Joaquin Sorolla |
(…) "Perché una rinascita sia possibile è indispensabile riapprendere alfabeti essenziali per vivere le nostre dimensioni relazionali sia nella sfera privata sia in quella pubblica. Infatti siamo in presenza di un’erosione senza precedenti della qualità dello stare insieme, per questo abbiamo osato il verbo amare, che coniuga riflessione teorica e coinvolgimento emotivo, intelligenza del cuore e razionalità, perché per vivere questo tempo, l’unico disponibile, occorre avere il senso del limite e della fragilità che rende prezioso ciò che viviamo. Nella parola tempo, del resto, è ben presente etimologicamente l’idea del circoscritto: tempo è parola latina imparentata con la radice greca del verbo temno, taglio. Il tempo è una parte «ritagliata» del flusso cronologico nel quale siamo immersi: all’interno degli anni che abbiamo da vivere, possiamo scegliere la strada del narcisismo e dell’autoreferenzialità oppure decidere di diventare, come Etty Hillesum, il «cuore pensante della baracca». I formatori e gli educatori non possono che essere cuori pensanti, come la giovane ebrea che sentiva la bellezza del cosmo anche nel campo di internamento osservando il cielo. L’unico atteggiamento possibile è quello della cura intesa come sollecitudine, premura, scrupolosità, termini di un lessico emotivo che indica atteggiamenti dimenticati, trascurati. Per questo apprendere alfabeti è necessario per imparare gli elementi essenziali del fare relazione e della cura, però al plurale, perché le relazioni sono vissute nel segno della complessità, anche interculturale.
Essere ontologicamente relazionale, l’uomo non può sussistere, né costruire senso se non nelle trame affettive che lo rendono interdipendente: alla metafora della rettitudine verticale ed autosufficiente subentra la figura dell’inclinazione, dell’accoglienza e della capacità di sporgersi verso l’altro, flettersi in un movimento che ha la figura dell’ellisse e non la circolarità concentrica della sfera e del suo abbraccio perfetto.
L’atteggiamento della cura esprime una reciprocità asimmetrica, ma anche dinamica: chi si prende cura oggi può essere oggetto di cura domani, in uno scambio che è alla base anche della tenuta delle relazioni tra generazioni. (…).
Prendersi cura è al cuore non solo di ogni azione formativa, ma di ogni autentica interazione umana, alla ricerca di nuovi equilibri che permettano non solo di stare al mondo, ma di rimetterci al mondo reciprocamente in un’azione generativa fatta di pazienza, di fedeltà, di custodia reciproca, di costanza e di perseveranza."
Antonella Fucecchi, Docente di Lettere ed esperta di intercultura
(rivista CEM- Mondialità,Dicembre 2014)
Ristabilire la cultura dell'armonia per tornare a dare valore alla vita. Grande messaggio Maria, fondamentale!
RispondiElimina"Prendersi cura è al cuore non solo di ogni azione formativa, ma di ogni autentica interazione umana, alla ricerca di nuovi equilibri che permettano non solo di stare al mondo, ma di rimetterci al mondo reciprocamente in un’azione generativa fatta di pazienza, di fedeltà, di custodia reciproca, di costanza e di perseveranza."
RispondiElimina"rimetterci al mondo reciprocamente" ci credo profondamente che sia così. A volte, per stanchezza lo si dimentica, a volte si è meno presenti, eppure è il solo modo per ritrovare noi stessi.
@Santa S. e bibliomatilda: grazie per la condivisione. Buona settimana. A presto.
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