ne facevano scarso uso" - "c'è  sempre stato uno spazio, nelle mappe concettuali esistenti, per l'edificazione e la ricchezza spirituale" - oggi, invece, "le dimensioni della saggezza, della profondità, della spiritualità sono state largamente dimenticate dalla maggior parte della civiltà occidentale, anche dai settori intellettuali della società, e in questo senso stanno evaporando dall'esistenza".
       Se le cose stanno così,  tra i compiti della "filosofia-in-pratica" rientra il "prendere parte all'impresa di rispondere a questa situazione" creando delle occasioni periodiche in cui sperimentare, contemporaneamente, libertà di parola ma anche rispetto delle identità altrui, nella sincera solidarietà fra ricercatori accomunati da una convinzione di base: se "in un individuo ci sono problemi che devono essere risolti a livello psicologico e che possono richiedere, in certi casi, l'intervento del medico, non bisogna mai dimenticare che ce ne sono, invece, che nessuna terapia può risolvere, perché riguardano il senso della vita e l'atteggiamento intimo della persona nei confronti di quest' ultima".
          Aggiungo a questi brevi cenni che coltivare la dimensione spirituale dell'esperienza antropologica non significa ripiegarsi sul proprio ombelico, ma creare la precondizione ineludibile di un assetto planetario, politico ed economico, meno ingiusto. Chi entra in contatto autentico con la propria interiorità avverte l’esigenza di trasformare il proprio rapporto  con la storia, la propria prassi. Insomma, una spiritualità laica – come la intendiamo presso la “Casa dell’equità e della bellezza” - prova ad intrecciare meraviglia di fronte al mondo, ricerca del significato degli eventi, apprezzamento del silenzio, capacità di ascolto, gusto della contemplazione del bello, apertura agli strati della realtà non immediatamente percepibili, sincera partecipazione alle sofferenze di tutti i senzienti, impegno costante per una società meno iniqua, delicatezza nelle relazioni con gli altri viventi...E un po' di umorismo, di attitudine  a non prendere troppo sul serio né i propri limiti né, tanto meno, gli altrui."

               Se questo percorso ti dovesse interessare, contattaci pure all’indirizzo     a.cavadi@libero.it

                                  Augusto Cavadi,co-direttore con Adriana Saieva, Casa dell’equità e della bellezza
                                  Via N. Garzilli 43/a, 90141 Palermo

giovedì 3 aprile 2025

Capanne...

       "È difficile accettare che tutte le nostre verità, anche le più care e indiscutibili, siano soltanto costruzioni umane, capanne edificate per fronteggiare l’infinità complessità del mondo. La maggior parte degli uomini preferisce vivere tutta la vita dentro queste capanne e non ama uscire allo scoperto, in quella terra di nessuno dove si mostra con chiarezza che l’infinità complessità del mondo non è mai riducibile a uno schema concettuale, proprio come non è mai possibile rinchiudere l’infinità delle stelle nello schema semplice delle costellazioni.
        Chi vive tutta la vita nella stessa capanna ha da sempre sostituito a quell’infinita complessità il proprio schema, quello della propria tribù o ideologia, e da sempre sa cosa è scritto nelle stelle, pur senza avere mai alzato il capo neppure una volta per guardarle. Questo tipo d’uomo è convinto che la propria capanna sia collocata al centro dell’universo, sotto l’occhio vigile di Dio, in una posizione privilegiata rispetto a tutte le capanne del mondo. Qui tutti, proprio come in un quiz truccato, conoscono le risposte ancor prima delle domande. 
     Lasciare la capanna è difficile perché significa abbandonare legami, affetti, calore, il seno materno dell’identità, ma poche esperienze sono più intense di questa partenza e delle ore in cui ci si trova da soli, di notte, sotto il cielo, senza riuscire a riconoscere più, nel disordine immenso, il disegno di una costellazione. Se però si resiste e si continua a guardare, dopo un poco si scopre che il numero infinito delle stelle non ci schiaccia ma aiuta invece a capire che il cielo non è prigioniero di nessuna costellazione, perché è così grande da poterle contenere tutte, sia le nostre stelle che quelle degli altri popoli. 
       Chi possiede un briciolo di fantasia potrebbe addirittura giocare a inventarne di nuove, a scrivere storie non ancora raccontate, a disegnare nuove avventure e inventare nuovi protagonisti. La complessità del mondo è il fondo immenso su cui noi continuamente ritagliamo le nostre costruzioni contro il disordine e la paura, le nostre verità piene di buchi.
     Spesso questo sentimento della propria fragilità e contingenza fa paura, spinge l’uomo a fare un passo indietro, a rinchiudersi nella capanna ritornando ai vecchi pregiudizi. Del resto coloro che si sono spinti più lontano hanno spesso usato il loro coraggio solo come uno strumento di potere sui più deboli (…). Chi si spinge veramente all’aperto dovrebbe tenersi lontano da questa economia della paura, e aver pazienza, prendere per mano i più timorosi, aiutarli a scoprire la bellezza del mistero che sta a fondo della complessità del mondo.
      Dove le nostre verità diventano fragili e mostrano le rughe, si apre lo spazio in cui coloro che provengono da case, religioni e culture diverse possono incontrarsi. In questa terra di nessuno, dove le stelle sono più delle costellazioni e le domande più delle risposte, invece di combattersi e inseguirsi nel buio si potrebbe accendere un fuoco. Dopo essersi seduti in cerchio attorno a esso, tutti potrebbero a turno raccontare le proprie storie, ascoltare quelle degli altri e scoprire una possibile fraternità nella comune lotta contro la paura.
      All’alba ognuno potrebbe tornare alla sua capanna, ma senza aver più bisogno di chiudersi il mondo alle spalle e con il desiderio di tornare all’aperto, a incontrare gli altri nella notte, nella terra di nessuno. 

Franco Cassano Modernizzare stanca. Perdere tempo, guadagnare tempo. Il Mulino, BO, 2001

(Letto per la prima volta il 2 agosto 2002 a Castronovo di Sicilia, a un incontro con il gruppo Famiglia di famiglie in cammino. Riapprezzato oggi.)

Qui notizie sul sociologo Franco Cassano, morto nel 2021